Jakob Lorber

Roberto Blum

1° Volume

1. Capitolo

La carriera terrena di Roberto Blum

1. (Il Signore:) Roberto Blum venne al mondo in una condizione di estrema indigenza e, ad eccezione degli ultimi anni della sua vita, dovette combattere costantemente contro la miseria naturale, terrena, e tutto questo gli fu destinato per una buona ragione, certamente ignota al mondo. La sua anima e il suo spirito provenivano da quel pianeta del quale voi sapete, dalla rivelazione Il Sole Naturale, che i suoi abitanti spostano intere montagne con la loro ostinatissima perseveranza, e ciò che essi non portano a termine quando sono ancora nel corpo, lo attuano gradualmente perfino da spiriti.

2. Quest’uomo, giustiziato dal mondo per la sua temerarietà, mostrò fin dall’infanzia di quale spirito perseverante egli fosse. E benché Io Stesso, ogni volta che lui voleva insorgere, gli ponessi costantemente nel suo cammino gli ostacoli più adatti alla sua salvezza, questo alla fine servì a ben poco, specialmente per questo mondo. Infatti lo sforzo molto ostinato del suo spirito riuscì infine, fra tutta la mediocrità, ad aprirsi una strada sulla quale giunse ad operare in modo grande.

3. Ed ecco che egli fece immediatamente migliaia di grandi piani, che mise anche in opera quando era possibile. In particolare, gli stava a cuore un certo “benessere dei popoli” per raggiungere il quale non temeva nessun sacrificio! In verità, se avesse posseduto tutti i tesori della Terra, egli li avrebbe messi tutti quanti in gioco, inclusa la sua stessa vita, pur di realizzare questa idea, che per lui era l’idea suprema.

4. Questa idea del benessere dei popoli egli la doveva principalmente alla “pura” scuola della religione mondiale di Ronge e compagni. Ma, a rigor di termini, questa non è una religione e nemmeno una chiesa, e non lo sarà mai in quanto rinnega Me, il Signore, e fa di Me un comune uomo e maestro del popolo dell’epoca antica. Questa “chiesa”, che vuole essere “pura”, rigetta dunque la pietra fondamentale sulla quale vuole erigere il suo edificio e quindi costruisce sulla sabbia. La sua casa avrà perciò una pessima stabilità.

5. Ma così come Ronge costruì la sua chiesa, così anche il nostro uomo edificò sulla sabbia le sue idee riguardo al benessere dei popoli. Per lui tutto ciò che il mondo offriva era estremamente piccolo e impotente. Soltanto nella sua dote oratoria lui vedeva quella grande potenza che in breve tempo doveva riuscire a spezzare lo scettro di tutti i potenti.

6. La sua convinzione era così forte che egli non era in grado di avere quasi nessun dubbio in merito. Anche se Io lo ammonivo interiormente di fronte alle sue imprese troppo rischiose, questo non era sufficiente a distoglierlo da quello che aveva intenzione di realizzare, una volta che aveva preso la decisione. Infatti per lui valeva una specie di proverbio secondo cui ogni vero tedesco doveva sacrificare tutto piuttosto che desistere da un’idea una volta che la si era pensata e abbracciata. Egli riteneva che un tedesco smettesse di essere tale se cominciava a cambiare idea.

7. Egli si rafforzò a tenere fede alle sue idee e ad attuarle, anche per il fatto che esse avevano un ripetuto e splendido successo. E così egli affrontava anche un monte Himalaja perché era riuscito a rimuovere alcune “colline” politiche. Con questo lavoro egli si era parecchio fatto notare, conquistando la fiducia di un intero Paese. Ma fu proprio questa fiducia, però, a spianargli la strada per la sua inevitabile rovina terrena.

8. Egli si cimentò spesso nell’Assemblea Tedesca con la potenza della sua lingua, gioendo assai delle proprie vittorie, dovute certamente per lo più al suo spirito agguerrito. Forte di queste vittorie, si precipitò in una grande città che si trovava nella zona orientale della Confederazione germanica, dove il popolo cominciò in effetti a sostenere apertamente le sue idee. Fu allora che egli volle, per così dire, abbattere in un solo colpo una trentina di cosiddetti prìncipi “piccioni”, ma senza riflettere che per questi “piccioni” avrei avuto qualche parolina da dire anch’Io, che certo non ero niente per lui, prima che tali prìncipi cadessero vittime della sua caccia ai piccioni!

9. Il nostro uomo partiva principalmente dal presupposto, che aveva preso a prestito dalla Mia Parola, in base a cui si doveva essere “perfetti” come il Padre in Cielo, e poiché Uno solo era il Signore, tutti gli altri erano “fratelli”, senza distinzione di posizione sociale e di sesso. Ma egli per primo non credeva a Colui al quale gli uomini avrebbero dovuto assomigliare nella Perfezione; egli invece riteneva se stesso un “Signore”, nel vero senso, grazie alla potenza della sua eloquenza, ma si dimenticava completamente che anche i prìncipi sono uomini in possesso della Potenza che proviene da Me, e si dimenticava anche di quel testo della Scrittura nel quale sta scritto: “Date a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio!”, come pure: “Siate sottomessi ad ogni autorità sia che sia buona o cattiva, perché essa non avrebbe alcuna potenza se non le fosse stata conferita dall’Alto!”. Contro questa potenza contano solo la preghiera e un giusto percorso di vita secondo la Mia Parola, ma non serve una cosiddetta caccia politica ai piccioni.

10. Quest’uomo, nella città sopra citata, dove voleva realizzare la sua idea di rendere felici i popoli per mezzo della forza delle armi e anche grazie ai suoi discorsi, fu imprigionato in quanto individuo pericoloso per lo Stato e, dopo un sommario processo, fu poi mandato da questo all’altro mondo. E così si concluse la sua sfera d’azione, limitata a questo mondo, che doveva rendere felici i popoli.

2. Capitolo

Prime impressioni nell’Aldilà del giustiziato Roberto Blum.

Consapevolezza della sensazione di vivere.

1. (Continua il Signore:) Ora ci si chiede: «Come giunsero la sua anima e il suo spirito nell’eterno mondo spirituale?».

2. A questo punto va rilevato che la maggior parte delle persone che perdono la loro vita terrena in modo violento attraverso un tribunale penale, giungono nel mondo spirituale con un cocente sentimento d’ira e di vendetta contro i loro giudici, e per un certo periodo si aggirano deliranti come delle furie. Per questo motivo, questi neo-arrivati, se sono realmente dei criminali contro i Comandamenti di Dio, quindi fondamentalmente malvagi, vengono spinti subito nel loro elemento vero e proprio, cioè nell’Inferno, per realizzare là la loro vendetta. Ma non appena la loro furia si è un po’ raffreddata, essi, da questo Inferno, ritornano di nuovo nel vero e proprio mondo spirituale e cominciano da capo, ovviamente su vie molto limitate, a fare la loro prova di libertà.

3. Gli spiriti invece, del genere del nostro uomo, che giungono nell’Aldilà soltanto giudicati come criminali politici contro le leggi del mondo, all’inizio vengono posti soltanto in uno stato privo di luce, nel quale si trovano come ciechi e perciò non scorgono alcun essere sul quale scaricare la loro cieca sete di vendetta. Infatti, se grande ira e grande sete di vendetta fanno sì che già gli uomini di questo mondo terreno divengano letteralmente ciechi d’ira e di cocente collera, tanto più nell’Aldilà queste malvagie passioni suscitano nell’anima e nello spirito uno stato di totale cecità. E in questo stato tali spiriti vengono lasciati finché il loro desiderio di vendetta si trasformi in un sentimento di impotenza. L’anima, profondamente offesa e oltraggiata, avvertendo la propria impotenza, comincia a piangere - sebbene anche questo provenga dall’ira -, però l’anima a poco a poco riesce a sfogare l’ira ed a indebolirla.

4. Nell’aldiqua, il nostro uomo non ha potuto fare altro se non salvare il più possibile la propria dignità di uomo. Per questo, durante la sua esecuzione, si mostrò anche deciso e sprezzante della morte; mentre in realtà non lo era affatto, poiché egli sentiva fortemente dentro di sé la paura della morte, e questo tanto più perché, come neo-cattolico convinto, non credeva assolutamente ad una vita dell’anima dopo il decesso del corpo.

5. Ma circa sette ore dopo la sua esecuzione, dato che la sua anima si era in un certo senso di nuovo raccolta, si convinse rapidamente dell’infondatezza del suo credo terreno e si accorse ben presto di continuare a vivere. Ma la sua convinzione della continuazione dell’esistenza dopo la morte si trasformò in un’altra cosa da non credere; infatti egli credeva tra sé e sé di essere stato certamente condotto sulla piazza delle esecuzioni, però di essere stato fucilato soltanto apparentemente per fargli assaporare completamente la paura della morte. L’ufficiale gli avrebbe fatto bendare gli occhi perché non si accorgesse dello sparo a vuoto nell’aria, ed egli si sarebbe accasciato soltanto tramortito dalla paura; privo di sensi sarebbe stato poi portato in un carcere oscuro, da dove sicuramente un immediato ricorso dei cittadini della Germania lo avrebbe riportato presto all’auspicata libertà.

6. Ora lo disturba soltanto la forte oscurità. Il suo luogo di soggiorno gli pare un buco oscuro che non gli sembra però umido e maleodorante. Egli si tocca anche i piedi e le mani e si rende conto che non gli sono state messe le catene da nessuna parte. Così cerca di ispezionare quant’è grande il suo carcere e come sia costituito più o meno il suolo. Si chiede inoltre se nelle sue vicinanze si trovi forse un tribunale segreto.

7. Ma si sorprende non poco quando non percepisce nessun suolo né una qualunque parete del carcere; e, in secondo luogo, non riesce nemmeno a trovare una qualsiasi amaca nella quale egli si trovasse magari sospeso liberamente nello spazio in una catacomba.

3. Capitolo

Roberto ritiene di essere sotto narcosi, invece di essere morto e trapassato nell’Aldilà

1. (Continua il Signore:) La faccenda gli sembra strana e sospetta. Egli prova anche a sentire se le sue membra non sono forse, in un certo modo, ancora mezze tramortite. Però si convince, pizzicando e sfregando energicamente tutte le parti del suo corpo animico, che la sua sensibilità non è per niente morta, ma al contrario è fin troppo viva.

2. Ora, dopo essersi convinto da ogni parte di essere completamente “vivo” e, all’infuori della notte e delle tenebre, di non essere rinchiuso in alcun modo da nessuna parte, si chiede alla fine totalmente disperato: «Ma, in nome dei tre diavoli, dove mi trovo io? Che hanno fatto di me quei cani? Fucilato non mi hanno, altrimenti non vivrei! Non mi hanno nemmeno imprigionato, poiché non trovo né pareti, né pavimento e nemmeno le catene alle mie membra! Sono in pieno possesso dei miei sensi, ho anche gli occhi, essi non mi sono stati tolti, eppure io non vedo niente! Davvero, questo è spaventosamente singolare! Quel bastardo che mi ha fatto fucilare pro-forma, deve forse avermi fatto addormentare con un narcotico sconosciuto: questa è la ragione per cui mi ritrovo ora in questo stato! Ma aspetta un po’, tu tiranno sanguinario, tu assassino dei diritti del popolo, non appena uscirò da questa narcosi avrai di che rallegrarti! Ti servirò una minestra maledettamente bollente!

3. Questo stato non durerà in eterno. Mi faranno cercare a Francoforte e in tutta la Sassonia. Devo andare là! E non appena ci sarò, conoscerai che razza di misfatto è mettere le mani senza pietà su uno dei primi deputati del Reichstag! Questo verrà scontato in un modo tale che l’intera storia mondiale non ha esempio di sorta!

4. Se soltanto potessi destarmi presto da questa strana narcosi! Brucio dal desiderio di vendetta, e questo stato fastidioso continua a perdurare! Questa è una vera invenzione diabolicamente maledetta! Ma pazienza, le cose miglioreranno presto, anzi dovranno migliorare!».

4. Capitolo

Grido di aiuto rivolto a Dio da parte di Roberto. Appello a Gesù.

1. (Continua il Signore:) Dopo queste parole, egli resta completamente tranquillo per un periodo abbastanza lungo, e si strofina di tanto in tanto gli occhi per togliersi di dosso un possibile stordimento da narcotico. Ma poiché, nonostante tutta la pazienza, non si fa chiaro, egli comincia a dubitare di riacquistare la luce degli occhi, e perciò si arrabbia sempre di più.

2. Ma quando la luce non vuole tornare malgrado la sua ira che aumenta sempre più, allora esclama con forza: «Che cosa mi è successo? Che razza di condizione maledetta è questa? Ma non esiste più un Dio che sia potente e più giusto dei potenti della Terra che tali sono per grazia Sua!?

3. Dio! Se Tu sei Tale, stendi il Tuo braccio! Riconciliami, io che volevo portare a termine la buona causa dei Tuoi figli e che già volevo raggiungere l’eccelso - incompreso maestro dei popoli - Gesù, ma anch’egli fu catturato da volgari sgherri e - come ringraziamento per le sue grandi pene e sacrifici subiti per il bene dell’intera umanità - fu appeso al palo per la massima vergogna dell’umanità!

4. Come lui, anch’io sono un figlio Tuo proveniente da Te, se Tu sei Tale! Forse che Tu non esisti e non sei in nessun’altra parte che nella coscienza degli uomini stessi? Se la Tua Forza è solo quella Forza della quale anche l’uomo è cosciente, allora certamente sto dicendo soltanto parole vane e sono ingannato in eterno in tutto il mio essere! Ma perché dovetti divenire un essere vivente cosciente di sé? Perché una qualsiasi goffa idea che afferra se stessa nello spazio infinito doveva divenire in me l’espressione chiarissima dell’essere? Maledetto caso che mi ha messo in una tale misera esistenza! Se ci fossero perfidi e malvagi diavoli, in tal caso dovrebbero distruggere in eterno quella Forza che mi ha fatto!

5. O uomini! Voi, poveri uomini ingannati, smettete di riprodurvi! Uomini che state ancora vivendo, uccidete i vostri figli e voi stessi, affinché la maledetta Terra si svuoti! Oh strangolate, voi potenti, tutti gli uomini e spartitevi tra voi la maledetta Terra in modo che voi soltanto ne abbiate a sufficienza! Ma inutile è la mia foga; un eterno schiavo! Che può fare una goccia contro l’onnipotenza del mare in movimento? Perciò ammutolisci, tu vano linguaggio! Solo voi, mani, cercate di mettere fine a questa miserrima esistenza!».

6. Dopo queste parole, egli fa vari tentativi di strangolarsi: alcune energiche strette sulla sua gola, ma naturalmente senza alcun effetto, poiché per quanto ogni volta stringa con tutta la forza che ha, non sente la minimissima traccia di soffocamento. La cosa è sospetta, e questo stato di cose lo rende sempre più confuso. Poiché lo strangolamento non funziona, allora decide di muoversi procedendo in avanti.

7. Egli dice adirato tra sé e sé: «Infatti, più buio e senza pavimento come qui non può essere da nessuna parte dell’intero spazio infinito. Per questo non ho da temere alcun precipizio e tanto meno un qualsiasi tribunale segreto. Perciò, avanti allora! Forse alla fine giungerò ad un bagliore di luce oppure all’auspicata morte!

8. Oh, quanto felice deve essere lo stato di una morte perfetta! Quanto felice devo essere stato quando non sentivo alcuna esistenza né alcuno stato di libera coscienza! Se solo potessi venire totalmente annientato di nuovo! Ma comunque sia, se la morte perfetta è un balsamo per me, allora non c’è neanche più qualcosa che io debba temere! Perciò dunque, soltanto avanti!».

5. Capitolo

Tentativi di Roberto di camminare nello spazio vuoto.

Monologhi sul nulla e sulla continuazione della vita.

Maledizione contro Dio, provocatore di sofferenze.

1. (Continua il Signore:) A questo punto, il nostro uomo si mette a camminare facendo i soliti movimenti che si fanno con i piedi. Ma non percependo il suolo sotto i piedi, gli sembra di fare soltanto inutili movimenti, come un pendolo, che non lo fanno procedere.

2. Egli riflette quindi su un altro modo di muoversi e dice: «Devo cominciare a nuotare attraverso quest’aria senza luce, a modo mio, con le mani e con i piedi! Per procedere con le gambe bisogna avere una base solida; ma se manca questo, allora vuol dire che si deve o nuotare o volare! Per volare però ci vogliono le ali che noi, nudi bipedi, non abbiamo. Che si può fare se non utilizzare, nel modo più conveniente possibile, le forze ancora insite in noi? Allora nuotiamo!».

3. A questo punto comincia a fare movimenti natatori con le mani e con i piedi, però non si sente avanzare attraverso una qualche corrente d’aria. Ma questo non lo fa desistere ed egli prosegue i suoi tentativi natatori. Quanto più si dà da fare, tanto più sente che tutte le sue fatiche sono inutili.

4. Egli si accorge che quest’aria nera non gli fa sentire la minima resistenza, e perciò smette di nuovo i suoi movimenti e dice: «Che asino e pazzo sono; per che cosa mi affatico inutilmente? Ora sono nel nulla più assoluto; perché voglio ancora inseguire il nulla? Anch’io voglio penetrare nella tranquillità per divenire in questa tranquillità un nulla! Sì, questa è la via del completo annientamento! Se solo sapessi di essere stato realmente fucilato! Allora però dovrei di certo essere completamente morto, il che non è però il mio caso! Non avverto nemmeno nessuna sconnessione nel suolo!

5. Oppure dovrebbe forse esserci dopo la morte effettivamente la continuazione della vita dell’anima? Io però sono qua ancora con capelli e pelle, e perfino con i miei abiti! Forse che l’anima ha anche gambe, pelle, capelli e vesti? Se è così, allora l’abito deve avere un’anima? No! Presumere una cosa del genere dovrebbe indurre l’intera infinità a sonore risate! Ahahah! L’immortalità di un abito sarebbe di gran lunga peggiore della forza miracolosa della veste del Cristo a Trier! Eppure, se io sono un’anima, l’abito è finito qui con me!

6. No e mille volte no! Io non sono un’anima, io sono Roberto Blum, il deputato del Reichstag di Francoforte! Qui, a Vienna, ho saputo cosa vuole l’Austria. Io lo so che tutti gli sforzi di questo Stato tendono a ristabilire di nuovo il vecchio assolutismo. Io ho combattuto contro tutto questo come un gigante. Ma essendo i cannoni dell’avversario più forti della mia buona volontà, dovetti ritirarmi con la mia giusta causa e alla fine lasciarmi perfino fucilare a morte! Bella ricompensa per un cuore devoto alla patria! O tu maledetta vita!

7. Se esiste un Dio qualunque, quale gioia ne può ricavare se degli uomini si ammazzano crudelmente per via di un trono o di divergenze di opinioni? Ma poiché da sempre succedono tali terribili cose sulla Terra, e tenendo sempre presente che tali cose non possono provenire da un Dio, che logicamente e fisicamente non può essere altro che Amore purissimo, allora si deve dedurre che non c’è affatto un Dio. Oppure, se un Dio c’è, allora esso è solo uno spregevole fato che considera gli esseri come un giocattolo del suo capriccio. Perciò, ancora una volta, maledizione ad ogni Essere che crea uomini per la più misera rovina!

8. Ma adesso calma, poiché se io voglio trovare l’auspicato annientamento totale in questo nulla e invece continuo a parlare con me stesso, così facendo risveglio me stesso dall’annientamento e divengo di nuovo vivo attraverso le forze vitali nuovamente stimolate. Perciò, quindi, calma assoluta affinché sopravvenga l’annientamento!».

6. Capitolo

Roberto continua il suo monologo, ponendosi domande sulla vita e rammaricandosi di non aver avuto fede.

Nostalgia di Roberto per la moglie e per i figli.

1. Dopo queste parole, Roberto ammutolisce e si calma con la bocca, ma tanto più agitato è nel suo cuore. Questo lo irrita di nuovo perché con ciò percepisce ancora più vita e uno stato di coscienza più complesso. Quanto più diventa calmo, tanto aumenta la sua agitazione interiore. Quanto più la vuole reprimere, tanto più forte essa diviene.

2. Questo lo fa precipitare di nuovo in una specie di disperazione e collera, poiché gli appare sempre più chiaro che neanche in questo modo può sbarazzarsi della vita che gli è oltremodo fastidiosa.

3. Perciò riprende di nuovo a parlare: «Ora, vorrei pur sapere, nel nome del diavolo, che cos’è poi questa stupida vita da non potersene sbarazzare! Ho pur sempre visto morire migliaia di persone: morirono e non restò nemmeno il minimissimo segno di vita! La putrefazione fu la fine perfetta del loro essere. Queste persone non possono per nulla avere una qualche coscienza. Oppure avrebbero forse al di fuori del corpo ancora una vita pari alla mia?

4. Io non riesco a morire. Chi mi mantiene questa vita fastidiosa? O tu che hai voluto farmi fucilare, tu non mi hai fatto fucilare a morte, ma a vita! Se i tuoi complici susciteranno su tutti i tuoi nemici gli stessi effetti che hanno suscitato su di me, allora risparmiati la fatica, poiché tu volevi togliermi ciò che non puoi ridarmi in eterno. Ma come me la rido di te! Infatti io, che tu volevi far morire, sto vivendo. Tu però, che ritieni di vivere, sei dieci volte più morto di me, tua vittima!

5. In fondo tutto andrebbe bene se io solo avessi il minimissimo barlume di luce! Ma queste tenebre totali se le prenda il diavolo!

6. E se per caso dovessi restare in questa situazione in eterno? O maledizione! E se io fossi forse già uno spirito? Sarebbe un regalo indiavolato! No, non ci credo, un’eterna vita non può esserci. Però mi sembra già ben lungo il periodo che io sto passando in queste tenebre. Non devono essere già passati alcuni annetti? Se soltanto venisse la luce, la luce, poi tutto andrebbe bene!

7. Devo ammettere apertamente che ora preferirei essere tanto stupido da credere al Figlio di Dio, al Cielo, e tra l’altro anche alla morte eterna, al diavolo e ad un Inferno e, in tale folle fede, morire con la coscienza tranquilla, anziché ritrovarmi qui con la mia mente, nell’assenza totale di luce! Ma che ci posso fare? Ho sempre cercato la verità e credevo anche di averla trovata. Ma a che serve se in essa non c’è luce?

8. La cosa migliore in me è e resta la mia fermezza e il mio coraggio. Infatti se io fossi un essere timoroso, in questa condizione in cui mi trovo ora dovrei finire nella disperazione più profonda. Ma così invece tutto per me è uguale!

9. Mia moglie e i miei figli però ora cominciano senz’altro anche ad agitarsi un po’ nel mio cuore. Poverini, sentiranno certamente tristezza e un grande dispiacere per me. Ma che posso fare io per loro in questa situazione? Nulla, assolutamente nulla! Pregare, questo lo potrei fare di certo, ma pregare chi e a che pro? Il miglior auspicio per loro è comunque una vera preghiera nel mio cuore che certamente non nuoce loro, anche se non servirà loro a nulla. Ma un’altra preghiera io non la conosco a parte il ben noto “Padre Nostro” romano, l’“Ave Maria” e cosi pure tutti quegli altri scioglilingua di cui non so il nome! Ma a questi scioglilingua la mia colta famiglia rinuncerebbe certo cortesemente con stupore. Tuttavia essa non potrà mai sapere cosa sto facendo qui!».

7. Capitolo

Ogni volta che Roberto pronuncia il nome di Gesù scaturisce un fulmine. Spavento e gioiosa sorpresa di Roberto.

1. Continua Roberto: «Il cosiddetto “Padre Nostro” è tra tutte le formule di preghiera di certo la migliore! Infatti, così ha insegnato a pregare ai suoi apostoli il sapiente maestro Gesù. Purtroppo questa preghiera non è mai stata totalmente compresa, essendo stata generalmente recitata ciecamente, per tutti i casi e per tutte le necessità. Ma i [cattolici] romani mettono in questa preghiera, anziché la verità, soltanto una certa ridicola forza magica e ne fanno uso come di una simpatica medicina universale contro tutti i mali, anche contro le malattie degli animali! Questo, però, per me non ha proprio senso! Il Padre Nostro, in sé e per sé, è di certo una preghiera molto solenne, però certamente soltanto in senso giusto e solo per quello che è. Ma nel modo in cui i [cattolici] romani e i protestanti ne fanno uso, è purissima assurdità!

2. O tu, buon insegnante e maestro Gesù! Se la tua sorte dovesse forse assomigliare alla mia, in tale stato, dopo la tua esecuzione, ti sarai di certo anche tu spesso pentito di aver fatto tanto bene agli uomini malvagi? Quasi 2000 anni in tale notte! O nobilissimo, deve essere assai duro!»

3. Allorché il nostro uomo pronuncia il nome di Gesù, in modo così pieno di simpatia e rispettoso, una potente folgore si scatena da oriente a occidente. Il nostro apostolo della libertà si spaventa assai per questo, sente però una grande gioia perché così ha la convinzione di non essere cieco.

4. Allo stesso tempo, però, comincia anche a riflettere su cosa potrebbe essere stata la causa di questa chiara folgore. Egli passa in rassegna tutti i motivi che gli sono noti per risvegliare l’elettricità, ma non trova nulla che gli spieghi a sufficienza questa prima apparizione di luce nella condizione in cui si trova e che per lui è ancora incomprensibile.

5. «Ma adesso mi si accende un nuovo lume di pensiero!», esclama Roberto. «Sì, sì, è così! O tu splendida filosofia, tu fonte inesauribile di vera sapienza! Tu porti ad ognuno la giusta luce che afferra te come me, con tutto l’ardore e l’amore, e che si serve di te in tutte le situazioni della vita quale unica e fidatissima consigliera e guida! Guarda con che rapidità ho ora sciolto con il tuo aiuto questo nodo gordiano!

6. Se si trova un individuo nel regno del nulla, allora possono trovarsi ancora una quantità di altri esseri uguali, oppure di altra specie! E così, all’infuori di questo mio essere, possono ancora trovarsi qui una quantità di entità di ogni sorta che sono in grado di risvegliare l’elettricità senza compromettere minimamente il nulla che ci abbraccia tutti quanti. Così va bene! Io so ora che, all’infuori di me, in questa notte, ci sono ancora dei vicini di una qualche specie. Con ciò io non sono poi così solo qui, come me lo ero immaginato per un certo tempo. Oh, questo è bene, molto bene!

7. Se io solo avessi seriamente abbracciato già prima la filosofia tedesca, già mi troverei sicuramente in un’altra posizione. Ma io, stupido, alla fine mi sono perso in un’insulsa critica alla preghiera e in una inutile commiserazione del grande, sapiente e nobilissimo maestro dei popoli Gesù e ho sb....!»

8. A questo punto riappare il fulmine, e questa volta ancora più potente di prima. Roberto è fuori di sé dallo spavento e dalla meraviglia, e non riesce a spiegarsi questa luce, per lui incomprensibilmente intensa, anche se di breve durata. Gli è sembrato anche di aver visto in grande lontananza certe sagome di ogni genere di oggetti a lui noti; però sono state illuminate troppo brevemente per poterle definire meglio.

9. Soltanto dopo un lungo periodo di calma riesce di nuovo a raccogliere meglio i suoi pensieri. Il suo primo pensiero, di nuovo un po’ riordinato, è stato il seguente: «Ah, solo ora so a che punto sono! Questi fulmini sono indice di un forte temporale che ora scoppierà nella notte su Vienna! Io mi sto svegliando ora, a poco a poco, dal mio grande stordimento e sto tornando di nuovo pienamente alla vita. Probabilmente quest’aria impregnata di fluido elettrico mi sarà di aiuto ed io ritornerò di nuovo in vita tra fulmini, tuoni e grandine! I tuoni non li sento ancora, ma il temporale può essere ancora ben lontano da qui.

10. Ma non può essere che io sia anche sordo? I miei pensieri li sento certamente come parole, ma questa non è ancora una prova che io sia in pieno possesso dei miei organi uditivi. Forse, con l’occasione, recupererò di nuovo anche il mio udito. Certo, la strana sensazione del nulla che mi circonda non riesco assolutamente a spiegarmela in modo naturale. Ma che importa? Mi trovo ora qui e ho visto i fulmini per due volte: questa è la prova che non sono cieco! Chi sa se tutto questo non è l’effetto dell’imminente temporale? Perciò lascio che il temporale scoppi e passi, e poi si vedrà bene se io resterò ancora come adesso.

11. Certamente, questo stato dura già da un bel po’. Secondo la mia sensazione potrebbero essere anche già cent’anni, ma sarà una pura illusione dei sensi. Sì, sì, se si languisce in un certo stordimento, un minuto diventa infatti un anno. Sì, è proprio così! Se soltanto ci fossero ben presto di nuovo fulmini e poi anche un po’ di tuoni! Ma i fulmini si fanno aspettare!».

8. Capitolo

Roberto comincia a sentire rinnovato amore per la vita e la sua sete di vendetta si trasforma in perdono

1. Roberto continua a parlare: «Oppure, ci sono forse altre spiegazioni? Strana idea! Forse che questi due fulmini sarebbero soltanto frutto della mia fantasia e forse stanno ad indicare che ben presto sarà finita per me? Sì, potrebbe anche essere così, poiché, avendo io ora cominciato ad amare un poco questa misera vita, sarà certamente presto finita! Se si invoca la morte, questa di certo non viene, ma se la si teme e si desidera di tutto cuore che stia ancora lontana per tanto tempo, ecco che sicuramente viene ancora prima! Per questo debbo di nuovo aspirare al mio rapido annientamento totale con tutte le mie forze ancora a mia disposizione, poi potrò essere totalmente sicuro che la vera morte non mi acciufferà così presto per il collo!

2. In verità, questo è un buon vecchio detto: “Chi ama la vita, la perderà, chi invece disprezza la propria vita, la manterrà!”. Questo è già stato una volta il caso mio, perché solo per il disprezzo della vita mi sono messo nei più grossi pericoli per amore di tutti i miei fratelli tedeschi, e molto probabilmente sono stato inviato qui per mezzo della polvere e del piombo! Ma io, Roberto Blum, sto vivendo!

3. Di certo, ora sono ancora privo di sensi, però una sensazione interiore mi dice: “Roberto, presto diverrai forte e potente per vendicare il tuo sangue su quei volgari assassini e boia! Sì, sì, Roberto, tu diverrai di nuovo forte! Quando tu vivevi sulla Terra eri semplicemente di casa in te stesso, ora tu vivi invece nei milioni di cuori dei tuoi fratelli, e vivi anche realmente ancora in te stesso! Perciò non disperare, Roberto! Tu diverrai ancora molto forte e potente!”.

4. Ovviamente sarebbe meglio se io fossi forte già adesso, mentre ancora la mia ira e sete di vendetta si trovano nel massimo ardore, ma se dovesse a poco a poco diminuire in questa notte la mia sete di vendetta e soltanto dopo io dovessi divenire forte, allora preferisco restare nella mia attuale debolezza e voglio che sia il fato ad agire invece di me.

5. Ma è proprio singolare che io ora non riesca a mantenere la mia ira e il mio sentimento di vendetta, sia pure più che giusta! Talvolta si trasforma completamente in una sorta di magnanimo perdono, e questo mi irrita alquanto. Ma se io afferro bene la cosa, questa, in fondo, è ancora una volta una cosa tipicamente tedesca! Solo il tedesco sa perdonare. E questa è una splendida virtù che è una peculiarità soltanto delle anime più nobili!

6. Chi può dire al suo assassino: “Amico, tu hai compiuto una malvagità verso di me, ma io ti perdono dall’intimo della mia vita!”? Roberto può fare questo! Sì, Roberto non soltanto lo può fare, ma lo fa anche! Fratello Alfredo, che mi hai fatto ammazzare in modo infame e disonorevole, io ti perdono e non vorrò mai in eterno vendicarmi di te, anche se potessi farlo mille volte! Sì, ascolta intera Germania: Roberto Blum ha perdonato il misfatto al suo, e quindi anche al tuo, nemico!

7. Ah, ora di colpo mi sento più leggero! Ehm, ammiro io stesso la mia generosità, questo è un grande conforto per me! È vero che il mito dice altrettanto del grande maestro dei popoli che anche perdonò sulla croce ai suoi nemici tutti i loro misfatti. Ma in lui certo c’era anche un’autentica anima tedesca, altrimenti non sarebbe stato capace di una tale nobiltà di carattere; infatti una tale magnanimità non è mai di certo stata una peculiarità degli orienta li. Sì, sì, anche il grande maestro Gesù era un tedesco!».

8. Nel pronunciare il nome di Gesù, lampeggia di nuovo un potente fulmine da oriente a occidente, e dopo essere passato lascia dietro a sé un leggero e persistente bagliore di uno strano chiarore grigio che stupisce assai il nostro Roberto, essendo ora stato di nuovo, per così dire, totalmente persuaso della sua precedente aspettativa del temporale.

9. Capitolo

Roberto si rammarica di aver creduto a Ronge, il fondatore del

Cattolicesimo tedesco, che negava la continuità della vita dopo la morte del corpo

1. Roberto osserva con attenzione la luce persistente e non sa che cosa farne.

2. Dopo un po’ ritorna di nuovo in sé, ricomincia a riflettere su questo fenomeno e dice: «Alla fin fine è un temporale le cui nubi cominciano ora, dopo il terzo fulmine, a diradarsi un po’ da una parte. Non riesco a capire solo una cosa, e cioè che soltanto adesso mi sto rendendo chiaramente conto di essere privo di qualsiasi suolo, pari ad un uccello nell’aria libera o nell’etere liberissimo. Un tale stato, nella notte scorsa, avrebbe potuto essere ritenuto certamente ancora come un inganno dei sensi, ma ora non è più un inganno, ma totale verità.

3. Adesso mi è certamente chiaro di essere veramente morto corporalmente, essendo impossibile presumere che un corpo pesante possa mantenersi libero nell’aria o nell’etere per così lungo tempo. Ma, all’infuori di me, non si può percepire niente, né sotto di me, né sopra di me, né altrove. Pertanto io dovrei trovarmi assai lontano da un qualsiasi corpo terrestre. Ehm, strano!

4. O Hegel, o Strauss, o Ronge! La vostra sapienza sembra fare un misero naufragio qui. Dov’è la vostra comune anima mondiale nella quale dovrebbe andare l’uomo dopo la dissoluzione del corpo? Dov’è il Dio che affiora nell’uomo e dov’è la Sua presa di coscienza nell’uomo? Io sono morto, e ora sono qui nella solitudine più impotente che ci si possa in qualche modo immaginare. Non c’è alcuna traccia di una Divinità qualsiasi e tanto meno di un passaggio del mio essere nella comune anima mondiale.

5. O voi, boriosi sapienti del mondo, amici dell’uomo! Di una tale condizione dopo la morte del corpo non avete mai di certo avuto la minima idea. Per farla breve, voi mi avete ingannato e ingannerete ancora molti. Ma vi sia perdonato tutto, essendo anche voi tedeschi! Se voi sapeste qualcosa che corrispondesse a verità, non lo nascondereste certo ai vostri discepoli! Ma non essendone in grado, voi date ciò che avete, e questo è perlomeno un agire onesto.

6. Certamente la vostra onestà non serve per niente all’uomo in questo caso. Ma non fa nulla, poiché, in fondo, è sufficiente mantenere l’umanità in un determinato ordine di tipo terreno-materiale. Ma per quanto riguarda la vita dopo la morte, spesso messa in dubbio, certamente non occorrono altre leggi. Infatti, quali obblighi potrei ancora avere? Certamente non di più di quelli di una nuvoletta nell’aria sospinta dai venti. Se anche avessi la sapienza di Salomone e la forza di Golia, a che potrebbero servirmi?

7. Perciò, in verità, sarebbe meglio morire nella più tenebrosa superstizione [dei cattolici] di Roma, secondo la quale perlomeno si depone il proprio corpo con la cieca fede che, dopo il suo decadimento, si continuerà a vivere o bene o male, a seconda dell’anima. È meglio così che credere invece, come fanno i puritani di Ronge, che con la morte si perde in eterno ogni forma di vita, e con ciò avere una terribile paura della morte. O cielo! Meglio languire eternamente in questo vuoto inanimato che subire ancora una volta una tale paura della morte!

8. Perciò, voi maestri, insegnate a credere [a questo] ai vostri discepoli! Ed essi moriranno più felici di quanto sia morto io, con tutta la forza della mia mente. Ora mi è anche chiaro perché il grande maestro dei maestri raccomandò continuamente e unicamente la fede ai suoi discepoli!».

10. Capitolo

Buoni pensieri di Roberto su Gesù, e il suo aumento di fede nell’immortalità e in un Dio d’amore

1. Continua Roberto: «Questo sapientissimo maestro dei popoli nacque, come me, dal grembo di genitori poveri. Molto probabilmente egli ha dovuto elevarsi, soltanto a fatica e con tutte le privazioni possibili, fino al livello della suprema sapienza morale, mentre dovette subire per tutta la sua vita anche certe persecuzioni da parte della strana casta sacerdotale ebrea. Deve essere stato enormemente difficile per lui assurgere a tale sapienza in mezzo ai più irriducibili seguaci di Mosè e Aronne, nelle cui teste e nei cui cuori dimorava la notte tenebrosa.

2. Probabilmente, da povero diavolo giunse una volta in Egitto, o con i suoi altrettanto poveri genitori, oppure con un’altra carovana, dove, con i suoi talenti innati, poi attirò su di sé l’attenzione di un qualche grande sapiente. Costui lo prese poi con sé nella sua scuola e lo iniziò in tutti i segreti della sapienza più profonda, attraverso la cui sapiente applicazione egli dovette suscitare il massimo scalpore presso i suoi compatrioti molto stupidi. Oppure, egli frequentò la scuola degli Esseni, che a quei tempi erano in possesso della quintessenza della sapienza, per cui poi, naturalmente davanti ai ciechi ebrei, dovette sembrare un Dio, per il massimo conforto della povera umanità e, nello stesso tempo, per la massima indignazione della casta sacerdotale, orgogliosa ed estremamente ricca!

3. Mi ride ancora adesso il cuore se penso a come ha rimproverato l’intera casta sacerdotale nelle più svariate occasioni, in un modo tale che i sacerdoti non raramente avrebbero potuto scoppiare dall’indignazione. Purtroppo alla fine egli fu vittima del suo coraggio troppo grande e dell’infamia troppo insidiosa di quelle bestie del Tempio, adorne di oro e pietre preziose.

4. Però, è forse a me andata meglio? Oh no! Anch’io sono divenuto un martire per via delle mie nobilissime aspirazioni. Io volevo liberare l’umanità dalle sue vecchie catene della schiavitù e la mia ricompensa fu la morte più infame. E, in verità, al diavolo l’intera umanità! Essa ammazza i suoi migliori amici mentre porta in trionfo i suoi scaltri nemici, a suon di musica e alla luce delle fiaccole!

5. Ma ora mi sono liberato da tutto e cioè con la convinta consapevolezza che tutti i più grandi benefattori dei popoli non hanno avuto miglior sorte di me che, nonostante la mia buona volontà, non sono di gran lunga un Gesù!»

6. Nel pronunciare questo nome, passa di nuovo un potente lampo, questa volta vicinissimo a Roberto, lasciando dietro a sé una specie di imbrunire, come verso sera, simile ad una regione pervasa dalla foschia; così ora il nostro uomo può riconoscere molto bene la sua intera forma senza dover abbandonare la sua liberissima condizione nell’aria.

7. Sebbene il fulmine, anche questa volta, lo sorprenda assai, egli non si spaventa più, ma comincia subito a riflettere con calma e dice tra sé e sé: «In verità, ciò è immensamente strano! Ora il fulmine mi ha, si può dire, trapassato il corpo e non ho sentito nulla, se non, per la prima volta, ho avvertito un’arietta oltremodo benefica, e ora mi sento estremamente rinvigorito! Ed il suo bagliore di luce ancora maggiore fa tanto bene al mio cuore ed ai miei occhi; mi sembra anche di riuscire a distinguere verso occidente una specie di regione con molta foschia, e questo mi convince ancor più di fluttuare sul serio nell’aria libera. Ora posso anche distinguere bene i miei piedi, le mie mani ed anche il mio abito che indossavo sul luogo dell’esecuzione.

8. Oh, ma chi sulla Terra non comincerebbe di colpo a ridere a crepapelle se gli si dicesse che, dopo aver deposto il corpo, non solo l’anima, sotto la sua precedente terrena spoglia umana, è immortale, ma, in tutta serietà, anche l’abito del corpo!?

9. Il grande Shakespeare aveva in verità ragione quando diceva: “Tra la luna e il sole accadono cose che la sapienza umana neanche si sogna”. E di queste cose fa parte l’immortalità degli abiti terreni del corpo! Ma sembra anche che qui regni una coincidenza particolarmente strana, e cioè che proprio il mio abito di vittoria, l’abito della massima infamia agli occhi dei miei nemici, sia stato innalzato con me alla suprema libertà! Sì, le cose le può stabilire così soltanto un Dio amorevolissimo e giustissimo! Io ora però credo anche che ci sia un Dio veritiero che non ha per nulla bisogno di chiedere prima a Hegel e a Strauss se può e Gli è permesso di esserci.

10. Tuttavia mi sembra strano che ogni volta che io ho nominato il nome del grande Orientale, ogni volta sia esploso un fulmine! Che ci sia forse sul serio qualcosa di vero nella sua figliolanza divina, che va al di là dell’umano?

11. Se perfino gli abiti sono immortali, allora Gesù... - ahah, di nuovo un fulmine vero e proprio, e questa volta ben più forte delle volte precedenti! Che strano!».

11. Capitolo

Ulteriori pensieri di Roberto di timoroso rispetto e di desiderio di Gesù. Una regione luminosa si avvicina a lui.

1. Roberto continua a parlare: «Forse che anche lui, come me, si trova qui da qualche parte ed ora sta trattando con me, come un uomo suo pari, in questa maniera elettrica, totalmente innocua? Sì, sì! Infatti pare che fosse uno dei maggiori esperti, in particolare nella magia egiziana, soprattutto attraverso la conoscenza delle forze naturali più intime. Da ciò si potrebbero benissimo anche spiegare i suoi cosiddetti prodigi, in particolare se gli stupidissimi Osmani non avessero incendiato la grande biblioteca di Alessandria.

2. Sì, sì, come a me è rimasta la sapienza di Hegel e di Ronge, anche a lui è rimasto il suo grande tesoro di sapienza con il cui inestimabile aiuto egli ora mi indica, attraverso i fulmini, di trovarsi nelle mie vicinanze e di avere forse altrettanto il desiderio di incontrare un essere qualsiasi in questo vuoto. Non deve essere un divertimento, con lo spirito più sveglio al mondo, doversi accontentare soltanto della propria e unica compagnia per 1800 e poi ancora una quarantina in più di anni. Oh nobilissimo, eccellente e massimo amico degli uomini! Certamente non sono degno, paragonato alla tua grandezza, di sciogliere i lacci dei tuoi calzari, ma a che serve qui tutta la grandezza terrena? Qui scompaiono in verità qualsiasi splendore e qualsiasi celebrità della Terra!

3. Il tuo nome, e di conseguenza in futuro anche il mio, saranno famosi e verranno venerati e ammirati sulla Terra ancora per lungo tempo; ma a che serve questo a noi due? Noi possiamo qui, nel vuoto infinito e soltanto attraverso una specie di fulminea telegrafia di fulmini, far capire che noi due ci troviamo qui e forse neanche a grande distanza l’uno dall’altro.

4. Se fosse possibile che noi due ci avvicinassimo l’un all’altro, in verità la nostra compagnia ci basterebbe in eterno! Due grandi anime, in tutto supremamente affini, non mancherebbero sicuramente in eterno di magnifici argomenti di conversazione e vicendevolmente si abbrevierebbero il tempo nel modo più piacevole, oppure anche l’eternità rendendola deliziosamente interessante! Ma a che serve ora un pio desiderio; chi deve e chi può realizzarlo?

5. Così come noi due stiamo fluttuando, forse lo fanno anche innumerevoli altri esseri. Forse i corpi dell’universo erano in origine così come siamo noi ora? Dopo trilioni di anni terreni innumerevoli atomi si sono raggruppati attorno ad essi; così alla fine sono nati da essi interi corpi dell’universo al cui centro abitano ancora gli stessi spiriti o anime attorno a cui si sono formati per ammasso mondi interi!

6. Forse anche tu, mio grande amico, da quasi 2000 anni sei già divenuto una piccola cometina e riesci a risvegliare i fulmini dalla tua propria sfera avvolta nella foschia? Ci vorrà di certo ancora molta pazienza da parte mia finché avrò racimolato attorno a me soltanto alcuni metri di atmosfera nebbiosa. Forse io diverrò un tuo satellite quando sarai già un pianeta adulto? Oppure quando diverrai addirittura un sole, dopo molti decilioni di anni terreni, potrò forse divenire il pianeta a te più vicino, come Mercurio?

7. Queste sono naturalmente speranze avventate, ma che cosa si può fare di diverso? Nulla, se non attendere tutto con pazienza. Qui, nel regno dell’eternità, ci si deve consolare anche con eterne speranze, se non si vuole finire nella disperazione più nera per la terribile noia.

8. Ma guarda! Quella strana regione avvolta nella foschia, ben al di sotto di me, diventa ora un po’ più chiara e sembra anche che mi si stia avvicinando. Oh, questo sarebbe molto affascinante! È proprio così come pensavo a suo tempo.

9. Il mio grande amico Gesù - ah, di nuovo un fulmine! Ma non fa niente! Ma che cosa volevo dire? Ecco, il mio grande amico, che probabilmente sarà già cresciuto divenendo un piccolo mondo di cometa, ha recepito il mio più ardente desiderio e ora fa di tutto per venire da me. Certamente mi attirerà a sé nel centro del suo giovane mondo; in questo modo darà vigore alla forza di attrazione degli atomi eterici esterni e così crescerà e diventerà, ancora prima e più facilmente, un mondo completo. Sì, forse ha anche già attorno a sé una grande moltitudine di esseri a lui affini? Facile che sia così, poiché esseri come me ce ne sono già stati parecchi!

10. Ora, se riesce ad attirarmi, avrà anche attirato in modo identico tutti i suoi seguaci che prima di me sono passati attraverso il vero calvario! E così potrei anche già incontrarlo circondato da una grande compagnia? Se così fosse, quale piacere sarebbe questo per me!

11. Sembra davvero che questa volta la cosa si stia facendo seria. La strana regione mi si sta sempre più avvicinando, divenendo sempre più luminosa e chiara. Ora veramente sto scorgendo qualcosa che appare simile ad un piccolo monte circondato da parecchie collinette! Grazie a Dio, forse in questo modo giungerò comunque con la giusta pazienza, finalmente, su un qualche suolo più solido!».

12. Capitolo

Un uomo appare in lontananza a Roberto, che diventa gioioso perché è convinto che sia Gesù

1. Continua Roberto: «Cuore mio, gioisci! Infatti la regione si è alquanto avvicinata a me, ed ora vedo anche qualcosa su un picco lo monte, come un uomo che sembra farmi cenno!

2. Che sia, alla fin fine, addirittura il buon Gesù stesso? Sì, sì, è lui in persona! Infatti ora ho visto chiaramente come, nel pronunciare il suo nome, si è appunto dipartito da lui un forte lampo nella mia direzione. Oh, sarà infinitamente affascinante ritrovarmi in compagnia di quello spirito la cui grandezza e sapienza, di insuperabile profondità, io ammirai così spesso, al di là di ogni cosa!

3. O voi poveri, stupidi uomini della Terra, che per via dei beni terreni e delle cosiddette nobili origini, vi ritenete migliori delle molte migliaia di poveri fratelli e sorelle che voi conoscete soltanto sotto il nome di canaglie! Io vi dico che voi tutti insieme non siete degni di portare nelle vostre nobili teste, anziché il vostro cervello, la spazzatura di uno di quei poveri fratelli! Se voi aveste una zucca insipida al posto del cervello, avreste perlomeno un’idea di come è qui!

4. Venite qui, voi grandi asini mezzi morti. Soltanto qui verrete a conoscere ciò che siete, cosa sono le vostre cosiddette nobili origini, i vostri avi, il vostro oro! In verità, nessun diavolo vi libererà dal vostro tenebroso esilio! Infatti coloro che la Divinità inviò a voi per salvarvi, cominciando da Abele, ogni volta li avete catturati e assassinati crudelmente.

5. Ma ora io grido ad alta voce: “Il vostro tempo malvagio è giunto alla fine! Presto sarete tutti quanti qui e forse chiederete dei vostri avi orgogliosi. Ma l’eterno spazio oscuro attorno a voi resterà privo di risposta in eterno! La Divinità ben difficilmente farà di voi una casa di lumaca, per non dire poi un mondo! Ma Dio faccia quello che vuole! Io però sono ora oltremodo felice che il mio carissimo amico, con la regione che si fa sempre più chiara, mi sia già così vicino, tanto che io quasi potrei già parlargli! Grazie a Dio per questo regalo!”».

13. Capitolo

Roberto chiama Gesù e si trova subito su un terreno solido con Gesù Stesso al suo fianco

1. Continua Roberto: «Questa strana regione continua ad avvicinarsi! Quel monte sul quale si trova il grande maestro della più splendida morale, è abbastanza imponente. Potrebbe misurare alcune centinaia di piedi, e da un lato è piuttosto roccioso e ripido. Ma le altre collinette tutto attorno si potrebbero ritenere molto facilmente solo dei mucchi di sabbia un po’ pronunciati, e le più grandi fra queste non dovrebbero misurare neanche trenta piedi di altezza. Anche l’illuminazione di questa regione collinosa è strana. Si vedono le colline come se fossero ricoperte di fosforo. Ma i loro piedi, le valli e le pianure in mezzo a loro non si scorgono per niente. Si scorge soltanto una foschia che ha un singolare aspetto grigio-verde scuro e non riesco affatto a localizzare fin dove più o meno giunge, oltre a questa piccola regione collinosa.

2. Ritengo che così di certo sarà l’aspetto di tutti i corpi dell’universo di nuova formazione, prima che inizino, come semplici comete, la loro orbita attorno a un sole. Queste colline di certo avranno in basso un qualche collegamento. Ma come? Questo lo saprà al meglio l’unico abitante, colui che fu il grande maestro della più pura morale! Ora è già vicinissimo e forse mi potrebbe sentire se io gli rivolgessi un forte richiamo. Se ci riesco, sarà naturalmente molto bene per me e forse anche per lui. Ma se ho chiamato invano, questa di certo non sarà comunque la mia ultima inutile chiamata!»

3. Dopo queste parole Roberto si fa un megafono con le due mani, prende profondamente fiato e urla con tutte le sue forze: «Gesù, tu grande maestro dei maestri di tutti i popoli della Terra! Se sei tu e se senti la mia voce, vieni da me con la tua giovane Terra! Davvero, troverai in me il tuo più grande ammiratore! Io ti apprezzo per la tua semplice, eppure somma sapienza, con la quale superi di gran lunga tutti i tuoi predecessori e successori. Inoltre ti apprezzo perché la sorte terrena di noi due fu quasi identica. Ed infine ti apprezzo oltremodo perché tu fosti il primo, e lo sei ancora, che mi ha portato la prima luce in questa mia insopportabile tenebra, ragion per cui ti sarò riconoscente in eterno.

4. Se tu sei quel Gesù che mi è così caro, allora vieni! Oh, vieni da me e permetti che ci confortiamo a vicenda! Da parte mia non mancherò di confortarti secondo le mie possibilità. Allo stesso modo sono anche già fermamente convinto che, con la tua grande sapienza, mi darai di certo il massimo conforto. Oh vieni, mio diletto amico e compagno di sventura!

5. Tu, maestro d’amore che hai fatto dell’amore l’unica grande legge universale! Se a te, come a me, è rimasto il tuo grande amore, avvicinati a me con il tuo amore che tu stesso hai insegnato! E con questo amore anch’io voglio avvicinarmi a te in eterno!».

6. Dopo questo ben vigoroso appello, il piccolo luminoso mondo collinoso si mette rapidamente in moto, arrestandosi sotto i piedi del nostro uomo, in modo tale che - per la prima volta dopo il suo violento trapasso - con i suoi piedi sente di nuovo terreno solido, e si ritrova al fianco destro di Gesù sul monte più alto.

14. Capitolo

Le prime parole di Roberto al Signore.

Gesù inizia l’opera di conversione di Roberto.

1. Allorché Roberto si trova ben saldo davanti a Me, Mi osserva dalla testa fino alla punta dei piedi e ritrova in Me, giustamente ed inconfondibilmente, quel Gesù che credeva di trovare lì. E cioè nello stesso misero abito e anche con le stimmate, proprio come lui si era spesso immaginato il suo Gesù nella sua fantasia.

2. Dopo averMi osservato per un bel pezzo, tutto muto, cominciano a sgorgare le lacrime dai suoi occhi.

3. E dopo essersi un po’ ripreso dice, colmo di profondissima compassione: «Oh, tu amato, tu grandissimo amico degli uomini, che hai avuto abbastanza cuore da perdonare perfino ai tuoi più crudeli boia la più ignobile ingiustizia che compirono su di te! E questo unicamente perché tu, con la tua grandezza umana, hai presupposto la loro cecità, certamente totale, come valido motivo di scusa!

4. Ma quanto dura deve essere in tal caso la Divinità, cioè tuo Padre così spesso lodato ed adorato sopra ogni cosa - se si trova da qualche parte - a lasciarti fluttuare per quasi già 2000 anni in questo oscuro vuoto, tu che sei il più nobile, perfetto e migliore degli uomini, e a lasciarti nella stessa miseria in cui tu dall’infanzia sei cresciuto, divenendo il più puro e il più nobile amico degli uomini!

5. Oh Gesù, mio ottimo maestro e degnissimo di ogni amore! Quanto ti compiango e d’altra parte ti amo, anche per via della tua miseria tuttora identica! Infatti, se tu ti fossi avvicinato a me in uno stato anche solo in parte beato, mi sarei veramente adirato che uno spirito come te, dopo la deposizione del corpo, non debba giungere immediatamente al massimo onore se esiste una giusta Divinità che dà la giusta ricompensa!

6. Ma poiché ti incontro qui proprio nelle condizioni di quando tu lasciasti la Terra, allora mi viene da pensare che nell’Aldilà le cose sembrano essere ben diverse da come noi ce le immaginiamo. Per questo, dopo aver deposto il corpo, il nostro stato sembra essere una necessità obbligata, mediante la quale noi, solo dopo lunghi periodi di tempo, possiamo realizzare ciò che si trova nella nostra capacità di conoscenza e di desiderio, quale fondamento del nostro essere.

7. Sotto questo aspetto, la tua esistenza attuale e quella mia sembrano di certo tuttora essere molto deplorevoli, perché la realizzazione delle conoscenze insite in noi, delle quali siamo riusciti a farci una chiara idea, si trovano ben lontane dal potere della nostra volontà. Soltanto che, per equilibrare la realizzazione graduale delle nostre idee con la debolezza della nostra volontà, possediamo per somma fortuna nel nostro animo ciò che nella vita borghese chiamiamo pazienza. Questa viene indubbiamente messa talvolta alla prova, a tal punto che noi due certamente possiamo raccontare non poche cose!

8. Carissimo amico, io ti ho fatto, per quanto possibile, le mie vere confessioni. Ora esprimimi anche tu: “Che cosa ritieni ancora molto precario del nostro stato?”. Attraverso la reciproca comunicazione renderemo certamente più sopportabile un lungo periodo di tempo. Sii perciò così buono, nobilissimo amico degli uomini, ed apri davanti a me la tua bocca, per me più che sacra!»

9. Dico Io (Gesù), porgendo la mano a Roberto: «Ricevi il Mio saluto, Mio amato, caro compagno di sventura! Io ti dico: “Sii lieto di averMi trovato e non preoccuparti assolutamente del resto. È sufficiente che tu Mi ami e che, secondo le tue nozioni, tu Mi ritenga l’uomo più nobile e più sapiente. Tutto il resto, d’ora in poi, lascialo a Me. Io ti do la sacrosanta assicurazione che alla fine tutto finirà certamente più che bene, non importa quali situazioni dovremo affrontare. Infatti Io, in questa solitudine, ho riflettuto su tutto e ti posso dire con la massima certezza che Io, nell’uso del potere della volontà che a te sembra debolissimo, sono arrivato al punto che, se lo voglio, posso realizzare qualsiasi cosa Io pensi e immagini. Il fatto che Io qui ti sembri così abbandonato e solitario, dipende soltanto dalla tua visione ancora imperfetta per questo mondo. Quando questa visione man mano migliorerà, grazie al tuo amore per Me, ti accorgerai ben presto a quale punto giunge la Mia Forza di Volontà.

10. Ma indipendentemente da tutto ciò che tu Mi hai detto e che

Io ora ti ho espresso, rivolgo prima una domanda significativa al tuo animo, domanda alla quale tu puoi rispondere fedelmente, senza riserve, e cioè proprio così come lo senti nel tuo cuore.

11. E la domanda è questa: “Vedi, carissimo amico e fratello, tu hai avuto sulla Terra intenzioni oneste, ossia di liberare i tuoi fratelli dall’eccessiva oppressione dei loro regnanti duri e senza cuore. Sebbene tu, per tale scopo, non abbia scelto i mezzi più idonei, Io guardo soltanto allo scopo e meno al mezzo. Se il mezzo lo si può definire non violento, in tal caso davanti a Me è già giusto e lecito. Ma per quanto Io sappia, fosti preso dai tuoi nemici mentre eri a metà strada nella realizzazione del tuo nobile scopo e poco dopo fosti giustiziato. Che questa triste vicenda abbia acceso d’ira il tuo intimo e abbia riempito il tuo cuore di una giusta sete di vendetta, la trovo una cosa così naturale che non c’è proprio nulla da obiettare! Però se ti venisse tra le mani, che ora sono già divenute potenti, quel generale austriaco che ti ha condannato a morte, e con lui anche tutti i suoi complici, ebbene dimMi, in maniera fedele, che cosa ne faresti di loro?”».

15. Capitolo

Roberto spiega a Gesù i motivi per cui non ha più sete di vendetta ed esprime tre suoi desideri

1. Dice Roberto: «Nobilissimo amico! Che io fossi colto dalla massima ira e sete di vendetta nell’attimo in cui quella persona spietata, priva di qualsiasi amore umano, mi trattò alla pari del più astuto delinquente, credo che qualsiasi spirito che pensi rettamente lo trovi giusto. Però ora è subentrato da tempo in me il perdono, e perciò davvero non desidero per questo cieco null’al-tro se non che possa vedere e riconoscere se ha agito rettamente o meno con me.

2. Se tutto fosse davvero finito con la mia morte corporale, allora non avrei mai potuto di certo meditare vendetta. Ma avendomi egli effettivamente e letteralmente ucciso la vita corporale, e non potendomi più infliggere altra sofferenza, e dato che, in fondo, io sono ora ben più felice di lui nella sua follia dominatrice, così posso più facilmente perdonargli tutto. In fondo, secondo le circostanze esteriori, egli aveva più motivo di sbarazzarsi di me come un soggetto che gli sembrava pericolosissimo, di quanto non l’avessero allora, ai tuoi tempi, i malvagi sommi sacerdoti di Gerusalemme di disfarsi di te, mio carissimo amico, in modo assolutamente spregevole e oltremodo crudele!

3. Se tu, mio nobilissimo amico, sei riuscito a perdonare ai tuoi aguzzini perfino sentendo totalmente tutti i dolori del martirio, quanto più lo dovrei fare io che, in fondo, non ho sentito nulla che io possa definire un vero dolore da martirio.

4. Perciò, se il mio grande nemico terreno potrebbe ora apparire davanti a me, io non gli direi nulla se non ciò che tu dicesti a Pietro alla tua cattura nel giardino di Getsemani quando staccò un orecchio al servo Malchus.

5. Se, nello spazio eternamente incommensurabile, esiste un Essere Divino infinitamente giusto, Egli gli farà comunque trovare quella ricompensa che si è guadagnata a causa mia e a causa di molti altri ancora. Se però non dovesse esserci un tale Essere Divino, al Quale ora non credo quasi più, sarà la storia futura a giudicarlo senza che io abbia il minimo bisogno di desiderarlo.

6. Se però posso presentarti un piccolo desiderio del mio cuore, e se è in tuo potere realizzarlo, ti raccomando anzitutto la mia povera famiglia, ossia la mia cara moglie e i miei quattro bambini! Poi però anche tutti gli uomini di cuore buono ed animo onesto! Fa in modo invece che gli egoisti veri e propri, che hanno fatto di tutto per provvedere prima per sé e per i loro posteri a spese dell’intera umanità, provino ancora sulla Terra come stanno coloro che devono vivere giorno per giorno alle dipendenze di tali ricchi! Vedi però che anche questa mia richiesta non venga considerata un’aspirazione, poiché io, per conto mio, trovo in te sufficiente compenso per tutto ciò che ho sofferto e perso sulla Terra!».

16. Capitolo

Il Signore promette a Roberto, se è possibile, di esaudire i suoi desideri. Discorso infuocato di Roberto contro i tiranni.

1. Dico Io: «Alla Mia domanda vitale, oltremodo importante, hai risposto molto bene. La tua risposta è tanto più apprezzabile perché è stata data così come si trova in te, viva e vera. Io posso invece dirti che di certo esaudirò ognuno dei desideri da te espressi, sempre che ciò sia in Mio potere.

2. Però, caro amico e fratello, c’è qualcosa che non riesco a conciliare con il tuo modo di pensare ed agire, del resto giusto e umanitario, ed è il fatto che tu sulla Terra provavi pur sempre un certo compiacimento quando un qualche aristocratico borioso veniva privato della testa dal cosiddetto proletariato!

3. Così, se ben Mi ricordo, in un’assemblea a Vienna tu stesso hai proclamato, accolto con grandi applausi, che in Austria ed anche in certi altri Paesi le cose non sarebbero migliorate se prima non fossero stati decapitati perlomeno alcune centinaia di grandi uomini! DimMi, del tutto sul serio, se questo era tutto frutto della tua volontà, oppure se era soltanto buttato là per dare più impeto al tuo discorso»

4. Dice Roberto: «Amico, quando ancora mi trovavo sulla Terra volevo sacrificare la mia esistenza unicamente per il progresso, il migliore possibile, della povera umanità per lo più oppressa. Vidi però, attraverso molteplici esperienze fatte su di me ed anche sugli altri, come le ricche e aristocratiche bestie umane si ingrassano con il sudore e il sangue dei poveri e vidi anche come la maggior parte dei troni e dei palazzi fu costruita con il sangue della povera umanità! E allorché in Austria io dovetti riconoscere ben chiaramente che l’alta dinastia aveva ripreso a mobilitare tutto per introdurre nuovamente il vecchio e ferreo assolutismo e per mettere in triplici catene da schiavi la povera umanità, ebbene questo, fatto tutto in un colpo solo, era troppo per un amico degli uomini, come io credevo di essere con tutte le mie forze! In verità, se io avessi centomila vite, le sacrificherei tutte quante se con questo potessi aiutare gli uomini. Mentre invece questi grandi del mondo non si danno minimamente pensiero neanche quando vengono trucidati centinaia di migliaia di uomini, purché loro ottengano stima e gloria!

5. Oh dimmi, amico, se un cuore pieno di vero amore fraterno per il prossimo che è obbligato a sentire ed assistere ad un tale gelido orrore perpetrato sui poveri fratelli, può forse essere rimproverato se, per la giustissima collera, viene spinto a certe proclamazioni alle quali mai penserebbe se le cose andassero per il verso giusto?

6. Certamente, tutto questo potrebbe stare nell’imperscrutabile piano di una qualche sconosciuta Provvidenza, e perciò tutto doveva forse anche avvenire così come sta avvenendo. Ma di tutto questo, che idea ha un abitante della Terra? Ossia, che gliene importa di certe leggi segretissime che delibera un Essere Divino nell’eterna sala dell’infinito?

7. Noi, abitanti della Terra, conosciamo soltanto le tue elevatissime leggi dell’amore che siamo tenuti a seguire fedelmente, perfino al prezzo della nostra stessa vita! Ciò che si trova al di sotto e al di sopra ci riguarda veramente poco. In un qualche mondo solare potranno essere in uso altre leggi, che forse sono più sagge, però è molto probabile che siano più stupide di quelle che tu, carissimo amico degli uomini, ci hai dato; però sarebbe certamente da definire follia se ogni cittadino terreno volesse organizzare la propria vita secondo le leggi esistenti su un lontano sole. Noi riconosciamo soltanto un’unica legge come divinamente vera e valida, con la quale possa essere pensabile la migliore esistenza di ogni società umana, secondo il giudizio della ragione imparzialmente pura; ma quello che un fato qualunque vi mescola in mezzo non è altro che cattiva erbaccia tra lo splendido grano che tu, nobilissimo amico degli uomini, hai sparso sull’ingrata Terra. E questa erbaccia non merita altro se non che essere bruciata nel fuoco di un giudizio perfettamente giusto!

8. Io lo dico apertamente: “Finché l’uomo è uomo, secondo le tue leggi, egli è anche degno di ogni stima”. Se invece si innalza al di sopra della tua legge e vuole soggiogare e dominare i suoi fratel li per i propri vantaggi, egli, così facendo, dichiara nulla la tua legge. Allora non è un fratello, ma un padrone dei fratelli che crede di poter disporre a piacimento della loro vita. Su questo punto resterò in eterno Roberto Blum e mai intonerò un inno di lode ai sovrani dei popoli! E questo perché già da tempo essi non sono più quello che dovrebbero in fondo essere, ossia sapienti e amorevoli guide dei loro poveri fratelli.

9. Certamente, io so che anche nella classe povera c’è un numero straordinariamente grande di persone che sono più bestie che uomini e perciò possono essere mantenuti nell’ordine soltanto con il ferreo bastone. Però mi chiedo: “Di chi è la colpa?”. La colpa è appunto di coloro che soggiogarono tali popoli e che accrebbero ancora di più la loro originaria notte della vita, per consolidare maggiormente il loro potere di sovrani sui pilastri della totale ignoranza dei loro popoli! Amico, chi inneggia a tali sovrani non deve essere certo un Roberto Blum e tanto meno un Gesù di Nazaret!

10. Oh, ci sono anche sovrani che svolgono il loro compito onestamente e seriamente; costoro sono i verissimi amici angelici dei loro sudditi. Mille volte un evviva a tali sovrani! Per i dominatori dei popoli e gli assassini dello spirito, invece, mi manca veramente un’adeguata espressione! Se esistono i diavoli, costoro lo sono in persona!

11. Io credo di aver risposto abbastanza chiaramente alla tua domanda. Ora però io chiedo anche a te di esprimere la tua opinione in merito alla mia risposta! È vero che io sono abbastanza fermo in tutto ciò che riconosco giusto, però non sono rigido ed inflessibile, tanto più se, in cambio, tu mi sai dare qualcosa di meglio!».

17. Capitolo

Il Signore insegna: «Siate sottomessi alle autorità!».

Roberto non condivide questo comandamento. Egli desidera una spiegazione sulla natura umano-divina di Gesù.

1. Dico Io: «Ascolta, Mio caro amico e fratello, non posso biasimare per nulla il tuo modo di pensare ed agire. Laddove tra i sovrani ed i popoli da loro dominati vigono le condizioni che tu Mi hai appena raccontato, di certo hai perfettamente ragione a parlare e ad agire così. Se invece le cose stessero diversamente da come tu le hai interpretate secondo le tue idee, come giudicheresti poi le molteplici condizioni dei sovrani nei confronti dei popoli loro sottomessi?

2. Certo, tu Mi hai detto apertamente che giudichi tutte le condizioni degli uomini secondo la Mia Legge dell’Amore e che non ti interessi di influssi ultraterreni. Ma vedi, su questo punto non posso essere d’accordo con te, per molti motivi.

3. Un motivo sarebbe, per esempio, già un Mio comandamento stesso, secondo il quale Io Mi mostrai sottomesso ad ogni autorità del mondo, mentre avrei avuto abbastanza potere per opporMi per bene a chiunque. Un altro motivo potrebbe essere il fatto che Io, nel Tempio, per quanto riguarda la decima, comandai personalmente di “dare a Cesare ciò che è di Cesare ed a Dio ciò che è di Dio”! E allo stesso modo Io insegnai anche tramite Paolo di obbedire ad ogni autorità, sia essa clemente o rigida, poiché nessuno ha il potere se non dall’Alto! Che ne dici tu di questi comandamenti che sono pure i Miei?»

4. Dice Roberto: «Nobilissimo amico degli uomini, sai, sembra che le esigenze di quel tempo ti abbiano strappato questi comandamenti per abili considerazioni di carattere puramente umano, allo scopo di ottenere una maggior garanzia per la tua dottrina ed anche, tra l’altro, per la tua stessa persona. Infatti se tu, come nell’antico Testamento ebraico di Jehova per bocca di Samuele, ti fossi scagliato contro i re, di certo difficilmente la tua morale così elevata sarebbe sopravvissuta per i quasi 2000 anni sotto l’orgogliosissimo dominio mondano di Roma, se non per via puramente soprannaturale, della quale i tenebrosi [cattolici] romani sanno raccontare una gran quantità di cose. Quanto però di vero ci sia in questo lo saprai, spero, giudicare tu meglio di me che non ho potuto essere testimone di tutti gli orrori di questa nuova Babele come lo fosti tu!

5. Vedi, io giudico la cosa così: se tu avessi preso veramente sul serio il comandamento di ubbidire a tutte le autorità terrene, fossero esse buone o cattive, in tal caso avresti dovuto rinunciare già in partenza alla tua dottrina totalmente diversa, che è liberale al massimo grado. Tu avresti dovuto ammettere che si sarebbe restati, per tutti i tempi, oscuri pagani non appena un’autorità pagana avesse comandato ad un popolo di venerare i vecchi idoli e di non prestare ascolto alla tua dottrina che stava allora nascendo!

6. Certamente tu dicesti: “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”, ma allora definisti troppo poco i confini di ciò che nel complesso generale è propriamente di Cesare e ciò che accanto a questo è di Dio. Perciò fu facile per un imperatore senza scrupoli appropriarsi delle prerogative di un Dio e trascurare quei doveri secondo i quali avrebbe dovuto effettivamente agire.

7. Malgrado ciò, la tua parola di allora nel Tempio può essere più facilmente definita che non quel comandamento paolino che puzza fin troppo di grande timore dei prìncipi del mondo. Secondo questo, se lo si prende alla lettera, si deve perfino cessare di essere cristiano non appena un tale principe del mondo, per certe considerazioni, ritiene necessario giudicare la tua pura dottrina pericolosa per i suoi fini dominatori, così come lo ha dimostrato per molti secoli in un modo che grida vendetta al cielo, e tuttora lo dimostra, la dissacrata dottrina di Roma.

8. Debbono essere state ben altre considerazioni superiori a indurre Paolo, per altri versi sapiente, ad emettere una tale sentenza. Ma se si considera la cosa con la mente lucida, a rigore questa appare un’assurdità. Infatti da un lato si dice: “Voi siete tutti fratel li e sorelle e Uno solo è il vostro Signore!”, mentre invece d’altro lato sta il comandamento di ubbidire in tutto e per tutto alle autorità del mondo per le quali la fratellanza è una vera beffa.

9. Amico, questo si annulla vicendevolmente! O una cosa o l’altra! Ma se si è costretti a seguire le due cose, questo significa in fondo servire due padroni, il che tu stesso l’hai definito impossibile! Oppure si dovrebbe realizzare in sé una doppia natura, per la cui ipocrita caratteristica si farebbe solo esteriormente ciò che vogliono i prìncipi, mentre invece interiormente si dovrebbe maledire questo e fare nel segreto ciò che pretende la parte liberale della tua dottrina principale. E questo sarebbe naturalmente molto difficile, a volte perfino impossibile, o per lo meno estremamente pericoloso.

10. Credimi, nobile amico, io ho soppesato con precisione come pochi ogni punto della tua dottrina. Credo infatti di avere ben chiaro ciò che tu hai insegnato liberamente come tuo scopo principale e ciò che invece tu ed i tuoi discepoli foste indotti a inserire a causa delle minacciose circostanze di quel tempo. Ma, ciò nonostante, io sono il tuo più fervido ammiratore e so cosa pensare della tua purissima dottrina! Certamente, poco fa hai detto che anche tu, nonostante il tuo potere vittorioso, ubbidivi alle autorità del mondo. Questo non voglio contestartelo, poiché tu stesso hai dovuto farti mettere sulla croce a causa della legge del mondo.

11. Dare dunque un giudizio sulla possibilità che tu, stimatissimo amico, ti potessi opporre con una in te occulta forza soprannaturale quando quell’autorità ti catturò sul serio, questo certamente è ben al di là del mio orizzonte di conoscenza momentanea! Se i tuoi atti non ti sono stati attribuiti come favole pagane da semidei, è certo che - quale sapiente che era familiarizzato con le forze più intime della Natura - tu disponevi anche di forze straordinarie. Ma la tua cattura ed esecuzione ha messo in una ben cattiva luce il tuo magnifico potere sulle forze della Natura presso moltissime persone dall’intelligenza lucida, e molte se ne sono scandalizzate immensamente. Ma io e una moltitudine di altri abbiamo accettato soltanto la tua purissima dottrina e bandito da essa tutto ciò che appariva come una fiaba pagana introdotta più tardi.

12. Se abbiamo agito in modo giusto o meno, spero ora di apprenderlo da te in tutta verità. E spero anche di venire a sapere se c’è qualcosa di quella tua pretesa divinità, dimostrata perfino matematicamente in particolare da un certo Swedenborg nel 18° secolo, e come ci possa essere, questo di sicuro verrà difficilmente accolto da un puro pensatore, perché questa cosa ha in apparenza un aspetto un po’ troppo burlesco!

13. Pensaci un po’ tu stesso: un infinito, illimitato Essere Divino, la cui Intelligenza, Sapienza e Potenza debbono necessariamente essere dei più estesi! Pertanto sarebbe addirittura logicamente impossibile che questo Infinito ed Onnicomprensivo possa mai delimitarsi e ridursi alla persona di un uomo! E chiediti e rifletti un po’: si può mai supporre che tu e l’infinita, universale Divinità possiate essere realmente identici? Sì, come “Figlio di Dio” non ho nulla in contrario, poiché un qualunque galantuomo può affermarlo di sé con la stessa ragione. Ma Dio e uomo allo stesso tempo, questo però è evidentemente troppo!

14. Del resto io non ho neanche nulla in contrario se la cosa mi viene dimostrata chiaramente. Infatti se tra il sole e la luna ci possono essere ancora delle cose che finora nessuna sapienza umana si è mai sognata, perché non dovrebbe far parte di tali cose straordinarie anche il fatto che tu sul serio possa essere il supremo Essere Divino? Forse, secondo Hegel si è risvegliata in te per la prima volta la Divinità, in un certo senso prima sopita in te, ed è passata alla chiara coscienza di Se Stessa?

15. Oppure Essa ha sentito la necessità di manifestare Se Stessa come uomo, agli esseri da Essa creati, per poter essere compresa e contemplata dagli uomini senza compromettere qualcosa della Sua suprema Forza di Volontà universale? Come detto, ciò è del tutto possibile. In particolare qui, dove l’esistenza assume un carattere estremamente misterioso.

16. Ma allora, come mai la Divinità, manifestata in te quale uomo-Dio, si è fatta condannare alla morte più spregevole sul palo dell’infamia da un branco di pazzi ebrei, e questo per di più su uno dei pianeti più miserabili? Amico, qualcosa del genere accade difficilmente tra il sole e la luna! Un simile prodigio bisognerebbe andarlo a cercare tra le nebulose.

17. Io però credo anche che tu tali cose non le hai affermate di te seriamente, neanche in sogno! Infatti io so fin troppo bene ciò che replicasti quando ti si chiese se tu fossi sul serio il Figlio di Dio. La tua risposta fu come quella di un sapiente, ovvero: “Non Io, ma voi stessi lo dite!”. Chi parla così nel momento decisivo, sa anche quello che dice e perché. Credo di avere anche compreso questa risposta nella misura in cui le forze umane lo permettono, ed ho dedotto che tu, quale uomo purissimo, sei in tutto un verissimo spirito angelico, però per nulla un semidio pagano.

18. Ma che ai tuoi tempi - quando ancora si credeva all’oracolo di Delfi, dove il tummim e l’urim profetizzavano e il bastone di Aronne, vecchio di quasi mille anni, era ancora verde nell’Arca - si attribuisse la divinità ad un sapiente di primo piano come te, che da quasi 2000 anni da nessun altro è stato ancora superato, ebbene, tutto ciò lo trovo oltremodo comprensibile! Infatti se già i Romani, che per il resto sono sapienti, consideravano ogni grande uomo come ispirato dallo Spirito Divino, quanto più dovevi esserlo tu per i tuoi connazionali ancora più avidi di prodigi, tu che operasti davanti ai loro occhi tra l’altro cose della cui causa, sicuramente naturale al massimo, essi non avevano la più pallida idea dai tempi di Abramo!

19. Amico, credo di avere risposto a sufficienza alla tua domanda. Ora toccherebbe di nuovo a te; infatti ascolterò ed apprezzerò con la massima attenzione ognuna delle tue parole!».

18. Capitolo

Gesù spiega a Roberto i motivi del suo pensiero sbagliato.

Qual è la Bibbia affidabile.

Sulla necessità dell’autorità terrena e dei suoi capi.

1. Dico Io: «Mio amato fratello, vedi, se uno considera questa cosa come fai tu, e cioè con occhi puramente terreni e con la mente altrettanto terrena, e si accontenta di una traduzione dei quattro Evangelisti e delle lettere di Paolo così lontana dall’originale da essere spesso carente di ogni buon senso, e se in aggiunta ha trangugiato la filosofia terrena di vari ateisti tedeschi, allora le cose non possono essere certo diverse da come sono nel tuo caso.

2. Io ti dico che se tu ti fossi preso la briga di studiare attentamente gli scritti del Vecchio e del Nuovo Testamento, e precisamente servendoti di una buona traduzione - come quella di Martin Lutero oppure anche della cosiddetta Vulgata oppure della Bibbia originaria greca -, allora saresti giunto a ben altri giudizi che non sulla tua strada così estremista. È come se tu non avessi affatto radici, dato che gli insegnamenti dei tuoi sapienti terreni si presentano soltanto come piante parassite sull’albero della conoscenza. Tu, quale coltivatore di alberi terreni, saprai certamente come sono costituite le radici delle piante parassite, e così saprai anche quanto valore hanno le tue guide umane ai Miei occhi!

3. Se, in primo luogo, si traduce la Bibbia proprio come si vuole che sia per [dimostrare] i propri princìpi, e poi si sottolineano soltanto proprio quei testi che consentono un doppio senso a seconda della traduzione, allora non ci vuole una grande abilità per argomentare nella maniera come tu hai ora fatto con Me.

4. Ma vedi, le cose non stanno così; infatti, in primo luogo, i testi citati riportano la Mia famosa sentenza nel Tempio in merito alla decima - ed in particolare quella di Paolo nelle lettere ai Romani ed a Tito - in un modo che non è così come tu Me le hai presentate. Perciò sia nel Mio caso, che in quello di Paolo non si è mai trattato di un timore dei prìncipi, avendo Io dimostrato più che tangibilmente davanti a Pilato ed Erode, ed anche in precedenza davanti a Caifa, di non aver avuto per nulla paura di questi potenti del mondo! Infatti, chi non teme la morte, essendo padrone di se stesso e restando tale in eterno, ha ancora meno motivo di temere coloro che, inutilmente, possono dare la sola morte fisica.

5. Ma come Io non ebbi il benché minimo motivo di temere i potenti della Terra, così anche Paolo non ne ebbe motivo. Infatti Nerone, tra tutti i tiranni di Roma, fu notoriamente il più feroce; eppure fu da lui che Paolo andò a cercare protezione contro i malvagi ebrei che lo perseguitavano, ed anche la trovò finché ne ebbe bisogno terrenamente. Aveva forse paura degli ebrei? Oh no, nonostante egli sapesse bene quanto costoro gli fossero ostili, eppure egli andò a Gerusalemme anche se suoi amici più intimi lo sconsigliarono di farlo.

6. Da ciò puoi dunque desumere che né Io, né Paolo abbiamo dato, riguardo alle autorità, i nostri identici comandamenti, o meglio “consigli”, per un qualunque timore dei prìncipi, ma unicamente per il necessarissimo ordine del mondo degli uomini. Infatti, questo lo dovresti pur comprendere, nessuna società umana può sussistere senza capi. Perciò è anche necessario, come maestro, mostrare agli uomini la necessità di ubbidire a questi capi!

7. Oppure sei forse del parere che là sulla Terra possano sussistere grandi società umane senza alcuna guida? Questa sarebbe la massima impossibilità e sarebbe perfino contrario all’ordine naturalissimo non solo dell’uomo, ma anche di tutte le cose terrene.

8. Affinché tu possa comprenderlo ancora più profondamente, voglio condurti attraverso i vari regni delle cose naturali e così stamMi ad ascoltare!».

19. Capitolo

Sulla necessità di essere governati dai capi e sull’ubbidienza, con dimostrazioni tratte dal mondo naturale

1. Continuo a parlare Io: «Immaginati che tutti i corpi cosmici siano dotati dell’intelligenza e della libera visione necessarie alla funzione che devono svolgere. Vedi, questi grandi corpi fluttuano tutti quanti nello spazio etereo, liberissimo secondo i tuoi concetti. Ma perché allora sono così ostinati e da molti millenni continuano sempre ad orbitare in modo uguale attorno ad un determinato sole che, per così dire, non vogliono abbandonare a nessun costo?

2. Certamente, alcuni dei loro periodi orbitali sono per loro peggiori di altri, e questo viene già dimostrato abbastanza tangibilmente dagli anni buoni e cattivi di un pianeta, in particolare in quei periodi in cui sul corpo solare c’è talvolta più turbolenza del solito. È vero che un corpo come quello di un pianeta può ben sopportare una breve spinta del sole, però ad un corpo cosmico accadono, in modo ininterrotto, parecchie orbite travagliate, di certo qua e là localmente più o meno forti.

3. Se poi un tale grande pellegrino nello spazio etereo, dopo forse dieci o più orbite in cui è stato così maltrattato dal suo sole, alla fine si stancasse e si ripromettesse seriamente di abbandonare il sole che lo governa per divenire poi un corpo assolutamente libero nell’infinito spazio dell’universo, quale sarebbe la conseguenza inevitabilissima di una tale idea planetaria, ebbra di libertà assolutissima?

4. Vedi, dapprima ci sarebbe una totale solidificazione a causa della mancanza di luce e di calore che subentrerebbe anche troppo rapidamente; in seguito ci sarebbe, necessariamente, un totale incendio interno a causa della pressione troppo potente dall’esterno verso l’interno; ed infine una disintegrazione totale di tutte le parti del pianeta, e con essa anche la sua morte completa!

5. I pianeti però percepiscono nel loro intimo. La loro esistenza è per essi la massima esigenza percettibile. E così essi continuano a restare sotto il governo del loro sole, mantenendo il loro movimento sempre secondo un ordine immutabile e non si curano se, in certi periodi orbitali, vengono tenuti con più rigore di altre volte dal sole che li governa.

6. Senza dubbio, certi amici dei pianeti che la pensano come te potrebbero dire spassionatamente: “Tanto di lode a tali pianeti di buona volontà. Ma se io fossi il Creatore, metterei bene in riga un sole così lunatico - quale reggente indispensabile dei poveri pianeti -proprio a causa del suo governo capriccioso!”

7. Però il sole si alza e dice: “Cosa stai blaterando, tu cosmopolita di corte vedute? Non vedi che io non ho un pianeta solo di cui occuparmi, ma che invece mi devo occupare di molti pianeti, grandi e piccoli? Non lo sai che le loro orbite sono disuguali, che talvolta i grandi pianeti come quelli piccoli mi si avvicinano e talvolta si allontanano? Non lo sai che spesso essi si trovano in gran numero proprio su un solo lato e che mi danno assai da fare, e perciò un qualche singolo pianeta dalla parte opposta è per forza scarsamente partecipe ai miei doni altrimenti abbondanti! Non sai che se un tale pianeta, in un determinato periodo orbitale, viene necessariamente trattato un po’ aridamente, esso comunque riceve sempre quel tanto da poter sussistere? Da trilioni di pellegrinaggi miei propri, attorno ad un altro sole reggente ancora più grande, posso testimoniare che mai un pianeta che si sia adeguato al mio ordine sia morto di fame e sia perito. Se invece ci sono delle comete che, preferendo il loro libero girovagare al mio fermo ordine, periscono da qualche parte nello spazio infinito dove furono spinte dalla loro pazza voglia di libertà, ebbene io di certo non ci posso fare nulla, poiché nulla di ingiusto accade ad un essere che vuole soltanto governare se stesso, senza dipendere da una guida più potente; costui infatti si è giudicato da se stesso! Così se tu, cosmopolita liberale, vuoi vedere punito me, governatore dei pianeti, per via del mio comportamento necessariamente mutevole verso i pianeti a me soggetti, allora toglimi la mia luce e il mio splendore, la mia grandezza e potenza! Vedi poi però come potranno sopravvivere senza di me i pianeti che, a tuo parere, sono tenuti da me nelle catene della schiavitù!”.

8. Vedi, amico, così si esprime l’ordine naturale già con i primi, più forti e liberi corpi dell’universo, ordine senza il quale nessun pianeta potrebbe essere ideato per sopravvivere! Ma se questi grandi esseri che fluttuano liberamente hanno bisogno di una guida, quanto più ne hanno bisogno quei piccoli esseri che nel loro movimento sono ancora più legati da ogni genere di condizione di quanto non lo siano gli animali, ed in particolare gli uomini dotati di uno spirito perfettamente libero!?

9. Gli animali della stessa specie hanno, in linea di massima, un loro simile che è in un certo senso il loro capo. Quando esso si muove, tutti quanti vengono stimolati allo stesso movimento, come spinti da una scarica elettrica. Guarda una mandria di bovini: questa ha un capo in mezzo a sé! Il pastore che per esperienza ben presto si accorge di quale sia l’animale della sua mandria che viene seguito dagli altri, gli appende un campanaccio attorno al collo. E quando alla sera vuole condurre a casa la mandria, fa solo attenzione da dove viene il suono del campanaccio, si reca lì e trova radunata tutta la sua mandria. Se vuole condurla a casa, ha bisogno di guidare solo il capo dotato del campanaccio e tutti gli altri lo seguiranno automaticamente. Lo stesso avviene perfino con i maiali molto stupidi, in particolare se vivono liberi nella natura; altrettanto si dica delle capre, delle pecore, dei cavalli, degli asini e di altre centinaia di specie animali. Lo stesso lo puoi perfino scoprire nei diversissimi insetti, negli uccelli e altrettanto nei pesci più ottusi e in altri animali acquatici.

10. Ma Io ti voglio mostrare la cosa per bene e voglio perfino condurti nella natura che sembra ancora più muta.

11. Consideriamo l’acqua, che in se stessa è alquanto sciolta, che si lascia separare in innumerevoli goccioline senza che sia possibile percepire nessuna resistenza. Questo elemento della natura, estremamente importante - che cela in sé tutti i primi germi della vita animale e vegetale e che allo stesso tempo è colmo di forze per te incalcolabili - allo stato libero ubbidisce assolutamente alla legge della gravità che è insita in essa. Secondo questa legge, che l’acqua recepisce attraverso una sua facoltà percettiva, essa coglie la minima pendenza del terreno. Subito comincia a correre verso la maggiore depressione e non ha tregua né pace finché non abbia raggiunto pienamente il massimo bassopiano del mare. Questo elemento ha anche la particolare caratteristica che si chiarifica completamente solo quando ha raggiunto il bassopiano del mare. In un certo senso indica in tal modo che anche l’uomo giungerà alla chiara coscienza della sua vera destinazione eterna solo quando non aspirerà ai massimi onori terreni, ma solo al punto più basso, ossia la vera umiltà così spesso raccomandata da Me, che però non potrà mai essere raggiunta col comandare, ma soltanto con l’ubbidire!».

20. Capitolo

Lo scopo delle alte montagne e dei ghiacciai

1. Continuo a parlare Io: «Quindi dall’acqua ti sarebbe stata data una prova che anche questo elemento contiene in sé una propria intelligenza, attraverso la quale essa puntualmente ubbidisce, fino all’ultima goccia, alla legge dell’Ordine puramente divino su cui si fonda, anche se ogni goccia racchiude in sé una moltitudine di trilioni di vite!

2. Però vogliamo proseguire volgendoci al luogo di nascita dell’acqua, quindi alle montagne, e vedere se in esse non si può forse notare anche un’intelligenza loro propria e, di conseguenza, anche un’osservazione precisa delle leggi in esse contenute.

3. Vedi, amico, sulla Terra trovi ogni genere di montagne. Tra queste si trovano montagne molto alte, ovvero montagne originarie; poi di media altezza, ossia montagne di formazione cosiddetta secondaria; ed infine molto basse, più colline che montagne, tutte quante appartenenti alla formazione terziaria, secondo un termine della scienza terrena. Ora tu sorridi gioioso perché stai scoprendo in Me anche un geologo! Oh, consolati, perché Io sono abbastanza esperto di geologia e anche di alta cosmologia.

4. Ma ora continuiamo! Abbiamo quindi tre generi di montagne. Tra queste tre specie vogliamo ora dedicare la nostra attenzione a quella più alta.

5. Come mai ci sono le montagne sulla Terra? Ebbene, Io intendo in particolare la prima specie. Vedi, i loro scopi sono diversi: in primo luogo esse regolano le correnti elettromagnetiche, affinché queste vengano ben distribuite sull’intero globo terrestre. In secondo luogo, esse impediscono che l’aria attorno alla Terra, nel rapido movimento rotatorio di questa attorno al proprio asse, resti ferma, mentre la superficie della Terra continua a muoversi. Questo provocherebbe una controcorrente più violenta di qualsiasi uragano, a causa della quale certamente nessun essere potrebbe sopravvivere sulla Terra. In terzo luogo, esse attirano a sé dall’aria le particelle di umidità troppo potenti che si sono formate dall’ossigeno e dall’idrogeno, ragion per cui le loro cime più alte generalmente sono avvolte dalla foschia e perciò di rado appaiono chiaramente visibili. Qui le particelle di umidità si uniscono attraverso l’elettricità sempre fortemente presente e cadono poi per lo più come neve e ghiaccio sui ripidi pendii. Da lì si riuniscono in grandi ammassi e quindi precipitano come valanghe nei crepacci e nelle valli delle alte montagne e, ammassandosi, formano i ghiacciai. Questi hanno, a loro volta, la caratteristica particolare di attirare le particelle fredde dall’aria, e con ciò di preservare dai geli, che irrigidiscono tutto, le zone fertili che si trovano più in basso. Allo stesso tempo però i ghiacciai sminuiscono alquanto l’elettricità dell’aria, che talvolta si è troppo accumulata, e regolano la circolazione dell’acqua nell’atmosfera. Senza questa attività le pianure della Terra dovrebbero subire quasi ininterrottamente violentissimi nubifragi.

6. Tu vedi ora, da questo poco che ti ho detto, la grande indispensabilità delle alte montagne, e dentro di te dici anche: “Sì, questo è chiaro e definitivamente vero! Infatti ovunque gli uomini osarono cambiare qualcosa senza troppo riguardo nella disposizione originaria delle montagne, per tale loro misfatto furono ben presto aspramente castigati da devastazioni primarie che non si erano mai viste fino a quel momento”. Vedi, amico, è proprio così! Ma ora veniamo alla questione vera e propria; perciò fai ben attenzione!

7. Vedi, affinché le alte montagne possano adempiere l’importante funzione di conservare un intero corpo dell’universo e tutto ciò che si trova sulla sua ampia superficie, non è per nulla insignificante dove esse sono ubicate. Inoltre esse devono - attraverso gli spiriti che dimorano in esse e sopra di esse, oppure, secondo il tuo modo di parlare, attraverso le forze - necessariamente possedere quell’intelligenza attraverso la quale vengono messe in condizioni di effettuare ciò a cui sono destinate.

8. La sfera di azione affidata alla loro innegabile intelligenza è per esse una legge positiva che percepiscono esattamente attraverso la loro intelligenza, e questo puoi crederlo tanto più, avendo tu stesso poco fa affermato che Io, grazie alla scuola degli Egizi, sarei iniziato alle forze interiori della Natura più di quanto non lo siano tutti gli scienziati dell’epoca attuale.

9. Perciò vedi che, anche soltanto seguendo esattamente le leggi che sono affidate all’intelligenza di queste grandi escrescenze terrestri, può essere ottenuta la conservazione di un grande corpo dell’universo. Se invece le alte montagne si ribellassero una volta contro queste leggi e dicessero in un certo senso: “Non vogliamo più essere dei grandi dominatori della Terra; anche noi vogliamo invece abbassarci divenendo piccole colline fertili!”, ebbene, dì un po’ quale indicibile sciagura risulterebbe infine per l’intera Terra da una tale disubbidienza delle montagne?

10. Anche se queste alte montagne non portano frutti, pur estendendosi per molte centinaia di miglia di metri quadri di Terra che però è infeconda, e anche se per la normale mente umana sembrano “inutili”, sarebbe forse auspicabile detronizzare questi prìncipi dei monti e trasformarli in pianure apparentemente fertili? Tu dici: “Che il cielo ce ne salvi!”.

11. Ora, dì anche che il cielo ci salvi dalla devastazione delle alte montagne che ci sono nella società umana! Altrimenti la terra politica apparirà ben presto come quella naturale se appunto le alte montagne naturali venissero distrutte!

12. Vedi, se è compito dei re della Terra compiere veramente ciò a cui sono destinati, essi devono essere simili alle alte montagne! Comprendi questo? Tu dici: “Sì, ora lo comprendo bene e mi rendo anche conto che tu sei un vero sapiente delle origini!”.

13. Bene! La cosa però non è terminata. Abbiamo ancora due tipi di montagne davanti a noi. Anche queste debbono ancora raccontarci qualcosa. Quindi ascolta ancora e vedi a che cosa servono!».

21. Capitolo

La formazione e lo scopo delle montagne di seconda specie e delle colline. La formazione dei laghi.

1. Continuo Io: «Quando la Terra era ancora un mondo deserto e non aveva da mantenere né piante né animali ma solo i prototipi di tutte le forme successive nelle acque, bastavano le sole montagne originarie per prestare i già accennati servizi al globo terrestre, in un certo senso, non ancora formato. Ma dopo parecchi millenni -man mano che la Terra si stabilizzava e che al di sopra del livello del mare cominciavano già ad emergere ben importanti gruppi di isole, e anche i germi originari posti nell’acqua cominciavano a svilupparsi in svariate specie di erbe e piante - fu necessario provvedere affinché i germi originari, deposti nelle acque, ormai maturi ricevessero al più presto un territorio più ampio per il loro sviluppo. Tramite le forze sotterranee del fuoco furono provocati nuovi rialzamenti attraverso i quali poi, con il tempo, i nuovi prodotti ricevessero più spazio, alimento e protezione. Queste forze cominciarono a scatenarsi con potenza sull’intero globo terrestre. I solidi strati subacquei esplosero e, tramite le grandi forze, milioni e milioni furono spinti al di sopra del livello delle acque.

2. Ci vollero certamente parecchi millenni finché questo grosso lavoro potesse venire concluso. Per Dio, però, questo non ha alcuna importanza, poiché mille o un milione di anni di questa Terra sono per Lui pari ad un giorno! In breve, per questo furono quindi formate le montagne della seconda specie come te l’ho appunto descritto.

3. Queste montagne all’inizio erano però anche ben più alte e ripide di quanto non lo siano ora. Tuttavia il tempo e le bufere naturali hanno abbassato alquanto le loro cime, riempiendo sempre più i grossi abissi e formando in tal modo vallate strette e larghe. Ma poiché queste vallate erano qua e là più alte o più basse, non permettendo perciò un libero passaggio all’acqua, succedeva che l’acqua si fermava negli avvallamenti più grandi, e per questo motivo dovettero formarsi laghi grandi e piccoli, in modo del tutto naturale.

4. Inoltre, poiché questi laghi si accrescevano costantemente per il continuo afflusso del circuito delle acque, sia attraverso i pori della Terra, sia attraverso l’aria (tramite la pioggia, la neve, la grandine e la rugiada), essi dovevano necessariamente straripare e cominciare a precipitare. In tal modo, nel corso dei tempi, con la loro corrente essi hanno mutato piccole e grandi parti delle loro sponde o argini naturali. In questo modo hanno in parte riempito gli avvallamenti disuguali delle valli e, in particolare nei periodi delle grosse inondazioni, hanno formato anche colline e catene di colline; e questo avviene ancora oggi qua e là sulla Terra, come avviene anche per le montagne della seconda specie che sorgono tramite il fuoco.

5. Quest’ultima formazione di colline, provocata dalle alluvioni, è il cosiddetto Terziario, che è naturalmente condizionato dalla formazione secondaria.

6. Così avremmo ora dedotto in modo naturale la formazione dei due ultimi tipi di montagne, indicando anche la causa del secondo tipo di formazione. Come mai però nacque e nasce tuttora qua e là il terzo tipo di montagne, questo è facile da comprendersi se non si perde d’occhio il principio che, per la futura nascita e conservazione di nuovi esseri e per la riproduzione di quelli già esistenti, occorre soprattutto un suolo buono e vasto.

7. Il suolo della Terra è formato in modo tale che su di esso possano nascere, abitare, vivere e riprodursi ogni genere di esseri. E questo complesso fu e viene tuttora realizzato dai tre diversi tipi di montagne.

8. Le ultime due formazioni montane sembrano, apparentemente, non avere con la prima nessuna analogia per quanto riguarda la funzione, poiché come è diverso il loro genere di formazione, così anche la loro destinazione vera e propria è ben diversa. Ma essendo esse entrate nella categoria delle montagne originarie, quindi dei prìncipi delle montagne, esse debbono anche sottostare senza opporsi a quelle leggi che le montagne originarie prescrivono loro; leggi che esse attuano come se se le fossero prescritte da sole. Il che significa per esse: “Non basta che voi, più basse e più giovani montagne, riempiate con la vostra abbondanza le valli e le cavità, vi produciate terreno fertile e formiate montagnette con bei boschetti. Ma già dall’inizio della vostra esistenza voi dovete invece assumervi anche una gran parte dei nostri pesi e sostenerci in tutto, altrimenti non assolvete alla vostra funzione. E se noi adesso dovessimo disporre e guidare tutto come facevamo prima quando non c’eravate, noi ora non saremmo più in grado di assolvere tale funzione, poiché per la vostra formazione abbiamo troppo consumato la nostra forza!”. E vedi, queste nuove montagne fanno esattamente ciò che i prìncipi delle montagne impongono loro, a seguito dell’intelligenza che è anche in loro innata.

9. Ma sul serio ce ne sono anche alcune tra loro che, in un certo senso, non vogliono ubbidire a quelle grandi. Tali montagne vengono però tormentate da potentissime bufere finché accetteranno l’ordine di quelle grandi, oppure, in caso contrario, verranno totalmente distrutte. Gli antichi saggi chiamavano tali montagne “Bisbetiche” oppure anche “Maledette”. In tempi recenti tali campioni di montagne vengono chiamate “Leggere”, “Incostanti”, “Disfatte”. Esempi di tali montagne punite (crollate e totalmente distrutte) ne esistono in quantità, sia nei tempi vecchi che nei tempi nuovi».

22. Capitolo

I motivi per cui l’uomo deve sottostare alle leggi morali e politiche

1. Continuo a parlare Io: «Caro amico e fratello, da questa esposizione tratta dalla Natura, avrai compreso le condizioni di sottomissione perfino nelle cose per te inanimate e dunque senza intelligenza, altrettanto come le hai comprese in precedenza per gli animali, i corpi dell’universo e le acque. Perciò dovrebbe essere quasi superfluo presentarti ancora altri esempi tratti dalla Natura che, per te, è in certo qual modo morta. Lo potrei di certo fare ancora, in particolare conducendoti su altri pianeti dove l’ordine sembra in tutte le cose molto più preciso e rigido che non sul pianeta terrestre, lasciato di proposito nel quasi massimo disordine. Il motivo sta nel fatto che su di esso possono essere educati, ancora più liberamente e tanto più utilmente per la loro indole, appunto gli spiriti più liberi, quali veri “figli di Dio”. Tu ora quindi comprendi tutto questo secondo la tua intima approvazione, ed Io ti dico che ne sono completamente soddisfatto!

2. Poiché tu ora sai, perfino nella Natura per te muta, come sia indispensabile per la sua struttura un certo graduale ordine di sottomissione in modo che la Natura stessa venga conservata durevolmente, ebbene, pensa dunque ora all’uomo che è dotato di uno spirito assolutamente libero e che si trova nella massima illimitatezza nella sua facoltà di pensare, decidere e desiderare! Immaginati che cosa ne verrebbe fuori alla fine se ogni uomo, in seguito alla sua assoluta libertà interiore, potesse fare senza alcuna limitazione tutto ciò che, nella sua inesauribile camera della vita, il suo intimo essere spirituale può pur sempre creare tra le innumerevoli forme, attingendo alla sua infinita ricchezza di idee, simile a quella di Dio!

3. Io ti dico che nessun uomo si sentirebbe sicuro davanti all’altro! Infatti, in primo luogo ci sono spiriti le cui fantasie o creazioni interiori si occupano prevalentemente di annientare tutto quello che esiste, provandoci un autentico piacere. Alcuni vorrebbero uccidere in continuazione gli uomini nelle più svariate maniere; altri, a loro volta, vorrebbero distruggere le montagne, mentre altri vorrebbero scavare un buco nella Terra, riempirlo il più possibile di polvere [esplosiva] e con ciò possibilmente far saltare l’intera Terra; altri invece vorrebbero inghiottire tutta l’acqua della Terra; altri invece affogare l’intera Terra mentre altri vorrebbero bruciarla; altri vorrebbero con una fune legare la luna alla Terra e tirarla giù!

4. In secondo luogo c’è anche una gran quantità di spiriti enormemente sensuali, la cui fantasia si compone di pure idee di godimento. Se questi spiriti non fossero limitati dalle leggi, nessun essere femminile sarebbe al sicuro dalla loro libidine, e alla fine neanche alcun ragazzo e nemmeno alcuna bestia! Infatti Io ne conosco fin troppi di tali “amici della natura”, alla stregua di quelli di Sodoma e Gomorra, i quali se ne fecero un puntiglio di accoppiarsi con tutte le razze femminili possibili e, quando questo gioco sessuale non bastava alla loro fantasia, per seconda cosa provarono anche con i più svariati animali.

5. Ora immaginati una grande società di tali uomini sensuali in uno stato totalmente privo di leggi, sia morali che politiche! Quali svariatissime creature e nudissimi mostri pullulerebbero tra loro? Dopo pochi secoli la Terra sarebbe piena di esseri davanti ai quali alla fine nessuna vita umana sarebbe al sicuro! Mosè ha perciò emanato un comandamento, estremamente severo, e ha perfino sanzionato la morte con il fuoco come punizione per un tale uomo libidinoso che osasse fare una cosa simile.

6. Così ci furono anche spiriti sensuali, e purtroppo ci sono ancora qua e là, che soddisfacevano la loro smania di piacere veramente diabolica solo quando tormentavano e martoriavano le fanciulle nel modo più crudele, durante e anche prima dell’atto sessuale. Soltanto le loro dolorosissime e ultime manifestazioni di vita recavano loro il massimo godimento! Non ho bisogno di esporti una quantità di atti specifici; ti basti sapere quali frutti ne conseguirebbero se una qualsiasi società umana si ritrovasse priva di leggi.

7. In terzo luogo ci sono anche spiriti che hanno di se stessi le idee più straordinarie e che trovano tutto quanto infinitamente al di sotto della loro dignità. Questi spiriti sono orgogliosi e assetati di potere oltre misura; davanti a loro tutti devono strisciare per terra e fare soltanto ciò che essi vogliono. Pensa un po’ ad un’intera società fatta di tali uomini: come convivrebbero insieme? Io ti dico che un mondo pieno di tigri, leoni e pantere vivrebbe insieme in un’armonia ben più grande di tali uomini, se questi non fossero frenati da leggi morali ed anche da sagge leggi politiche!

8. E così ci sono ancora fra gli uomini una quantità di infinite depravazioni dei più diversi spiriti, le cui tendenze principali nel loro genere sono talmente depravate e contrarie ad ogni ordine positivo, che tu non te ne puoi fare neanche la più pallida idea!

9. Se però tutti questi spiriti potessero fare, anche solo in parte, un uso illimitato della loro assolutissima libertà interiore, dimMi, che aspetto avrebbe ben presto un pianeta. Tu dici: “Amico, questo sarebbe spaventoso; sarebbe l’inferno di tutti gli inferni sulla Terra!”. E Io ti dico che hai pensato e parlato giustamente!

10. Io però ti chiedo anche: “Cos’è quindi estremamente necessario affinché l’inferno totale venga tenuto il più lontano possibile dalla Terra?”. Vedi, soltanto ora noi due stiamo giungendo al punto dove Io volevo che tu arrivassi.

11. Ti rendi conto ora che cosa volevo dire quando Io, ed anche Paolo, raccomandai a tutti coloro che professavano la Mia Dottrina la giusta ubbidienza alle autorità del mondo? Vedi ora perché si dovrebbe dare a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio?

12. DimMi come vedi ora le cose. Ti sembrano ancora così insensate come prima? Continui a pensare che la giusta ubbidienza e la giusta umiltà siano indegne del libero spirito umano? Parla, ora tocca di nuovo a te! Voglio ascoltarti».

23. Capitolo

Roberto spiega i motivi per cui deplora i regnanti dittatori e tiranni

1. Dice Roberto: «Che cosa, carissimo amico, debbo ancora dire in fondo? Io comprendo e dichiaro ora che tu, quale essere altamente superiore a me nella scienza e nella sapienza, hai ragione in tutto e per tutto perché le cose avvengono realmente così. A questo non c’è nulla da opporre poiché tu, quale sapiente iniziato nelle più segrete forze della Natura, devi pur ben sapere a fondo le cose! Tutto quello che mi hai ora spiegato con tanta benevolenza, l’ho compreso in tutte le sue parti come totalmente vero e obbligatoriamente necessario. Ma ora c’è qualcos’altro.

2. Nella tua esposizione dello spirito umano, assolutamente libero, viene chiaramente alla luce la ferrea necessità di una legge che delimita questa libertà e di un esecutore del potere. Ma a questo punto ci si chiede: “Possono gli esecutori del potere, in un certo senso nominati o eletti per grazia di Dio, essere pure esonerati da Dio dal rispettare la legge che generalmente hanno fatto loro stessi? A causa di un precario trono, possono, despoti e tiranni totalmente arbitrari, far ammazzare migliaia di poveri uomini, che sono pur sempre i loro fratelli? Il mio reato era per esempio di quel genere a causa del quale un Alfredo W. (Alfred Windischgratz) mi fece fucilare nel nome del suo imperatore e così pure parecchi altri che avevano il mio stesso modo di pensare ed agire!

3. Se un tale potente si autodispensa dalla sua propria legge, ci si chiede però chi lo dispensa poi dalla tua legge d’amore, che deve essere valida per il mondo intero e senza distinzione di classe e carattere. Perché debbono soffrire centinaia di migliaia di uomini nella più grande miseria non appena si rendono colpevoli della minimissima frode, spesso indotta dalla miseria troppo grande? Perché subire tutta la severità inesorabile della legge mentre i grandi possono fare quello che vogliono, nella più comoda incoscienza, e nessun giudice li può richiamare ad una qualsiasi responsabilità?

4. Io sono certamente, in massimo grado, a favore dei regnanti buoni e saggi. Ma non sono a favore dei regnanti che, spesso, sanno a malapena chi sono e tanto meno che cosa dovrebbero realmente essere. Sono regnanti che si limitano a star seduti sul trono e a succhiare il sangue ai loro sudditi, pari ai vampiri, anziché guidarli con sagge leggi! Dimmi, amico, in questo caso un povero popolo oppresso non dovrebbe forse avere il diritto di scacciare tali luccicanti perdigiorno e insensibili fannulloni per mettere al loro posto dei saggi e validi uomini che hanno la testa e il cuore al posto giusto? Forse che la dimora di un regnante deve essere uno sfarzoso palazzo e i suoi introiti di regnante debbono ammontare a parecchi milioni? Il tutto naturalmente deve essere procurato dalle gocce di sudore sanguinante dei sudditi! Il “povero diavolo” non trova nulla di buono sulla Terra: dalla nascita alla tomba resta un giocattolo dei potenti e deve versare per loro i suoi beni e il suo sangue. Come ringraziamento egli viene disprezzato, e se non gli va di rassegnarsi a subire tutte le infamie dei grandi e si reca nel confessionale di un parroco per alleviarsi il cuore, per di più viene consolato con l’eterna dannazione! Dì, anche questo è fondato da qualche parte nella Natura? Amico! Io, Roberto, sono del parere ed affermo decisamente che questo è l’Inferno con i suoi attivi sforzi per produrre, da poveri angeli di questa Terra, dei diavoli ancora più poveri e miserabili!

5. È d’altronde vero e certo che la vita terrena è una pura vita di prova per raggiungere la massima perfezione puramente spirituale e che perciò, a ragione, non ci si può aspettare da essa neanche una troppo splendida beatitudine terrena, poiché lo studente resta sempre più o meno lo schiavo di coloro che gli sono preposti come maestri. Ma se i tiranni, dominatori dei popoli, che li mettono a crudele prova, tirano troppo le corde dell’educazione e, in questa maniera, dai popoli, anziché veri uomini, si formano soltanto puri diavoli, che cosa ne dice allora un ordine divinissimo del mondo?

6. Forse che anche lì è ancora la Divinità l’unico Signore e Maestro? E forse che anche i suoi fedeli e adoratori sono ancora veri e propri fratelli? Si dice forse ancora “Ama Dio sopra ogni cosa e il tuo prossimo come te stesso?!”.

7. Oppure è corretto, da parte di una Divinità giustissima, permettere che i popoli vengano ovunque ridotti in miseria, fisicamente e moralmente, a causa dei cattivi regnanti? Quando poi i popoli sono caduti al più basso livello di miseria a causa dei loro regnanti obbrobriosamente cattivi, piombano poi dall’Alto, ossia dalla più giustissima Divinità, tutte le punizioni e flagelli immaginabili! Naturalmente tutto ciò, per lo più, si abbatte soltanto sui poveri popoli, perché questi hanno dovuto per necessità divenire cattivi, per lo più “per grazia di Dio”! Infatti addirittura i regnanti più privi di coscienza portano il titolo “Per grazia di Dio!”. Così, poi, generalmente sopraggiungono la povertà, la carestia, ogni genere di malattia inguaribile e tutta una serie di epidemie e guerre; ovviamente, tutto “per grazia di Dio!”.

8. Oltre a questi bellissimi pasticci viene poi infine ancora la dolce disperazione e per ultimo la piacevole eterna dannazione nel pantano ardente! Ed ecco, tutto questo “per grazia di Dio!”. Bravo! Alè! Oh, la vita è pur bella! Chi l’ha inventata così com’è, deve averne lui stesso un piacere folle!

9. Ma, con ciò, non voglio rimproverare un altissimo Essere Divino perché la vita della Terra si presenta così orribile, poiché un tale Essere Divino ha certamente cose più grandi da fare che occuparsi dei vermi di questa polvere terrena. Ma per me la parte triste di questa storia è che questi vermi umani terreni possiedono anche sentimenti e purtroppo anche un intelletto, e alla fine non possono essere completamente annientati.

10. Forse che poi dalla Divinità amorevolissima, da quel tuo “santo Padre” che ti ha lasciato pendere dalla croce (probabilmente anche per amore?), gli uomini di questa Terra quali “figli di Dio” hanno il particolare privilegio, l’onore e la felicità di essere i più maledetti?

11. In verità, quanto più a lungo ci penso, tanto più la cosa mi sembra dubbia. Perciò è meglio che ora parli di nuovo tu! Riesci tu forse a illuminare questa cosa con una luce migliore?».

24. Capitolo

Il Signore spiega a Roberto l’utilità dei regnanti dittatori e tiranni, e “quando” li sostituisce con quelli migliori

1. Dico Io: «Caro amico, questa tua critica, giudicando secondo il tuo intelletto di corte vedute, ha in apparenza la sua validità. E se le cose avvenissero realmente così come tu le hai ora giudicate tanto duramente davanti a Me, l’intera umanità sarebbe davvero messa male. Ma per fortuna tu, con tutte le tue idee e quindi anche con i tuoi giudizi duri, hai sbagliato di grosso!

2. Infatti vedi: in primo luogo, la Divinità provvede appunto agli uomini di questa Terra in modo così straordinario come se non avesse nell’intero infinito quasi nessun altro essere che abbia bisogno delle Sue cure. Ed Essa guida gli uomini in ogni condizione della loro vita di prova poiché quasi tutti, nonostante le difficoltà, debbono raggiungere quell’alta destinazione per la quale unicamente essi furono chiamati in vita!

3. Certamente, ce ne sono ancora parecchi che, nonostante tutti i mezzi applicati, non vogliono subordinare la loro volontà alla migliore Volontà della Divinità! È comprensibile che la Divinità debba poi anche impiegare per tali spiriti dei mezzi più seri e più rigorosi per portarli alla fine sulla retta via, senza pregiudicare il loro libero arbitrio. Io sono del parere che, in tale contesto, tu hai giudicato la Divinità un po’ troppo superficialmente e che Le attribuisci dei risultati che andrebbero cercati, e facilmente trovati, unicamente nell’altezzosa e insensata volontà degli uomini!

4. Tu hai certo parlato molto della concessione a fin di bene che ci siano cattivi regnanti, ma non hai detto che ci sono anche cattivi popoli che sono divenuti ancora peggiori, non per le disposizioni politiche di cattivi regnanti, ma per causa loro, e questo te lo potrei dimostrare tangibilmente attraverso innumerevoli esempi, e lo farò anche più tardi.

5. Ma ora, in secondo luogo, per quanto riguarda il punto della tua presunta “eterna dannazione” che, dopo la morte, dovrebbe toccare agli uomini che sono diventati cattivi a causa degli spietati regnanti, quindi divenuti malvagi senza loro colpa, ebbene, Io qui ti devo confessare apertamente che a Me, che pur conosco esattamente tutte le condizioni del mondo degli spiriti, non sono mai capitate tali vicende! L’infinito intero non può presentarti nemmeno un caso in cui uno spirito sia stato dannato da Dio! Ti posso invece presentare numerosi casi in cui gli spiriti, solo per la loro pienissima libertà, detestano e maledicono la Divinità e non vogliono dipendere dal Suo infinito Amore a nessun prezzo, perché si reputano loro stessi padroni perfino della Divinità!

6. Però, poiché la Divinità può dare l’infinita abbondanza dell’amore da assaporare pienamente soltanto a coloro che la vogliono avere, così spero che sia chiaro che coloro che odiano e disprezzano sopra ogni cosa la Divinità con il Suo Amore e si fanno beffe di Essa, non possono perciò essere partecipi di questo Amore, appunto perché essi decisamente non vogliono esserne partecipi!

7. Tali esseri amano solo se stessi e odiano tutto quello che non trovano perfettamente adatto e del tutto sottomesso al loro egoistico ego. L’amore per Dio e per il prossimo è per loro un orrore, una rovina, una maledizione nel loro cuore! Dio è per loro il puro vaneggiare di un animo deformato, è per loro la stupidità di un intelletto estremamente rincretinito, mentre il prossimo è una canaglia neanche degna che gli si sputi addosso.

8. Se però degli spiriti liberissimi effettivamente persistono ostinatamente in questo e non sono guaribili dalla loro rovinosa follia con nessun mezzo libero dato loro, quindi neanche attraverso loro stessi, e preferiscono sottoporsi per l’eternità ad ogni amarezza che si attirano loro stessi piuttosto che accettare anche soltanto il più leggero comandamento della Divinità, dì un po’ se la Divinità può forse avere colpa di una tale autodannazione?

9. Se poi la Divinità, per puro Amore, separa tali ribelli dai loro beatissimi amici, tuttavia lasciandoli negli appositi luoghi in pienissima libertà, può forse essere rimproverata di non avere cura, di essere dura e senza amore?

10. Tu dici: “Gli uomini e i popoli non possono farci nulla se divengono così cattivi, perché la colpa è della non buona educazione e del cattivo insegnamento, e se tali uomini e popoli sono cattivi, la colpa è dei regnanti egoisti e assetati di potere, ed infine se i regnanti sono cattivi, la colpa è della Divinità Stessa!”. Oh, non lo voglio contestare e non voglio dire che non esistono cattivi regnanti e che un popolo non sarebbe mai stato rovinato da loro!

11. Altrettanto poco però potrai affermare che la Divinità giustissima non abbia mai punito un cattivo regnante! Esamina la storia del mondo dall’inizio del genere umano, ed essa ti presenterà migliaia di regnanti che furono puniti duramente per la loro cattiva guida dei popoli loro affidati.

12. Tuttavia, in tutte le epoche della Terra si è sempre affermata la vecchia esperienza che, proprio sotto duri tiranni, il popolo era generalmente sempre migliore e più docile che sotto regnanti buoni e miti, ragion per cui la Divinità lascia costituire cattivi regnanti sui popoli in modo che questi popoli, se sono divenuti cattivi, vengano educati severamente. In tal modo tali popoli debbono essere indotti ad indossare un giusto abito di penitenza ed a migliorarsi, dopo di che la Divinità infallibilmente darà loro di nuovo regnanti migliori, come li ha sempre dati!».

25. Capitolo

“Autoformazione”: l’unico Metodo divino per trasformare gli uomini in dèi

1. Continuo Io: «Ma se un popolo, sotto buoni regnanti ed in anni benedetti dalla pace diviene troppo pigro e completamente di natura sensuale, non pensando a nient’altro che al modo di procurarsi per la propria carne un cielo sulla Terra, vedi che una cosa simile non la tollererà mai la Divinità, la Quale si preoccupa soprattutto del puro bene spirituale di ogni uomo. Essendo questo un cielo terreno della carne, secondo l’eterno Ordine originario di Dio, ciò comporta sempre la morte dello spirito; come un ragazzo che dalla nascita si trova nel massimo benessere: costui avrà pochissimo interesse per una qualunque evoluzione spirituale, e così pure avviene per un popolo che sta troppo bene materialmente.

2. Va’ nei palazzi dei ricchi e informati sulla giusta educazione, e generalmente troverai che lì raramente alberga un’educazione del cuore come è voluta da Dio. Va poi nella capanna di un povero uomo di campagna e lo troverai in mezzo ai suoi mentre sta benedicendo il poco pane. Costui prega dal suo spirito, educando spiritualmente i suoi figli ed elevandoli a Dio. Il Dio del ricco è invece soltanto la sua carne che egli venera altamente con tutti i piaceri immaginabili, e così educa anche i propri figli soltanto per la carne. Però è impossibile che una tale educazione piaccia a Dio, perché con essa non potrà mai essere raggiunto quel sacro scopo per il quale Dio creò gli uomini.

3. E così avviene anche per un intero popolo. Se diviene troppo benestante materialmente, esso diviene sempre più sensuale. Stando troppo bene, alla fine si dimentica completamente del vero Dio e fa poi un Dio di se stesso, oppure fa un Dio di ciò che è più confacente ai suoi sensi. Ed in tutti i tempi ciò fu l’origine dell’idolatria!

4. Tu dirai naturalmente dentro di te: “A che pro allora la Divinità è altamente sapiente e onnipotente se non può prevenire tale cosa?”.

Io però ti dico: “Se la Divinità giudicasse con la Sua Onnipotenza gli spiriti che dovrebbero divenire assolutamente liberi, allora la libertà sarebbe di certo eternamente finita! Infatti l’Onnipotenza produrrebbe, anziché spiriti liberissimi, soltanto marionette giudicate, ma mai in eterno degli spiriti che si autodeterminano, totalmente liberi e indipendenti dalla Divinità, che nella loro perfezione dovrebbero divenire loro stessi degli dèi.

5. Ma per quanto riguarda l’influsso della Sapienza divina, essa impiega appunto tali condizioni per gli uomini depravati, attraverso cui essi possono essere ricondotti sulla via che porta alla giusta meta. È vero che anche questo modo di procedere è un giudizio ed in un certo senso una coercizione che però tocca solo l’uomo esteriore, affinché quello interiore si risvegli tanto prima e più facilmente, e possa comprendere di nuovo la propria vera destinazione. L’Onnipotenza invece giudicherebbe ed ucciderebbe l’intero uomo!

6. Rifletti quindi se hai ancora il diritto di incolpare la Divinità, come se essa non facesse nulla per gli uomini, oppure se, nel caso in cui facesse qualcosa, sarebbe soltanto qualcosa di duro, selvaggio e privo d’amore!

7. Trovi ora ancora così disprezzabile la vita terrena? Il suo Inventore è, nella tua critica, ancora un Essere che non avrebbe affatto ragione di vantarsi di una tale invenzione?

8. Io ritengo che se tu possedessi anche soltanto una scintilla di luce tua e di quella di Hegel, te ne dovresti allora accorgere, viste le molte esperienze secondo cui sulla Terra effimera non sarà mai possibile trovare una vera beatitudine; ciò appunto perché, secondo l’ordine naturalissimo di tutte le cose del mondo esterno, essa deve essere con l’andare del tempo mutevole e alla fine del tutto caduca!

9. Soltanto chi invece, secondo la Mia Dottrina, raccoglie tesori che né la ruggine, né la tignola consumano, soltanto costui potrà parlare di una vera beatitudine, poiché ciò che resta in eterno sarà evidentemente migliore di ciò che subisce la pesante aggressione del tempo!

10. Che cosa ne ricavi tu stesso, ora, da tutte le tue aspirazioni di beatitudine puramente terrena? Vedi, la polvere ed il piombo hanno posto fine a tutte le tue fatiche. Che tu l’abbia più o meno meritato, lasciamolo stare, poiché anch’Io ho dovuto subire la stessa sorte, ma con la sola differenza che Io l’ho subita per Dio e per lo Spirito, mentre tu, invece, l’hai subita per il mondo e per la sua presunta beatitudine materiale; Io per il bene eterno, e tu per quello temporale degli uomini.

11. Come Me, così anche tu puoi dire ora: “Signore, perdona loro poiché quello che fecero, lo fecero nella loro cieca fede di fare qualcosa di giusto!”. Ma che cosa hai portato tu ora con te per la sicura eternità? Vedi, amico, questa è tutt’altra questione! Forse che il mondo per te passato sarà in grado di darti qualcosa? Rifletti un po’ su questo e dimMi: da che parte comincerai ora?».

26. Capitolo

Roberto non accetta un Dio d’Amore che tratta così duramente le Sue creature e chiede che la sua esistenza venga annullata per sempre.

1. Dopo avere riflettuto un po’, parla di nuovo Roberto e dice: «Mio carissimo amico e fratello! Per quanto riguarda la tua convincente confutazione delle mie critiche contro la Divinità e l’ordine che Essa ha stabilito per la vita, sono pienamente d’accordo con te su questo punto. Dichiaro apertamente che ho fatto notevolmente torto al buon Dio, purché esista veramente una Divinità quale Padre amorevolissimo, come tu insegnasti ai tuoi discepoli.

2. Per questo essi ti chiesero anche una volta di mostrare loro il “Padre” tuo. E non potendo tu soddisfare tale richiesta in altro modo che presentando te stesso come Padre, certamente a parer mio tu non volevi dire altro che: “Oh, voi sciocchi Ebrei! Non sapete che all’infuori dell’uomo, non esiste un Dio da nessuna parte? Se voi guardate me o un altro uomo, voi vedete infatti ciò che chiedete. Non riuscite a comprendere che il Padre è in noi e noi siamo nel Padre?”. Oppure, detto in altre parole, che un Dio non esiste da nessun’altra parte se non nell’uomo!

3. Anche se io difficilmente posso intendere questo in altro modo, eppure non sono così ostinato su questo punto e voglio accettare volentieri una Divinità se tu me la puoi provare e mostrare. Ma se io ho fatto torto ad una Divinità che non si trova da nessuna parte se non in noi stessi, posso accettare tanto più facilmente come verità la tua confutazione veramente plausibilissima, poiché essa si riferisce unicamente al nostro proprio ordine interiore e va compresa completamente prima di sottoporla ad un superficiale giudizio critico. Oppure in altre parole: “Uomo, riconosci prima completamente te stesso e poi giudica il tuo essere e tutte le necessarie circostanze che condizionano la determinazione del tuo essere!”.

4. Io posso soltanto ringraziarti con tutte le mie forze per questo insegnamento veramente grande, poiché sul mio terreno, proprio senza valore, non potrebbero certo di gran lunga apparire tali frutti.

5. Ma anche se ora trovo queste sagge limitazioni della libertà assoluta più che necessarie e oltremodo adeguate alla vera vita secondo la natura dell’ordine umano, eppure, purtroppo, debbo tuttora ammettere apertamente una cosa: “Io non riesco a conciliare ciò che tu mi hai detto fino ad ora con la dottrina secondo cui Dio è Amore purissimo e secondo cui si debba amare questo Amore sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi. E questo finché tu non mi avrai convinto dell’esistenza di una vera Divinità!”.

6. Allora Dio deve innanzitutto esserci effettivamente e la Sua Natura e la Sua Volontà debbono essere perfettamente riconosciute, e soltanto poi si può parlare di necessarie limitazioni o dottrine. Se Dio è invece soltanto un Essere presunto dalla fede, ma mai dimostrabile al puro intelletto, necessariamente ogni dottrina divina, per quanto essa appaia metafisica o teosofica, deve dissolversi automaticamente nel nulla.

7. Con questo non contraddico assolutamente il tuo insegnamento, perché riconosco fin troppo chiaramente la sua realtà, però solo nel caso che esista una Divinità che abbia ritenuto necessario un tale ordine per formare l’uomo e farne un liberissimo essere elevato. Se invece non esiste una Divinità, in tal caso non ho bisogno di contraddirti, poiché la cosa si contraddice da sola.

8. Nel rispondere alla mia domanda a te rivolta, e cioè con quale diritto mi fece fucilare Windischgratz, tu tralasciasti di rispondere passando molto sbrigativamente alla scusa che non sarebbe giunto il momento di dilungarsi sul fatto se ciò sia avvenuto a ragione o a torto, poiché anche tu avresti subìto una sorte analoga, con una sola differenza: tu la subisti per Dio e per l’eterno bene spirituale degli uomini, mentre io invece la subii per il mondo e per la sua effimera beatitudine! Ed ora dovrei dirti ciò che dal tempo passato ho portato con me per l’eternità? Amico, credo di rispondere a questa domanda senza stare lì troppo a lambiccarmi il cervello!

9. Vedi, se dovesse esserci una qualche Divinità amorevolissima, l’esperienza vecchia di millenni ci insegna che questa Divinità, quando manda gli uomini nel mondo nella cosiddetta scuola della libertà, dà loro nient’altro che la vita nuda e cruda, priva di concetti, e quindi stupidissima. Quindi l’uomo si porta con sé in questo miserabile mondo un nulla assoluto! Di tutti i tesori del mondo nulla gli appartiene, poiché alla fine della sua vita deve di nuovo lasciarli in eterno.

10. Che cosa avrei dovuto o potuto portare con me per l’eternità, all’infuori di me soltanto, senza che io lo richiedessi o lo volessi! C’è solo una piccola differenza, e questa è che io venni in questo mondo [dove ora mi trovo] come un essere pensante, e quindi un po’ più istruito spiritualmente, mentre il mio ingresso nel mondo materiale fu alquanto maldestramente pietoso; tuttavia preferisco quest’ultimo ingresso al secondo, e cioè in questo mondo immateriale. Infatti nel mondo materiale, da neonato, non sentivo nulla all’infuori di una muta fame o di un muto dolore. Ma questi due tormenti erano per me, si può dire, praticamente inesistenti, perché allora non ne avevo coscienza. Se la mia povera madre terrena non mi avesse dato in quel periodo la minima assistenza, ebbene, grazie alla tua Previdenza amorevole i topi e i ratti mi avrebbero potuto divorare; la Divinità di certo non li avrebbe ostacolati!

11. Sì, la divinità nel petto di mia madre provvide certamente a me, ma quella Grande, Onnipotente Divinità, che si trova da qualche parte al di sopra di tutte le stelle, forse in questo attimo non sa un bel nulla di un povero diavolo di un certo Roberto Blum!

12. Se io dovessi pur tuttavia essere un miserabile prodotto di questa grande Divinità che, per purissimo amore, mi inviò così “riccamente” dotato nel mondo delle prove, può Essa ora richiedermi di renderle più di quanto mi diede come dote per il viaggio nel mondo? Io credo che dove non c’è nulla, cessa certo automaticamente ogni diritto. Oppure c’è qui nel mondo degli spiriti una costituzione legale secondo la quale si può divenire debitori di qualcuno per un nulla assoluto?

13. La nuda vita non è mia, non essendomela data io. Questa vita, perfino arricchita da un po’ d’intelligenza e anche con una cattiva veste in sovrappiù, l’ho riportata qui e la rendo di nuovo, con il massimo piacere, a colui che me l’ha data, però con la preghiera che io, come povero Roberto, cessi di esistere completamente per tutta l’eternità! Infatti io noto ora perfino dai tuoi saggi discorsi che non si potrebbe ottenere neanche un po’ di felicità dalla vita, e quindi è infinitamente meglio non esistere più in eterno che essere così miserabile, come io ebbi sempre il grande onore di essere!

14. Per completare la mia fortuna mi mancherebbe soltanto che tu, caro amico, dicessi a me: “Vattene da Me, tu maledetto, nell’eterno fuoco dell’ira di Dio e brucia lì in eterno subendo le torture più spaventose”; in tal modo la vita e la sua magnificenza verrebbe veramente coronata dal divino Amore originario! Amico, se un tale giudizio, incomprensibilmente duro e privo di qualsiasi amore, ti è anche stato ispirato dal tuo amorevolissimo Padre, in verità, non ci sarebbe da aspettarsi un gran bene dal Suo infinito Amore! Ma io ritengo che una tale crudele sentenza non potrebbe mai essere venuta dalle tue labbra, ma fu molto probabilmente introdotta in un secondo tempo dagli amorevolissimi romani! Il perché non dovrebbe essere difficile da indovinare! Parla ora di nuovo tu, poiché io ho concluso la mia risposta».

27. Capitolo

Sulla separazione della vita dell’uomo dalla Vita di Dio.

Sull’educazione dell’uomo, apparentemente dura, per diventare un essere autonomo.

1. Dico Io: «Ascolta caro amico! Ci vorranno ancora alcuni sforzi perché tu giunga a concetti spirituali più chiari. Tu sei ancora troppo attaccato alla materia e alle apparenze che ne derivano. Per questo tu giudichi anche tutto secondo la materia che è giudicata, e pertanto effimera, e non sei in grado di afferrare le cose spirituali puramente divine.

2. Tu dunque, come un filosofo principale, non comprendi ancora questo: Se la Divinità libera emana una vita da sé, Essa la deve lasciare pure totalmente libera e non giudicata, all’infuori di ciò che deve necessariamente essere giudicato, ossia la vita fisica, affinché abbia la solidità di accogliere lo spirito della vita proveniente da Dio. Una volta che questo spirito ha raggiunto la giusta stabilità, oppure se Dio vuole fortificare per l’eterna vita in un altro modo uno spirito ancora troppo debole - senza che quest’ultimo abbia la necessità di passare attraverso la prova completa della carne - in tal caso Dio Stesso toglie allo spirito liberissimo ciò che è giudicato. Costui è poi libero e non gli accade null’altro se non ciò che egli vuole liberamente.

3. Credi tu forse che Dio ti comanderà di andare all’Inferno oppure di entrare in Cielo? Oh, tali idee non hai bisogno di pensarle. Tu sei totalmente libero, e quello che il tuo proprio amore vuole ti accadrà anche! Dio può anche aiutarti al meglio, ma soltanto se tu lo vuoi. Se tu invece non vuoi un tale aiuto, Dio non te lo tirerà dietro. E questo perché tu hai una vita libera e completamente indipendente da Dio che può determinare se stessa come vuole, e perciò deve anche provvedere al proprio sostentamento e rinvigorimento, del tutto indipendente da Dio, altrimenti non sarebbe davvero una vita libera!

4. Se Dio fa nascere nel mondo l’uomo nudo e totalmente maldestro in ogni senso, questo avviene per rendere libera la vita umana, già in quella occasione, per abituarla già dalla nascita ad essere abbandonata a se stessa. Questo processo di separazione dalla Vita deve perciò avere inizio con la nascita, quando il bambino non è capace di avere idee, concetti, e quindi neanche dolori coscienti, perché se una tale separazione dalla Vita accadesse all’uomo in uno stato cosciente, costui non potrebbe affatto sopportare il dolore e la tristezza troppo grandi. Infatti se già un uomo si rattrista quando, per la morte fisica di uno dei suoi migliori amici, viene in un certo senso separato dal proprio cordone vitale, ebbene, quanto più si rattristerebbe l’uomo se dovesse separarsi con pienissima coscienza da Dio, dal proprio Padre della vita? Ma questo deve tuttavia avvenire perché senza questo atto, in sé e per sé doloroso, non potrebbe venire messa in libertà alcuna vita accanto a Dio.

5. La massima Sapienza e Amore del Signore rende una tale separazione, che è necessaria, quasi inavvertita da parte dell’uomo, e gli dà, oltre alla vita spirituale che all’inizio è completamente legata, anche una vita naturale esteriore la quale cela per un tempo indeterminato la vita che a suo tempo era collegata a Dio, in modo che lo spirito possa abituarsi più facilmente a tale separazione e ritrovarsi ancora più a suo agio nella sua futura vita assolutamente libera. DimMi: “Può forse un uomo disprezzare o addirittura rinnegare la Divinità se Essa fa ciò che il Suo massimo Amore, Sapienza e Ordine comandano?”.

6. Vedi, se ci fosse una via meno dolorosa per dare una forma libera alla vita, in tal caso la Divinità l’avrebbe certamente accolta nel proprio Ordine. Ma allo stato delle cose della vita, così come sono e come necessariamente devono essere, non è appunto possibile altra via migliore. Questa via è perciò anche buona e adeguata, ed essendo così e non altrimenti, la cosa stessa è già la massima prova dell’esistenza visibile e palpabile di Dio, senza il Quale nulla può nascere, essere e sussistere.

7. Se con ciò è dimostrata l’esistenza di Dio fino all’evidenza, come può meritarsi di essere disprezzata da tali uomini saggi, come tu pretendi di esserlo? Vedi, caro amico, quanto sei ingiusto verso il grande e santo Padre!».

28. Capitolo

Anche la morte del corpo è un mezzo dell’Amore di Dio.

Perché nei tempi antichi la morte avveniva senza dolore.

1. Dico ancora Io: «Vedi, la morte dell’uomo è anche per i sensi esteriori un fenomeno triste e per lo più collegato a vari dolori. La pura intelligenza terrena trova ciò molto duro e crudele da parte di una Divinità onnipotente, la Quale, per di più, dovrebbe essere colma del massimo amore e misericordia. Quante volte la buona Divinità fu disprezzata per questo dagli uomini e dagli spiriti, o addirittura totalmente rinnegata!

2. Ma anche qui subentra di nuovo la stessa necessità come nel caso della nascita. Lo spirito nell’uomo non può sbarazzarsi di ogni giudizio che frena la sua vera libertà se non togliendosi il temporaneo involucro giudicato. Questo potrà essere lasciato allo spirito soltanto finché sarà totalmente isolato in tutte le sue parti dalla Vita originaria di Dio, mentre certamente soltanto Dio, quale Artefice della vita, può sapere quando un tale spirito sarà maturato fino a raggiungere una completa autonomia. Quando sarà subentrata una tale maturità, sarà anche giunto il momento di togliere allo spirito il peso che lo ostacola nella sua libertà.

3. Certamente tu dirai come molti: “Ma perché questa rimozione non avviene in modo indolore?”. Io però ti dico: “Se un uomo vivesse secondo la Dottrina di Dio, la morte del suo corpo sarebbe per lui soltanto un piacere, o perlomeno sarebbe totalmente priva di dolori”. Ma a causa della loro libertà, gli uomini si addentrano troppo nell’ordine contrario, vi legano il loro spirito con catene di ferro e lo educano all’amore del mondo. Certamente una tale separazione deve essere tanto più collegata ai dolori quanto più uno spirito si è attaccato al mondo giudicato.

4. Ma anche questo dolore non è tuttavia durezza, ma soltanto purissimo Amore di Dio. Infatti se la Divinità non facesse una piccola violenza, che di certo non sarà mai piacevole, lo spirito subirebbe un completo giudizio, e con ciò l’eterna e straziantissima morte che è un vero e proprio Inferno. Ma se per salvare possibilmente lo spirito da questo, la Divinità deve fare una tale piccola violenza che

è indispensabile, dì un po’ se Essa merita per ciò di essere di nuovo disprezzata o addirittura rinnegata?”. Purtroppo ci sono ora fin troppi spiriti che, non appena hanno raggiunto la loro libertà, non vogliono più saperne di Dio; ma Dio non tralascia comunque mai di guidarli per le strade migliori, verso la vera e perfettissima meta.

5. Vedi, ai primordi dei tempi, gli uomini in genere divenivano molto più anziani fisicamente e morivano di una dolce morte indolore. Ciò avveniva perché essi nel loro spirito non potevano venire staccati così facilmente da Dio, come è il caso degli uomini di questa epoca. E questo perché la Terra presentava troppo poche attrattive per loro, e perciò essi rimanevano più concentrati sulla loro interiorità e si trovavano anche in un collegamento più difficile da sciogliere con Dio.

6. Allorché però, nel corso dei tempi, gli uomini cominciarono a trovare sempre più attrattive sulla Terra, e perciò era anche più facile staccarsi dalla Vita divina, il ciclo della vita terrena divenne sempre più breve.

7. Quando infine gli uomini, per la troppa mondanità e per i piaceri, cominciarono a dimenticarsi del tutto del loro Creatore, essi raggiunsero anche l’estremo opposto all’Ordine divino, nel senso che doveva toccar loro la morte eterna. Vedi, ecco che a Dio fu poi necessario avvicinarsi nuovamente ancora più a loro, rivelandosi di tanto in tanto, per salvare l’umanità prossima all’eterna rovina. Molti si lasciarono salvare, molti invece no, per propria liberissima volontà! Avrebbe forse dovuto la Divinità afferrarli con la Sua Onnipotenza quando non volevano prestare ascolto al Suo Amore? Questo avrebbe significato comunque rovinare in eterno tali spiriti!

8. Che può fare di diverso l’eterno Amore se non dire: “Allontanatevi da Me poiché vi siete totalmente separati da Me, e andate in un’altra scuola di cura che è stata preparata a tutti i vostri simili per la vostra possibile redenzione! È un fuoco del tribunale del mondo che ve ne deve liberare, altrimenti sarebbe finita per voi!”.

9. Se la Divinità, per prevenire il più possibile tali mali, fa venire sulla Terra flagelli esteriori, dì un po’: “Pensi forse che siano tali flagelli la prova che Essa non esiste? Oppure pensi che Essa è dura e senza amore se fa ciò che ritiene strettamente necessario fare?”. Come fai anche solamente a sognarti che la Divinità maledica e condanni in eterno le Sue creature che generò da Se Stessa!? A che le servirebbe?

10. Ma se Essa vuole eternamente mettere in libertà le creature, non dovrebbe forse essere Sua massima preoccupazione che queste creature non ricadano in qualche modo di nuovo nelle braccia della Sua Onnipotenza, il che in ogni caso sarebbe la fine della libertà? È proprio come se tu avessi dei figli e nella loro fragilità vorresti stringerli al tuo petto con tutta la tua forza virile che costerebbe loro naturalmente la vita. Se tu però li avessi stretti fino ad ucciderli e avessi anche altri figli, dì un po’: “Non li metteresti in guardia davanti alla tua forza irrefrenabile, oppure eserciteresti ancora questa forza sugli altri figli?”. Certamente l’esperienza ti sarebbe da monito a non farlo.

11. Alla Divinità di certo non occorre l’esperienza, essendo Essa in possesso dell’infinita Sapienza. Essa è l’unico, vero buon Pastore di tutte le Sue pecorelle, e meglio di tutti sa proteggerle dalla Sua Onnipotenza della quale fa uso soltanto per plasmare le cose giudicate del mondo fisico, ma mai per plasmare liberi spiriti da Essa scaturiti! Costoro debbono scaturire unicamente dal Suo Amore e dalla Sua Sapienza, altrimenti non si potrà mai suscitare la libertà in essi, e quindi neanche la vita, poiché l’Onnipotenza di Dio non genera altro che giudizio su giudizio!».

29. Capitolo

Vero senso del testo: “Allontanatevi da Me, voi maledetti!”.

Sul peccato contro lo Spirito Santo.

1. Continuo Io: «Se tu, da pensatore critico, avessi analizzato soltanto una volta grammaticalmente quella sentenza del Vangelo che ti sembra così raccapricciante, avresti dovuto riconoscere a prima vista, già dalla sola composizione delle parole, che la Divinità con ciò non avrebbe mai potuto e voluto pronunciare (dall’Onnipotenza) una sentenza di condanna, operante in eterno, sui cosiddetti peccatori mortali!

2. Infatti, vedi, è detto: “Allontanatevi da Me, voi maledetti!”. Quindi già sono maledetti coloro ai quali si rivolge il comandamento.

Altrimenti si sarebbe detto: “Avendo voi sempre peccato irrimediabilmente davanti a Me, Io, come Dio, vi maledico ora in eterno e vi condanno all’Inferno, nell’eterno fuoco del supplizio!”.

3. Ma se sono già maledetti coloro sui quali la Divinità emette una tale sentenza, da ciò risulta che, in primo luogo, la Divinità si presenta qui non come giudice, ma soltanto come Pastore che mette ordine e che deve indicare con severità un’altra via agli spiriti che si sono, per volontà loro, separati totalmente da Essa, altrimenti tali spiriti - privi di qualsiasi collegamento con l’Amore della Divinità - dovrebbero finire direttamente nelle braccia dell’Onnipotenza dove poi sarebbe veramente finita per loro!

4. In secondo luogo, ci si chiede però: “Chi li ha maledetti allora?”. È impossibile che sia la Divinità, poiché, se la Divinità dovesse maledire qualcuno, non ci sarebbe Amore in Essa e neanche Sapienza. Se la Divinità scendesse in campo contro le proprie opere, allora scenderebbe in campo contro Se Stessa per rovinarsi, anziché elevarsi sempre più, di eternità in eternità, attraverso il crescente perfezionamento delle Sue opere, cioè dei Suoi figli!

5. Se appunto per questo la Divinità non potrà apparire come giudice a causa della Sua Onnipotenza, ma unicamente come Pastore che fa ordine grazie all’Amore e alla Sapienza, allora è chiaro che tali spiriti dovettero prima essere giudicati da qualcos’altro. Ma da chi? A questa domanda è ben facile rispondere se si possiede abbastanza autoconoscenza per rendersi conto che un essere ha, da un lato, uno spirito e una volontà totalmente liberi che provengono unicamente dall’Amore e dalla Sapienza di Dio, mentre, dall’altro lato, per poterlo isolare dall’Onnipotenza in modo che possa divenire effettivamente un essere completamente libero, deve anche avere per un certo periodo un corpo giudicato dall’Onnipotenza e un mondo esteriore giudicato con le sue attrattive altrettanto giudicate, perciò esso non può essere giudicato e determinato da nessun altro se non da se stesso. Soltanto un tale essere libero può “maledire” se stesso, ossia isolarsi totalmente dalla Divinità.

6. La Divinità, invece, che non vuole togliere la libertà neanche ad un essere simile, non può fare altro che richiamare tali esseri traviati esponendo loro il [grave] stato in cui si trovano e, con serietà amorevole, indicare loro la via sulla quale possono di nuovo camminare collegati all’Amore e alla Sapienza di Dio. Al di fuori di questo collegamento è impensabile una libertà assoluta e perciò anche un’eterna vita spirituale. Infatti al di fuori di questo collegamento opera unicamente l’Onnipotenza della Divinità, nella Quale Divinità e soltanto in Essa la forza dell’Amore e della Sapienza di Dio, unita all’Onnipotenza, può sussistere come Vita originaria. Ogni altra vita staccata da questa Vita originaria deve andare in rovina e solidificarsi eternamente perché essa è nell’impossibilità di prestare la minima resistenza all’infinita gravezza di tale forza!

7. Perciò è detto anche: “Dio dimora nella Luce eternamente inaccessibile!”; e ciò equivale a dire che l’Onnipotenza di Dio, cioè lo Spirito vero e proprio della Potenza di Dio che riempie l’infinito, è eternamente inaccessibile per l’esistenza di ogni essere creato se esso deve continuare a sussistere. Infatti ogni conflitto con l’Onnipotenza di Dio è la morte dell’essere! Per questo, anche il peccato contro questo Spirito della Potenza viene definito altamente rovinoso, perché un essere che, separatosi prima totalmente dall’Amore di Dio, vuole misurarsi con questa Potenza, deve necessariamente essere totalmente inghiottito da tale Onnipotenza e solo difficilmente, oppure proprio per niente, se ne può divincolare; si troverebbe nella stessa condizione di un acaro che fosse sepolto sotto i detriti dell’Himalaja! Come lo libereresti tu da lì?».

30. Capitolo

Del ricco epulone e del povero Lazzaro nell’Aldilà. Sulla Divinità.

Chi ha creato l’Inferno, dove si trova e chi lo subisce.

1. Io continuo a parlare: «Ora tu dici dentro di te: “Sì, è giusto che la Divinità parli così a coloro che, in seguito alla loro pienissima libertà, si sono totalmente separati da Essa secondo il modo in cui essi stessi si sono costituiti. Pertanto in questa sentenza, apparentemente spaventosa, non può esserci l’orrore che si presuppone a prima vista. Ma che cosa ha a che fare con il racconto del povero Lazzaro e del ricco epulone che viene visto nel più orribile fuoco infernale, senza alcuna pietà, e che supplica e non trova ascolto alle sue preghiere, e dimostra che tra questo e la grazia di Dio c’è un abisso incolmabile sul quale in eterno non ci sarà ponte su cui passare? Cosa ne dicono l’Amore, la Sapienza e la Misericordia divina?”.

2. Caro amico, Io ben sapevo che tu saresti venuto fuori con questa domanda. Allora Io ti chiedo: “Mi sai dire chi alla fin fine ha gettato nell’Inferno questo epulone?”. Forse la Divinità? Ciò, in verità, non Mi è noto.

3. Oppure costui, nel suo necessario tormento, si è forse rivolto all’Amore e alla Grazia divina per venirne liberato? Io so soltanto che si è rivolto allo spirito di Abramo e non alla Divinità! Lo spirito di Abramo però, anche se come spirito creato è oltremodo perfetto, non è in eterno la Divinità che sola può aiutare. Ed anche in tali casi Essa costituisce l’abisso insormontabile sul quale gli spiriti di vario genere non possono mai stendere le mani, poiché lì agiscono soltanto la più segreta e profonda Sapienza e l’Amore di Dio!

4. Se in tal caso questo epulone si ritrova in grande miseria, può averne colpa la Divinità se egli stesso si è violentemente precipitato in Essa? Può accadere un’ingiustizia a chi vuole che gli accada ciò che vuole? DimMi ora di nuovo la tua opinione!»

5. Dice Roberto: «Si, questo è proprio nuovamente esatto! Ma se la Divinità è colma del massimo Amore, e lo sarà anche, come io ora sempre più riconosco, ci si chiede: “Come ha potuto questa Divinità disporre un tale luogo o stato così tormentoso in cui uno spirito deve prima subire dolori indescrivibili finché egli, probabilmente, potrà avvicinarsi alla perfezione e, attraverso questa, passare ad uno stato migliore? Deve comunque esistere un Inferno? E tali spiriti devono essere in grado di provare dolore? Tutto questo non potrebbe forse venire predisposto in un modo meno crudele?”»

6. Dico Io: «Ascolta, Mio caro amico, credi forse che sia stata la Divinità a predisporre così l’Inferno? Oh, tu ti trovi in grave errore! Vedi, dagli antichi primordi sono stati gli spiriti maligni a farlo. La Divinità si è limitata a concederlo loro per non interferire minimamente nella loro libertà. Ma che Essa abbia mai creato un Inferno, nessun essere di tutti i Cieli potrebbe anche solo pensarlo il più lontanamente possibile. Infatti, se la Divinità potesse creare un Inferno, dovrebbe esserci in Essa anche il peccato e quindi la malvagità, e questo sarebbe impossibile per la Divinità, non potendo Essa agire contro il proprio eterno Ordine. E quindi risulta anche impossibile pensare che potesse creare da Sé un Inferno, nel senso vero e proprio della parola. Ma Essa può e deve concederlo agli spiriti liberissimi se questi, dal loro ordine originario totalmente pervertito, si creano delle situazioni che sono comunque pessime e terribili!

7. Però, nell’intero infinito non troverai da nessuna parte un luogo che la Divinità abbia configurato come un Inferno, poiché da nessuna parte esiste un Inferno se non nell’uomo stesso. Se invece l’uomo forma liberamente l’Inferno dentro di sé non rispettando affatto la Parola di Dio e non si preoccupa più di rispettare i Comandamenti di Dio, cosa che sarebbe facile, che colpa ne ha la Divinità se uno spirito se ne allontana, La schernisce e La bestemmia di sua spontanea volontà?

8. Ma essendo soltanto la Divinità la vera Vita ed anche la Luce di tutte le luci, e quindi anche l’unica completissima Beatitudine di tutti gli esseri, così è anche certamente spiegabile che una condizione di assenza di Dio non possa avere niente di gradevole, dato che senza Dio non può esserci vita, luce, verità e bontà!

9. Però un uomo che abbandona la Divinità, che La espelle da sé e che non vuole più accettarLa, deve creare in sé un vero Inferno in cui ci devono essere tutto il male e la cattiveria. Se poi un tale spirito umano senza Dio deve necessariamente stare malissimo - e quanto più a lungo persiste nello stato di assenza di Dio, tanto peggio sta -, la Divinità non può farci nulla. Infatti, se la Divinità con la Sua Onnipotenza si impossessasse di un essere - anche se l’essere per propria liberissima volontà Le si opponesse accanitamente -, ciò annienterebbe del tutto in quel momento un tale essere, e questo sarebbe contrario all’Ordine divino.

10. Se la Divinità volesse distruggere anche un solo piccolissimo essere da Essa Stessa messo in libertà, ciò sarebbe l’inizio della distruzione totale di tutti gli esseri. Se invece la Divinità costituisce il proprio Ordine eternamente immutabile, secondo cui mai potrà venire distrutto nessun essere - anche se questo in seguito plasmerà se stesso come vorrà -, in tal modo è garantita l’eterna esistenza a tutti gli esseri e, allo stesso tempo, anche la libera possibilità per ogni essere di poter divenire felicissimo, oppure anche di permanere in uno stato di infelicità finché lo vorrà!

11. Se qualcuno possiede una vigna in cui sono state piantate soltanto viti nobili e il proprietario però estirpa spontaneamente le viti nobili e mette al loro posto spine e rovi perché tali piante selvatiche gli piacciono di più della semplice vite, di’: “Anche in questo caso ne ha colpa la Divinità se questo stupido proprietario non fa la vendemmia e diviene in tal modo un nullatenente e un uomo povero?”.

12. Vedi, così è anche il caso di tutti gli spiriti ai quali non piace l’Ordine di Dio e che non vogliono coltivare la magnifica vigna di Dio dentro di sé! Se poi raccolgono spine e rovi, anziché la splendida uva, può essere poi incolpata la Divinità quale artefice di tale disgrazia? DimMi dunque che cosa ne pensi!».

31. Capitolo

I ragionamenti di Roberto sulla Divinità.

Il primo risultato della fase di conversione: Roberto ora crede totalmente alle spiegazioni del Signore.

1. Dice Roberto: «Rispettabilissimo amico! Cosa debbo pensare di questa cosa, più di quanto tu abbia ora espresso? Tutto è chiaro, ben comprensibile e, nello stesso tempo, inconfutabilmente vero. In verità la Divinità non può essere e non può agire diversamente da come tu me l’hai esposto, perché altrimenti la Divinità dovrebbe cessare di essere tale, oppure sarebbe almeno la fine per tutte le Sue creazioni.

2. Ora mi rendo anche conto del fatto che qualsiasi spirito, se vuole essere realmente beato, per raggiungere la suprema delizia deve avere tutti gli stimoli della facoltà ricettiva, il sentimento più tenero e una finissima sensibilità e percezione, in modo che non gli possano sfuggire le impressioni più sottili. E così egli, spirito vivente dotato della stessa facoltà ricettiva, deve essere anche in grado di cogliere le peggiori impressioni con la stessa acutezza di sentimenti. Altrimenti costui dovrebbe essere mezzo morto oppure narcotizzato spiritualmente, ma questo però mai si concilierebbe con la sua libera forza di volontà!

3. Pertanto la Divinità la si può pensare solo come eternamente esistente, proprio come tu me L’hai rappresentata nel miglior rapporto con le Sue creature. Perciò io non posso nemmeno continuare a pensarci, perché sono venuto a capo della faccenda convincendomi che le cose stanno necessariamente come tu hai esposto dando voce ai tuoi pensieri.

4. Ora però si presenta una domanda essenziale: “Ma dove si trova questa Divinità?”. In quale regione dell’eternità ha Essa stabilito in eterno la propria dimora? Infatti Essa deve pur sempre abitare da qualche parte con tutta la Sua pienezza! Ha delle sembianze e quali? Oppure è informe, e il Suo Essere è infinito, privo di forma, affinché possa appunto essere la quintessenza di tutte le forme?”. Vedi, amico, riconoscendo io ora chiaramente la necessità di una suprema Esistenza Divina, così il dove ed il come sono ora della massima importanza per me!

5. Ma soprattutto io debbo dichiarare che preferirei di più se la Divinità esistesse in una forma, e cioè in quella umana; infatti una Divinità infinita nella Sua essenza, oppure una Divinità in una forma completamente estranea alla nostra forma umana, non La potrei amare, né io, né tanto meno qualcun altro con tutte le proprie forze.

6. Un Essere che non si può mai afferrare né guardare, non può mai essere amato! In matematica la forma di una perfetta sfera è certamente la più perfetta; ma moralmente? È vero che le grosse sfere luminose celesti si presentano molto belle, ma è la luce che fa questo. Ma si può forse amare una tale sfera luminosa? In verità, a questa domanda il mio sentimento evidentemente resterebbe muto!

7. Perciò, amico amabilissimo, poiché sembra che tu sia sul serio in confidenza con la Divinità molto più di me, allora tira fuori una volta per tutte le cose della cara Divinità, e cioè il dove ed il come Essa è!

8. Infatti, d’ora in poi non hai più bisogno di argomentare con me così, cioè con tanto di prove, come hai fatto finora. Sono completamente convinto della tua profondissima sapienza e ti voglio credere sulla parola, qualunque cosa tu mi dica. Perciò ti prego di non lasciarmi nel dubbio su questo!».

32. Capitolo

Ama Me, Gesù, poiché nel Cristo dimora corporalmente la pienezza della Divinità! Due modi di comprendere: con l’intelligenza esteriore e quella interiore.

1 Dico Io: «Mio carissimo amico e fratello, prima che l’uva sia maturata completamente sulla vite, non va staccata dal tralcio! Infatti il suo succo vitale darebbe poi un vino acido che avrebbe poco spirito, e nel caso lo avesse, sarebbe comunque molto scadente.

2. Vedi, anche tu sei ora come l’uva non completamente matura, essendo non ancora maturo per la rivelazione che tu invece pretendi. Il perché però te lo dimostrerà quello che succederà tra pochissimo! Ma quando sarai maturo, sarà il tuo stesso spirito a dirti quello che tu vuoi ora sapere subito da Me.

3. Ora dobbiamo trattare prima un capitolo molto importante. Quando questo sarà avvenuto, diverrai maturo prima di quanto tu ti possa immaginare. Ma se questa trattativa non avverrà secondo l’Ordine di Dio, in tal caso ti occorrerà ancora un bel periodo fino alla tua piena maturità.

4. Però devi sapere in anticipo questo: come l’uva giunge a maturazione solamente attraverso il calore del sole, così anche ogni spirito umano si matura attraverso il retto amore per Dio. Ma se non sai amare Dio, poiché ancora tu chiedi dove e come Egli sia, in tal caso ama Me con tutte le forze visto che di certo non puoi avere nessun dubbio sulla Mia esistenza. Con ciò già ti avvicinerai di più alla maturità auspicata, poiché l’amore per il prossimo è pari all’amore per Dio. E che Io ora sia il tuo prossimo, su questo non avrai di certo alcun dubbio!

5. E se farai questo, comincerai ad avvicinarti assai alla Divinità; ma ora passiamo al nostro capitolo da trattare!

6. Caro amico, dimMi, visto che non ti sono ignote le lettere di Paolo, cosa intendeva questo maestro con le parole: “Nel Cristo dimora fisicamente la pienezza della Divinità ”? Intendeva forse che nel Cristo, quindi in Me, si trova l’intera Divinità? Oppure con queste parole che facevano un Dio di Me voleva forse designare soltanto la squisitezza dello spirito della Mia Dottrina? E voleva farlo precisamente secondo il costume di quei tempi in cui si era anche troppo pronti a divinizzare tutte le cose insolite? DimMi il tuo giudizio in merito! Lo vorrei sentire da te!»

7. Dice Roberto: «Sì, mio amato amico, questa è una domanda molto delicata! Infatti, come si potrebbe indovinare in questo caso che cosa in fondo intendesse il buon Paolo! Sarebbe estremamente rischioso affermare con sicurezza: “Questo e nient’altro intendeva quel maestro dei pagani altamente rispettabile”. Trovo sia una grande presunzione da parte di certi eruditi affermare irremovibilmente di avere afferrato totalmente il vero spirito di un autore geniale! Io sono invece ben più modesto, e in tali casi lascio volentieri il giudizio ad altri. Se il loro giudizio mi piace, allora lo condivido. Se non mi piace, sento in merito anche il giudizio di altri, e con ciò agisco secondo Paolo che dice: “Esaminate tutto, ma tenete soltanto il buono!”. Però posso tenere per buono soltanto ciò che si avvicina maggiormente alla mia più profonda convinzione. Se Paolo avesse inteso la prima cosa, e ciò è anche possibile, non avrebbe potuto intendere la seconda, e viceversa! Questo è giusto, logico e matematico!

8. Da questa mia definizione, però, riconoscerai spero che io ti sono debitore di una esauriente risposta alla tua domanda e debbo aspettarmi da te quello che tu volevi avere da me! Perciò ti sia chiesto di parlare tu stesso su queste parole di Paolo, secondo la tua sapienza!»

9. Dico Io: «Questa risposta, amico, Me l’aspettavo, essa doveva venire in modo così naturale e intelligente, perché tu sei un uomo naturale e intelligente. Ma non vi si può scoprire nulla di un’intelligenza sovrannaturale. Secondo l’intelligenza interiore, quindi puramente spirituale, Paolo però poteva intendere soltanto un qualcosa di ben determinato. Questo deve potersi definire con precisione dalla posizione delle sue parole, in modo tale che, nel corso di questa importantissima cosa, non si potrà mai essere in dubbio se egli intendesse questo o quello, ma che egli certamente avrebbe dovuto intendere, supponiamo, soltanto la prima cosa. Come però questo vada desunto dall’intima intelligenza sovrannaturale, chiaramente non lo puoi sapere. Infatti Hegel e Strauss, Rousseau e Voltaire stessi non hanno mai afferrato tale cosa. E tu, uno dei più ferventi ammiratori di questi sapienti del mondo, non potrai perciò nemmeno conoscere quelle vie che erano ancora più sconosciute ai tuoi maestri e guide di quanto l’America, l’Australia e la Nuova Zelanda fossero sconosciute agli antichi Romani.

10. Se tu, come tedesco, invece che tali guide avessi preferito la Bibbia tedesca, che Swedenborg e simili sapienti di origine tedesca hanno studiato assiduamente, sapresti ora perfettamente come vada inteso Paolo. Ma, da buon hegeliano, tu ne sei ancora ben lontano e ci vorrà ancora un bel po’ finché giungerai all’intelligenza interiore! Ma ora sta attento, perché Io ti voglio dire qualcosa! Se l’accetterai, ti avvicinerai alquanto alla meta.

11. Vedi, Paolo riteneva Cristo, quindi Me, il supremo Essere Divino stesso, anche se in precedenza egli fu il Mio più acerrimo avversario. DimMi ora: “Che cosa ritieni tu della fede e della sapienza del vecchio Paolo?”»

12. Dice Roberto: «Amatissimo amico, a questa domanda è di nuovo estremamente difficile dare una risposta adeguata, poiché, in primo luogo, occorrerebbe certamente anche un’intelligenza sovrannaturale che però a me manca. E quindi non si può supporre completamente, senza alcuna precisa prova critica, che quel Paolo, altrimenti molto sapiente, avesse creduto egli stesso sul serio a quello che voleva far credere agli altri uomini. Infatti tutti gli antichi sapienti, compreso Paolo, hanno certamente ben compreso su quale malfermo terreno poggiano tutte le teorie metafisiche e teosofiche. Secondo la loro precisa conoscenza umana, essi hanno calcolato quanto infelice dovrebbe divenire in breve tempo il genere umano se, con spiegazioni elevate, si rendesse conto del proprio essere caduco. Perciò essi cercarono con discorsi e detti, a volte del tipo dell’Oracolo di Delfi, di ricondurre i popoli ad una certa fede mistica, attraverso la quale si poteva produrre per lo meno una speranza in una vita futura. Ma se essi stessi abbiano vissuto seriamente con tale speranza, o addirittura fossero stati realmente convinti di tutto ciò che insegnavano, debbo metterlo ben in dubbio finché non mi ricrederò, o per la via dell’intelligenza interiore, oppure attraverso un confronto diretto con gli spiriti che hanno insegnato tali cose.

13. D’altronde io, per quanto mi riguarda, non mi faccio il minimo scrupolo di ritenere te, amatissimo amico mio, un Dio, finché non ne troverò un altro da qualche parte! Ma se non dovesse in eterno mostrarsi un altro Dio, in tal caso resterai tu anche in eterno il mio unico Dio e Signore! Infatti, se tra noi ce n’è uno, questo evidentemente sei tu, poiché, nonostante la mia sapienza hegeliana, su di me non si troverà neanche una minima traccia di Divinità. Ma tu non puoi chiedermi una prova del perché io ci creda e lo supponga, perché in tal caso ti resterei di nuovo debitore di una risposta.

14. Infatti ciò che si crede, lo si crede senza prove, poiché la fede in se stessa non è null’altro che pigrizia, o forse anche una certa ubbidienza della mente. Se invece una mente più attiva fornisce prove dell’oggetto della fede, e se tali prove possono essere fornite a sufficienza alla mente, la fede cessa comunque di essere fede, perché poi diventa una evidente convinzione!

15. Però questa convinzione della tua Divinità io ora non posso procurarmela, perciò nel frattempo voglio soltanto credere che tu sia un Dio. Ma se in seguito dovesse essere possibile aumentare questa fede fino ad una certa evidenza, la mia fede diverrà poi verità contemplativa. Ma se la mia fede potrà essere facilmente trasformata in questo senso, ciò naturalmente fa parte di un altro capitolo!

16. Infatti, vedi, io sono un bel Tommaso, e pretendo prove ben precise, prima di accettare qualcosa come precisa verità.

17. Tu mi hai certo consigliato la Bibbia ed il teosofo Swedenborg, però a che serve ora un tale ripiego se non lo si può avere; perciò fermiamoci alla semplice fede. E se ti è possibile, fammi un po’ più stupido di quanto non lo sia per natura in modo che io divenga tanto più forte nella semplice fede. Vedo già fin d’ora che sarei poi ben più felice di quanto non lo sia ora!

18. Infatti uno stupido è ben più avvantaggiato, per quanto concerne un’esistenza felice, di quanto non lo sia un uomo dalla mente illuminata. Mentre costui, con il sudore della sua fronte, studia e studia per avvicinarsi alla grande e sacra Verità, per rendere felice se stesso e molte migliaia di uomini, l’uomo di pura fede recita il suo “Padre Nostro” e poi si corica comodamente e dorme spensieratamente, dolcemente e tranquillamente come una marmotta! Quando giunge poi l’ultima ora non se ne preoccupa molto; basta soltanto un sacerdote che, per alcune messe ben pagate, lo dispensi dall’Inferno e gli procuri la remissione dei castighi temporali facendolo andare nel Purgatorio! La sua cieca fede prende tutto questo per moneta sonante, ed egli muore nella fiduciosa speranza di ascendere immediatamente al Cielo. Questa io la chiamerei una felice stupidità!

19. E a questo aggiungo anche: “Pazzo ed asino è chi si dedica per la vita intera a pensieri e studi perché ciò non aumenta la sua felicità né nel mondo fisico e, ancora meno, in questo mondo spiritualmente nebuloso. Al contrario, ciò lo rende ancora più infelice, quanto più è assetato di luce e verità, perché giunge sempre più alla conclusione che la Divinità, che si trova da qualche parte, non ha creato da nessuna parte una sorgente ristoratrice per placare questa sete!

20. Quindi io voglio abbandonare del tutto questa strada e invece gettarmi nelle morbide braccia della ottusa e pigra fede. Forse giungerò prima a un qualcosa che si può giustamente chiamare vera felicità dell’essere umano!

21. Quanto felice è per esempio un prelato così! Egli non pensa a nulla, non inventa nulla, ma vive unicamente la sua autentica fede cattolica-romana nel dolce ordine del suo fondatore religioso epicureo-stoico , e si gusta ogni giorno i suoi squisiti pranzetti. In verità, vedi, amico, questa è una vita felice! E una vita simile te la dà la fede più cieca e più stupida!

22. Perciò io voglio ora anche gettarmi nelle braccia della fede, proprio senza pensarci. Forse così diventerò anche più felice! Pertanto ora io credo nella tua divinità! Dimmi, faccio bene così? Oh parla tu, mio amato amico!».

33. Capitolo

Differenza tra la vera fede e la falsa fede.

Dolori indicibili, alla morte del corpo, per i mangioni, libidinosi e prostitute.

1. Dico Io: «Ascolta, mio carissimo amico! Tra quella che tu chiami fede e quella che è la vera fede, vi è una sconfinata differenza! La tua fede è pigrizia pura e semplice dell’intelletto, mentre la vera fede coinvolge totalmente e attivamente tutte le forze del corpo, dell’anima e dello spirito. La tua fede è una fede da rana, poiché come la rana si accontenta di qualunque pozzanghera anche se pessima, così anche un tale ottuso di fede si accontenta di tutte le sozzure. Alla fine, nella dottrina che sta seguendo ciecamente ed ottusamente, non sa distinguere ciò che è divino da ciò che è infernale.

2. Ma come fai quindi a definire felice un prelato che con la sua fede ottusa, sotto il protettorato di Roma, ingrassa e se la spassa bene nel suo monastero a spese della stupidità dei suoi sottoposti? Forse questa vita terrenamente felice è anche tale in questo mondo degli spiriti? Oh per nulla ti dico!

3. Quanto più qualcuno nel mondo ha usato la propria carne come carcere dello spirito, quanto più egli l’ha curata e alimentata, e quanto più egli volentieri si è concesso a questo carcere, secondo il suo piacere, tanto più e ancora più saldamente si è legato a questo carcere!

4. Ma quando, poi, si giungerà infine alla liberazione da questo carcere, quanto duro, difficoltoso e doloroso sarà! Non si dovranno forse strappare con tutta la forza, letteralmente pezzo per pezzo, anche l’anima e lo spirito da quel carcere di carne troppo ingrassata - come in un parto andato male il cui frutto del grembo è letteralmente cresciuto insieme all’utero in vari punti - per poter inevitabilmente separare queste essenzialità cresciute insieme? Pensi forse che tale liberazione da questo carcere susciterà una sensazione piacevole nella carne, nell’anima e nello spirito? Oh vedi, questo presuppone già un martirio che non è paragonabile ad alcun martirio puramente terreno che Io conosco fin troppo bene! Ma essendo questo amaro risultato certamente da aspettarsi quasi sempre, come conseguenza di una vita terrena felice, dimMi se si può chiamare veramente felice una tale vita!

5. CrediMi, i tripponi spensierati ed egoisti, nonché tutti i libidinosi e le prostitute, giudicati dalla loro stessa carne, si meraviglie-ranno di quali notevoli dolori procurerà loro la morte fisica!

6. Questi dolori sono il vero e proprio inizio dell’autentica “felicità” di un ottuso! Quando poi un tale essere “felice” giunge, come lacerato e crivellato, in questo mondo degli spiriti, dove la sensibilità per ogni impressione deve essere accresciuta all’inverosimile perché l’anima, che in precedenza era protetta dal corpo grossolano, è qui messa a nudo, ecco che solo ora inizia la vera “felicità nel dolore” che ti procura la tua ottusa fede!

7. Se però vuoi sul serio una tale “felicità”, fa’ dunque ciò che tu immagini possa renderti felice, ed Io ti assicuro che ben presto penserai e giudicherai ben diversamente!

8. Io Stesso ho però insegnato: “Divenite perfetti come perfetto è il Padre vostro nei Cieli!”. E Paolo esigeva che si esaminasse tutto per bene e che si trattenesse il buono. Dì un po’, fu in tal modo offerta una ottusa fede che non è fede? Oppure una vera fede viva che è di gran lunga superiore ad ogni sapere? Giudica ora tu stesso se ciò che tu chiami fede è davvero fede! Soltanto allora ti spiegherò esattamente che cosa significhi credere veramente! Parla ora; è di nuovo il tuo turno!».

34. Capitolo

I concetti di Roberto sulla fede e sulla giusta venerazione di Dio

1. Dice Roberto: «Amico, tu mi ritieni veramente del tutto scemo! Ascolta un po’, se non si chiama fede ciò che io ritengo fede, allora puoi staccarmi immediatamente la testa dal busto; comunque io non sarò in condizioni di dire ciò che si debba ritenere poi, in fondo, vera fede.

2. Il puro sapere non può neppure essere fede! Guardare e percepire ed addirittura toccare, lo sono ancora meno; ma all’infuori del sapere e del percepire senza inganno attraverso i nostri sensi, non conosco nient’altro che l’uomo possa accogliere nella propria facoltà conoscitiva e discernitiva. E se il sapere, come il guardare, l’ascoltare, il gustare e percepire, si chiama fede, ma allora dunque, cos’è ciò che io finora ritenevo essere fede?

3. Fede significa, per me, ritenere vero qualcosa che in sé può anche essere vero, purché non sia in contraddizione con le leggi della pura ragione, anche se le tesi non possono essere dimostrate come una regola matematica. Ma se tali tesi si possono dimostrare, allora viene necessariamente a cessare la fede, e così pure anche la speranza, quale figlia della fede, deve giungere alla sua fine nel momento in cui alla fine si è realmente raggiunto ciò che si sperava!

4. Per fede non posso pertanto immaginarmi che un accogliere volentieri tesi e dati storici, finché potranno essere dimostrabili alla mente. Se questo non si deve chiamare fede, vorrei allora ben sapere che cos’altro dovrebbe essere la fede.

5. Tu di certo hai parlato alcune volte ai tuoi discepoli della forza miracolosa della fede, e sai che, quando dicesti di smuovere le montagne, costoro probabilmente non capirono un qualcosa di più di me! Si deve forse dedurre che tu ti stavi riferendo soltanto a questa fede fantasiosa? In tal caso la mia fede sarebbe tutto all’in-fuori di una tale fede, perché davanti alla mia fede non si sarebbe mosso nemmeno un piccolissimo granello di sabbia, per non parlare di una montagna!

6. Sì, ascolta, amico mio! Se io avessi potuto godere di una tale fede sulla Terra, al buon Windischgratz sarebbe andata disperatamente male. Lo avrei infatti curiosamente spostato! Eh sì, poter spostare le montagne con la sola fede, questo è un gran bel pensiero, ma purtroppo soltanto un pensiero!

7. La tesi di Paolo di esaminare tutto e trattenere il meglio, me la sono certamente sempre scelta come principio. E la grande idea di divenire simile a Dio (anche se è quanto mai impossibile divenire così perfetti come Egli è) fu la più potente molla di tutte le mie fatiche. Ma che cosa ho raggiunto con ciò? È il mio attuale stato a darti la risposta.

8. E sembra che neppure tu sia riuscito ancora ad avere il sole sotto i tuoi piedi. Con ciò intendo dire che la tua fede nei miracoli non ha portato finora montagne dorate né a te, né a me! Ma chissà cosa potrà ancora venire!

9. Se io, per esempio, accettassi di buon grado che tu sei il Figlio del Dio vivente, o addirittura l’Essere Supremo stesso (premesso che tu pretenda da me di accettare una tale cosa), in tal caso lo credo solamente, poiché non posso procurarmi una prova che tu lo sia anche in realtà. E quindi io lo credo solo perché la mia ragione non vi trova per lo meno una impossibilità logica; e questo principalmente per via delle tue plausibilissime spiegazioni che la Divinità, imperturbata in tutto il Suo operato onnipotente, può restare come reale Divinità, anche se per le Sue creature assume una forma da contemplare. Ma se ricevessi prove tangibili che tu sei realmente ciò che io ora solamente credo, in tal caso cessa la fede e subentra poi una chiara conoscenza derivata dall’esperienza.

10. Indubbiamente, ora tu potresti ben dire: “Vedi, tutti quelli che veramente credono piegano le loro ginocchia al solo nominare il Mio Nome, e Mi adorano. Ma se tu dici di credere che Io sia la Divinità Stessa, perché non fai quindi ciò che fanno tutti quelli che credono realmente?”.

11. Questa obiezione è comunque degna di nota, ma io ritengo queste espressioni di venerazione, dovute alla Divinità, come una specie di debolezza mentale. Ciò che manca alla mente lo sostituisce poi una certa fanatica motivazione di fede.

12. Se tu fossi realmente la Divinità Stessa, anche tu dovresti pensare così, altrimenti saresti una Divinità assetata di onori e oltremodo debole, che sarebbe più da deridere che da adorare! Ma io so che tali debolezze non ti hanno mai tormentato, sia che tu fossi o anche non fossi Dio. Ed è per questo che io non mi trovo ancora in ginocchio davanti a te; infatti so fin troppo bene che un tale atto di umana debolezza mentale ti farebbe soltanto arrabbiare.

13. Perciò questo non lo farei neanche se io giungessi alla convinzione che tu fossi realmente Dio, poiché io non posso assolutamente supporre che una sapientissima Divinità possa essere assetata di adorazioni. Un tale pio servilismo, se mi venisse dimostrato, dovrebbe sembrare perfino a me, che sono solo un pensatore un po’ evoluto, insensato e stupido al massimo.

14. Ritengo che la giusta e sola adorazione che piaccia alla Divinità sia una coscienziosa osservanza delle leggi di Dio, poiché questo viene richiesto dall’eterno Ordine della Divinità Stessa, senza cui nessun essere sarebbe pensabile. Ma tutto quello che va oltre rientra nel regno del cieco paganesimo!

15. Io ho spesso ammirato e lodato altamente la tua dottrina sull’obbrobrio delle lunghe preghiere ebraiche espresse soltanto con la bocca. Per contro, il “pregare senza interruzioni” paolino lo considero la massima asineria, premesso che Paolo per preghiera intendesse soltanto un devoto mormorio, cosa questa che certamente non lo si può supporre da un tale uomo, di solito saggio.

16. Quindi credo ora che tu sia Dio, o per lo meno un vero Figlio di Dio, un titolo che tu stesso attribuisti a tutti gli uomini che si attengono ai Comandamenti di Dio e che con ciò Lo amano sopra ogni cosa. Io sono anche fermamente deciso a fare tutto ciò che tu saggiamente pretendi da me, ma se dovresti pretendere che io mi inginocchiassi e pregassi come si recita un rosario, sii fin d’ora certo che una cosa del genere io non la farò mai! E questo perché vi troverei un’offesa, ma mai vi troverei una venerazione del tuo nome, che mi è caro sopra ogni cosa! Dimmi ora di nuovo benevolmente se sei soddisfatto di questa spiegazione oppure no».

35. Capitolo

La duplice facoltà conoscitiva dell’uomo. Sul “credere” e sulla “vera e viva fede”. Solo l’amore per Dio attiva la conoscenza in tutte le cose. Il sesso blocca lo sviluppo dello spirito. Il Signore ricorda a Roberto i suoi piaceri terreni col sesso femminile.

1. Dico Io: «Amico Mio carissimo, finché l’uomo trae le sue definizioni esclusivamente dall’intelletto, non potrà avere altra opinione della fede e della preghiera se non quella che tu Mi hai esposto con tanta disinvoltura. Infatti l’intelletto dell’uomo non conosce altra via che quella della osservazione materiale e della palpazione dei sensi. Una fede piena di vita in senso spirituale però può mettere radici in un animo sensuale altrettanto poco quanto un chicco di frumento attecchisce sul granito. Certo, esso vi trova una base solida, ma poiché la dura roccia manca del tutto dell’umidità che apre il chicco di frumento e libera il germe, per un certo tempo il chicco rimane sulla dura roccia tale e quale era, ma col passare del tempo muore completamente per mancanza di nutrimento. A cosa ti serve tutto il tuo sapere e la tua ubbidienza intellettiva, che tu chiami fede, se il tuo spirito non ne è partecipe?

2. Vedi, ogni uomo ha una duplice facoltà conoscitiva: una è la facoltà esteriore che è l’intelletto mentale ovvero quello esteriore dell’anima. Con questa facoltà conoscitiva non si potrà mai afferrare e comprendere l’Essere Divino, poiché essa fu data all’anima appunto per separare temporaneamente dalla Divinità lo spirito contenuto in essa, tenendoglieLa celata per un certo periodo. Ma se un’anima vuole cercare e trovare Dio con questa sola facoltà negativa, essa si allontana sempre più dalla meta, quanto più ostinatamente vuole addentrarsi per tale via.

3. L’anima però ha ancora un’altra facoltà, che non ha sede nel suo capo, ma nel suo cuore. Questa facoltà si chiama “animo interiore” ed è costituito da una sua propria volontà, dall’amore e da una forza raffigurativa corrispondente a questi due elementi dell’animo stesso. Una volta che questa forza ha accolto in sé il concetto dell’esistenza di Dio, questo concetto viene subito abbracciato dall’amore e trattenuto dalla sua volontà, ed è soltanto questo trattenere che si chiama “credere”.

4. Attraverso questa fede, che è viva, viene destato il vero spirito che guarda il suo ridestatore, lo riconosce e lo afferra prontamente e si erge poi come una potente luce di Dio, compenetra l’anima ed in essa trasforma tutto in luce. E questa luce è poi la vera e propria fede, grazie alla quale ogni anima può divenire beata.

5. Hai mai appreso qualcosa di questa unica e vera fede? Tu dici in te: “No, questo genere di fede mi è completamente estraneo, poiché un pensare col cuore mi sembra del tutto impossibile!”. Sì, così stanno le cose! E questo ti deve sembrare impossibile.

6. Per poter pensare col cuore si deve fare un apposito esercizio che è costituito del ridestare in continuazione l’amore per Dio. Ridestandolo, il cuore si rafforza e si dilata, e ciò fa poi allentare i vincoli dello spirito, cosicché la sua luce (poiché ogni spirito è una luce da Dio) può svilupparsi sempre più liberamente. Quando poi la luce dello spirito comincia a rischiarare la vera e propria camera del cuore, allora anche gli innumerevoli archetipi nella loro pura forma spirituale, sulle altrettanto innumerevoli pareti della cameretta della vita, vengono forgiati sempre più distintamente e resi visibili all’anima. E vedi, questa contemplazione dell’anima nel proprio cuore è allora un nuovo modo di pensare. L’anima perviene poi a nuovi concetti, a grandi e chiare prospettive; la sua visuale si dilata ad ogni battito del cuore, le pietre d’inciampo scompaiono nella misura in cui ammutolisce l’intelletto e poi cessano anche le richieste di prove. Infatti la luce dello spirito illumina le forme interiori che non gettano più ombra da nessuna parte, e così anche tutto ciò che potrebbe avere anche minimamente la parvenza di dubbio viene definitivamente fugato.

7. Perciò, una tale fede, che ha la propria sede nel cuore e non nella mente, va chiamata vera e viva fede: vera, perché proviene dall’infallibile luce dello spirito, e viva, perché nell’uomo è vivo soltanto lo spirito in senso vero e proprio!

8. In questa fede sta però anche quella forza straordinaria di cui si parla per due volte nei Vangeli.

9. Per giungere però a questa fede, che è la sola beatificante, ci si deve impegnare seriamente nell’esercizio accennato sopra per conseguire una giusta abilità al più presto possibile. Infatti quando l’uomo si preoccupa troppo e per lungo tempo di coltivare soltanto il suo intelletto per raggiungere scopi e benefici terreni, gli sembra del tutto impossibile di poter pensare anche col cuore.

10. Inoltre si deve avere anche pieno motivo di gioire della purezza dei costumi, per cui non si deve essere un gaudente crapulone e soprattutto un libidinoso carnale, poiché la libidine e la prostituzione uccidono quasi totalmente lo spirito, oppure, se non sono in grado di uccidere lo spirito, impediscono per tutti i tempi il libero sviluppo della sua luce. Da questo risulta pure che, in particolare con l’avanzare degli anni, tali libidinosi divengono completamente ottusi e strappano poi qualche allegro momento alla loro squallida vita soltanto quando gozzovigliano un po’ e guardano incantati palpando una qualunque ragazza.

11. Non era forse il tuo caso negli ultimi tempi, in cui consideravi il sesso femminile comunque destinato a nient’altro che al solo scopo di soddisfare le tue brame? Non trovavi anche tu in tali impurissimi godimenti la vera e propria beatitudine terrena? Ed ora, se devi passare ad una beatitudine puramente spirituale, non vi è in te quasi nessuna base sulla quale si potrebbe costruire qualcosa; infatti vedi, attorno a te tutto è vuoto, vuoto come lo è il tuo cuore, ed altrettanto privo di essenza come lo è la sua camera.

12. Dì un po’, da dove prenderemo ora il materiale per costruire in te un uomo del tutto nuovo!? Parla ora nuovamente e suggerisci qualcosa!».

36. Capitolo

Roberto si arrabbia col Signore e desidera cambiare discorso

1. Dice Roberto: «Preziosissimo amico! Mi accorgo che stai diventando un po’ insinuante, e talvolta anche un po’ offensivo! Certamente si tratta di una caratteristica che è tipica di quasi tutti i maestri, siano essi grandi o piccoli. Infatti tutti, indistintamente, sono un po’ pesanti in certe occasioni, e talvolta fanno capire sottovoce ai loro allievi che questi ultimi appartengono al genere di quei pazienti animali che dovrebbero avere certe analogie con i grandi saggi del mondo, per quanto riguarda la mitezza e la pazienza! Questi animali non sono mai avidi di sangue, ma di fieno e paglia; questo magro vitto dà certamente soltanto un misero contributo alla formazione del cervello, anche perciò tali animali avrebbero in testa maledettamente poca di quella poltiglia biancastra, della quale la testa di Socrate dovrebbe averne avuta in sovrabbondanza.

2. Tu mi hai accennato in modo non troppo difficile da comprendere come ci sia, in un certo qual modo, il vuoto attorno a me ed anche in me, più o meno come nella testa del quadrupede che trae il proprio etere di vita dal fieno e dalla paglia. Non posso quindi fare a meno di chiedere, di conseguenza, che tu, se già io sono senz’altro un asino, lo dica apertamente senza tanti giri di parole! Infatti, se sul serio non trovi nulla in me che sia adatto a sviluppare ulteriormente la mia consapevolezza, se in me non c’è altra sostanza se non quella che c’è nella testa di un asino, allora dillo apertamente ed io non me ne offenderò, poiché dove non c’è nulla, non c’è appunto nulla!

3. Certamente mi rendo conto che la fede interiore che tu hai spiegato non albergò mai in me; ma che ci posso fare io se nessuno finora mi ha mai spiegato l’essenza della vera fede? Se al posto di Hegel si fosse presentato qualcuno che mi avesse istruito secondo il tuo modo, certamente anch’io non sarei divenuto hegeliano, ma mi troverei davanti a te simile ad un Paolo.

4. Ma non essendo stato questo il caso e, per quanto io sappia, non essendo mai venuto in mente a nessuno che l’uomo possa pensare anche col cuore, e forse anche addirittura con le ginocchia e con i calcagni, ho dovuto fare i miei pensieri là dove la cara madre natura me li ha destinati. Nel mondo, io pensavo così con la testa: “Ogni elemento e ogni parte dell’essere umano ha la propria funzione ed un determinato compito. I piedi non possono sostituire le mani, il sedere non può sostituire la testa, il contenuto dello stomaco quello della testa, l’orecchio non può fare il servizio dell’occhio e il cuore quello della lingua”. Per questo infatti io pensavo soltanto con la testa e lasciavo fermamente al cuore il suo compito. Se perciò sono giunto qui vuoto, posso forse farci qualcosa?

5. Se ora tu pretendi cose da me di cui non divenni mai partecipe sul mondo, sei evidentemente, malgrado tutta la tua sapienza, mille volte più stupido di me e di conseguenza potrai essermi ben poco utile o addirittura proprio per niente!

6. È anche sciocco da parte tua tirare fuori ora le mie gozzoviglie terrene ed i miei piaceri venerei che furono veramente rari, addu-cendoli allo stesso tempo come motivo per cui io mi trovi ora così vuoto davanti a te. Se tali piaceri che sono posti nella natura umana, come il germe nel seme di grano, sono un peccato ai tuoi occhi, perché allora sono stati messi negli uomini?

7. Non si dice forse che un grande uomo non si perde in quisquiglie? Se tu quindi sei non solo uno dei maggiori saggi ma perfino l’onnipotente Divinità, come già in modo non incomprensibile mi hai fatto intendere più di una volta nel corso del nostro incontro, allora non capisco come tu possa rammentare tali futilità, le quali sono cose che da uomo degnavo appena di un pensiero, perfino quando mi trovavo per alcuni attimi nel loro misero godimento!

8. L’uomo è un animale secondo il suo corpo, e perciò ha purtroppo anche esigenze animali la cui soddisfazione gli viene dettata con mano ferrea dalla povera natura. Se trova in sé un impulso irresistibile contro il quale nulla possono tutte le immaginazioni spirituali, allora è appunto dovere indispensabile dello spirito far soddisfare la carne nel suo necessario impulso naturale, per poi potersi di nuovo muovere liberamente nella sua sfera spirituale.

9. Se lo spirito quindi soddisfa questa esigenza della sua carne, e precisamente nei suoi periodi d’impulso, ad esempio quando spinge fuori le feci e l’urina attraverso i canali, quando prende cibi e bevande come piacciono alla carne, inoltre quando soddisfa il molesto istinto sessuale quando questo pretende il suo tributo, anche per avere poi di nuovo alcune ore di tregua, ebbene, dì un po’, tutto questo potrà mai essere dichiarato come un peccato? E potrà poi esserlo definito tale anche qui, dove noi due speriamo di essere risparmiati in eterno da tali grossolani istinti della natura? Infatti senza carne non ci guadagneremo di certo a servire la carne!

10. Parliamo perciò di qualcos’altro, e lasciamo stare per quello che sono tutti i passati brandelli della [mia] natura! Parliamo dunque, per esempio, del cielo stellato! Questo sarà più edificante per me che rivangare la mia natura un tempo a brandelli!

11. Guarda, mio preziosissimo amico e Dio e tutto quello che tu voglia essere di fronte a me, io non posso lamentarmi delle mie condizioni attuali. Infatti non sono né assetato, né affamato; tutto il mio essere non è tormentato da dolori, e mi è sufficiente la tua compagnia per un’eternità. Ma se per i nostri dibattiti potessimo scoprire soltanto un posticino un po’ migliore, non sarebbe per niente male! Infatti qui è certamente un po’ troppo aeriforme, anzi si potrebbe perfino dire che sembra fatto di nulla! A parte queste montagnette, sulle quali ci troviamo già da un certo tempo, non si può scoprire un qualsiasi essere da nessuna parte. Se potessimo soltanto scoprire da qualche parte un praticello con una semplice casupola di campagna, potremmo proseguire i nostri interessanti dibattiti con uno stato d’animo migliore!

12. Particolarmente interessanti sarebbero poi delle parole di grande significato sui soli e sugli altri vari corpi dell’universo! Però non parliamo più delle condizioni della vita terrena, grazie a Dio passate! Infatti queste potrebbero riempirmi di grandissimo disgusto, tanto che io alla fine non sarei in grado di parlare di altre cose con te! Se quindi ti fosse possibile scoprire un tal posticino per noi due, ti chiederei più di ogni cosa di impiegare a tale scopo tutto il tuo impegno e la tua sapienza!».

37. Capitolo

La lode è un grave pericolo per l’anima.

L’umiltà del cuore è l’unico mezzo usato nell’intero infinito.

1. Dico Io: «Mio caro amico e fratello! Questo ora non è fattibile. Qui nel mondo degli spiriti può soltanto apparire in modo sostanziale ciò che un’anima umana ha portato con sé nel proprio cuore. Se il cuore è però completamente vuoto, come purtroppo lo è il tuo - malgrado le tue proteste - allora non può neanche apparire il minimo posticino erboso!

2. Tu dici anche che sarebbe meglio se Io ti rivelassi qualcosa sul cielo stellato, piuttosto che evidenziare i tuoi errori terreni. Ti credo bene; infatti ogni anima, fin dai primissimi inizi della sua esistenza, preferisce essere lodata anziché rimproverata, anche se ci sono buone ragioni per farlo.

3. Però crediMi quando ti dico che qualsiasi lode, per quanto meritata, è un veleno per l’anima, e perciò anche dannosa per lo spirito. Se Io ti fossi nemico, ti loderei per rovinarti, ma essendo Io certamente un tuo grandissimo amico, debbo perciò parlarti apertamente. Infatti un vile adulatore è un pericoloso nemico per chiunque, perché sotto la maschera dell’amicizia di solito si cela un lupo feroce. Io ti dico che non puoi farti nulla di peggio se non lodare te stesso, gioendo della tua propria abilità, poiché in tal modo tu infliggi un colpo mortale al tuo proprio cuore.

4. Per tale motivo Io ho imposto a tutti i Miei discepoli, nel modo più severo, di non farsi lodare neanche quando essi avranno fatto tutto quanto Dio si aspetta da loro. Anche in tal caso, essi dovranno sostenere seriamente di non essere altro che servitori inutili.

5. Ma perché Io ho preteso ciò dai Miei discepoli? Perché solo Io vedo chiaramente ciò che deve fare l’anima per rendersi veramente libera, liberando il proprio spirito. Nell’intero infinito non vi è che un unico mezzo efficace per raggiungere questo scopo, e questo mezzo si chiama “l’umiltà del cuore”, in tutta la portata del suo significato!

6. La vera perfetta umiltà, che sola può essere utile all’anima, esclude perfino la minimissima e modestissima autolode, perché in tal modo l’amor proprio, che è una deviazione dalla Divinità, riceve nutrimento, ed è un nutrimento che rovina lo spirito e che è la vera morte dell’anima.

7. Se Io dunque, in primo luogo, dovessi anche lodarti - anche se tutte le tue azioni terrene in fondo meritino soltanto il Mio giusto rimprovero - e, in secondo luogo, se in te c’è ancora una grande sete di lode, ragion per cui tu vorresti per lo meno indurMi a riconoscere la tua sapienza e ad avere un profondo rispetto davanti all’acutezza della tua intelligenza, allora che avverrebbe di te?

8. Ma anche ammettendo il caso che fosse possibile suscitare ciò in Me, quale sarebbe il risultato per te? Nient’altro se non che Io, vinto, dovrei allontanarMi da te perché la tua forza, più grande della Mia, Mi soggiogherebbe, ciò che nel mondo degli spiriti significa, per così dire, inghiottire il proprio avversario e farlo sparire dall’apparenza. La conseguenza sarebbe che tu saresti di nuovo completamente solo, e poi per te sarebbe di certo estremamente difficile ritrovare nuovamente compagnia. Infatti se Io dovessi abbandonare qualcuno, costui sarebbe anche abbandonato in eterno, e la vera morte dovrebbe essere ciò che è di spettanza in eterno alla sua anima.

9. Ma una cosa simile è semplicemente impossibile; infatti perfino il massimo sapiente di tutte le stelle deve piegarsi davanti alla Mia Sapienza fin nella più intima fibra della sua vita. E questo è salutare perfino per il più profondo spirito angelico. Infatti anche i più grandi angeli devono essere umili se vogliono essere beati, malgrado lo splendore della loro sapienza che tramuterebbe qualunque sole in una massa tenebrosa se questo dovesse entrare nella sfera della loro luce.

10. Quanto più necessaria è quindi una giusta umiliazione per te che sei ancora vuoto di tutto ciò che potrebbe riempirti almeno di un bagliore di una esistenza reale. Perciò in futuro giudica meglio tutto ciò che ti prospetto e non irritarti, ma riconosci la tua colpa ed umiliati, e allora in pochi attimi progredirai di più che non in millenni!

11. Rifletti bene su questo e dimMi esattamente ciò che vuoi fare, e d’ora in poi Mi regolerò in base a questo».

38. Capitolo

Roberto racconta della sua vita sulla Terra.

La peggior cosa per Roberto, nell’Aldilà, è di restare solo.

1. Dice Roberto: «Amico, le tue parole sono certo molto serie. Sembra che tu faccia veramente sul serio con me, per la qual cosa io debbo esserti grato con tutte le mie forze. Però mi è completamente incomprensibile come tu possa considerarmi ancora troppo poco umiliato! Non sono io forse già stato umiliato da tutte le possibili esperienze sfavorevoli, fin dalla mia misera nascita?

2. Quando io, dalla mia polvere innata, nonostante tutti gli ostacoli del tempo, riuscii un po’ a raccapezzarmi, scoppiarono le sommosse nel mio Paese. Vedi, io le sedai con la mia onesta volontà e intelligenza, senza poi farmi promuovere dallo Stato. In seguito, quando l’intera Europa si ribellò, io, come deputato, venni inviato a Francoforte per rappresentare il mio Stato, secondo le mie migliori cognizioni, guidato dalla buona volontà di cui ero capace. In verità, non fu mai lontanissimamente mia intenzione nuocere a qualcuno, ma soltanto essere utile, certo soltanto nel modo che io ritenevo opportuno per i popoli, secondo la mia convinzione di quel tempo. Se ciò sarebbe stato veramente vantaggioso per loro, qualora i miei progetti fossero stati realizzati, questa è un’altra questione. Ma a quel tempo non potevo agire diversamente da come io ritenevo che fosse buono e giusto, secondo scienza e coscienza. Ed io credo che ogni discorso ed azione fatti con animo onesto venga riconosciuto giusto da Dio e dal mondo, perché credo che anche Dio guardi soltanto la volontà e non il successo che, comunque, è sempre nelle mani della Potenza divina.

3. Allorché in Austria scoppiarono le più furiose sommosse, io pensai che, come ero riuscito a sedare nel mio Stato una sommossa popolare contro il re, sarei riuscito in tale cosa anche in Austria! Per questo presi la decisione di recarmi rapidamente là.

4. Una volta giuntovi, trovai però che le cose stavano ben diversamente. Il popolo era oppresso e si lamentava apertamente del suo sovrano che mancava di parola. Il conservatorismo più nero e avido di danaro era scritto in fronte a tutti i membri delle dinastie e in fronte agli aristocratici, commercianti ed ebrei che commerciavano oro e argento. Il povero popolo veniva insultato come farabutto e canaglia. E chiunque voleva aiutare il povero popolo, oppresso spiritualmente e fisicamente, con beni e versando il proprio sangue, combattendo con consigli e fatti, veniva acciuffato come un sobillatore popolare e rivoluzionario, e veniva privato della vita terrena senza pietà; un tale “onore” toccò anche a me, nel modo più infame. Se da uomo, che per il resto è rispettato e onorato, si viene trascinati sul luogo dell’esecuzione come un comunissimo delinquente e si viene fucilati come una bestia qualunque, credo di essere stato umiliato a sufficienza per ogni onore che mai mi toccò!

5. Oppure, anche questo è ancora troppo poca umiltà? Debbo forse venire umiliato ancora di più? Trovo che, particolarmente in questa mia situazione, ciò sia del tutto impossibile. Infatti un essere più misero di quanto io lo sia ora, ciò difficilmente capiterà a qualunque altro essere!

6. Mio amatissimo amico, io non ho nulla all’infuori di te. Tu sei tutto per me: il mio conforto, la mia massima ricchezza, la mia unica ricompensa per tutte le mie sofferenze e umiliazioni terrene! Ma tu, con i tuoi discorsi pieni di sapienza, anziché consolarmi, risvegli in me anche una quantità di nuovi dubbi tormentosi che accrescono soltanto la mia grande miseria, invece di ridurla. Oh vedi, diletto amico, questo è un po’ duro da parte tua!

7. Può darsi che tu abbia le migliori intenzioni con me. E se è possibile da parte mia fare ciò che tu mi consigli, ciò sarà anche la mia più grande felicità. Ma tieni conto di un’unica cosa: io sono un essere miserrimo ed estremamente infelice, privo e completamente svuotato di tutto quello che può sollevare l’animo, e quindi ti chiedo di prospettarmi i tuoi insegnamenti, altrimenti saggissimi, per lo meno in modo che non possano incutermi timore!

8. D’ora in poi non vorrò più lodarmi, nemmeno con il più debole pensiero; tutte le mie azioni dovranno restare in eterno segnate dalla mediocrità e dalla spregevolezza. Ben volentieri voglio essere davanti a te l’ultimo e il più inutile essere di tutto l’infinito, se tu lo pretendi.

9. Però tu non abbandonarmi, rendendomi così ancora più misero! Non minacciarmi più di allontanarti, ma rafforzami con l’assicurazione che tu eternamente non mi abbandonerai, e poi io ti darò la più fedele garanzia di fare tutto ciò che pretenderai da me!

10. Se io ho peccato nel mondo, castigami e umiliami per questo nel peggior modo possibile. Ciò nonostante io non cesserò mai di amarti, ma non parlare mai più di abbandonarmi! Infatti ciò sarebbe la cosa più terribile che tu possa mai farmi!».

39. Capitolo

Spiegazione del testo: "Io sono una voce che grida nel deserto...”.

Roberto riconosce che il suo amico nell’Aldilà è il Signore Stesso.

1. Dico Io: «Ora, Mio carissimo amico e fratello, non farò neanche questo! Noi resteremo insieme. Ma così come stanno ora le cose è probabile che non possano durare per il futuro, perché ciò ti servirebbe a poco.

2. Però scopro, ora, che tu sul serio stai prendendo una buona inclinazione e perciò ti posso assicurare che tra breve le cose ti andranno meglio. Solo che ora devi comprendere esattamente, secondo le Mie indicazioni, ciò che Io ti rivelerò e metterlo poi in pratica con il cuore, ed allora comincerai a vedere subito più chiaramente, mentre certe cose, sulla cui natura tu sei ancora molto all’oscuro, diventeranno per te limpide e chiare.

3. Vedi, nei Vangeli, dove si parla di Giovanni il Battista, si dice tra l’altro: "Io sono soltanto una voce che grida nel deserto e che prepara la via del Signore. Io non sono degno di sciogliere i lacci dei calzari a Colui che viene dopo di me. Io battezzo soltanto con l’acqua; Egli però battezzerà con lo Spirito della Verità, con lo Spirito di Dio per la vita eterna! Questo mio elevatissimo Successore crescerà fra voi e in voi; io, Giovanni, invece diminuirò!”. Che cosa pensi tu che questo massimo di tutti i profeti abbia voluto intendere con queste parole?»

4. Dice Roberto: «Sì, mio migliore amico! Se io avessi compreso ciò, non mi troverei nelle tristi condizioni in cui mi trovo.

5. Fu proprio colpa di questi testi, che io non compresi mai, che più di ogni altra cosa mi indussero a dubitare della tua Divinità, e questo fu infatti anche il motivo principale del fatto che io divenni un “neo-cattolico”.

6. Perciò spiegami dunque questi testi che suonano quanto mai mistici, poiché da solo non riuscirei mai a scoprire il vero e proprio significato di questi e di altri testi»

7. Dico Io: «Dunque, ascolta! Giovanni il Battista è nel corpo della Chiesa quello che è in ogni uomo l’intelletto terreno esteriore. E l’intelletto di ogni uomo dovrebbe essere di natura pari a quello di Giovanni. Come Giovanni, prima di Me, Mi ha preparato la via, nello stesso modo anche il giusto intelletto esteriore deve preparare la via alla facoltà di comprensione del cuore, la quale è simile a Me Stesso. Infatti sono Io Stesso ad attingere dal Mio Spirito questa comprensione del cuore e, come un buon seminatore, a porla nel terreno del cuore; è questo il giusto amore, magnificamente preparato dall’umiltà e dalla mitezza.

8. Giovanni è una voce che grida nel deserto, e così deve essere anche un giusto intelletto esteriore, poiché il mondo, al quale l’intelletto attinge i suoi primi concetti, è un deserto. Ciò avviene perché altrimenti nessun uomo potrebbe venire completamente sciolto e reso libero dalla Divinità. E così l’intelletto esteriore che attinge i propri concetti, idee e giudizi in parte a questo deserto, in parte però anche alle Rivelazioni indirette o dirette provenienti dai Cieli, è appunto, con l’accoglimento delle verità rivelate, anche la “voce di uno che grida nel deserto” e, attraverso la fede, prepara le vie alla comprensione del cuore.

9. Questo giusto intelletto esteriore battezza poi l’anima con l’acqua dell’umiltà e della docile obbedienza. La comprensione del cuore invece, nella quale dimora l’eterno spirito proveniente da Dio, con il risveglio di questo spirito deve battezzare appunto con questo spirito, perché lo spirito proveniente da Dio è la vera luce, la pienissima verità, l’amore, e quindi l’eterna vita stessa.

10. Si comprende perciò anche da sé che l’intelletto esteriore deve necessariamente diminuire, anzi alla fine deve essere perfino fatto prigioniero e decapitato se il vero intelletto del cuore - che rappresenta Me Stesso - cresce in ogni uomo per divenire lo splendido albero dell’eterna vita nel quale c’è tutta la più perfetta conoscenza. E che, per conseguenza, l’intelletto esteriore non sia, in verità, degno di sciogliere i lacci all’intelletto del cuore, questo sarà certamente altrettanto chiaro come la luce di una lampada da notte è di gran lunga più insignificante della luce del sole in pieno giorno.

11. Ora Io non voglio più fare cenno alle tue azioni terrene, siano esse state giuste oppure ingiuste, poiché esse scaturirono tutte dal tuo intelletto esteriore nel quale la voce di colui che gridava non poteva penetrare perché lo strepito del deserto troppo grande - che è il mondo “privo di Giovanni” - doveva stordire il vero Giovanni che è la Mia Dottrina rivelata. Infatti se in un deserto imperversano grossi uragani e si scatenano i tuoni, la voce di colui che grida svanisce fin troppo facilmente. Il giudizio e la morte fanno poi indisturbati la loro raccolta.

12. Però Io vado anche lì per salvare il salvabile. Soltanto, ovviamente, non così come su una via preparata da Giovanni, ma come un lampo che guizza da Oriente ad Occidente, così come è appunto ora il caso tuo. Chi accoglie la luce del lampo, è salvato. Chi invece non accoglie questa luce, va verso la rovina, ossia si incammina su una via sulla quale gli sarà molto difficile raggiungere la meta fissatagli da Dio.

13. Tu hai invece afferrato bene la luce del lampo, e perciò venne anche da te il Salvatore Stesso che ora ti guida sulla giusta via. Però devi seguire spontaneamente il Salvatore, e con il tuo intelletto esteriore non Gli devi porre ostacoli sulla via, altrimenti tu stesso ritardi il raggiungimento della meta.

14. Che farai ora tu dopo la Mia spiegazione di quei testi che, secondo la tua ammissione, ti occultavano Colui che tu avresti dovuto riconoscere tanto chiaramente?»

15. Dice Roberto riflessivo: «O amico! Anzi infinitamente di più che un amico! Soltanto ora comincia all’improvviso a spuntare l’alba in me! O Signore, Signore! Come fai a soffermarTi presso di me, essendo io un peccatore!?

16. Che cosa tenne i miei occhi bendati tanto da non riconoscerTi? Certamente, il mio forte amore per Te mi diceva che Tu dovevi essere ben più di quello che Ti riteneva il mio misero intelletto. Ma un diavolo, o chi altro, mi mise sempre una coltre sugli occhi; però ora riconosco l’infinito abisso tra me e Te! Ora non posso dire altro che: “O Tu, mio grande Signore e Dio! Sii clemente e misericordioso con me, misero e stolto peccatore davanti a Te!».

40. Capitolo

Il Signore concede a Roberto un’ulteriore prova di libertà, suggerendogli di guardarsi dall’ira, dalla vendetta, dall’amore impuro e dalla curiosità, poiché quest’ultima rende lo spirito peggiore e più tenebroso

1. Dico Io: «Carissimo fratello e amico! Ti dico che i tuoi peccati ti sono perdonati, perché ti sei tanto umiliato da sacrificare totalmente il valore del tuo intelletto esteriore e da accettare, in compenso, la comprensione del cuore. Perciò, d’ora in poi, non si dovrà mai più in eterno parlare di tutte le tue malefatte terrene!

2. Tu hai ora iniziato un’epoca di vita completamente nuova nella quale dovrai passare attraverso un’ulteriore prova di libertà. Ti verrà offerta l’opportunità di spogliarti completamente del tuo vecchio essere umano terreno e al suo posto far apparire del tutto l’essere interiore che proviene da Me.

3. Finora eri totalmente privo di compagnia e non avevi neanche il terreno su cui poggiare i tuoi piedi. Questo magro terreno qui corrisponde esattamente alla dottrina da te accettata e che hai tratto, quale neo-cattolico, dal Mio Vangelo. Ed Io Stesso ti sono venuto incontro proprio come tu sulla Terra Mi hai dato forma nel tuo animo, con l’aiuto del tuo intelletto, ossia soltanto come un maestro molto sapiente dei tempi passati. Però Io non potevo restare tale, ma dovetti condurti, con ogni sorta di insegnamento, al punto in cui tu hai dovuto infine riconoscerMi da te stesso, tale e quale Io sono dall’eternità e anche sarò in eterno!

4. Questa sola conoscenza però è ben lungi dall’essere sufficiente, perché, per raggiungere il vero Regno dei Cieli, devi vivificare questa conoscenza anche con il vero amore per il prossimo e col totale amore per Me, che è il risultato dell’amore per il prossimo!

5. Per tale motivo ora ti porterò in un luogo dove non ti verrà assolutamente a mancare la compagnia più disparata. Riceverai un bel-l’appezzamento di terreno con una grande casa ben arredata, situata su una strada principale in una regione molto bella. Non mancherà neanche una numerosa servitù che ti ubbidirà al minimo cenno.

6. Molti viandanti, che dalla Terra si incamminano in questo mondo spirituale, transiteranno davanti alla tua casa e si intratterranno con te, e tra loro ci saranno amici e nemici. Vedi però di accoglierli tutti quanti con il giusto amore, offrendo loro ciò di cui avranno bisogno, poiché essi sono tutti figli Miei, e quindi anche fratelli tuoi. In tal modo riparerai a tutto ciò che hai guastato in vario modo sulla Terra, certamente non per tua volontà, ma soltanto per la tua ignoranza spirituale. Io Stesso verrò poi di nuovo da te e ti dirò: “Avendo tu ben amministrato questa piccola casa, verrai ora preposto a grandi cose!”.

7. Soprattutto però guardati dall’ira, dalla vendetta e anche dall’amore impuro, di cui non ti mancheranno le occasioni. In questo modo, il tuo nuovo compito di vita verrà rapidamente assolto, e la tua vera ed eterna felicità avrà il suo splendido inizio soltanto da quel momento in poi!

8. Fai anche attenzione alla curiosità, perché essa non rende nessuno spirito migliore e più lucido, ma fin troppo facilmente peggiore e più tenebroso. Se le tue forze non dovessero bastarti, ogni volta offri questo in sacrificio a Me e poi ti verrà rapidamente dato il giusto aiuto.

9. Ora sai tutto, perciò dimMi se sei soddisfatto della Mia proposta! In seguito ci ritroveremo immediatamente in quel determinato luogo!».

41. Capitolo

Roberto esprime il suo grande amore al Signore e gli viene condonato quasi tutto. Dice il Signore: “A chi ha molto amore viene anche perdonato molto!”.

1. Dice Roberto: «O Signore, Tu, mio ora eternamente unico amore! Tutto ciò che Tu vuoi disporre di me, povero peccatore, mi va inesprimibilmente bene. Posso considerare tutto quanto soltanto come Tua incommensurabile Grazia e Misericordia! Che cosa sono io infatti davanti a Te? Che cos’è la polvere al confronto di Colui che ha forgiato lo spazio infinito con il Suo unico potere, e che l’ha riempito di innumerevoli prodigiose opere del Suo eterno Amore e Sapienza!? La Tua sacra Volontà è la mia vita! Come potrebbe non andarmi bene una qualsiasi cosa che Tu voglia disporre per me? O Signore! Il Tuo Nome sia santificato e la Tua Volontà sia la mia vita!

2. Qualunque cosa io possa mai fare, la farò con cuore gioiosissimo, poiché Tu Stesso, mio Dio e mio unico amore, me l’hai ordinata. E come essa non dovrebbe essermi sacra sopra ogni cosa e ben accetta nel mio amore per Te?

3. Il fatto che Tu voglia però di nuovo abbandonarmi fisicamente, mi colpirà di certo dolorosamente. Ma questa è proprio la Tua sacra Volontà. E sarà la Tua Volontà a renderTi di nuovo a me, quando il mio cuore sarà più degno di Te di quanto non lo sia ora, tanto che potrebbe quasi sparire davanti alla Tua Santità per la giusta vergogna! Come ho potuto io essere così a lungo e incomprensibilmente cieco e ottuso da non riconoscerTi a prima vista e da trattarTi perfino in modo ribelle!

4. O Signore! La mia grande stupidità mi paralizza ora la sciocca lingua, tanto che sono quasi incapace di proferire parola con Te, o Tu Santissimo. Perciò sia fatta la Tua Volontà al più presto possibile!»

5. Dico Io: «Ebbene, adesso, Mio caro fratello...!»

6. Roberto interferisce e prega: «O Signore! Chiamami “polvere” e “nulla” davanti a Te, ma non “fratello”, poiché come potrebbe un nulla esserTi fratello?»

7. Dico Io: «Io so certamente meglio se e in che modo tu Mi sei anche un vero fratello, perciò non preoccupartene troppo! Io scorgo appunto qualcosa nel tuo cuore che all’improvviso ha preso forma! E così noi due, alla tua prossima prova di libertà, non ci troveremo così lontani l’un dall’altro come tu ti immagini. Infatti, se a qualcuno comincia a sbocciare un tale amore, come ora improvvisamente comincia a formarsi il tuo, la sua via sarà cosparsa di ben pochi sassi d’inciampo.

8. Vedi, Mio caro Roberto, i tuoi peccati sono tutti scomparsi ed Io ti amo in modo indescrivibile perché anche tu ora cominci ad amarMi in tal modo! Come potrei dunque lasciarti? Oh no, non temere!

9. Poiché tu Mi ami così tanto, Io non ti abbandonerò, ma entrerò con te nella tua dimora e lavorerò con te! E così voglio condonarti anche molte cose che tu altrimenti avresti ancora dovuto necessariamente subire, poiché a chi ha molto amore viene anche perdonato molto!

10. Certo, tu passerai attraverso tutto ciò che Io ti ho appena prospettato, però al Mio fianco! DimMi ora, Mio amato fratello, se preferisci questa proposta alla precedente!».

42. Capitolo

Il vero significato di “fratello” e “fratellanza”.

Il Signore chiede solamente di essere amato dai Suoi figli.

Il mondo in cui ci si ritrova nell’Aldilà viene costituito dal proprio stato interiore.

1. «O Signore», dice Roberto dopo un momento, «vorrei solo che Tu non chiamassi “fratello” me, peccatore quale sono davanti Te! Infatti di una tale incredibile grazia io non sono degno per tutta l’eternità!»

2. Dico Io: «Va bene, va bene! Ora vive in te infatti la Mia immagine. Grazie al tuo amore per Me tu sei in Me, come Io sono in te e così noi siamo tutt’uno nell’amore. E vedi, è questa unità che rende fratelli. Anche se siamo perfetti, ognuno per se stesso, ciò non toglie la più stretta fratellanza che è un’autentica unione grazie all’amore. Infatti non c’è che un unico vero amore ed un unico vero bene, e questi sono identici, e perciò unici in tutti gli angeli e negli altri spiriti beati e perfettamente identici al Mio amore e al bene che da esso proviene. E vedi, questa identicità in verità si chiama “fratello”!

3. E così tu sei per Me - in seguito al tuo amore per Me, ora autentico - anche un vero fratello, così come Io a suo tempo sulla Terra chiamavo fratelli tutti coloro che Mi seguivano attivamente e operosamente non per una specie di amichevole cortesia, ma per una pienissima verità. Perciò, per il futuro, non avertene a male se ti chiamo fratello, perché ora sai anche il perché!

4. Ora però dimMi se preferisci questa seconda proposta alla prima»

5. Dice Roberto: «O Signore! Tu buonissimo, santo Padre di tutti gli uomini ed angeli, non c’è proprio più nulla da dire; qualsiasi paragone cade automaticamente da solo. Infatti ciò che Tu decidi è sempre il meglio, perché Tu, Bontà infinita, l’hai stabilito in tal modo. Che però io preferisca evidentemente la seconda proposta alla prima, lo si capisce da sé. Infatti rinunciare a Te, amorevolissimo Padre, anche se soltanto in apparenza, non sarà certamente altrettanto gradito a nessun essere che Ti ami in modo così indescrivibile come Ti amo io, tanto più se ha Te, quale suo Tutto, anche personalmente visibile al proprio fianco!

6. Ma essendo Tu così infinitamente misericordioso, Ti prego dal profondo del cuore anche di mostrarmi con estrema clemenza ciò che io dovrei fare in modo da essere più degno del Tuo amore, per lo meno un tantino di più di quello che non sia stato purtroppo finora!»

7. Dico Io: «Amato fratello! Non hai visto sulla Terra molto spesso un gioco dal nome “tiro a segno”? Tu dici fra te: “O certo, e spesso ho sparato anch’io, e talvolta ho anche vinto un premio!”. Bene, allora dimMi: “Come e per quale merito hai vinto il premio?”. Tutti quelli che sparavano per vincere dovevano pagare la stessa quota, eppure fosti tu a vincere il premio!

8. Tu ora dirai fra te: “Perché, per fortuna, fui io a colpire il centro del bersaglio! Chi dava i premi, a dire il vero, non ricavava in fondo nessun profitto, eppure gioiva con me perché avevo centrato il bersaglio”.

9. Vedi, così avviene pure con Me! Io sono un eterno Donatore di premi a tutte le Mie creature, ed in particolare ai figli da esse sorgenti. Il bersaglio è il Mio Cuore paterno, e i tiratori sono i Miei figli. Le loro armi sono i loro cuori, ed il premio sono di nuovo Io Stesso e la perfetta vita eterna con Me e da Me!

10. Perciò, di cosa si devono rendere benemeriti i figli per ottenere il premio che Io ho destinato loro? Vedi, null’altro se non caricare al massimo i loro cuori e con essi mirare al centro del Mio. E se essi lo colpiscono, hanno già il premio nella tasca della loro vita. E con Me la cosa è ancora più facile perché Io non ho bisogno che nessuno paghi una quota, poiché Io concedo ad ognuno di tirare liberamente e gratuitamente.

11. Però come tu sulla Terra eri un tiratore scelto, anche qui sei riuscito a colpire il centro del Mio Cuore con il tuo, e così ora hai già tutto ciò che Io ti chiedo, ossia il vero amore. Questo soltanto ti rende degno di tutto il Mio Amore in contraccambio, poiché davanti a Me, soltanto l’amore viene riconosciuto come vero merito. Che bisogno c’è di avere altri meriti per ottenere la Mia Grazia? Infatti, se Io sono soddisfatto di te, dimMi, che cosa tu potresti fare d’altro che sia ancora più degno di Me?

12. Però il modo in cui tu renderai partecipe del Mio Amore in te anche gli altri tuoi diversi confratelli, dovrai prima acquisirlo attraverso la tua futura posizione; ma questo non ti procurerà maggior merito. Infatti il maggior perfezionamento del tuo essere ti viene assegnato affinché tu stesso possa divenire ancora più beato, quindi soltanto a tuo vantaggio! Ma non è più il caso di parlare di divenire ancora più degno della Mia Grazia, poiché è impossibile che tu possa fare di più che amarMi sopra ogni cosa, la sola cosa che

Io desidero da te, come da chiunque altro.

13. Non preoccuparti quindi affatto per i maggiori meriti dei quali Io non ho bisogno in eterno, e fa ora attenzione a quello che avverrà davanti ai tuoi occhi!

14. Vedi, noi ci troviamo ancora su questo nostro più che miserrimo piccolo mondo e tu non scorgi ancora nient’altro al di fuori di questo mondo che ci offre un misero punto di appoggio. Tu credevi che questo mondo fosse una piccola cometa all’inizio della sua formazione dalla quale forse, dopo trilioni di anni terrestri, avrebbe potuto formarsi un pianeta che sarebbe sorto per la forza di attrazione del Mio Essere che raduna attorno a Me gli atomi dall’etere infinito. Ma la cosa invece non sta così.

15. Questo piccolo mondo, totalmente nudo e misero, proviene da te e corrisponde esattamente al tuo precedente stato interiore, nel quale e sul quale Io sono certamente quello che c’è di meglio. Come tu vedesti questo mondo, e come in un primo tempo vedesti Me su di esso, così era costituito il tuo intimo, e cioè c’era un fondamento piccolo e debole, e su questo fondamento stavo soltanto

Io come un semplice uomo!

16. Ora però che il tuo cuore Mi ha riconosciuto e si è infiammato di amore per Me, da questo piccolo e misero mondo sorgerà subito un altro mondo più grande, più solido e più ricco.

17. Io mantengo ancora in te il velo interiore, affinché la forte luce del tuo spirito non si possa ancora riversare nell’anima. Però quando Io ora strapperò questo velo in te, come a suo tempo la cortina del Tempio, liberando così il Santissimo, tu vedrai immediatamente un mondo del tutto diverso e ti meraviglierai di ogni cosa! Ed ora fai bene attenzione!».

43. Capitolo

Il nuovo, splendido e meraviglioso mondo di Roberto, che ringrazia il Signore con tutto se stesso. Il modo di creare il proprio mondo nell’Aldilà è innato in ognuno.

1. Roberto guarda ora con la massima attenzione attorno a sé per scorgere da qualche parte un mondo migliore e più grande. Tuttavia nessun mondo appare così rapidamente come egli se lo attende, in seguito alle Mie parole. Sforza i propri occhi e guarda verso l’alto se per caso non voglia scendere dai Cieli, secondo la sua idea, quel mondo promesso, nuovo e migliore. Ma anche da lì non viene nulla.

2. Dopo un momento di vana attesa, Roberto si rivolge di nuovo a Me: «Elevatissimo, eterno Maestro e Creatore dell’infinito, Tu amorevolissimo Padre! Vedi che quasi mi sto cavando gli occhi, eppure non appare ancora un altro mondo diverso. Probabilmente ci sarà ancora qualche inconveniente in me, ma dove questo sia non riesco a scoprirlo, perciò vorrei pregarTi di mostrarmi questo motivo!

3. O Signore, se ciò Ti è gradito, toglimi finalmente questa benda dagli occhi!»

4. Dico Io: «Ebbene fratello, Io ti dico: “Apriti!”. Che dici adesso? Da dove proviene questa regione? Ed è di tuo gradimento?»

5. Roberto, che non riesce quasi a contenersi dalla gioia, guarda intorno a sé da tutte le parti con la massima meraviglia, poiché egli scorge ora, con molta chiarezza, la splendida campagna che

10 circonda, ed anche gruppi di monti bellissimi e ripidissimi che delimitano l’ampio panorama. Nel mezzo dei magnifici prati spiccano anche piccole colline verdeggianti ai cui piedi delle graziose casette si offrono allo sguardo sorpreso di Roberto. Nelle vicinanze si trova un grande edificio intorno al quale si estende un rigoglioso giardino pieno di frutti e fiori. Sopra questo magnifico paesaggio si estende un purissimo cielo azzurro nel quale, a dire il vero, non è ancora visibile il sole, ma in compenso dei gruppi di bellissime stelle delle quali la più piccola brilla più luminosamente che sulla Terra Venere nella sua luce più intensa. Ne consegue anche che questa regione viene illuminata dalla luce di queste numerose migliaia di stelle tanto che è quasi più chiara di quanto non sia la Terra alla luce del sole di mezzogiorno.

6. Roberto non riesce quasi a saziarsi di questo paesaggio incantevole. Dopo aver ben guardato ed essere rimasto sorpreso, egli cade in ginocchio davanti a Me, Mi fissa per un momento ebbro d’amore e dal suo petto prorompono letteralmente le seguenti parole: «O Dio, o Padre! Tu Creatore onnipotente di meraviglie mai immaginate! Come debbo io dunque, puro nulla, cominciare a glorificarTi e dove finire con l’eterna lode? Oh, quanto grande deve essere la Tua Sapienza e Potenza se Tu riesci a realizzare con

11 minimo cenno una creazione simile?

7. Eppure Tu Ti trovi presso di me come un uomo normale! Sì, questo Ti rende ancora più infinitamente grande, amorevole e adorabile, perché esteriormente non sembra che Tu sia più di un comune uomo. Ma nel momento in cui Tu parli e comandi, sgorgano dalla Tua bocca innumerevoli mondi, soli, angeli e miriadi di altri esseri di una meraviglia e magnificenza tale che non si possono neanche immaginare!

8. O Signore, chi potrà mai comprenderTi e chi mai comprenderà il Tuo Amore, la Tua Sapienza e Onnipotenza? O mio Dio, io sono certamente soltanto un poverissimo peccatore e non posso fare altro che amarTi e di nuovo amarTi! Tu magnifico Gesù, chi sulla Terra comprende che proprio Tu, e nessun altro essere, sei il supremo, l’eterno Essere Divino stesso!?

9. E Tu sei qui presso di me, uno che il mondo ha condannato! O Tu, Amore di ogni amore! O Signore, o Padre, o Dio! E Tu chiami me fratello, me, maledetto dal mondo! No, Tu sei troppo grande e il Tuo Amore è troppo terribilmente grande! Oh, crea in me delle forze in modo che io possa amarTi con l’ardore di tutti i soli che lo spazio infinito abbraccia, amarTi per la Tua Bontà e per la Tua Indulgenza!»

10. Dico Io: «Mio carissimo fratello, il Mio Cuore si rallegra assai del fatto tu Mi lodi in tal modo nel tuo cuore perché ti ho tolto la benda dai tuoi occhi, e così puoi nuovamente scorgere una regione che è molto più splendida della regione più bella che esiste sulla Terra e più chiara del più puro mezzogiorno della Terra Promessa!

11. Fai bene a lodare [a modo tuo] il Mio Amore, la Mia Sapienza, la Mia Potenza e la grandiosità delle Mie opere, poiché, in verità, se tu Mi lodassi con la lingua di tutti gli angeli, non saresti tuttavia per l’eternità mai in grado di magnificare come si conviene nemmeno la più piccola parte della Mia divina Grandezza e Perfezione!

12. Che tu Mi ami però con tutte le tue forze, questa è per Me la lode più gradita, poiché soltanto attraverso l’amore Io sono raggiungibile quale Padre per quelle creature che sono i Miei figli, mentre attraverso la sapienza mai in eterno. Infatti la sapienza di tutti i Miei angeli, senza numero e senza fine, paragonata alla Mia eterna Sapienza, è simile a una gocciolina di rugiada in un eterno mare di etere che riempie l’infinito spazio.

13. Ma poiché tu Mi lodi fuori dal tuo amore, anche la tua lode è giusta, per quanto qui non sia necessaria, poiché tutto quello che tu vedi è in verità opera tua. Certo, è anche opera Mia perché tu stesso sei opera Mia; ma particolarmente tutto questo è opera tua, come fu opera tua ciò che facesti sulla Terra.

14. Ora certamente ti chiederai dentro di te: “Signore, come è possibile questo? Se questa fosse opera mia, io stesso dovrei avere in me la consapevolezza di come ho fatto a creare tali meraviglie e grandezze! Invece non ne ho neanche la più pallida idea!”.

15. In questo momento è vero ciò che pensi, ma non ha importanza; infatti hai procreato sulla Terra dei figli ed ognuno di loro è una meraviglia ben più grande di tutto quello che tu vedi qui. Ebbene, sapevi forse che con la semplice e muta procreazione tu avresti operato tali cose meravigliose, per te ancora incomprensibi li, e come e secondo quale piano previsto?

16. Eppure fosti tu, e non Io, a procreare con tua moglie tali miracoli. Certamente, anche in questo caso sono Io di nuovo la Causa Prima e l’unico Pianificatore e Regolatore dell’Ordine ed ho impostato la cosa in modo tale che, attraverso l’atto della procreazione, dovesse risultare un uomo. Ma, nonostante ciò, deve aggiungersi anche l’atto volontario della procreazione da parte dell’uomo se si deve formare un nuovo uomo.

17. Perciò non meravigliarti troppo se Io ti dico: “Vedi, tutto questo è opera tua, e perciò è anche tutto tuo ciò che tu vedi qui!”. E giungerà anche un periodo spirituale in cui tu lo riconoscerai. Ora però passiamo ad altro!».

44. Capitolo

Il primo lavoro di Roberto nell’Aldilà. La sete di vendetta dei compagni di lotta di Roberto, caduti in battaglia a Vienna.

1. Continuo Io: «Tu vedi qui, vicinissimo, un grande e splendido edificio. Ecco, tu ora vi abiterai e Io sarò ogni volta presso di te e ti aiuterò quando Mi chiamerai nel tuo cuore; questo però equivale a dire che Io sono sempre presso di te!

2. Tu non sarai assolutamente solo, anche se Io in certi momenti Mi allontanerò da te visibilmente, perché troverai in questa casa una compagnia ben più grande di quanto vorresti trovare in qualsiasi parte. Questa regione è tutta abitata, ovunque il tuo sguardo giunga; perciò d’ora in poi non avrai neanche più il timore di non avere compagnia.

3. Però Io ti dico che queste compagnie sono per lo più degli estremisti; sarà perciò uno dei tuoi compiti principali portare tutti questi estremisti sulla stessa strada sulla quale Io ora ti ho portato. Se quest’opera ti riuscirà, comincerai a scoprire prodigi completamente diversi da quelli che ora hai trovato al Mio fianco. Infatti solo così entrerai veramente nella tua propria miniera di tesori e prodigi nella quale ti si sveleranno cose che finora non avevi mai sognato.

4. Soprattutto però devi fare in modo di non svelarMi a nessuno di quelli che ben presto ti verranno incontro! Infatti nessuno di loro Mi conosce, essendo la loro fede ancora più scarsa di quanto non lo fosse la tua. Se tu Mi svelassi prima del tempo, saresti loro molto più dannoso che utile, perciò stai attento!

5. Ora però seguiMi nel giardino! Nell’ingresso della casa ci accoglierà una grande compagnia!»

6. Io ora faccio strada e Roberto Mi segue con grandissimo amore, venerazione e umiltà.

7. Quando, dopo aver attraversato il giardino, giungiamo davanti ad un ingresso di splendida forma, si riversano masse di persone di entrambi i sessi che gridano ad alta voce: «Evviva! Evviva il nostro onoratissimo Roberto Blum, il più grande amico del popolo d’Europa! Un evviva a te, tu, il primo e il più grande tedesco del 19° secolo, benvenuto mille volte, tu nostro più grande amico e coraggiosissima guida contro i nemici della libertà degli uomini! Vieni in mezzo ai tuoi fratelli! Quanto tempo siamo stati qui in attesa di te, ma tu non volevi farti avanti, anche se noi ben sappiamo che tu hai preceduto molti di noi. È così forte in noi la brama suprema di vendicare il tuo e il nostro sangue su quegli altezzosi barbari che, per pura sete di dominio, ci hanno fatto fucilare subito, come cani randagi! Però a noi mancava un capo; ma ora sei qui tu, un uomo che ha familiarità con tutte le leggi naturali e spirituali; perciò organizzaci prima secondo le nostre capacità e guidaci là dove noi possiamo esercitare la più rovente vendetta! Questi animali da preda in forma umana, dal grande splendore terreno, dovranno sperimentare i prodigi vendicativi che noi praticheremo su di loro!»

8. Dice Roberto: «Amici, il tempo porta consiglio! Prima di tutto però il mio grazie per il vostro cordiale saluto, e lode a Dio, il Signore, che mi ha permesso di ritrovarvi qui tutti riuniti! In primo luogo vi dico soltanto che, come sulla Terra, anche qui tutto ha il suo tempo! Prima che la mela non sia matura, non cade dall’albero.

Perché dovremmo preoccuparci ulteriormente prima del tempo per vendicarci di quei tiranni sanguinari che sulla Terra si reputano i signori di tutti gli uomini? Lasciamo loro questa misera gioia ancora per alcune settimane o mesi, poi verranno da noi spontaneamente; e una volta che li avremo qui, poi, amici, scambieremo un paio di paroline con loro! Voi comprendete, spero, che cosa io voglia dire con ciò!»

9. Gridano tutti: «Sì, sì, ti comprendiamo! Tu sei sempre stato un uomo profondamente intelligente, e sicuramente lo sei ancora qui in questo mondo nel quale noi ancora non ci comprendiamo bene, e tanto meno sappiamo come ci siamo giunti e dove ci troviamo ora.

10. Certamente questa regione è molto bella, sì tanto bella, come un vero paradiso. Noi però sappiamo soltanto ciò che ci fu detto al nostro arrivo qui da un paio di uomini dall’aspetto amichevole: “Questa casa appartiene a Roberto Blum con tutto ciò che voi vedete qui davanti ai vostri occhi”. “Allora anche le stelle nel firmamento?”, domandammo noi. “Sì, anche le stelle”, risposero i due uomini. Poi ci invitarono a restare qui tranquilli finché saresti venuto qui tu stesso, quale proprietario di questa magnificenza, insieme ad un grande e buon amico. Aggiunsero infine che tu stesso con il tuo amico ci avresti dato le indicazioni su cosa intraprendere in questa regione.

11. Così ci siamo trattenuti finora in casa tua e nelle stanze in tutta tranquillità; ma solo ora, vedendoti arrivare con il tuo amico, siamo corsi da te e ti abbiamo comunicato immediatamente ciò che ci sta particolarmente a cuore.

12. Ora però sii così buono e mostra benevolmente a tutti noi cosa dobbiamo dunque intraprendere! Infatti se ci arrovelliamo la mente inutilmente, anche il tempo e la regione più bella diventano noiosi. In breve, noi speriamo di avere il meglio dalla tua saggia avvedutezza e dal tuo onesto senso fraterno, poiché in futuro nulla dovrebbe andar male ad un Roberto Blum! Evviva! Evviva!»

13. Dice Roberto: «Molto bene! Avrete tutto quello che desiderate. E sono oltremodo felice che voi tutti qui non siate meno ubbidienti di quanto lo eravate sulla Terra, e questo però vi darà qui certamente frutti migliori. Ma ora lasciatemi entrare innanzitutto nella mia casa affinché anch’io possa prenderne visione come proprietario.

14. Soprattutto però debbo farvi presente di non accogliermi più d’ora in poi con un “Evviva”! Sarebbe una pura stupidità in quanto noi qui cominciamo a vivere un’eterna vita indistruttibile, alla quale in eterno non seguirà più la morte. Perché dovremmo poi esclamare un evviva reciproco, mentre noi in ogni caso abbiamo ricevuto il massimo della vita, per Grazia e Bontà di Dio?

15. Il vostro futuro motto sia perciò un altro e cioè: "Lodato, amato e glorificato sia Dio, il Signore in Cristo Gesù”, che noi ritenevamo un puro e semplice uomo, mentre invece è per l’eternità l’unico Dio, e con ciò il Creatore dell’infinito e di tutto ciò che si trova in esso!”. Se voi direte così, prestissimo avrete pienissimo motivo di gioire di una vita perfetta, mentre gli ossequi che mi porgete non vi fanno avanzare di un passo!

16. Rammentatevi bene che il Blum non è un pazzo e che ha i suoi buoni motivi per annunciarvi qui, già fin dall’inizio, cose del genere, cose che sulla Terra egli stesso purtroppo avrebbe messo in dubbio! E Blum fa questo qui, come sulla Terra, quale uno dei vostri migliori e sincerissimo amico. Se voi ponderate bene questo, c’è da sperare che vi sia facile accettare la parola del vostro amico. Amici, quello che io vi dico lo dovreste anche credere dato che voi ben sapete che io non prendo nulla alla leggera, tanto più le cose della fede e della religione!»

17. Gridano tutti: «Sì, sì, quello che tu ci insegni, lo accettiamo tutti quanti in assoluto! Sappiamo infatti che il nostro Roberto non ha mai scambiato una mucca bianca con una nera, neanche nella notte più fonda. Quello che tu ci dici è certamente anche vero, poiché ci hai detto la verità anche sulla Terra, a Vienna, e ci hai suggerito di astenerci dal combattere essendo il nemico troppo forte e la coesione dei difensori di Vienna troppo fiacca. Ma noi non ti credemmo e dicemmo: “Forse che anche Blum è diventato ora un vigliacco?”. E tu con voce coraggiosa esclamasti: “Blum non teme neanche centomila diavoli, figurarsi poi questi insolenti mercenari! Perciò di nuovo alle armi chi ha il coraggio di morire al mio fianco!”. Ed ecco che afferrammo le armi e purtroppo ci accorgemmo troppo tardi che tu avevi detto la verità!

18. Ora però vogliamo crederti sulla parola e mai più contraddirti. Basta però che tu resti sempre la nostra guida e il nostro maestro, poiché tu sei in un dito più sapiente di tutti noi messi assieme! Ma ora però entra indisturbato in casa tua e prendine visione. Dacci presto una qualsiasi occupazione adatta alle nostre forze!».

45. Capitolo

Roberto inizia a convertire la compagnia di amici annunciando loro chi è davvero Gesù Cristo

1. Dice Roberto: «Mi rallegra molto, miei cari amici e valorosi compagni di lotta, il fatto che voi ora accettiate così di buon grado tutto quello che io vi ho consigliato! Ma vi do anche l’assicurazione che io - per quanto sinceramente ci assisterà questo grandissimo amico mio ed anche vostro - vi offrirò ora anche la più ponderata istruzione mediante la quale dovrete giungere infallibilmente alla più vera prosperità della vita eternamente indistruttibile, nella quale vi trovate ora dopo la deposizione dei corpi pesanti.

2. Certamente ci vorranno ancora molte cose e dovrete sostenere ancora più di una prova prima che diveniate completamente maturi per quei grandi scopi che il santo eterno Creatore di tutti gli esseri ha preparato a noi uomini della Terra, che Egli ha eletto quali Suoi figli.

3. Ma abbiate coraggio e perseveranza, ed un vero e perfetto amore per Lui, il nostro eterno Padre santo! Con questo affronteremo con successo e facilmente tutti gli eventi che ci potrebbero portare fuori strada e giungeremo al più presto alla maturità, con la quale potremo avvicinarci a Lui in spirito e verità!

4. O fratelli! Io, vostro fedelissimo amico Roberto, vi dico: “Ciò che io stesso non potevo minimamente presagire sulla Terra, si dischiude qui ora dinanzi ai miei occhi in modo così splendido che nessun linguaggio potrà descrivere ciò che Dio prepara per coloro che Lo amano! Ma tutto ciò che ora voi vedete non è nemmeno una gocciolina di rugiada in confronto al mare. Infatti cose inesprimibili ci attendono!

5. Ascoltate, un saggio sulla Terra disse una volta con grande entusiasmo: “Quale ricchezza, quale inesauribile fonte di innumerevoli cieli è posta nel piccolo cuore di colui che sulla Terra, tra tutti gli animali, cammina eretto, chiamandosi uomo! Se quest’uomo potesse realizzare tutte le sue idee con un divino ‘sia fatto’, come sarebbe allora grandioso essere un uomo! Eppure tutta questa ricchezza di idee e di fantasie di un uomo è a malapena un pallidissimo barlume di quell’infinita pienezza, profondità e chiarezza che il riconoscimento di ogni uomo profondamente ragionevole deve presupporre in Dio!”.

6. Se però un tale saggio si è fatto una così alta idea dell’uomo ed una ancora superiore della Divinità, quanto più noi ora abbiamo il diritto di dedicarci completamente a queste grandi idee, trovandoci noi, per grazia del grande Dio, al di sopra della polvere della decomposizione e definendoci cristiani che sono chiamati ad entrare nel grande Regno di Dio!

7. Purtroppo noi siamo cristiani solo di nome: molti di noi si sono perfino vergognati di chiamarsi tali; e la colpa maggiore di questo ce l’ha in effetti Roma e la nostra stessa stupidità. Ma d’ora in poi non dovrà mai più essere così. Il massimo onore del nostro cuore sarà ora di appartenere completamente a Cristo!

8. Io vi dico: “Cristo è Tutto nel tutto! Egli è l’eterno Alfa e Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine! Egli solo è la Vita, la Verità e la Via di tutti gli esseri, uomini, spiriti ed angeli! Nelle Sue Mani riposano tutti i cieli, tutti i mondi e tutto ciò che vive in essi e su di essi. Mediante Lui e la Sua eterna Parola possiamo diventare Figli del Suo Cuore paterno ed essere in Lui Tutto nel tutto. Senza di Lui non c’è in eterno nessuna esistenza, nessuna vita, nessuna beatitudine! Mi credete, miei cari amici?»

9. Gridano tutti: «Sì, sì, ti crediamo! Anche se non comprendiamo ancora completamente tutto quanto ci hai ora esposto, tuttavia lo crediamo incrollabilmente. Infatti noi sappiamo che non ci esponi qualcosa se tu stesso non la comprendi prima profondamente. Onore sia a Dio nell’alto dei Cieli, che ti ha dotato di così tanta intelligenza e comprensione!

10. Ciò che ora hai detto così bene di Cristo, ci ha particolarmente rallegrati tutti. Sai, in segreto Lo tenevamo sempre in gran conto. Ovviamente, poiché i preti romani troppo spesso non Gli permettevano di fare altro che condannare direttamente all’Inferno tutti gli uomini che non facevano come dicevano loro, allora si doveva cominciare addirittura a vergognarsi di questo nome altrimenti assai sublime! Infatti un Dio di una specie così irascibile e testarda, come certi monaci hanno reso il buon Cristo Gesù, nessun uomo con un po’ di buon senso poteva accettarlo. Secondo loro, per guadagnarsi il Cielo, Cristo chiederebbe rosari, litanie, preghiere rivolte ai santi, esercizi, venerazione delle reliquie, confessioni senza limite e scopo, messe a pagamento e altre simili sciocchezze. Fratello, nel 19° secolo questo non lo si poteva certamente più accettare, specialmente quando troppo spesso, da poveri lavoratori, si vedeva come questi servitori di Dio davanti all’altare, dove recitavano le loro messe in modo meccanico, riuscivano a malapena a girarsi per il troppo grasso.

11. Ma il Cristo, del quale tu ora ci hai parlato, Lo accettiamo con la massima premura e siamo molto felici di Lui! Egli può anche ben essere Dio Stesso! Infatti, secondo la nostra intelligenza, Egli è buono, sapiente e per di più abbastanza potente per poterLo essere. Il vero Cristo deve essere stato di certo completamente diverso da come i preti di Roma, per danaro, Lo annunciavano ai poveri peccatori!

12. Cosa pensi tu fratello, e possibilmente anche il tuo amico dall’aspetto amorevole e che finora non ha ancora detto una parola, avremo forse anche noi una buona volta la grazia di poter vedere questo Cristo autentico anche solamente da lontano?

Infatti noi non potremmo mai pretendere che un Cristo, come tu ce l’hai annunciato, possa farsi vedere frequentemente a degli uomini come noi, che siamo come cani randagi. Se ciò fosse possibile, rinunceremmo ad ogni altra beatitudine!»

13. Dice Roberto: «Cari amici, io vi assicuro che il vero Cristo, quantunque sia il massimo e santissimo Essere Divino, è ancora sempre Lo Stesso di quando era uomo sulla Terra! Egli guardò solo ciò che sulla Terra era infimo e disprezzato, e coloro che sono perseguitati dal mondo sono i Suoi amici e fratelli! Ma tutto ciò che il mondo chiama grande e splendido e lo preferisce, è un abominio davanti a Lui!

14. Perciò rallegratevi, miei cari fratelli, voi vedrete e amerete il vero Cristo non soltanto una volta, ma per sempre, senza misura né fine! Dunque credetemi sulla parola: Cristo vi è ora già più vicino di quanto voi possiate crederlo! Se mi fosse permesso, potrei indirizzare le vostre teste là dove Egli si trova, e voi Lo vedreste senz’altro. Ma per la vostra salvezza non lo posso ancora fare. Perciò pazientate ancora un po’, finché diverrete un po’ più maturi, e allora accadrà anche questo. Siete ora soddisfatti?»

15. Gridano tutti: «Sì, sì, siamo tutti completamente soddisfatti! Noi sappiamo fin troppo bene che non siamo di gran lunga degni del Suo Sguardo, ma vogliamo fare di tutto per diventare abbastanza degni di Lui!

16. Tu lo sai che bei mascalzoni eravamo a Vienna! E così è impossibile pretendere qualcosa fra breve. Se i preti romani nelle loro prediche sull’Inferno avessero scodellato anche solo una centesima parte della verità agli orecchi degli ascoltatori, sta sicuro che noi saremmo proprio maturi per il centro dell’Inferno. Se però la grazia di Dio, il Cristo, è invece più grande di quanto annunciarono i predicatori, allora noi possiamo ancora sperare! Ma ci vuole ancora molto tempo e pazienza per questo, e così siamo comunque molto soddisfatti e ringraziamo te e il tuo amico per questa promessa!».

46. Capitolo

Sul tradimento dei tre compagni di lotta nella battaglia viennese.

Roberto chiede alla compagnia di perdonare invece di giudicare.

1. Dice Roberto: «Sapevo che con voi sarebbe stato facile trattare. Rimanete sempre così come siete adesso ed abbiate un cuore tenero e docile, allora vi sarà facile raggiungere la meta postavi da Dio!

2. Adesso però c’è ancora una cosa, cari amici; ditemi: dove sono i tre compagni di lotta Messenhauser, Jellinek e il dr. Becher? Vi ho già passato in rassegna alcune volte uomo per uomo, ma purtroppo non vedo nessuno dei tre! Sono forse stati da voi abbandonati in qualche parte di questo mondo? Ditemi qualcosa, se lo sapete! Dopo voglio entrare subito in questa casa con il mio più caro amico»

3. Dicono alcuni del gruppo: «O amico, come mai domandi di questi tre mascalzoni incalliti? Essi non sono tra noi. Tanto meno avremmo consigliato loro di farsi vedere in mezzo a noi! A costoro descriveremmo che aria tira qui nel mondo degli spiriti!

4. Credi forse che essi abbiano avuto con noi intenzioni così oneste come le tue? Vedi, questi tre, che non raramente si sono comportati come se potessero dominare tutta la Terra col dito mignolo, lo fecero solamente a causa del guadagno terreno. Se avessero potuto svignarsela, in Svizzera o in qualsiasi altra parte, con le loro borse piene zeppe, completamente inosservati, così che a Vienna tutti i cani e i porci avrebbero potuto divorarci, essi sicuramente si sarebbero fatti pochi scrupoli! Ma il loro bel piano non gli è riuscito, e così alla fine fu vero il detto: “Se si è rubato insieme, si finisce impiccati insieme!”.

5. Degli ultimi due non vogliamo asserirlo proprio con certezza, ma Messenhauser sapeva invece come fare molto chiasso per nulla e riempire in tal modo le sue tasche! Non ci ha forse nascosto le munizioni e non ha forse comandato ai più coraggiosi difensori di Vienna di recarsi proprio là dove non c’era quasi nessun nemico? Ma invece proprio nel luogo da dove venivano molti nemici, egli lasciò loro la porta aperta! Oh sì, che bel furfante è stato! Probabilmente egli pensò segretamente: “Questi stupidi viennesi mi ritengono il loro salvatore e perciò ci rimettono le penne! Ora però consegno tutti nelle mani di Windischgratz e così costui mi darà una bella sommet-ta per la denuncia!”. Ma invece il signor Messenhauser si è sbagliato in pieno! Infatti il feldmaresciallo non ci stava agli scherzi: non fece molte storie con Messenhauser e lo spedì in questo mondo con uno speciale e velocissimo “servizio postale”. Ora è certamente qui da qualche parte, ma dove? Questo lo sapranno meglio di noi gli angeli di Dio! Ma grazie a Dio, egli non è tra noi.

6. E così nemmeno Jellinek e il dr. Becher sono tra noi, e di questo ne siamo ben lieti! Di loro non sappiamo nulla di preciso, all’infuori che sapevano manovrare la penna per scrivere in modo ancora più maligno di quanto il feldmaresciallo facesse con i suoi cannoni. Ed entrambi erano pure degli artisti nel parlare, ed è proprio con questa loro arte che alla fine portarono molti a dover fare un viaggio di esplorazione, insieme a loro, in questo mondo degli spiriti. Alcuni, che dovettero intraprendere questo viaggio per il fervore di Jellinek e Becher, sono certamente qui tra noi, ma essi sanno tanto poco di loro quanto ne sappiamo noi.

7. Ma ora la cosa ci interessa ben poco, poiché continuiamo effettivamente a vivere dopo la morte. Ma se noi dovessimo incontrare da qualche parte il miserabile trio, allora di certo faremmo loro una bella lavata di capo in autentico viennese! Per il momento siamo certamente felici di aver superato per tutte le eternità la puttana vita terrena, una vita che nessuna persona onesta dovrebbe rimpiangere. Ma sai, a volte ci prude lo stesso quando pensiamo alla mancanza di scrupoli di quei mascalzoni che hanno tradito così vergognosamente la nostra buona fede!

8. Ma adesso tutto è per noi indifferente. Dio darà ben loro ciò che si sono meritati. Come erano costoro sulla Terra, tu lo saprai comunque meglio di noi, perché hai avuto spesso occasione di parlare, specialmente con Messenhauser, molto più di noi poveri diavoli. E così ora ti abbiamo detto tutto quello che sappiamo»

9. Dice Roberto: «Miei cari amici, certo mi dispiace che quei tre non si trovino tra di voi. Ma io vi dico: “Astenetevi da ogni giudizio qui, nel regno dell’eterna pace e dell’amore, e questo valga per chiunque! Infatti, mai abbiamo potuto dare qualcosa che noi stessi non avessimo prima ricevuto. E così non possiamo giudicare i rapinatori come se ci avessero derubati di tutto il nostro patrimonio, ma solo come se avessero preso in prestito ciò che noi stessi abbiamo ricevuto solo come prestito temporaneo. Il grande Proprietario, che è l’unico vero Giudice su tutto ciò che appartiene soltanto a Lui, pronuncerà il giustissimo giudizio.

10. Ma noi invece, d’ora in poi, vogliamo agire così come Cristo, il Signore, l’ha insegnato! Vale a dire, vogliamo fare del bene ai nostri nemici e vogliamo benedire coloro che ci maledicono, mentre a coloro che ci odiano vogliamo andare incontro con amore; solo così ci presenteremo davanti a Dio, il Signore, quali figli a Lui ben graditi, e la Sua Grazia sarà eternamente con noi!

11. Noi infatti spesso preghiamo: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori!”. Se facciamo questo, anche il Signore ci perdonerà tutto, qualunque sia la frequenza e il modo in cui abbiamo peccato. Quando avremo perdonato tutto a tutti, allora anche a noi tutto verrà perdonato. Siete soddisfatti della mia proposta?!»

12. Gridano tutti: «Sì, sì, siamo del tutto d’accordo con te!»

13. Dice Roberto: «Ebbene, allora entriamo in casa!».

47. Capitolo

La prima casa di Roberto nell’Aldilà.

Corrispondenza spirituale dei piani della casa e dei colori.

Anche nel mondo degli spiriti ci sono "lupi vestiti da agnello”.

1. Poi Roberto si reca in casa con Me; la casa ha tre piani alti oltre al maestoso pianterreno. Ogni piano ha un colore diverso e precisamente: il pianterreno è di un verde vegetale chiaro, con svariati ornamenti in bianco e in rosso. Il primo piano è completamente bianco e ornato con un blu e giallo luminoso. Il secondo piano è celeste con ornamenti in violetto e in rosa. E il terzo piano è rosso come l’aurora e non ha nessun ornamento.

2. Roberto viene colpito dalle diverse colorazioni dell’intera casa e Mi chiede di nascosto: «O Signore, queste tinte e ornamenti devono essere così, oppure è solo una questione di gusto dei costruttori locali? Infatti sulla Terra, per esempio in molte località europee, uno stile del genere, che ha qui un aspetto splendido, lo si riterrebbe simile allo stile cinese oppure perfino ad uno stile pazzo! Perciò vorrei chiederTi un chiarimento in merito, e se è Tua Volontà, potresti cortesemente dirmi alcune paroline dalla Tua santissima bocca»

3. Dico Io: «Innanzitutto, carissimo fratello, se parli con Me in presenza dei tuoi molti ospiti, devi farlo solamente nel tuo cuore, affinché tu non Mi tradisca davanti a loro prima del tempo! Infatti se costoro dovessero riconoscerMi subito come te, allora dovrei allontanarMi perché essi hanno ancora troppa poca stabilità per poter sopportare pienamente la Mia presenza. Ma se vuoi parlare con Me in modo percettibile per portarli ad un grado superiore di conoscenza, allora chiamaMi soltanto amico e fratello, ma non Signore! Allora in breve tempo farai grandissimi progressi con i tuoi amici, ciò che è appunto il Mio più ardente desiderio!

4. Ma per quanto riguarda la tua domanda, tu sei senz’altro esperto del linguaggio dei colori e dei fiori e sai esattamente che cosa significano le diverse tinte di questa casa. Vedi, la tua domanda è inutile, specialmente qui in presenza di queste numerose persone, che ancora per molto tempo non devono sapere chi sono Io.

5. Perciò in futuro fa molta attenzione, specialmente quando si tratta di parlare di Me, altrimenti anche con la migliore buona volontà, potresti causare loro più danno che beneficio! Infatti non devi basarti sulle affermazioni di questi amici e credere che, se tutto va bene per loro, essi sarebbero molto vicini alla perfezione.

Io ti dico che spesso è vero proprio il contrario di ciò che credi!

6. Vedi, Io so di uomini, sia qui che sulla Terra, che Mi conoscono molto meglio di quanto Mi conosca tu ora, e ti dico che Io sono per loro indifferente come un vestito logoro! Il loro amore per Me è così “forte” che una ragazza con soltanto poche attrattive sensuali li potrebbe consumare fino all’ultima goccia! E poi Io ho un bel da fare con tali seguaci per non finire del tutto nel dimenticatoio!

7. Vedi, proprio questo potrebbe essere il caso anche con questi tuoi amici. Essi sono uomini completamente dediti ai piaceri e protagonisti spettacolari. Se noi presentassimo loro continuamente dei prodigi, ospitandoli per bene e presentando a loro anche una serie di vergini formose con le quali si potessero divertire liberamente secondo la loro spiccata sensualità, ecco che rimarrebbero anche per sempre i nostri migliori amici e noi diverremmo perfino indispensabili per loro. Ma se per necessità cominciassimo a parlare un po’ più seriamente, ti meraviglieresti molto di come ci volterebbero le spalle uno dopo l’altro. Con loro avremo ancora il nostro bel da fare, ma guidandoli in maniera davvero saggia potremo tuttavia conquistarli alla nostra causa! Sì, Io ti dico in segreto: “Alcuni dovranno perfino assaggiare il primo grado dell’Inferno per liberarsi dal loro fin troppo eccessivo desiderio di femmine! Noi prima tenteremo certamente di fare tutto il possibile, tuttavia sempre conciliabile con il loro libero arbitrio. Ma se tutto questo non dovesse approdare a nulla, si dovrà sicuramente ricorrere a mezzi più estremi! Sii perciò assai prudente e non svelarMi nemmeno con una espressione del tuo viso! Cerca soprattutto di far loro presente la loro sensualità e le relative conseguenze, così riusciremo a cavarcela abbastanza facilmente con loro. Anch’Io cercherò di convincerli, però, come detto, non debbono sapere ancora per molto tempo chi sono Io.

8. Ora però ascolta brevemente cosa significano i piani dai colori diversi della tua casa. Il pianterreno di colore verde vegetale rappresenta lo stato spirituale secondo natura, la cui tendenza principale di vita si esprime nella speranza, speranza che è rivestita di fede e amore. Il primo piano rappresenta la pura e vera fede, che è rivestita di dolce calma e costanza. Il secondo piano rappresenta l’attività dell’amore che sgorga dalla pura fede: corrispondente al colore del cielo della Terra, attraverso il quale viene altrettanto annunciata, ben riconoscibile, la costante attività d’amore della luce a tutti coloro che hanno un cuore comprensivo. Questo piano è perciò anche ornato dalla profonda sapienza celeste (violetto) e dal purissimo amore per il prossimo (rosa). Il terzo piano infine indica, con la sua verginea sublime aurora, il supremo cielo del l’innocenza e il più puro cielo d’amore, in realtà il vero e proprio Cielo perfettamente vero nel quale Io abitualmente dimoro con coloro che Mi amano sopra ogni cosa. Perciò questo Cielo è anche privo di qualsiasi ornamento, perché esso, nell’essenza del suo colore, raccoglie in sé già tutte le perfezioni immaginabili ed ha come ornamento unicamente Me.

9. Ora in breve hai il giusto significato della particolare composizione dei colori della tua casa. Ma non chiedere altro, poiché nella misura in cui tu salirai nella tua stessa casa di piano in piano, ti diverrà comunque chiaro tutto ciò che tu ora non potresti ancora comprendere.

10. Ora però entreremo al pianterreno, dove ci prepareremo per il primo piano. E così andiamo avanti e facciamo poi entrare tutti gli altri dopo di noi, se lo vogliono. Quelli però che non vogliono, facciano pure quello che preferiscono! Hai capito tutto bene?»

11. Dice Roberto: «Sì, fratello, e lo osserverò anche fedelmente! Ma è comunque strano che tra questi uomini di buon cuore ci siano degli esseri così testardi e sconsiderati; in verità, questo è per me un enigma tra gli enigmi!»

12. Dico Io: «Sì, Mio amato fratello, tu avrai ancora molto da meravigliarti quando avrai a che fare con i molteplici caratteri del mondo degli spiriti! Potrai trovare i più belli, esternamente rivestiti di bianca lana candida come la neve, mentre interiormente saranno null’altro che rapaci lupi, leoni, iene, orsi e tigri!

13. Ma guarda un po’, ora siamo già nella tua casa, e precisamente nelle prime stanze d’ingresso del pianterreno. Ti piacciono?».

48. Capitolo

Roberto si infuria quando vede i suoi amici di lotta viennesi accoppiarsi con formose prostitute

1. Dice Roberto: «O amico e fratello, meravigliosamente splendido! Guardando questa casa dall’esterno non si direbbe davvero che all’interno racchiuda delle stanze così splendide e spaziose. E come è bella la vista dalle alte finestre! Oh, che magnifico aspetto hanno il giardino e le catene montuose in lontananza! E quanto graziose sono le molte belle casette sulle collinette circostanti! Oh, questo è ben più che celestiale!

2. Ma guarda un po’ fuori dalla prima finestra! Ma che razza di veri e propri mascalzoni sono quelli? No, una tale gentaglia non mi è ancora mai capitato di vederla! Guarda, guarda! Oh la più sfacciata spudoratezza! Guarda, quei miserabili individui stanno trascinando un gruppo di allegre prostitute! Oh, ma questo è troppo! Li dobbiamo buttar fuori dal giardino»

3. Dico Io: «Guarda, quelli sono già alcuni “frutti viennesi”! Sono gli stessi che là fuori ti hanno approvato su tutto. Ma essendo noi ora entrati in casa, hanno preferito rimanere fuori per intrattenersi alla loro maniera prediletta. Guardati ora un po’ intorno e conta quelli che ci hanno seguito in casa, e non ne troverai nemmeno uno! Infatti le numerose meretrici contano per loro più di noi e di tutti i tuoi insegnamenti, e continueranno a contare ancora di più per tanto tempo!

4. Ma se tu ora andassi fuori e tenessi loro una predica, essi faranno finta di essere tutt’orecchi. Io ti dico che a stento troverai una razza di peccatori che sia più difficile da convertire dei caproni lussuriosi, e questo perché essi, esteriormente, accettano tutto docilmente a condizione però che non si sentano compromessi nelle loro intime voglie sessuali. Ma se tu cerchi seriamente di proibire loro tali voglie, allora ti meraviglierai di quali ostilità e rozzezze sono capaci. Ora però lasciamoli sfogare e soddisfare le loro voglie. Poi usciremo di nuovo e domanderemo loro perché non ci hanno seguito in casa. Non riuscirai a meravigliarti abbastanza sul genere di scuse che tireranno fuori!

5. Ma prima permetterò che alcune meretrici molto formose vadano da loro e solo allora vedrai delle vere oscenità. Dunque, fa attenzione!»

6. In quel momento attraversano il giardino dodici belle prostitute per unirsi alla compagnia. Subito echeggia un grido di giubilo alla militare, e chiunque porta anche solo il nome di uomo si precipita come una tigre sulle prostitute.

7. Roberto quasi scoppia dalla rabbia nel vedere tale spudoratezza e vuole correre fuori lanciando tuoni e fulmini. Ma Io saggiamente lo trattengo e lui ogni tanto getta uno sguardo fuori dalla finestra pieno di giustificata rabbia.

8. Dopo un po’, quando Roberto è al colmo della rabbia per i vari scandali libidinosi dei suoi amici viennesi, si rivolge a Me, dicendoMi: «Oh Signore, ora mi sarei veramente arrabbiato più che abbastanza. Ma, nonostante tutta la Tua santità, ciò che è vero è vero: questi autentici mascalzoni non miglioreranno neanche di un po’ per quanto io mi arrabbi. E così io ora mi accorgo che da parte mia è stata una stupidaggine bella e buona di essermi arrabbiato per questo!

9. Certo, Tu potresti cambiare subito questa cosa, se lo volessi e se la Tua Sapienza lo ritenesse buono e giusto. Ma Tu, che sei la massima Pazienza, Amore e Mansuetudine, assisti a questo lurido spettacolo con una calma tale come se tutto questo non potesse in eterno portarti mai ad una collera anche solo apparente. Oh, allora anch’io non m’infurierò più in futuro, neanche se questi mascalzoni dovessero comportarsi mille volte ancora peggio di adesso!

10. Soltanto non capisco come una tale porcheria possa diventare una passione per un uomo colto. Anch’io ero un uomo dal sangue caldissimo e certamente ogni tanto soddisfacevo i piaceri della carne. Ma questo atto, nel mio caso, non è mai arrivato a tal punto da diventare una passione, poiché me ne sono sempre vergognato e spesso mi dicevo: “Roberto! Ma che cosa sei ora? Tu devi essere in tutto un uomo retto, mentre invece ora sei un animale! Vergognati Roberto, tu sei scemo come un asino! Tu non sei un uomo, ma sei invece un servo delle donne! Ma come fai a divenire così debole? Vergognati mille volte! In questo modo non sei un uomo. Solo un animale, il quale non può agire consapevolmente, si limita a godere liberamente come un maiale privo di qualsiasi pensiero!”.

11. Ebbene, tali lezioni, e spesso anche più dure, ho dato a me stesso quando io, di tanto in tanto, diventavo debole, in particolare nelle occasioni delle feste, quando talvolta davo troppo fondo al bicchiere. Però, nel mio caso, non sono mai arrivato alla passione!

12. Questi uomini volgari, invece, praticano queste cose con appassionata avidità! Ciò che mi stupisce di più è che siano proprio i vecchi cretini ed asini a spassarsela con più avidità degli altri, proprio qui! Ma guarda un po’ fuori, là sotto un albero di fico, tre tipi piuttosto anziani si sono presi una prostituta e che schiamazzi fanno con lei! Qui c’è davvero motivo per fare una sfuriata! Ma questa porcheria non avrà dunque mai nessuna fine?»

13. Dico Io: «Abbi ancora un po’ di pazienza! Voglio far sopraggiungere ora altre prostitute, e queste dovranno essere ancora più prosperose delle precedenti, ma però meno condiscendenti e costumate. Vedremo che cosa faranno i tuoi amici con queste»

14. Dice Roberto: «O Signore, io penso che per saperlo in anticipo non c’è proprio bisogno di essere onniscienti! Infatti questi tipi se la spasseranno mille volte ancor di più! Non voglio neanche guardare fuori quando comincerà questa stupida caccia! Ma dimmi un po’, Tu, unico Signore di tutti i cieli e mondi, che cosa ne verrà fuori poi alla fine? Questi mascalzoni non saranno sazi una buona volta? Si trasformeranno in animali veri e propri, invece di diventare spiriti?»

15. Dico Io: «Sta pure tranquillo, presto otterrai una vera luce su questo. Ora devi essere uno spettatore completamente tranquillo come lo sono Io! Solo quando ti aprirò di più gli occhi, imparerai del tutto a comprendere come si deve procedere qui per, possibilmente, tramutare tali porci in uomini. Ma ciò che non è possibile all’amore, nel presente caso, viene rimesso all’Inferno, e cioè alla propria giustizia insita in ogni anima. Ma ora stai tranquillo! Infatti, vedi, già arrivano le prostitute!»

16. Roberto guarda fuori dalla finestra e vede le nuove prostitute che arrivano, e dopo un attimo dice: «Per la mia povera vita! In verità, queste prostitute, una buona ventina di numero, secondo un criterio puramente terreno non sono per niente male! Perbacco, guarda un po’: le prime tre sono infatti vestite come le prime ballerine di Parigi! Queste sicuramente si esibiranno in una delle loro migliori danze per questi uomini-animali viennesi; forse per renderli ancora più vogliosi?

17. Secondo la mia opinione umana sarebbe veramente meglio se al posto di queste avvenenti danzatrici fossero sfilate due dozzine di orsi. Forse questi robustissimi danzatori delle Alpi e delle foreste, che non intendono scherzi, avrebbero prodotto un effetto più salutare sui miei amici animaleschi che non queste dame danzatrici dai piedi tondi e dai seni floridi!

18. Ma mi meraviglia che questi spiriti viennesi, alla vista di queste bellezze, si frenino talmente da non assalire subito al loro apparire queste nuove artiste di danza del mondo spirituale, come fecero con le precedenti, pari a cani furiosi! Probabilmente queste stelle di bellezza li intimoriscono troppo e non osano abbordarle».

49. Capitolo

Una schiera di famose e ricche ex danzatrici terrene, che nel mondo degli spiriti si ritrovano nella totale miseria, supplicano un po’ di cibo e alloggio

1. Non appena Roberto ha finito di parlare, queste due dozzine di bellezze femminili entrano, una dopo l’altra, nella stanza e fanno davanti a noi una riverenza da maestri di ballo. Esse ci domandano se in questo sontuoso palazzo non ci sia anche un teatro nel quale potersi esibire in alcuni numeri di alta coreografia.

2. Dice Roberto: «Ecco, vicino a me sta il Padrone vero e proprio, chiedetelo a Lui! Io abito in questa casa solo da alcuni momenti e non conosco altra stanza oltre a questa. Mi sembra oltremodo strano il fatto che voi qui, nel mondo degli spiriti, dove - per diventare uno spirito perfetto - si dovrebbe cercare solamente Dio, il Signore, esercitandosi nell’amore per Lui, vi possiate ancora occupare di tali arti scandalose di natura materiale e terrena! Ma se al Padrone di questa casa ciò è gradito e utile, allora fate quello che volete! Qui vicino a me però, come vi ho già indicato, si trova proprio il Padrone Stesso!»

3. Dicono le prime tre: «Ma com’è questa storia? Là fuori uno ci ha detto che saresti tu il proprietario di questo palazzo! Ed ora tu dici che è questo tuo amico!»

4. Dice Roberto: «Sì, e ancora mille volte sì, Costui è il Proprietario vero e proprio di questa casa! E chi vi ha detto che lo sarei io, costui era un uomo stupido e cieco! Chiedetelo dunque a Lui oppure vedete di uscire al più presto e di andare nel tempio!»

5. Dopo questo le tre si rivolgono a Me e Mi chiedono se sia Io dunque il Padrone di questo palazzo.

6. Dico Io: «Nel mondo degli spiriti ognuno è padrone, cioè è un proprietario di ciò che è suo. E così, essendo costui Mio amico e fratello, Io lo possiedo in quanto lui è ciò che è Mio. Perciò Io sono anche il suo Signore ed anche il Signore di ciò che è suo; e così a sua volta egli può anche dire la stessa cosa di Me.

7. Ma che Io conosca meglio di lui questa casa, ossia com’è costituita, ciò ha i suoi buoni motivi; infatti Io Mi trovo qui nel mondo degli spiriti già da molti più anni di questo amico.

8. Con certezza vi posso perciò dire che in tutta questa casa non si trova assolutamente un teatro e tanto meno una qualsiasi sala da ballo. Solo nell’estremo lato nord di questa casa, c’è una specie di sala conferenze con una botola attraverso la quale possono venir precipitati nell’Inferno, dove giungono ben intatti, quegli spiriti impuri che non vogliono assolutamente accettare l’Ordine di Dio! Se volete esibire lì i vostri numeri coreografici per gli ospiti che stanno là fuori, in tal caso vi può essere messa a disposizione questa sala conferenze o meglio sala delle dispute! Però dovete fare molta attenzione a non cadere in tale botola durante la vostra coreografia, poiché se ci cascate, difficilmente potreste ritrovare la via di ritorno! Lo avete ben compreso?»

9. Dicono le prime tre corifee: «Ascolta, caro amico, questo è qualcosa di spiacevole! Un locale del genere non possiamo assolutamente utilizzarlo! Ma non puoi permetterci di esibire la nostra eccelsa arte là fuori in giardino?»

10. Dico Io: «Si, là fuori potete ballare e saltare come volete, per il momento non abbiamo nulla in contrario. Quindi uscite di nuovo fuori e fate quello che volete! Qui in casa non è affatto possibile farlo!»

11. Dice una delle tre: «Caro amico, quando eravamo ancora sulla Terra, stavamo molto bene, poiché eravamo gli idoli delle grandi città. Tutti coloro che avevano occasione di ammirarci erano estasiati. Abbiamo guadagnato, oltre ai favori delle massime teste coronate, anche molto denaro ed altri tesori. Ma poi, improvvisamente, arrivò una fatale malattia che colpì il nostro corpo; ci consumammo e morimmo!

12. Ora siamo già da trent’anni qui in questo misero mondo degli spiriti e stiamo terribilmente male! In nessuna parte c’è guadagno per noi. Ovunque bussiamo, veniamo trattate come qui. E la fame fa terribilmente male! Non vogliamo guadagnarci il pane in modo troppo volgare, perché noi siamo troppo per bene. In particolare non vorremmo avere a che fare con una miserabile plebaglia come quella là fuori, perché sulla Terra non raramente abbiamo negato ciò che i prìncipi spesso cercavano da noi. E del resto qui nessun uomo o spirito ci dà anche solo una goccia d’acqua. Da ciò puoi capire che noi qui siamo molto misere e terribilmente povere!

13. Non vorresti tu dunque, in cambio di un qualsiasi servizio, darci alloggio in questa casa e solo quel po’ di pane da poter una volta placare la fame più struggente? Oh, io ti rivolgo questa ardente supplica a nome di tutte!»

14. Dico Io: «Ebbene, Mie care danzatrici, qui la cosa non dipende da Me, poiché il proprietario vero e proprio di questa casa, come anche di tutta questa estesa zona circostante, è comunque questo Mio amico e fratello. Se lui vi vuole dare ciò che chiedete,

Io non avrò nulla in contrario, anzi sarà una grande gioia per Me.

Io però non cercherò di persuaderlo, perciò rivolgetevi a lui!»

15. L’interlocutrice vuole ora rivolgersi a Roberto in questa faccenda.

16. Roberto però la precede e dice: «Mia cara danzatrice, e voi tutte che siete in due dozzine dello stesso mestiere! Di voi sapevo finora solamente che i vostri piedi sono molto più elastici di quelli di altre persone. Ma che aveste dei nasi finissimi come la volpe, questo finora non lo sapevo! Se io avessi a che fare con voi da solo, vi metterei subito fuori dalla porta. Ma poiché a questo mio Amico fa piacere se io esaudisco la vostra supplica; allora voglio anche accogliervi nel Nome di Dio! E perciò rimanete pure! Là, in un angolo di questa sala si trova un tavolino con un po’ di pane e vino. Andate là e rifocillatevi! Poi ritornate qui e vi assegneremo pur bene un’occupazione che dovrete assolvere con diligenza. Ora andate dove vi ho indicato!». Quindi le danzatrici eseguono subito questo comando.

50. Capitolo

Un inaudito tentativo divino, adottato nell’Aldilà, per togliere ai lussuriosi la voglia dei piaceri carnali

1. Le ventiquattro belle danzatrici però rimangono in casa troppo a lungo per i lussuriosi amici viennesi. Perciò si presentano davanti alla porta di casa di Roberto e gridano: «Allora, per quanto tempo vogliono soffermarsi con voi quelle piedileste? Noi crediamo perfino che tu voglia tenertele per te e per il tuo amico! Non l’hai pensata male a tenerti le migliori per te e a rifilare noi, tuoi amici qui fuori, gli spaventapasseri più magri e più brutti! Ti ringraziamo devotissimamente per un tal genere di amicizia! Ascolta, vogliamo essere equi perché tu sei Blum: una dozzina puoi tenertela per te, ma l’altra dozzina di queste belle inglesine o francesine devi consegnarcele immediatamente, altrimenti cominciamo a fare una scenata dopo l’altra! E se poi questo non dovesse bastarti, allora noi per esaudire i nostri desideri ridurremo qui tutto quanto in pezzetti!»

2. Dice Roberto: «Ohe! Io vi dico che quanto è vero che esiste un eterno Dio e quanto è vero che io finora porto ancora il nome terreno di Roberto Blum, altrettanto è vero che per il vostro abominevole divertimento nessuna di queste danzatrici uscirà da questa roccaforte nella quale dimora Dio, il Veritiero, che dà ad ognuno ciò che si è meritato!

3. Io le ho accolte nella mia casa come esseri affamati e miseri, e sono ora mie ospiti, e come tali godono anche di tutto il rispetto che la mia casa ha il diritto di pretendere da ogni spirito di onesti intenti! Se voi siete seriamente intenzionati a profanare qui questo sacro diritto di ogni casa, provateci! Staremo poi a vedere che finirà a mal partito!

4. Dopo tutto quello che ho visto di voi attraverso la finestra, io sono del parere che voi lì fuori nel giardino abbiate comunque dato pieno sfogo ai vostri sensi! In verità, non conosco nessun animale sulla Terra che abbia da qualche parte manifestato un simile vergognoso istinto sessuale come quello che voi, quali uomini ragionevoli, avete dimostrato fattivamente qui, nel Regno di Dio! Ma non basta che abbiate peccato fino al centro del più basso dell’Inferno e siate diventati pari ai diavoli; non basta che la vostra libidine, invece di aiutarli, abbia reso mille volte ancora più miseri di quanto lo erano prima questi poverissimi esseri femminili; non basta che voi abbiate macchiato nel modo più obbrobrioso questa pura e spirituale terra di Dio con la vergognosa bava della libidine e della prostituzione autenticamente infernale! No, tutto questo è ancora troppo poco per la vostra insaziabile bramosia di piaceri!

5. Questi poveri esseri che qui, per decreto divino, ebbero da sopportare per lunghi anni la fame, la sete ed altre pene, sono stati ora accolti da Dio Stesso! Quelle là, che in quell’angolo ora gustano dopo lunghi trent’anni il primo pezzetto di pane nutriente e piangendo ringraziano Dio, che purtroppo ancora non conoscono, ebbene, anche loro volete trascinarle giù con voi nell’Inferno! Quale illimitata scelleratezza!

6. Quelle povere creature là fuori, che voi avete appena disonorato senza i minimi scrupoli e che si lamentano ora per i dolori e giacciono per terra mezze morte, ebbene, sapete voi chi sono? Vedete, queste sono state le vostre stesse figlie sulla Terra! In parte loro persero la vita terrena per malattie naturali e in parte per il cannoneggiamento di Vienna. Prive di ogni formazione spirituale esse giunsero in questo mondo e non sapevano come raccapezzarsi. Allora grazie al benevolo volere di Dio esse appresero che voi, i loro padri terreni, vi trovavate in questa regione. Piene di gioia e nella speranza di migliorare la loro triste sorte, esse accorsero qui. Ma quando giunsero qui e vi scorsero e riconobbero, e volevano attirarvi al loro cuore con l’infantile esclamazione di “padre!”, voi, simili a iene furenti, saltaste loro addosso e compiste subito - voi padri con le vostre figlie - i più infami e lussuriosi atti sessuali. Invano le poverette urlavano: “Per l’amor del Cielo, siamo le vostre figlie! Gesù, Gesù! Ma che fate con noi!”. Ma questo voi proprio non lo sentivate! Infatti la vostra maledetta e infernale voglia vi rese più ciechi di un gallo cedrone nel periodo dell’amore. Voi, nella vostra furia libidinosa, avete letteralmente dilaniato queste poverette! Oh, voi scellerati! Guardate un po’ là fuori la vostra bella opera: con quale nome la si deve qualificare? In verità, la mia bocca non trova nessuna espressione!

7. Quando io giunsi qui col mio grande Amico e vi trovai tutti quanti qui nella mia casa, mi rallegrai alquanto nel vedervi, specialmente quando vi sentii esprimere, dopo le mie parole, il desiderio secondo il quale la vostra più grande gioia sarebbe di vedere Cristo, il Signore, anche soltanto una volta da lontano. Vi diedi l’assicurazione che voi, accogliendoLo ed amandoLo intimamente nel vostro cuore e divenendo puri mediante tale amore, avreste visto Lui, il Signore dell’eternità, per sempre e in eterno! E voi ne foste lietamente commossi e dichiaraste umilmente di non essere di gran lunga degni di una tale grazia! Questo mi piacque talmente che avrei pianto dalla gioia.

8. Ma quando entrai in casa con il mio Amico e gli esternai la mia gioia in merito, la Sua saggissima bocca disse: “Non fidarti troppo di loro; questi non sono altro che uomini dediti ai piaceri e dai sensi grossolani! Io ti dico che parecchi di loro dovranno scendere nell’Inferno e il loro miglioramento sarà un duro lavoro!”. Oh, che grande verità! Io vi dico che ora non avete più bisogno di scendere nell’Inferno, poiché voi ci siete già del tutto! Infatti questa maligna e insaziabile brama di piaceri dei vostri cuori pieni di immondezza, Dio non la può migliorare in voi, all’infuori del castigo dell’Inferno!

9. Ora vi ho detto cosa Dio mi ha suggerito nel cuore. Adesso sapete ciò che avete fatto ed ancora volete fare, e quali ne saranno le inevitabili conseguenze. Fate ora ciò che volete! Ancora siete liberi, però anche troppo presto vi colpirà il giudizio di Dio e vi darà la vostra ricompensa! Però non soltanto per voi, ma per tutti coloro che sulla Terra in questo tempo camminano ancora nel corpo e non vogliono accettare gli ammonimenti di Dio, dei quali quest’epoca abbonda.

10. Se io stesso sulla Terra avessi aperto l’orecchio e il cuore a certi inconfondibili ammonimenti di Dio, non sarei neanche incorso in un qualsiasi castigo. Ma poiché seguivo solamente ciò che mi suggeriva la mia mente stravagante ed avida di gloria, allora dovetti purtroppo anche subire un brutto castigo. Io, a mio parere, volevo pur sempre il bene, e mi sono comunque reso colpevole di un castigo. Ma cosa sarà di voi che volete solamente cose cattive, anche se riconoscete che esse sono cattive?»

11. A questo efficace discorso di Roberto, gli ascoltatori, estremamente colpiti, restano enormemente sorpresi e si ritirano uno dopo l’altro. Nessuno ha il coraggio di replicare anche solo una parolina a Roberto. Si limitano solo a mormorare tra di loro che non comprendono il cambiamento di Roberto e che la sua serietà è come un potente tuono e il suo discorso come una devastante alluvione!

12. Alcuni di loro però cominciano alquanto a riflettere. Un’immensa paura afferra il loro intero essere e si pentono molto di quanto hanno fatto.

13. Dopo Roberto si rivolge a Me nel cuore e dice: «O Tu, mio santissimo, verissimo e miglior Padre! Perdonami se ho rivolto a questi amici viennesi forse un’ammonizione troppo dura e aspra! Tu vedi nel mio intimo che desidero solo il meglio per loro e, mediante l’asprezza del mio discorso, non volevo altro che risparmiare loro, se possibile, il tristissimo castigo dell’Inferno. Infatti io penso che un ammonimento, per quanto duro, è incalcolabilmente più dolce della più piccola scintilla del castigo infernale! E così ho tuonato su questi fratelli privi di una qualsiasi educazione superiore con tutta la forza del mio essere ed ho ottenuto, a quanto pare, un effetto ben visibile in alcuni!

14. Oh Padre, benedici le mie parole in loro! Forse esse susciteranno ciò che io in fondo volevo!»

15. Dico Io: «Mio caro amico, fratello ed ora anche figlio! Io ti dico che tu non hai detto una parola in più o in meno di quanto Io

Stesso ho deposto nel tuo cuore! Infatti ciò che hai detto, l’ho pensato e voluto Io nel tuo cuore. Perciò non devi farti nessun rimprovero come se tu, da te stesso, fossi stato troppo duro verso questi uomini privi di ogni istruzione di vita spirituale. Perciò ora sta tranquillo!

16. Infatti vedi: tali spiriti che si sporgono già in avanti sull’orlo dell’abisso e che stanno per precipitare da un momento all’altro, devono essere afferrati con tutta forza e venire così strappati dal baratro. Solo così è possibile condurli su una via migliore, senza Inferno.

17. Ora ti convincerai ben presto di quale buon effetto ha provocato in loro il tuonante discorso della tua bocca! Tutti cercheranno di certo delle scappatoie e cercheranno di apparire più belli di quello che sono. Ma se soltanto la maggior parte di loro si ravvede, questa va già bene. La minor parte poi, essendo la più debole, sarà comunque indotta col tempo a piegarsi alla fine di buon grado, altrimenti non troverebbe altra via d’uscita.

18. Ora lasciamoli riposare un po’ mentre macerano un pochino! Quando avranno la giusta fermentazione, come sulla Terra il mosto prima che venga messo nel distillatore per ottenere lo spirito del vino, allora metteremo anche loro nel distillatore sotto il quale arde un potente fuoco del nostro amore. E allora sarà poi facile separare la loro vera spiritualità dalle grossolane vinacce terrene. Ora però, nel frattempo, passiamo ad altro!».

51. Capitolo

Il Signore spiega a Roberto quali erano i veri scopi dei suoi tre principali compagni di lotta viennesi

1. Continuo a parlare Io: «Prima si accennava dei tuoi tre amici, e precisamente Messenhauser, Jellinek e Becher. I tuoi amici non hanno deposto a loro favore, però per quanto questa loro testimonianza fosse sgarbata e grossolana, tuttavia c’era in fondo in fondo qualcosa di vero. Infatti tutti e tre erano segretamente spinti da tutt’altro spirito del tuo. Secondo la tua intelligenza e la tua conoscenza avevi, dal punto di vista terreno, uno scopo buono e cercavi di raggiungerlo. Ma i tuoi tre amici non aspiravano ad un simile obiettivo, terrenamente rispettabile, e mentre tu agivi da vero amico degli uomini, quei tre, con poca differenza nel modo di pensare, agivano solo per il raggiungimento di un sfrenatissimo assolutismo popolare, oppure, se questo fosse fallito, almeno per una borsa riccamente fornita con la quale avrebbero potuto, al momento opportuno, dileguarsi nel buio della notte.

2. Ma l’incostante fortuna non fu loro propizia. Il tuo primo amico non si accorse che sotto la cornucopia della Fortuna si trovava quella pallina fatale che ricorda in modo così azzeccato l’incostanza di ogni fortuna terrena! E così accadde anche che presto la fortuna terrena di Messenhauser si capovolse.

3. Questa Fortuna non fu di certo così propizia agli altri due, anche se essi mobilitarono tutto per rendersi propizia questa dea. Essi si batterono con l’arma della scrittura e per un certo tempo percossero, con coraggio e senza tregua, le teste dei cosiddetti filistei reazionari. Ma nessuno però voleva morire per quelle ferite che essi infersero ai loro nemici con le armi della penna. Ed anche la Fortuna era testarda e non volle mostrare loro la sua faccia amichevole, ragion per cui si infuriarono e gettarono via da sé la prima arma per procurarsene altre presso Marte. Ma le cose presto andarono ancora peggio per i due. La Fortuna si inasprì e alla fine scaraventò tante pallottole sotto i loro piedi che non riuscirono più a stare in piedi, e con ciò il loro inno alla Fortuna si concluse del tutto.

4. Dopo essere caduti, questi tre eroi uscivano dalla scena del palcoscenico e luogo di prove del mondo esteriore. Ora essi, come te, sono passati in questo nuovo mondo che dura in eterno, naturalmente tra innumerevoli maledizioni di quei potenti del mondo che li hanno spediti qui per via espressa. Quindi sono senza dubbio qui nel mondo degli spiriti e certamente non troppo lontano da qui.

5. Tu dici dentro di te: “Questo è certamente vero; ma sono forse ancora sospesi da qualche parte nell’etere tra il Cielo e la Terra? Oppure sono forse addirittura nascosti da qualche parte nelle vicinanze di questa casa?”.

6. Io ti dico: “Non nell’etere e nemmeno in un nascondiglio nelle vicinanze di questa tua casa che è pari all’intimo del tuo cuore. Ma come essi sono presenti nel tuo cuore mediante il tuo amorevole ricordo di loro, così sono anche realmente presenti in questa casa! Una porta sola li divide da te e da Me. Se apriamo questa porta li ritroverai ancora così come avevano lasciato la Terra.

7. Quando Io aprirò la porta, però, non devi rivolgerti subito a loro, ma stai ad ascoltarli, senza farti vedere, per un po’ di tempo al Mio fianco per sentire che cosa decideranno tra di loro. Solo quando avranno preso una chiara decisione, sarà il giusto momento per rivolgere loro la parola e di mostrarsi a loro. Questo perché tu ti sappia regolare!”.

8. Prima però vogliamo scambiare ancora un paio di paroline con le nostre danzatrici e prepararle un po’ alle nostre prossime disposizioni. Infatti queste danzatrici le utilizzeremo in seguito così bene che tu non sei ancora in grado di immaginarlo!»

9. Dopo questa Mia breve istruzione a Roberto, ci rechiamo anche subito da queste danzatrici, le quali ci accolgono entrambi con la massima cortesia e ci ringraziano cordialmente, innanzitutto, per l’ottima ospitalità e poi anche per l’energica protezione contro coloro che avevano così pessime intenzioni nei confronti della loro comunque sfortunatissima persona. Esse chiedono a Roberto anche mille volte perdono per il fatto che prima l’hanno ritenuto un essere duro, mentre ora ha dimostrato in realtà quale uomo amorevole e giusto egli sia.

10. Roberto, pur ascoltando questa lode non malvolentieri, le ammonisce subito e dice nel suo modo abituale un po’ rude e serio: «Mie care, povere sorelle, non siate troppo precipitose con le vostre lodi e i vostri ringraziamenti! Infatti voi non sapete ancora chi è il vero Donatore di tutti i buoni doni!

11. Potete credermi sulla parola che assolutamente non sono io il Donatore, ma Qualcun altro. Io sono invece qui, per così dire, soltanto un rozzo servo della casa, però, grazie a Dio, estremamente sincero. Ora è comunque la stessa cosa se ringraziate me oppure il Padrone vero e proprio di questa casa, perché quello che non mi spetta, nemmeno lo accetto, ma lo riconsegno fedelmente al mio unico Signore.

12. Ora però passiamo ad altro: “Dite a noi due, avete ancora intenzione di organizzare in questa casa uno spettacolo danzante?

O forse avete rinunciato seriamente a questa folle idea?”»

13. Dicono le danzatrici: «O voi, eccellenti amici della povera umanità! Una tale pretesa sarebbe ora veramente la più grande pazzia da parte nostra! Infatti noi volevamo esercitare la nostra miserissima arte solo per guadagnarci con essa quel tanto da poter placare la nostra tremenda fame. Ma poiché grazie a voi due abbiamo trovato la più cordiale accoglienza anche senza il nostro spettacolo, sarebbe dunque una delle più grandi stoltezze se dovessimo pensare ancora a una cosa del genere. Tanto più che ora siamo assai convinte che la nostra misera arte terrena sia un obbrobrio davanti ai vostri occhi, celestialmente puri! Se voi due sarete così benevoli con noi come lo siete stati finora, non vogliamo più parlare né sentire più nulla della nostra arte in eterno! Di questo potete esserne certi!»

14. Dice Roberto: «Ne siamo lieti, questo è bello e buono da parte vostra! Ma se più tardi noi due volessimo chiedervi, per un certo buon scopo, di esibirvi comunque in una piccola danza in una prossima occasione, rimarreste fedeli alla vostra lodevole decisione anche in tal caso?»

15. Dicono le danzatrici: «O amici, qualunque cosa vogliate, noi la faremo, poiché sappiamo troppo bene che voi potete volere solo qualcosa di buono. E così vogliamo anche danzare se voi lo chiedete. Infatti la vostra volontà dovrà d’ora in poi essere anche la nostra!»

16. Dice Roberto: «Bene, allora tenetevi pronte! Infatti tra breve si presenterà l’occasione».

52. Capitolo

Attraverso lo spirito dell’uomo si entra in comunicazione con lo Spirito di Dio. Roberto si commuove perché il Signore dialoga con lui come fratello e non come Dio.

1. Dico Io a Roberto: «Mio carissimo amico, fratello e figlio! Tu hai veramente un cuore tenero, e questo è per Me una grande gioia. Tu parli come se fossi tu stesso a farlo, e tuttavia non sei tu a parlare bensì Io! È una cosa giusta qui nel regno degli spiriti che la bocca dell’amico annunci ad alta voce il giusto e il vero che si trova nel cuore del suo prossimo. Il tuo cuore percepisce esattamente i Miei pensieri, e la Mia Volontà non gli è ignota! E vedi, tutto questo è opera dello spirito, proveniente da Me, che si è già fortemente risvegliato in te.

2. Questo puro spirito può perciò anche penetrare nelle Mie Profondità dove può contemplare ed esaminare a fondo i Miei Pensieri e la Mia Volontà, e questo ora è già alquanto il tuo caso; ed è per questo che tu ora percepisci già così precisamente nel tuo cuore ciò che Io penso e voglio, ed è come se tu fossi iniziato qui già da mille anni nei sacri compiti! Continua pure così, e allora in breve tempo diventerai un valido strumento per Me.

3. Ed ora, dato che le nostre danzatrici sanno già cosa devono fare, vogliamo subito aprire la porta dietro alla quale troveremo subito i tre inseparabili eroi viennesi che stanno discutendo tra loro.

4. Prima però devo chiederti se le danzatrici sono abbastanza belle così come le vedi ora, oppure se dobbiamo forse renderle ancora più belle»

5. Dice Roberto sorridendo: «Signore, quanto sei buono, mite e compiacente oltre ogni concetto! Veramente, Tu parli con me non come l’eterno Signore dell’infinito, ma proprio come un amico terreno parla all’altro, e come se Tu avessi sul serio bisogno del mio consiglio! Sì, questo, questo Ti rende ancora infinitamente più grande nel mio animo che non se Tu creassi intere schiere di nuovi mondi e cieli davanti ai miei occhi. Che Tu, come Dio e Signore, infinitamente potente in Te Stesso, possa plasmare anche cose infi nite, il mio cuore lo trova del tutto naturale. Ma che Tu parli in modo così confidenziale con me, Tua creatura, trattando come un vero e proprio fratello con l’altro fratello, questo sbalordisce del tutto il mio cuore davanti alla Tua Grandezza!

6. Ma per quanto riguarda accrescere la bellezza di queste danzatrici, questo ovviamente lo lascio decidere completamente a Te! Le prime, secondo il mio giudizio, non sembrano proprio male, perché sono piuttosto ben messe e carine. Ma le altre sono molto spigolose, e la loro veste mi ricorda vivamente l’abbigliamento delle comitive di commedianti girovaghi”. Se Tu volessi dar loro un aspetto un pochino migliore, ciò non potrebbe nuocere, purché con questo non diventino più vanitose. Ora sembra che la vanità non le turbi proprio molto, e probabilmente è per questo che si trovano più in secondo piano!»

7. Dico Io: «Molto bene, Mio carissimo Roberto! Come tu hai desiderato, così anche avverrà. Vedi, là vicino alla parete c’è un armadio. Aprilo e mostralo poi a quelle danzatrici che ritieni abbiano più bisogno di essere abbellite; in questo armadio si trovano una quantità di vestiti che calzeranno loro molto bene; faglieli dunque indossare!»

8. Roberto fa subito come gli è stato consigliato, e le danzatrici hanno una grande gioia per questo ed indossano subito le vesti.

9. Quando in pochi attimi sono splendidamente vestite, Roberto non riesce a meravigliarsi abbastanza del loro aspetto. Viene svelto da Me e dice: «Non ci posso credere. Non solo queste vesti celestialmente belle stanno loro a pennello, ma queste influiscono anche sulle forme del loro corpo! Che graziosissimi visi hanno adesso! E come sono diventate belle, bianche e rotonde le loro braccia che prima erano molto spigolose! Come ondeggiano i loro seni! E poi le loro gambe! No, una cosa simile sulla Terra non capiterà mai sotto gli occhi di un povero peccatore! Ma ciò è anche bene, poiché sulla Terra certamente sarei corso dietro a delle gambe così. Qui invece, al Tuo fianco, la cosa mi è assolutamente indifferente.

10. Ma ora esse spiccano un po’ troppo al confronto delle maestre-danzatrici che prima erano più belle. Dovrai ritoccare un pochino pure loro!»

11. Dico Io: «Benissimo! Va nuovamente ad aprire quel noto armadio ed anche per loro si troveranno ancora vesti in giusta quantità!»

12. Roberto lo indica subito alle prime danzatrici le quali saltano di gioia e indossano in pochi attimi vesti splendenti e straordinariamente celestiali.

13. Loro ora piacciono a Roberto ancora più delle prime, tanto che non riesce a saziarsi nel guardarle. Egli ritorna nuovamente da Me e dice: «O Signore, tutto quello che a Te è possibile, nessuno spirito, per quanto perfetto, potrà mai valutarlo! No, quanto sono belli questi angioletti! Quale grazia celeste, freschezza e serenità si irradia ora dai loro bellissimi occhi; questo è indescrivibile! Per la mia beatitudine! Queste potrebbero perfino indurmi a dar loro un bacio! No, no, ma no! Anche questo deve essere per un Blum una cosa indifferente. Però sono belle, questo è vero! Ebbene, miei cari viennesi là fuori: quando vedrete queste, si scatenerà di nuovo un pochino il diavolo in voi! Ora però potremmo già andare dai tre eroi?»

14. Dico Io: «Si, vieni pure con Me!».

53. Capitolo

Le condizioni nell’Aldilà delle tre principali guide del popolo viennese, Messenhauser, Jellinek e Becher, e i loro ragionamenti su Dio, sull’Inferno e sul destino

1. Roberto ed Io arriviamo alla porta e questa si apre immediatamente da sola.

2. Attraverso la porta aperta si vedono i tre, seduti intorno ad un tavolo rotondo, del tutto intenti a rovistare tra vari scritti e atti, come se cercassero un importante documento.

3. Dopo un po’ di tempo di inutile ricerca, dice Messenhauser piuttosto eccitato: «Ma ho sempre detto che questo importantissimo documento che attesta la nostra innocenza è andato perso o addirittura distrutto durante le nostre ultime e sfortunate vicende! A che serve allora tutto il nostro cercare? Se un buon genio non viene a salvarci da questa prigione, noi siamo senz’altro perduti.

Infatti sarebbe certo la più grande follia aspettarsi la grazia da questi giudici. Siamo ormai nelle mani di veri e propri diavoli, dove non esiste né grazia né pietà! Vedrete che non ci vorrà molto tempo che entrerà un giudice marziale con un ufficiale militare a leggere la nostra sentenza di morte, e questo con una tale indifferenza come se avesse dinanzi a sé, anziché degli uomini, solamente un paio di lombrichi da schiacciare! Io vi dico che noi verremo fucilati!»

4. A questo punto Jellinek dice: «Amico Messenhauser, ciò che tu ancora temi è già da tempo stato letteralmente eseguito su di noi! La cosa ha l’aspetto di un sogno nel delirio, eppure non è un sogno! Infatti mi si presenta fin troppo chiaramente davanti ai miei occhi come io fui condotto nell’orribile fossa dove fui fucilato in piena regola. E così pure come subito dopo mi sono ritrovato in questo secondo carcere, non dissimile da quello terreno, e come ho incontrato te Messenhauser, già qui presente, e poi come è anche sopraggiunto qui l’amico Becher. Quindi, ora certamente, dopo la morte del nostro corpo, noi continuiamo a vivere qui in una vita dell’anima, in un certo qual modo spirituale, e la nostra paura di un’ulteriore fucilazione è assolutamente infondata!

5. Ma qui, in questa strana condizione, mi opprime una cosa ben diversa, e cioè la grande incertezza di dove noi siamo ora e su ciò che dobbiamo aspettarci in seguito! E se poi, perdiavolo, alla fin fine ci fosse qualcosa di vero nelle molte prediche sull’Inferno di quei pretacci, allora non saremo davvero da invidiare! Così un’eterna dannazione da parte di un qualche Essere onnipotente andrebbe proprio a completare la nostra fortuna! Ma continua a consolarmi il fatto che l’Essere Divino, se c’è da qualche parte, deve essere sicuramente e infinitamente migliore di tutti i migliori uomini della Terra messi insieme. Certamente è migliore del feldmaresciallo Windischgratz, che ci ha fatto giustiziare con un indescrivibile sangue freddo. Oh, se ci fosse solo un qualsiasi mezzo per potersi vendicare di quella tigre e nel modo più crudele possibile, questo sarebbe per me, come minimo, la massima beatitudine! Non siete d’accordo?»

6. Dice Becher: «Sì, sì, fratello, sembra che tu abbia ragione in tutto. L’amico Messenhauser si sente ancora in un certo senso prigioniero terreno e suppone di dover ancora attendere la condanna a morte languendo in un carcere viennese. Su questo punto sono completamente d’accordo con l’amico Jellinek. È purtroppo la nudissima verità che noi tre siamo stati davvero fucilati. Io non potrei stabilire con certezza in quale giorno, poiché qui, dove non è del tutto giorno e nemmeno del tutto notte, io sono completamente fuori dal calcolo del tempo. Ma qui non ha nessuna importanza; infatti, dal punto di vista terreno, noi siamo morti una volta per tutte, e a nulla serve pensarci o parlarne.

7. Ma ad un Inferno io non credo per niente, poiché se esiste un Dio non può esistere un Inferno. Ma se non esiste un Dio, tanto meno può esistere un Inferno! Infatti il concetto Dio è troppo puro, troppo sublime e troppo saggiamente buono perché si possa pensare a un Inferno proveniente da Lui come concetto della totale imperfezione. Se però non ci fosse un Dio, ma solo forze inconsce, puramente meccaniche, allora ci si dovrebbe chiedere come queste avrebbero potuto fare un Inferno organizzato»

8. Dice Jellinek: «Oh, questo me lo posso immaginare facilmente! Se esiste un Dio, cosa che non bisogna dubitare, allora ci si chiede: come questo ottimo e perfettissimo Essere abbia potuto creare anche, per esempio, un Windischgratz? Questo uomo-tigre, che rappresenta abbastanza fedelmente l’Inferno sulla Terra, è pure lui, come ogni serpente a sonagli, un’opera della perfettissima Divinità? Ma se non dovesse esistere una Divinità, come potevano le forze mute della natura cadere in un così miserabile capriccio da modellare, per puro caso, un Windischgratz? Ora vedete che con un Dio, come anche senza un Dio, il male si trova altrettanto quanto il bene, e il male è di solito ancora più abbondante e più forte del bene; ma da questo però si può dedurre benissimo l’esistenza di un Inferno in entrambe le condizioni. Perciò è anche ben facilmente possibile finire in tale Inferno, altrettanto innocenti così come noi sulla Terra siamo caduti nelle mani di Windischgratz. Cosa ne pensate di questo?»

9. Dice Messenhauser: «Sì, sembra che tu abbia completamente ragione! Mi sembra anche del tutto chiaro di essere stato realmente fucilato, e questo avvenne subito dopo il povero e generoso Blum! Nel frattempo ho già fatto alcune osservazioni che ora vorrei comunicarvi.

10. Guardate sul tavolo dove avevamo messo le nostre importanti carte. Ad un tratto sono diventate invisibili. Questa è già una circostanza strana e inesplicabile! Inoltre scorgo lì ad un tratto, verso oriente, una porta aperta, dove prima non avevamo trovato nessuna traccia che ci potesse indicare in quale parete ci fosse una porta! Infine noto, con non poco stupore, che il nostro carcere comincia a trasformarsi in una stanza di bell’aspetto. Ora comincio veramente anche a scoprire le finestre in questa stanza e mi accorgo precisamente che si fa sempre più chiaro. È vero che prima nel nostro carcere c’era anche già una strana penombra, però non riuscivamo a distinguere nulla con precisione, mentre adesso comincio già a scorgere tutto ben precisamente e vedo ogni genere di graziosi oggetti!

11. Tutti questi fenomeni mi confermano sempre più che noi ci dobbiamo ora trovare in un mondo di sogni o di fantasmi. Ma cosa avverrà in seguito di noi in questo mondo, questa è veramente un’altra questione!

12. Tu, fratello Jellinek, hai appena accennato al fatto che la vendetta su Windischgratz sarebbe per te la massima beatitudine. In questo punto non sono d’accordo con te, perché, vedi, io sono senz’altro un fatalista. Il destino ha sparso sulla Terra veleno e balsamo in uguale misura. Che colpa ha una tigre di essere una tigre? Cosa può farci la belladonna se il suo frutto è pericoloso per l’uomo? Altrettanto si può dire anche di Windischgratz: egli è un cieco strumento del fato che lo ha formato così come è. Nel suo genere, egli è altrettanto da compiangere, quanto lo siamo noi che siamo divenute sue vittime insanguinate.

13. Lode a Dio, abbiamo superato tale cosa, mentre lui deve ancora superarla. E chissà se lui un giorno si troverà in migliori condizioni delle nostre! Oggi tocca a me, domani a te! E alla fine è la stessa cosa, sia che uno abbia calpestato la polvere della Terra per cento o per dieci anni, oppure che il corpo venga dato in pasto ai vermi sulla forca o in un morbido letto. Ora per me fa lo stesso!

14. Io ho nuovamente una vita e sono ancora Messenhauser! Non ho dolori, fame e tanto meno sete. Mi siete rimasti anche voi, miei cari amici, e la nostra stanza diventa sempre più luminosa e più bella! Ma che cosa vogliamo di più? Se continua così, possiamo solo rallegrarcene. Infatti sulla cara Terra la vita non ci è mai andata così bene e spensieratamente! Chissà come si metteranno le cose qui? Io credo che sarà sempre di bene in meglio! E se con il tempo dovesse un po’ peggiorare di nuovo, ci consoleremo pensando a quante volte sulla Terra il fato ci ha sballottato tra il bene e il male!

15. Io non posso cambiare la situazione. E così è più saggio prendere tutte le cose così come vengono e mettere da parte tutti i desideri, perché questi non ci hanno mai portato dei profitti e probabilmente nemmeno qui ci porteranno un qualche vantaggio! Non siete perfettamente d’accordo con me su questo?».

54. Capitolo

Jellinek dimostra con esempi dalla Natura che tutto ciò che esiste

è stato creato sapientemente da Dio e non dalla “casualità ”

1. Dice Jellinek: «Sono d’accordo con tutto, ad eccezione del tuo fato! Infatti la questione del tuo fato sembra presentare un significativo inghippo!»

2. Chiede Messenhauser: «Perché? Spiegati meglio!»

3. Dice Jellinek: «Un po’ di pazienza, caro Messenhauser, cose di questo genere non si possono trattare in modo esauriente in un batter d’occhio! Ma cercherò tuttavia di toglierti dalla testa un po’ il tuo increscioso fato.

4. Vedi, tu sei stato per tutta la tua vita un uomo che non si è mai occupato molto della più alta sfera delle scienze. Tu eri, per così dire, già soddisfatto della tavola pitagorica e non ti sei mai occupato della “più alta matematica”! Sei sempre stato uno studioso superficiale o studioso della scorza e ti sei curato poco del nocciolo delle scienze. Perciò successe anche che ti rimase preclusa l’essenza interiore delle cose, e così non potesti mai giungere a quella ben fondata visuale, attraverso la quale ti si sarebbe manifestato l’ordinamento di tutte le cose, splendidamente calcolato, con i suoi effetti. Tu sei rimasto incollato soltanto alla corteccia esteriore che, sicuramente a prima vista, ha spesso l’aspetto di essere soltanto opera del caso. Ma tuttavia la cosa è del tutto diversa!

5. Hai visto anche una sola volta che una casa con tutto l’arredamento è sorta per puro caso? Tu dici: “No, una cosa simile non è mai successa!”. Bene, dico io! Se il caso non può creare nemmeno una casa, come potrebbe allora creare un mondo intero, sul quale ci imbattiamo in prodigi in tale quantità, il più semplice dei quali già presenta una struttura troppo sapiente da poter giungere all’ipotesi di sostenere: “Questa è opera del muto e cieco fato!”. Fratello, tu ora mi dai ragione, e questo mi rallegra! Ma ascoltami ancora un po’!

6. Esamina per una volta la magnifica struttura delle piante! Come appaiono sempre identiche da millenni, rigorose e precise nella loro forma una volta loro conferita, e non cambiano la loro specie neanche di un atomo! Quanto incalcolabilmente raffinata deve già essere la conformazione di un chicco di frumento che attrae a sé dal terreno solo le parti a lui confacenti e che sempre si riproduce moltiplicato! Non voglio nemmeno parlare dell’essenza trascendentale di un chicco di frumento; infatti chi è in grado di comprendere quel calcolo divino, nel quale un unico granello racchiude in sé innumerevoli miriadi di semi del suo stesso genere?

7. Oppure prendi una ghianda di quercia! Mettila nel terreno ed in breve tempo ne verrà fuori un intero albero di quercia completo, e questo ti darà per molti anni una quantità innumerevole di ghiande. Se metti nuovamente tutte queste ghiande nella terra, avrai già un bosco di milioni di querce che produrranno tutte quante gli stessi frutti in una quantità mai più calcolabile. E tutto questo sta meravigliosamente nascosto al nostro sguardo in ogni ghianda, eppure innegabilmente c’è! Dimmi se un fato è in grado di preparare una ghianda in tal modo?»

8. Dice Messenhauser: «Fratello Jellinek, in verità devo dirti che tu sei un vero teosofo! La tua semplice esposizione della ghianda mi ha detto di più che tutti i discorsi eruditi. Io sono ora completamente convinto della nullità di un fato e non ho bisogno più di ulteriori prove. Ma ora c’è qualcos’altro.

9. Un Dio pieno della massima originaria Potenza e Sapienza ci deve pur essere; il mio animo e la mia intelligenza non possono mai più metterlo in discussione! Ma dove e chi è questo Essere Divino? Potrà mai essere contemplato e compreso da una creatura? Mi ricordo ancora bene come io da studente ho dovuto imparare la storia biblica e in uno dei cinque libri di Mosè trovai un testo che dice: “Nessuno può vedere Dio e contemporaneamente vivere!”. Questo importante testo sarebbe stato rivelato a Mosè da una nube di fuoco, quando rivolse alla Divinità, con cui stava parlando, l’ardente desiderio di poterLa non solo udire ma anche di vederLa. Devo confessare che io certamente mantenni ancora una mezza fede nella Divinità. Ma per quanto riguarda la fede secondo cui quel certo Gesù raccoglierebbe in sé la Pienezza della Divinità, qui devo confessare sinceramente a voi, amici carissimi, che io ero e sono ancora un purissimo incredulo.

10. Certo, la pura Dottrina di Gesù ha davvero i più nobili e più giusti principi, in sintonia perfetta con la natura degli uomini, contro i quali non c’è niente proprio nulla da obiettare. Ma che l’inventore di tali principi debba per questo essere anche un Dio, perché ha raccolto e insegnato principi morali che si conciliano al meglio con la generale natura dell’umanità, questo va oltre l’orizzonte della mio sapere e fede!

11. La dottrina di per sé può perciò essere benissimo di origine umana e non necessariamente di una Divinità. Infatti, se ogni autore di giuste dottrine dovesse essere un Dio, allora la Terra dovrebbe già quasi brulicare di miriadi di dèi. Euclide, l’inventore delle figure geometriche, sarebbe un Dio! L’inventore degli attrezzi agricoli, che sono di incalcolabile importanza, sarebbe già una specie di Dio Padre! L’inventore dei numeri e l’inventore delle navi sarebbero altrettanti dèi, e così ancora altre decine di migliaia di inventori delle più svariate e utilissime cose! Ma come questo intero esercito di inventori di cose importanti non pretese mai di essere divinizzato, così credo anche che l’inventore della migliore e più semplice morale abbia certamente potuto rinunciarvi. Per quanto io sappia, egli non ha mai avanzato nessuna ridicola pretesa di essere divinizzato. Certamente in quell’epoca gli uomini di corte vedute e superstiziosi fecero di lui un Dio perché era mille volte più intelligente di loro; ma ora non ci deve più sconcertare il fatto di non ritenere Gesù un Dio - come era la sciocca convinzione di un tempo -, ma soltanto ciò che egli era in realtà. Io credo che l’umanità attuale dovrebbe finalmente rendersi conto che l’Infinito non può mai diventare finito, che Dio rimane eternamente Dio e il limitato uomo solamente un uomo.

12. Comunque non vale certamente la pena qui di spendere tante parole su ciò che attualmente viene considerato un fatto concluso da tutti gli eruditi. Torniamo dunque alla mia osservazione di prima e cioè: “Dove e chi è veramente la Divinità, della cui esistenza io peraltro non potrò mai più dubitare?”. Ditemi la vostra opinione, voi due amici miei!»

13. Dice Jellinek: «Sì, carissimo fratello Messenhauser, questa è una cosa assai delicata. Il dove e il chi non verremo forse mai a scoprirlo! Infatti, se noi esseri finiti volessimo comprendere l’infinito Essere della Divinità, dovremmo dapprima renderLo finito, cosa che è naturalmente impossibile. Altrettanto mi pare anche impossibile sapere di più dell’infinito Essere Divino di quanto ti ho dimostrato prima con l’esempio della ghianda! Io sono dell’opinione che ora dovremmo occuparci di qualcos’altro, poiché sul punto della Divinità noi tre ne caveremo fuori disperatamente poco»

14. Dice Becher: «Tu hai perfettamente ragione! Infatti voler analizzare a fondo la Divinità, significa veramente voler raccogliere il mare in una noce vuota! Lasciamo perciò questo discorso di cui non si vede la fine e che non riusciamo a comprendere, e cominciamo a parlare di qualcos’altro. Per esempio, che cosa fa ora il nostro amico Roberto Blum in questo mondo, oppure cosa fa ora il nostro nemico mortale Windischgratz sulla Terra? Inoltre, se Windischgratz dovesse venire presto da noi, dove lo accoglieremo con i dovuti onori?»

15. Dice Jellinek: «Fratelli, io mi associo al vostro interesse per il nostro povero amico Blum, ma risparmiatemi Windischgratz, perché non desidero mai più incontrare quella tigre! Ma ascoltate: mi pare di sentire ancora parecchie voci umane al di là della porta. Alziamoci dunque dal tavolo per vedere che cosa succede là fuori».

55. Capitolo

Il primo incontro, nell’Aldilà, tra Roberto e i suoi amici di sventura, fucilati anch’essi a Vienna

1. I tre si alzano dal loro tavolo e cautamente, passo dopo passo, si avvicinano alla porta aperta. Qui scoprono, come svegliandosi da un sonno, che oltre alla loro stanza di soggiorno c’è ancora una stanza più grande ed assai più splendida. Rimanendo di alcuni passi dietro la porta, essi sbirciano qua e là per scoprire in qualche modo qualcosa di eccezionale. Però non osano ancora avvicinarsi troppo alla porta, poiché non sanno chi e che cosa potrebbero incontrare.

2. Dopo aver dovutamente ispezionato per un po’ la stanza nella quale Io Mi trovo con Roberto un po’ arretrato dalla porta, come anche le ventiquattro danzatrici che insieme stanno in fondo, in secondo piano, e non trovandovi nulla di sospetto, Jellinek dice a bassa voce: «Amici, io non scopro assolutamente nulla di pericoloso in questa stanza di soggiorno. Al contrario, lì nell’angolo vedo un tavolo sul quale si trova, in una bottiglia di cristallo, un vino all’apparenza molto buono ed alcuni invitanti pezzi di pane. Se non c’è altro pericolo che ci minacci, io credo che dovremmo andare lì senza tanta paura. Evidentemente questo sembra destinato a insegnarci migliori concetti e idee sulla nostra esistenza spirituale che non ciò su cui finora ci siamo ostinati. Secondo me, un pochino più di coraggio non ci farebbe male! Cosa ne pensate voi?»

3. Dice Messenhauser: «Fratello Jellinek, sono perfettamente d’accordo con te! Solo devo confessare con mia vergogna che, in simili spedizioni esplorative, preferisco restare sempre l’ultimo, perché se fosse necessaria una ritirata, io sarei naturalmente il primo a scappare!»

4. Dice Jellinek: «Ma, caro fratello, da quanto mi sembra tu sei proprio un capo-coniglio! Ma come hai potuto personificare un comandante d’armata con un simile coraggio? Ora certe cose mi sono chiare! Guarda, se tu non avessi comandato la tua forza militare contro il nemico, invece che dal tuo ufficio di comando ben sorvegliato, piuttosto in campo aperto, chissà se Vienna non avrebbe vinto! Ma adesso lasciamo stare tutto questo. Ti prego solo, per il tuo proprio onore, di non fare il coniglio adesso!»

5. Dice Messenhauser: «Ma, carissimo amico e fratello, dato che tu sei già un vero e proprio eroe come Napoleone, sarebbe bene per me e Becher che tu ci facessi da coraggiosa avanscoperta! Visto che sei quello che tra noi ha più coraggio, sii così buono e fai tu il comandante! Infatti il mio animo non è mai stato animato da un vero coraggio eroico, ma ciò che è vero è vero: malgrado il mio poco eroismo tuttavia non ebbi mai una grande paura della morte. E così è anche ora. Però mi assale una strana soggezione davanti a questa anticamera, così come ce l’hanno i bambini di alcune stanze quando temono i fantasmi. È in verità qualcosa di estremamente singolare, e cioè come un presentimento che non si può scacciare di grandi eventi che presto e sicuramente si avvereranno! Voi infatti potrete poi vedere se il mio presentimento mi ha ingannato quando avremo messo piede sulla soglia della porta. Mi sembra proprio che lì ci imbatteremo subito in grandi e inattese cose e circostanze. Ed io spero che la mia strana mancanza di coraggio presso di te verrà un po’ scusata!»

6. Dice Jellinek: «Sì, amico mio, ma questo è anche qualcosa di ben diverso, poiché anch’io mi sento torturato da un simile presentimento. Ma tu sai che questo non deve mai mettere in imbarazzo un grande spirito! Se guardo quella bottiglia di vino e il bel pane di frumento vicino, il mio stomaco pieno di appetito comincia a far sentire un considerevole desiderio; oh, preferirei trovarmi già lì presso il tavolo che non qui in vostra tremante compagnia! Ma che cosa in fondo dovrebbe trattenermi qui ancora più a lungo? Chi non risica, non rosica! Perciò avanti, hurrà!»

7. A questo punto Jellinek si avvicina coraggioso alla porta ed è sul punto di avviarsi al tavolo ben apparecchiato. Ma nell’istante in cui mette il piede oltre la soglia, Roberto ed Io gli sbarriamo la strada.

8. Dice Roberto nel suo solito tono un po’ brusco: «Alt! Chi va là? Non un passo avanti, prima che tu ed i tuoi due compagni abbia dimostrato la tua identità, chi siete e cosa volete qui!»

9. Jellinek retrocede a questo inaspettato incontro, ma subito si riprende perché riconosce subito Blum nell’esaminatore, e dice sorpreso: «Oh, oh, Blum! Roberto! Ma dove, dove sei stato tu? Ah, questo è davvero troppo bello! Fatti abbracciare e baciare mille volte! Forse sul serio non ci riconosci? Siamo Messenhauser, Becher e io, il tuo Jellinek»

10. Dice Roberto: «Sì, bene, bene! Voi siete i miei compagni di sventura in carne ed ossa, proprio gli stessi come eravate sulla Terra! Già da tempo sapevo che voi eravate qui i miei ospiti. Voi però non sapevate di trovarvi nella mia casa. Vi siete invece lasciati sopraffare da una sciocca paura! Venite ora fuori tutti di buon umore e andiamo là a quel tavolo per stare bene insieme! Fratello Messenhauser e tu, fratello Becher, non osate ancora varcare la soglia della porta?»

11. Dicono Messenhauser e Becher insieme: «Sii salutato da noi mille volte, stimatissimo fratello e amico! Con te andiamo ovunque tu vorrai condurci, ma veniamo con particolare piacere verso quel tavolo che porta un’abbondante benedizione per i nostri stomaci vuoti!».

12. Con queste parole si precipitano pieni di gioia da Roberto, lo abbracciano, lo baciano e poi si recano al tavolo.

56. Capitolo

Il cuore di Jellinek si infiamma d’amore per l’“amico” di Roberto.

Un vino celestiale. Brindisi di Jellinek e la risposta del Signore.

1. Jellinek invece amichevolmente Mi fissa e Mi chiede: «Caro, soave amico del nostro fratello Blum, posso pregarti di farti riconoscere meglio anche da noi? Tu devi sicuramente essere un uomo estremamente buono, altrimenti non potresti trovarti in compagnia del nostro nobile amico Blum!»

2. Dico Io: «Ciò che verrà ti svelerà tutto ciò che ti è ancora oscuro. Ma vieni ora con Me anche tu al tavolo del Signore e rifocillati prima! Poi sarai meglio in grado di comprendere alcune cose che finora devono essere ancora un enigma per te. Vieni dunque, mio caro amico e fratello Jellinek!»

3. Dice Jellinek: «O amico, la tua voce suona meravigliosamente amichevole! Ogni tua parola mi gonfia il cuore in una maniera mai provata. Se tu non sei un angelo dai cieli, allora rinuncio in eterno alla mia umanità. Sì, sì, tu devi essere un angelo! Sai, io rimarrò presso di te e mi atterrò particolarmente a te, poiché, per quanto voglia bene anche al buon amico Blum, ora, da quando tu hai parlato con me, del tutto incomprensibilmente voglio molto più bene a te! Dunque, ora a tavola e alziamo insieme un bicchierino all’eterna amicizia! Infatti io credo che qui non ci saranno dei Windischgratz o simili che potrebbero decretare la legge marziale su questa casa»

4. Dico Io: «O no! Lascia per sempre da parte questa paura! Ma ora a tavola, poiché gli altri già brindano alla nostra vera salute»

5. Messenhauser va subito incontro a Jellinek con un calice di cristallo colmo del vino migliore e dice: «O fratello Jellinek, questa è una vera essenza di migliaia di tutti i migliori vini che abbiamo gustato a suo tempo sulla Terra! Ecco, vuota il calice alla salute di tutti i nostri amici e nemici! Che viva pure anche il Windischgratz! Questo cieco strumento di terreni dominatori di popoli giungerà forse anch’egli ad una migliore assennatezza»

6. Jellinek prende con gioia il calice e dice: «Cari amici! Così mi piacete meglio di prima durante i nostri insensati dibattiti in quella cameretta di reclusione dove tu, fratello Messenhauser, aspettavi ancora con disperazione la condanna a morte!

7. Ma ascoltate, mi sono scelto qui l’amico del nostro Blum come mio amico del cuore. E così mi dovete perdonare se non voglio prendere nessuna goccia di questo succo divinamente profumato se prima egli non abbia bevuto da questo calice!»

8. Tutti accolgono con animo lieto il desiderio di Jellinek. Costui Mi porge il calice col profondissimo amore suscitato dall’amicizia e dice: «Caro, divinamente sublime amico! Non disdegnare di prendere questo calice dalla mano di un povero peccatore, di un traditore terreno dello Stato! In verità, se avessi qui qualcosa di meglio, quanto volentieri te lo offrirei in segno della mia venerazione e rispetto! Ma vedi, io non possiedo né oro né argento! Ma ciò che ho invece, vale a dire questo calice e poi un cuore caldo che ti saluta quale amico carissimo, questo ti do. Oh, accettalo così come te lo porgo! È certamente un’impertinenza da parte mia osare di offrire a te, che certamente sei un angelo, questo calice e il mio cuore come pegno di amicizia. Ma io ti amo anche col mio cattivo cuore, perché prima trovai nelle tue poche parole tanta benevolenza, amore e sapienza. Anche se io sono uno spirito del tutto impuro, chiudi un po’ i tuoi occhi celestialmente clementi e pensa tra te e te: “Questo tipo non sa fare nient’altro di meglio!”. Sai, io non conosco di gran lunga le maniere per trattare con spiriti del tuo genere, ma di una cosa puoi essere certo, e cioè che nel mio caso il cuore e lingua sono cresciuti ben saldamente insieme! Beh, amico mio, forse tu te la prendi con me per questa mia impertinente sfacciataggine?»

9. Allora Io prendo molto amichevolmente il calice dalla mano di Jellinek, bevo e poi dico a Roberto: «Fratello, nella dispensa c’è ancora una bottiglia piena del vero vino del Mio Corpo. Portala qui, affinché Io mostri al Mio nuovo amico del cuore quanto Mi è cara la sua amicizia!»

10. Roberto scatta veloce e porta una bottiglia formalmente diamanti-na piena del vino più delizioso e Me la porge con visibile commozione.

11. Io allora prendo la bottiglia e riempio lo stesso calice, dicendo: «Eccoti, caro amico e fratello, prendi il calice e bevi da esso la pienissima convinzione di quanto Mi sia oltremodo cara e preziosa la tua amicizia. Ma che ne dici dei tuoi peccati? Quale uomo potrebbe considerare colmo di peccati un cuore che è così colmo di amore estremamente altruistico? Io ti dico che davanti a Me tu sei puro, perché il tuo amore per Me copre la moltitudine dei tuoi peccati terreni! Ma di qualunque cosa tu sei ancora debitore al mondo,

Io sarei un pessimo amico se non ti togliessi questo debito e non lo saldassi al posto tuo! Bevi dunque, fratello Jellinek, alla nostra eterna amicizia!»

12. Jellinek dice commosso fino alle lacrime: «O tu divino amico, tu! Quanto sei caro e buono! Oh, se solo potessi ora strapparmi il cuore dal corpo e potessi infilarlo nel tuo petto! Ma ora dammi il calice!»

13. Jellinek prende il calice, beve e dice: «No, o tu celeste fratel lo angelico! Se la tua amicizia è pari a questo succo, allora tu non sei un angelo, ma un purissimo Dio in persona! Infatti qualcosa di più divino, come gusto ed essenza, è impossibile che venga offerto dall’intero infinito! Fratelli, assaggiatelo anche voi e dite se non ho giudicato in modo perfettamente esatto!».

57. Capitolo

Effetto del vino celeste. Domanda su Cristo e sulla Sua Divinità.

Importante risposta di Roberto. Lo slogan d’amore di Jellinek.

1. Roberto, Messenhauser e Becher ne bevono tutti quanti dal calice e si meravigliano oltre ogni misura dell’inesprimibile bontà di questo vino veramente celestiale.

2. Dice Messenhauser: «In verità, signore, ma che vino è questo? Fratello Blum, in questa casa si sta bene, dovremmo sistemarci qui! Rimaniamo qui insieme in eterno, se è possibile! E se ogni tanto dovesse arrivare qualche povero peccatore, come certo lo eravamo ed ancora lo siamo noi, allora lo accoglieremo e gli faremo passare qui una bella giornata, anche se fosse uno dei nostri più malvagi nemici terreni!»

3. Dice Roberto: «Amico Messenhauser, hai parlato in modo molto bello e dignitoso, poiché queste parole sono venute veramente dal cuore e non dall’intelletto. Io stesso dico: “Se ora venisse qui il Windischgratz come spirito sofferente, in verità egli dovrà ricevere da noi un’accoglienza migliore di quella che noi trovammo presso di lui sulla Terra!”»

4. Gridano i tre all’unisono: «Bravo, così è giusto! Per essere un vero cristiano si deve poter ricambiare il male con il bene, dal più profondo della propria essenza vitale. Chi sente ancora vendetta dentro di sé, costui è ancora ben lontano dall’essere uno spirito perfetto. Ma chi invece può ancora dire dal patibolo, come disse allora il massimo e saggissimo maestro degli Ebrei: “Signore! Perdona loro perché non sanno quello che fanno!”, costui ha certamente in sé la massima libertà della vita! Sì, vorremmo perfino affermare che “costui è un Dio!”. E questo fatto rende la massima testimonianza a favore dell’accettazione della Divinità di Cristo, che altrimenti è molto oscura.

5. Chissà dove si troverà ora in questo mondo degli spiriti quel Gesù di un tempo, della cui esistenza terrena non c’è assolutamente da dubitare? In verità, egli era il più grande amico degli uomini! Amico Blum, finora non hai mai avuto occasione di sapere qui qualcosa di più preciso in merito a questo straordinario uomo?»

6. Dice Roberto: «Carissimi amici, vi posso assicurare sulla mia parola che proprio Lui fu la mia prima reale conoscenza in questo mondo!»

7. Tutti chiedono, gioiosamente sorpresi: «Come mai? Come sono andate le cose? In quale regione è avvenuto questo? Che cosa ti ha detto? Su, fratello, dicci qualcosa!»

8. Dice Roberto: «Cari amici, dato che adesso abbiamo altre cose da fare, vogliamo rimandarlo ad un’occasione più propizia. Ma vi posso assicurare già in anticipo che Egli presto mi verrà nuovamente a trovare, e in tale occasione anche voi Lo conoscerete»

9. Dice Jellinek: «Ma ci puoi pur bene dire se sei riuscito a parlare con Lui sulla Sua Divinità accettata da molti credenti di poca fede? Ed ha approvato tale fede oppure no?»

10. Dice Roberto: «Sì, cari amici, certamente abbiamo parlato parecchio in merito. E io devo aggiungere, per la verità, che per voi è ancora difficile da comprendere che “Cristo è l’unico vero Dio dall’eternità! Egli è il Creatore di tutti i Cieli e di tutti i mondi!”. Di più io non posso dirvi ora. Ma quando Egli verrà, apprenderete tutti i dettagli da Lui Stesso!»

11. Dice Jellinek: «Amico Blum, una prova non è veramente necessaria, ma è necessario per il mio cuore. Infatti devo riconoscere apertamente che, se egli venisse ora qui e mi facesse cenno di seguirlo, io diverrei immediatamente infedele a tutti voi, poiché io lo amo già più di tutti gli uomini della Terra messi insieme, in quanto lo considero l’uomo più perfetto e migliore. E quanto più lo amerò se egli è anche veramente Dio! Sul come, non voglio neanche preoccuparmi, perché una volta lessi uno slogan che diceva: “Dio è Amore! Se mai il tuo cuore venisse colto da un potente amore, allora pensa che Dio è in questo amore!”. Vedete, questo slogan è il mio barometro per l’esistenza di Dio anche in ogni uomo. Ma se io ora sento nel mio cuore un potentissimo amore per Cristo, questo amore mi dice appunto: “Cristo è e deve essere un Dio, poiché, se così non fosse, come potrei amarLo così potentemente? Per questo amo così tanto anche questo fratello celeste, perché egli certamente racchiude in sé molto Amore divino! Ho ragione oppure no?»

12. Dice Roberto: «Perfetto! Solo il cuore può afferrare Dio, l’intelletto mai in eterno! Ma ora, cari amici, passiamo ad altro! E dato che ci troviamo proprio al capitolo dell’amore, possiamo collegarci facilmente ad esso.

13. Ascoltate! Certamente l’Amore è l’unica prova della Divinità e della Sua incontestabile Esistenza. Ma sappiamo anche che esiste un gentil sesso femminile che fin troppo spesso ha occupato i nostri cuori a tal punto che non fummo più capaci di un amore più elevato e più puro per Dio! Ora, voi credete forse che anche in questo amore, che generalmente è esclusivamente sensuale, dimori Dio?»

14. Dice Jellinek: «Ma certo! Se la delicatezza di Dio non fosse nella donna, chi potrebbe amarla? Ma che, ciò nonostante, questo amore possa degenerare, su questo non c’è dubbio»

15. Dice Roberto: «Se, come prova, si presentassero qui parecchie squisite bellezze femminili nei più bei costumi da ballo, e fossero estremamente gentili verso di noi, e accanto ad esse però ci fosse anche il severo ma buonissimo uomo-Dio Gesù, dimmi, soprattutto tu, Jellinek, che aspetto avrebbe il tuo cuore? Infatti io so che le cosiddette artiste della danza sono sempre state per te il massimo pericolo!»

16. Dice Jellinek: «Fratello, è vero che tu qui hai toccato uno dei miei lati più deboli, ma in mia difesa posso replicare in modo, per così dire, degno di lode, che, malgrado tutte le mie debolezze, posso immediatamente piantare in asso 10000 danzatrici per un autentico capello di Cristo! Infatti l’amore per Dio sarà pur anche un po’ più potente dell’amore per un’avvenente ballerina. L’amore per le donne può indebolire l’amore per Dio soltanto se non si crede ad un Dio, oppure se si è indotti a credere ad un Dio che dovrebbe stare in una qualche ostia! Ma se la Divinità è veramente qui, e cioè nella persona di Cristo, tanto da vederLa, da riconoscerLa come tale e da poterLe perfino parlare, allora, fratel lo, puoi pur andartene con le tue bellezze danzanti! Ma, naturalmente, senza Cristo, alcune fanciulle ben formose potrebbero far nascere nel mio petto più calore che se non ce ne fosse nessuna»

17. Dice Roberto: «Fratello, vorresti vederne qualcuna?»

18. Dice Jellinek: «Se qui hai spiriti di questo tipo, allora facceli vedere, affinché noi possiamo sperimentare fino a che punto ci possono diventare pericolosi!».

58. Capitolo

Gli amici di Roberto, messi alla prova dell’amore per le donne, nell’Aldilà non provano nessuno stimolo sensuale nel vedere delle prosperose danzatrici

1. A questo discorso di Jellinek, Roberto si reca subito nella nota parte posteriore della stanza dove si trovano le ventiquattro danzatrici dietro ad una tenda. Quando vi giunge, scosta la tenda e dice alle danzatrici tranquillamente riunite: «Ora, mie care, è arrivato il momento. Presentatevi dunque e davanti a quei tre ospiti fate alcuni movimenti ben aggraziati. Ma fate bene il vostro mestiere e non procurate nessuna vergogna a questa casa!»

2. Le danzatrici fanno subito ciò che Roberto desidera da loro. Ma prima ancora di fare un passo di danza, la prima dice a Roberto: «Noi chiediamo solo che tu non ci attribuisca un errore se noi dovessimo divenire pericolose a causa delle nostre forme che ora qui sono stranamente prosperose! Ma se tu dovessi già adesso presupporre una cosa simile, noi tutte preferiremmo che non ci faccia esibire davanti a quei nuovi ospiti, poiché a noi tutte dispiacerebbe veramente se dovessimo fare del male, perché ora desideriamo sul serio operare solamente del bene!»

3. Dice Roberto: «Mie care sorelle, questa dichiarazione rallegra il mio cuore perché da essa deduco che voi avete buoni e puri sentimenti. Ma non abbiate minimamente paura, poiché ci occuperemo io ed il mio carissimo Amico là, affinché non procuriate il minimissimo danno a questi ospiti, né gli ospiti a voi! Esibitevi quindi con coraggio e senza timore, poiché voi con la vostra danza dovrete suscitare su quei tre ospiti nulla di male o pericoloso, ma solo del bene e utilità!»

4. Non appena le danzatrici sentono questa assicurazione, si fanno rapidamente avanti nella parte chiara della stanza e, con l’espressione più cortese, cominciano subito ad esibirsi nella loro arte con ogni genere di graziosi movimenti. Roberto, già nuovamente presso i tre amici, domanda subito a Jellinek: «Ebbene, fratello, ti piacciono le danzatrici della nostra casa? Hai mai visto sulla Terra qualcosa di più perfetto in quest’arte?»

5. Jellinek osserva le danzatrici con grande attenzione e dice con un profondo sospiro: «Ahimè, caro fratello, non posso farci nulla, ma il mio sentimento alla vista di una tale esibizione rimane sempre lo stesso! Devo dirti del tutto apertamente che io non mi sono mai veramente divertito per tali cose. Al contrario, ne fui sempre stato colmato in un certo modo di una specie di malinconia e abbandonavo con uno strano umore il Teatro della Commedia. Ho riflettuto spesso sulla Terra su questa strana reazione del mio animo, ma fui sempre incapace di darmene una ragione fondata. Ora invece mi si accende veramente un lumicino, e questo mi rallegra più che tutte queste esibizioni di danze artistiche. Il motivo sta nella totale inutilità di queste distorsioni degli arti. Dimmi, di quale utilità può mai avere quest’arte? Secondo il mio parere, neanche la minimissima! Tutte le altre arti, ad esempio l’arte della musica, della poesia e della pittura e scultura, nel loro vero e degno senso, possono certamente essere di utilità alquanto essenziale per l’animo umano, ossia rendendo mansueto e nobile il cuore, e non raramente educando una persona rozza, rendendola docile e di buon animo, e risvegliando il giusto amore nel petto. Ma per quanto sia pura e dignitosa la direzione che noi potremo far prendere a quest’arte della danza, essa continua a risvegliare nell’anima per lo più solo i sentimenti più impuri. La natura di quasi ogni uomo diventa, dopo una tale esibizione, sempre molto più sensuale e bramosa.

6. Io credo che il motivo menzionato del mio disagio fosse comunque notevole, anche se in fondo non era l’origine della mia tristezza che sempre mi fu compagna dopo simili esibizioni. La fonte vera e propria della mia tristezza, dopo tali danze, era certo principalmente il pensiero secondo cui io vedevo, come attraverso un magico binocolo da teatro, una danzatrice così ben fatta come un angelo caduto!

7. Quanto spesso dicevo a me stesso: “Cosa potresti essere per il mio cuore! Ma tu, quale angelo caduto, non riconoscerai mai il valore di un cuore che, dal fango della tua bassezza, vorrebbe così volentieri di nuovo elevarti e fare di te un vero angelo. Il mammona del mondo è ora il tuo Dio. E tu cieca calpesti il tuo cuore con i piedi con i quali tu stimoli solamente la più sfacciata lussuria. Che te ne importa dei cuori nei quali i tuoi piedi ammaliatori hanno scagliato frecce velenose ad ogni passo?”.

8. Tali pensieri sono sempre stati i miei accompagnatori e resero la mia anima stranamente avvilita. Non avevo forse ragione nel pensare così? Ma poiché anche qui adesso la penso in modo uguale, allora chiediti tu stesso se, secondo il tuo parere, queste danzatrici che ora, per fortuna, hanno terminato la loro esibizione, potrebbero diventare pericolose per me! Vedi, per me in questa situazione sono certamente meno pericolose, come lo sono anche per questo mio carissimo amico che, visibilmente commosso, ha ascoltato il mio discorso. Quindi posso dare a te, caro amico Blum, la piena assicu razione che tutte queste ventiquattro artiste, insieme ai loro quarantotto bellissimi piedini, non hanno arrecato il più lieve danno al mio amore per Gesù! Al contrario, esse hanno soltanto accresciuto il mio amore ora sacrissimo! Infatti, vedi, io ora ho una vera e propria compassione per questi poveri angeli caduti! E se mi fosse possibile elevarli dalla loro bassezza a veri esseri umani, darei la mia mezza vita per questo! Ma lasciamo perdere! Dite ora anche voi due, Messenhauser e Becher, vi è piaciuto questo spettacolo?»

9. Dicono i due: «Beh, insomma, per niente male! Ma la cosa sembra comunque un po’ strana! Sulla Terra queste stravaganze della stupidità umana sono del tutto passabili, ma qui nel regno degli spiriti tali deviazioni delle aspirazioni umane fanno certamente un effetto un po’ troppo strano! Pensa se potessimo ora nuovamente ritornare sulla Terra e raccontare là ai nostri amici che abbiamo appena assistito ad un balletto celeste! Eh, sì, vorremmo sentire la risata! Ma dimmi un po’: come ti è venuto in mente questo bizzarro pensiero di tenerti qui, nel regno degli spiriti, un vero e proprio harem, niente meno di un paio di dozzine delle più attraenti danzatrici? Le hai appositamente ingaggiate? Oppure è forse il cielo dei neo-cattolici? Dai, lascia perdere i tuoi moderni angioletti neocattolici! Portaci piuttosto ancora una bottiglia dell’ultimo vinello, una goccia del quale vale più di tutti questi quarantotto piedini!». Roberto sorride e va a prendere la seconda bottiglia.

59. Capitolo

Il Signore sulla spesso abusata frase: “Lo scopo santifica il mezzo!”.

1. Jellinek si rivolge ora anche a Me e Mi domanda quanto Mi è piaciuta questa strana esibizione artistica.

2. Ma Io gli dico: «Caro amico, devo ammettere apertamente che in tali occasioni Io presto attenzione molto poco al mezzo ma solamente allo scopo. Infatti il mezzo in sé e per sé, per quanto strano possa sembrare, non ha importanza quando con esso si è raggiunto un nobile e buon scopo, in tutti gli aspetti, poiché qui, nel regno degli spiriti, il miglior scopo raggiunto santifica sempre ogni mezzo attraverso il quale soltanto si poteva raggiungerlo. In verità, questa esibizione di danze non ha nulla a che fare con tale luogo, ma se abbinata al raggiungimento di un nobilissimo scopo, raggiungibile soltanto con questa esibizione, allora essa è infinitamente importante.

3. Voglio prima illustrarti una massima terrena, che suona a dire il vero da gesuita, affinché il suo contenuto spirituale ti sia ancora più evidente. E così ascoltaMi! Vedi, la massima suona così: “Il buon scopo santifica qualsiasi mezzo che renda possibile il suo raggiungimento”. Che questa massima sia anche giusta, lo vedremo ora da parecchi esempi.

4. Vedi, un figlio sulla Terra ha un padre che durante il lavoro ebbe la sfortuna di rompersi una gamba, al punto che può essere guarito solamente con un’abile operazione. Cosa farebbe il buon figlio che ama suo padre sopra ogni cosa con una persona che, per rabbia o cattiva intenzione, amputasse un piede a suo padre con un’ascia tagliente? Questo figlio afferrerebbe il malfattore e lo punirebbe per tutta la sua vita. Eppure suo padre avrebbe sofferto molto meno con questa rapida operazione - dato che sarebbe stata effettuata fulmineamente su un piede sano -, di quanto non debba essere fatta da un medico su un piede estremamente dolorante. Vedi, il mezzo in sé e per sé, se non è abbinato allo scopo in tal modo raggiungibile, sarebbe di per sé un’atrocità, però abbinato al buon scopo è una salvezza. E il figlio dimostrerà certamente la sua massima gratitudine all’abile operatore che ha salvato la vita al suo caro padre. Infatti, senza di lui il padre sarebbe morto di cancrena. Ma ora proseguiamo!

5. Cosa faresti se qualcuno con un pugno ti spaccasse un dente? Vedi, tu citeresti quest’uomo infuriato in tribunale e pretenderesti una non piccola indennità da lui. Ma se invece hai un dente dolorante che ti causa molti dolori, allora sei tu stesso ad andare da un dentista e pagarlo ben volentieri per farti strappare il dente malato. Chi potrebbe lodare un cavadenti che, solamente per suo diletto, spacca o cava i denti agli uomini? La cosa invece è del tutto diversa nelle mani di un vero dentista, perché costui con la sua operazione, spesso anche dolorosa, raggiunge un buon scopo. È impossibile che tu possa contestare che in questo caso il mezzo, di per sé crudele, venga santificato dal buon scopo raggiunto. Ma ora continuiamo!

6. Vedi, l’omicidio è uno dei maggiori peccati che un uomo possa commettere verso un suo simile. Un padre va con suo figlio per un bosco. Un uomo cattivo, il quale sospetta che il padre abbia molti soldi, sbuca fuori all’improvviso dalla boscaglia, afferra il padre per la gola e lo vuole strangolare. Il figlio vede il grande pericolo che suo padre sta correndo, afferra subito la sua arma e uccide il rapinatore assassino! Vedi, l’omicidio è dunque, come detto, uno dei maggiori peccati. Ma è forse anche un peccato l’omicidio che il figlio commise sull’assassino che voleva strangolare suo padre? Oh, no! Già la pura ragione ti dice che l’omicidio è, in sé e per sé, uno dei maggiori peccati come mezzo per raggiungere un cattivo scopo. Ma quando è abbinato col migliore scopo, come nel presente caso, esso è sacro quanto lo scopo stesso, e in particolare quando esso risulta essere l’unico mezzo efficace.

7. Come con questi tre esempi, così anche avviene con ogni azione della quale ogni uomo o spirito è pur sempre capace. Quando l’azione, dopo saggia riflessione, sembra essere l’unico mezzo efficace per raggiungere un buon scopo, allora essa è anche buona, giusta e santificata dallo scopo raggiunto!

8. E così tu, caro amico, dovrai ben chiudere un occhio con queste povere danzatrici. Infatti esse hanno danzato per raggiungere uno scopo buono, sotto vari aspetti. E questo è stato anche realmente raggiunto, come tu vedrai ben presto! DimMi, dobbiamo serbare rancore a queste danzatrici, oppure dobbiamo far assaggiare anche a loro un bicchierino della seconda bottiglia?»

9. Dice Jellinek: «Oh, se le cose stanno così, certamente! Venite pure qui, voi cari cuoricini, anche voi dovete godere di questa bella giornata!».

60. Capitolo

Le danzatrici, che desiderano chiarimenti su Dio, ricevono da Roberto la risposta: "Cerca la luce soltanto dentro di te!”.

Pericolo della ricerca puramente esteriore.

Sull’imprigionamento dello spirito.

1. A questo invito le danzatrici si inchinano con tutto rispetto, e le prime tre dicono: «O cari, splendidi amici, voi siete troppo buoni ed indulgenti verso di noi! Infatti la nostra cattiva e misera arte è certamente la più infima di tutte le arti per poter meritare, da spiriti come voi, la minimissima attenzione. E così non riusciamo a comprendere come potete essere così buoni con noi povere peccatrici! In verità, se ci trovassimo ancora nella carne sulla Terra, uomini così buoni di cuore potrebbero avere un grande influsso su di noi. Ma invece qui siamo completamente povere nello spirito, e non abbiamo null’altro che i doni della vostra grande bontà. Perciò per tale vostra grande bontà non possiamo ricambiarvi con null’altro se non che rispettandovi e amandovi con tutta la forza possibile dei nostri cuori! Se possiamo avvicinarci a voi, allora vogliamo più che volentieri essere gioiose con voi. Ma se il nostro amore, forse troppo poco puro, non è gradito al vostro essere, allora lasciateci di nuovo andar via e piangere sui nostri peccati terreni!»

2. Dice Jellinek: «Vi prego, cuoricini carissimi, non siate così romano-cattoliche! Ma dov’è il Dio che ritiene l’amore un delitto? Come potremmo perciò disprezzarvi perché ci amate? Venite pure tutte qui e bevete questo vero vino di vita! Non abbiate paura di noi; noi cinque non vi chiediamo altro che il vostro amore, che voi ci accordate volentieri. E così io spero che per voi ora sia chiaro ciò che noi desideriamo ottenere da voi, vale a dire nient’altro che la vostra amicizia e il vostro puro amore!»

3. Nell’udire tali cose da Jellinek, le danzatrici si avvicinano a noi con un’espressione amichevolissima e dicono: «Noi siamo le vostre serve! La vostra buona e nobilissima volontà sia la nostra santissima legge! Ma tuttavia osiamo rivolgervi una preghiera: sullo stupido mondo abbiamo cercato poche occasioni per cono scere veramente il supremo Essere Divino, e quindi siamo giunte qui come completamente cieche in questo primissimo punto del sapere e della fede umana.

4. Eravamo bensì cosiddette cristiane-romane ed esteriormente abbiamo fatto tutto ciò che questa Chiesa prescriveva di osservare. Ma tutti i nostri digiuni, confessioni e comunioni però non ci hanno avvicinato neanche di un pelo alla vera conoscenza di Dio. Nel corso di dieci fino a quindici anni morimmo tutte e ci siamo ritrovate qui di nuovo come per caso. Ma nella stessa condizione nella quale siamo entrate in questo severo mondo, ci troviamo ancora adesso. Non abbiamo mai conosciuto Dio e non Lo conosciamo ancora. Eppure soltanto un Dio estremamente buono, altamente sapiente ed onnipotente potrebbe averci dato questa esistenza!

5. Se voi, cari amici, non ritenete disonorevole dare alla prima occasione a noi, povere creature, un’idea un po’ migliore di Dio, ci procurereste una gioia oltremodo grande!

6. Nel mondo terreno la Divinità ci fu sempre descritta in un modo tale che appunto proprio questa rappresentazione di Dio ci ha tolto ogni vero concetto di Dio. Dio sarebbe costituito da tre persone, di cui ognuna di per sé sarebbe perfettamente Dio, e da ciò evidentemente dovrebbero risultare tre dèi! Ma questi tre dèi non sarebbero tuttavia tre dèi, ma un unico solo Dio! Ognuno dei tre dèi ha cioè un suo proprio compito. Così, per esempio, il Dio-Figlio dipende molto dal Dio-Padre e può fare ed insegnare solo ciò che vuole il Padre. Eppure si dice anche che Padre e Figlio sono tutt’uno! Mentre invece con lo Spirito Santo non si sa veramente da dove cominciare. È di più o di meno del Padre o del Figlio? Egli procederebbe da ambedue ed è rappresentato su entrambi come una colomba! E poi ci sono anche i miliardi di ostie, di cui ognuna dovrebbe essere perfettamente Dio! Può forse un uomo avere chiarezza su un Essere Divino rappresentato in tal modo? Perciò non siate contrariati per la nostra richiesta, poiché noi abbiamo bisogno della vostra risposta più che di questo vino!»

7. Dice Roberto, porgendo un calice del miglior vino: «Care sorelle, nel Nome di Dio, il Signore e Creatore dell’infinito, prendete ora fiduciose questo vino e bevetelo! Infatti lo spirito di questo vino non è come lo spirito dei vini terreni nei quali, secondo Paolo, dimorano gli spiriti della lussuria e della fornicazione. Ma lo spirito in questo vino si chiama Spirito dell’eterno, purissimo Amore in Dio, perciò tale Spirito è anche una santa fiamma piena di splendore, luminosità e chiarezza. In questa luce voi da sole troverete ben presto in voi ciò che vorreste avere da noi.

8. Sublime è il vostro desiderio, e nessun angelo può trovarvi una macchia. Però non cercate il suo adempimento al di fuori di voi, ma dentro in voi, ed esso vi sarà utile in eterno! Se invece siamo noi a darvelo, voi avrete una proprietà estranea in voi. Certo, esteriormente ciò potrebbe procurarvi un vantaggio temporale, però, col tempo, interiormente vi procurerebbe un danno non facile da riparare.

9. Infatti,vedete, un insegnamento puramente esteriore si può impartire dapprima anche soltanto agli spiriti esteriori, i cui sensi sono soltanto materiali. Esso provoca poi in questi spiriti una rivoluzione e li induce di tanto in tanto ad accettare tale insegnamento. Lo spirito interiore se ne accorge ben presto; esso esce e va tra gli spiriti della natura - ossia l’anima naturale vera e propria di ogni uomo -, scorge la buona semente e ne prova grande gioia. Ma poi succede quasi sempre una sciagura. Mentre il vero e proprio spirito vitale dell’uomo contempla la semente esteriore e, fuori dalla sua dimora tra i suoi spiriti della natura, si rallegra di un ricco raccolto, i più maligni e impuri spiriti naturali che ancora erano presenti nell’anima, si radunano in tutta fretta per penetrare nella dimora del vero spirito e impedirgli il ritorno, anzi spesso rendendoglielo perfino impossibile. Ma se poi il vero spirito perde la sua sede della vita, all’inizio cerca di edificarsi una nuova sede tra i migliori spiriti animici naturali, abitando in mezzo a loro come un inquilino nella casa di un altro proprietario. Ma poiché esso, derubato di tutte le sue proprietà, alla fine non è in grado di pagare l’affitto, allora il padrone di casa gli toglie tutto ciò che ancora aveva e lo rende per di più prigioniero, o addirittura schiavo della sua avidità di dominio! In questa condizione l’interiore vero spirito della vita si deve poi associare con i più impuri spiriti naturali e tirare il carro del vizio sotto lo stesso giogo. E questo poi è anche tanto quanto la morte spirituale dell’uomo, poiché in un tale uomo Satana ha edificato il suo trono ed ha ridotto l’autentico signore della vita nell’uomo uno schiavo delle brame e degli appetiti infernali!

10. Perciò ascoltate sempre il consiglio di non aspirare troppo avidamente all’istruzione esteriore, poiché questa non serve a nulla se lo spirito non la accoglie nella massima umiltà e non impernia subito su di essa l’intera sua vita, e questo è certamente un compito molto difficile per ogni spirito. Vedete, Salomone, il più saggio re d’Israele, cadde malgrado la sua sapienza, perché il suo spirito interiore, sentendosi abbastanza forte, osò una volta lasciare la sua più intima sede per uscire e andare in mezzo ai suoi spiriti della natura per riordinarli secondo la sua sapienza. Ma poiché egli fece questo prima del tempo della sua piena maturità - che deve sempre avvenire dall’interno verso l’esterno e mai dall’esterno verso l’interno -, così egli fu preso prigioniero dai suoi spiriti impuri e non gli fu più consentito di accedere alla sua casa che, fin troppo presto, fu trasformata in una dimora di ogni vizio, lussuria e idolatria! Così anche Giuda tradì il suo Maestro, Signore e Dio, poiché accolse l’insegnamento della salvezza soltanto nei suoi spiriti esteriori che hanno la loro sede nell’intelletto e con ciò in ogni genere di avidità. In tal modo egli fece uscire il vero spirito vitale dalla sua più intima dimora e la spalancò a Satana per disporne liberamente. La conseguenza di ciò è troppo conosciuta, perché io ve la debba ripetere di nuovo.

11. Perciò bevete ora questo vino! Esso risveglierà in voi il giusto amore per Dio. E questo amore rafforzerà e farà crescere il vostro spirito. Quando poi lo spirito, mediante la sua crescita, compenetrerà tutti i suoi spiriti naturali esteriori senza abbandonare la propria sede originale, esso poi troverà dentro di sé tutto ciò che egli vorrebbe ora ricevere dall’esterno. Mi avete compreso bene?».

61. Capitolo

Come viene ostacolato lo sviluppo dello spirito nell’uomo.

Perché gli impuri spiriti sensuali sono i più duri da eliminare.

1. Dicono le danzatrici: «O tu saggissimo, amico veramente iniziato nell’essenza più intima della vita dell’uomo! Ti abbiamo compreso molto bene! Tu ci hai esposto chiaramente ciò che noi abbiamo spesso oscuramente presunto. Come possiamo esserti abbastanza grate per questo?

2. Quante volte abbiamo visto sulla Terra uomini il cui spirito aveva la migliore istruzione immaginabile, uomini famosi nel campo religioso che stavano veramente in odore di santità e che ognuno onorava e lodava. Anzi, ancora di più: uomini che attestavano tracce inconfondibili di elevata illuminazione, sia a parole che a fatti. Tali uomini venivano di tanto in tanto da noi e ci proponevano i più ripugnanti divertimenti! No, pensavamo noi, se queste sono le conseguenze di una tale eccellente virtù cristiana, non vogliamo saperne più nulla di loro! Allora tali fenomeni erano per noi degli enigmi inesplorabili, mentre ora ci è tutto chiaro, perché solo adesso sappiamo da dove provengono i molti mali. Dacci ora il vino della vita, e noi tutte vogliamo accogliere in noi questo calice di umiltà fino all’ultima goccia!»

3. Roberto ora porge loro il calice ed esse bevono, diventando così completamente gioiose.

4. Jellinek però, insieme a Messenhauser e Becher, si stupisce enormemente della sapienza di Roberto e dice dopo un po’: «Fratello, questo è troppo in una sola volta! Tu sai che ti ho sempre ritenuto uno spirito molto sapiente, però che tu fossi un uomo così profondamente sapiente, mai ne ebbi la più pallida idea! A me però sembra che tu, senza volerlo, hai detto ora delle cose che non sono farina del tuo sacco. Ma non fa nulla, poiché con questo hai acceso anche in me un lumicino, per cui ora comincio a giudicare le cose e le apparenze in modo diverso da come facevo prima.

5. Ora mi pare anche un po’ più chiaro il motivo per cui le danzatrici hanno danzato davanti a noi! Non hanno esse tirato fuori in tal modo i nostri spiriti impuri dalla dimora occupata dal nostro vero io, e questo ha poi velocemente ripreso dimora nella sua giusta abitazione?»

6. Dice Roberto: «Sì, sì, quasi quasi avresti esposto la cosa secondo la verità. Ma ciononostante hai ancora guardato dentro di te in modo un po’ troppo superficiale, poiché, caro fratello, come hai potuto pensare così di te e di tutti noi?

7. Io ti dico che nel nostro caso è proprio il contrario. I nostri e in particolare i vostri spiriti si trovano fortunatamente nella loro giusta abitazione di vita, altrimenti non vi trovereste qui in questa casa, ma vi trovereste in una casa dove non giunge in eterno nessuna luce e nessun calore della vita.

8. I vostri spiriti sono stati fin troppo assediati dagli spiriti naturali, così che potevano difficilmente muoversi e guardare oltre a questi spiriti della natura. Perciò anche fino a poco fa riuscivate appena a muovervi in quella stanza, e ancor meno guardare da una qualche parte. Soltanto attraverso un aiuto straordinario dall’Alto gli asse-dianti del vostro spirito sono stati spinti all’esterno. E vedete, in questo modo il vostro spirito ha potuto subito sviluppare da sé più luce e con ciò ampliare il suo orizzonte, che prima era estremamente limitato. Allora scopriste anche subito una porta aperta e questo tavolo con il vino della vita.

9. Ma tuttavia erano rimasti una quantità di tali spiriti naturali, come assedianti della giusta abitazione del vostro spirito, tanto che, a causa del loro numero ancora grande, il vostro spirito non poteva guardare in piena chiarezza, ma come attraverso un leggera nebbioli-na. Ma poiché questi spiriti - che sempre con grande accanimento assediano il vero spirito e vogliono attirarlo nella loro sfera - provengono per lo più dall’amore sensuale della carne, essi hanno anche, in un aspetto, la più ragguardevole somiglianza con il vero spirito del puro amore di Dio nei nostri cuori. Essi sono i più difficili da mandare via da questa abitazione della vita, poiché essi, come nessun’al-tra specie di spiriti naturali, sono fin troppo attaccati alla vita. La loro più grande paura è di perdere la vita, poiché essa procura loro così tanti dolci godimenti.

10. Questi ostinati spiriti naturali possono essere allontanati un po’ di più dall’abitazione dell’autentico spirito solo mediante una straordinaria tentazione esteriore, e in tale occasione poi il vero spirito può di nuovo ampliare un po’ il suo territorio e così diventare più libero e chiaro. E vedi, una tale tentazione esteriore fu inscenata anche qui da queste danzatrici. E il vostro vero io è così diventato molto più libero e chiaro. Ed è per questo che prima il mio sublime Amico ti ha detto, fratello Jellinek - quando trovasti le danze qui un po’ strane - di non badare così tanto al mezzo, ma piuttosto al buon scopo! Ora hai il miglior scopo chiaramente illuminato davanti a te. E così io penso perlomeno che ora non obietterai più contro il mezzo!

11. Che però queste danzatrici non siano ancora degli angeli puri, anche se tramite loro è stato raggiunto un buon scopo per voi, questo non occorre che io ve lo spieghi. Vogliamo però fare di tutto affinché lo diventino, cosa che loro - come anche noi - ancora non siamo!

12. Io vi precedo soltanto di un unico gradino, e questo è anche tutto il mio vantaggio; però la scala della nostra eterna destinazione è infinita. Ed ecco che potrà facilmente accadere che le nostre attuali differenze vengano pareggiate, tanto che nessuno di noi precederà anche di poco l’altro, ad eccezione di quell’Amico e Fratello accanto a te, fratello Jellinek, il quale è così incredibilmente molto più avanti di noi, a tal punto che non potremmo mai raggiungerLo! E perché questo? Una conoscenza molto più approfondita con Lui vi darà in seguito una risposta più che sufficiente

13. Ma ora abbiamo un altro lavoro, molto importante davanti a noi, che deve essere messo al più presto in ordine, altrimenti non potremmo muoverci in questa casa a nostra libera discrezione».

62. Capitolo

Le brutte condizioni nell’Aldilà della lussuriosa compagnia viennese

1. Continua a parlare Roberto: «Guardate fuori da questa finestra nel meraviglioso giardino che circonda ampiamente questa casa, e ditemi che cosa vedete!»

2. I tre vanno subito alla finestra e guardano fuori. Ma non appena hanno gettato uno sguardo fuori, indietreggiano inorriditi. Jellinek prende la parola e dice: «Ma fratelli! Per l’amor di Dio, che cosa è questa roba? Sono uomini, bestie o diavoli? No, non avrei mai sospettato nulla di simile nelle vicinanze di questa casa. Di colpo si vedono infatti ammassate tutte le mostruosità della più sporca mitologia pagana, in modo corporeo e reale! Ti prego, caro fratello, sbarra dunque il portone di casa, altrimenti incorriamo nel pericolo che queste bestie si precipitino su di noi e ci divorino da capo a piedi!»

3. Dice Roberto: «Oh, non temete! In fondo non sono così come vi sembrano a prima vista. Ma che vi appaiono così ripugnanti deriva dal fatto che essi ancora credono, dal periodo di Vienna, che voi li abbiate traditi denunciandoli a Windischgratz! Se saranno convinti del contrario, vi sembreranno subito un po’ più umani. Infatti, dovete sapere che questi sono individui viennesi di ogni genere, i quali durante i fatali giorni d’ottobre sono caduti come combattenti per la libertà terrena, uccisi dalle armi dei soldati imperiali. Essi credono ora che questo non sarebbe stato mai possibile se in particolare Messenhauser non li avesse traditi segretamente. Ma se si convinceranno del contrario, allora anche per loro, con l’aiuto di Dio, potrà esser fatto qualcosa di diverso. Se tra loro dovessero essercene alcuni che non vogliono per nulla ricredersi, il Signore saprà pur bene come separare, con il Suo Potere, tali caproni dalle pecore migliori!

4. Perciò li lasceremo anche entrare e lavoreremo su di loro, secondo la Volontà del Signore! Infatti è stata anche colpa nostra se, mediante i nostri discorsi e leggi, essi sono giunti a tal punto, e quindi è anche ora nostro dovere condurli su una via migliore. E perciò seguitemi, e ora andiamo fuori da loro nel Nome del Signore!»

5. Roberto si reca ora fuori in giardino con Messenhauser e Becher, dove si trovano ancora i noti viennesi accanto alle loro prostitute, ormai sfibrate, e alle figlie violentate. Io invece, con Jellinek al Mio fianco, li seguo nel giardino, dove troviamo quella gente in un evidente stato di disagio.

6. Quando Roberto domanda come stiano ora, gridano quasi tutti in coro: «Miserabilmente, meschinamente e pessimamente! Aiutateci, oppure toglieteci questa misera vita sporcacciona; tanto non ce ne importa! Non è divenire così solamente del diavolo!?

Immaginati quante belle esperienze abbiamo fatto qui in questo sudicio, marcio e puzzolente regno degli spiriti! È vero che abbiamo esagerato un po’ troppo con le sgualdrine, ma siamo delle bestie, e non siamo mai stati altro, perché non siamo mai stati educati a qualcosa di migliore, e la colpa di questo ce l’hanno unicamente i nostri saggi e clementi regnanti. E così ci siamo sollazzati anche qui nella maniera preferita, pari a quella del padre Adamo con Eva. Ma ora ascolta qual è la cosa che qui nel regno degli spiriti è del tutto abominevole, e cioè il fatto, quasi incredibile, che siamo stati quasi tutti quanti contagiati qui! Questo certo è maledetto, contagiati qui nel regno degli spiriti! Se soltanto ci fosse dato qualche aiuto! Ma ovunque non c’è nulla, da qualsiasi parte si guardi. Ora vedi come stiamo! Perciò sii buono e procuraci un qualunque aiuto oppure uccidici tutti quanti, poiché è mille volte meglio non esistere del tutto che esistere in queste orribilmente amare condizioni!

7. E c’è dell’altro! Dicci, chi sono i tuoi compagni? Uno di loro lo conosciamo già: è il cosiddetto padrone vero e proprio di questa casa, un uomo di Dio veramente raro! Ma gli altri tre non li conosciamo! Avanti, dicci chi sono!»

8. Dice Roberto: «Miei poveri amici malati, siete dunque così ciechi che non potete più riconoscere Messenhauser, Becher e Jellinek?»

9. Gridano in molti: «Accidenti e ancora accidenti! Che cosa!? I tre capi mascalzoni sono qui? Eh, sì, ci saremmo preferibilmente immaginati la morte piuttosto che rivedere nuovamente in particolare il capo delle canaglie Messenhauser! Ma la sua fortuna è che ora siamo tutti così miserabili, altrimenti gli avremmo dato qui uno strano ringraziamento per i suoi ordini a Vienna! Ma poiché siamo troppo deboli per una persuasiva dimostrazione di gratitudine, egli si può nel frattempo soltanto consolare con il fatto che noi auguriamo a questo matricolato mascalzone e canaglia ciò che lui stesso sicuramente non si augurerebbe mai! Ecco Messenhauser, Becher e Jellinek! Ecco che tutta la gentaglia si riunisce! Veramente un bel paradiso questo!»

10. Dice Roberto: «Ditemi, vi sentite tutti più leggeri ora che avete insultato i miei amici?». Dicono i viennesi: «No, non lo siamo; però abbiamo dovuto dirglielo, perché se lo sono veramente meritato! Tu stesso sai come e perché!»

11. Dice Roberto: «Ascoltate, lasciamo ora stare questo; ciò che è passato, è passato! Nessuno di tutti noi, all’infuori del mio sublime Amico, può asserire di se stesso di non avere mai sbagliato! Io credo piuttosto che ognuno di noi ha percorso, non una sola volta, la scala di tutti i peccati mortali. Sarebbe molto stupido da parte mia se volessi ora presentare dinanzi a voi questi tre accusati come innocenti. Essi hanno commesso la loro buona parte di peccati, però anche noi non ci siamo senz’altro risparmiati. Decidere chi fra di noi sarebbe quello più maturo per l’Inferno dinanzi al seggio del tribunale di Dio, questo non dovrebbe di certo causare grandi grattacapi all’eterno Maestro della vita! Ma io penso però, dato che noi tutti qui valiamo un nulla davanti a Dio, che non dovremmo quindi più accusarci a vicenda. È meglio darci la mano in una reciproca amnistia generale, perdonarci tutto reciprocamente e fondare qui, in questo nuovo regno della vita, anche una nuova colonia di soli amici e fratelli! Questo ci porterà in seguito frutti migliori che non se volessimo qui ancora condannarci, visto che comunque, anche senza questo, ognuno di noi deve portare sulle proprie spalle una bella porzione di colpa! Che cosa pensate, vi piace la mia proposta ben intenzionata?»

12. Gridano tutti: «Sì, sì, hai perfettamente ragione! Però sopra ad ogni cosa ci serve soltanto la salute! Tu sai infatti che un uomo o uno spirito sofferente non può facilmente pervenire ad una sana decisione. Infatti, un viennese malato è un cibo disgustoso perfino per una scrofa!»

13. Dice Roberto: «Ebbene, lasciate perdere le contese! Alzatevi e venite in casa con me, dove troveremo certo i mezzi per risanarvi di nuovo! Infatti qui, nel regno degli spiriti, nessun medico può fare qualcosa per l’esteriore, dato che qui tutti i mali devono essere sanati dall’interno. E per questo è necessario che voi entriate qui nella mia casa, la quale è ottimamente provvista di ogni possibile cosa! Perciò seguitemi».

14. A queste parole di Roberto tutti si alzano, anche gli esseri femminili, e zoppicano come meglio possono dietro a noi per entrare in casa, e cioè nella stanza già nota che è abbastanza grande per accogliere parecchie migliaia di ospiti.

63. Capitolo

I ragionamenti e le offese di defunti viennesi che si ritrovano nell’Aldilà

1. Quando tutti sono insieme nella stanza, uno di loro si accorge delle danzatrici e dice: «Ebbene, di queste qui ora proprio non ne voglio sapere niente! Le condizioni in cui ora siamo ridotti e quelle lì, sono due cose che non possono andare d’accordo!»

2. Un altro vicino a lui dice: «Ma perbacco! Sarebbero bellocce! E che belle gambe hanno! Accidenti, se solo fossi sano, anima mia, quella nel mezzo mi andrebbe proprio a genio!»

3. Il suo vicino lo ammonisce: «Ti prego, Franz, sii ragionevole! Non sai dunque che adesso non siamo più sulla Terra?»

4. Dice il primo: «Questo lo so bene! Ma, mondo sì o mondo no, sono pur sempre belle! Allora non si dovrebbe avere nessun sentimento per restare indifferenti!»

5. Dice il terzo: «Ma se poi il Franz finisse all’Inferno con la sua non-indifferenza, come si sentirebbe poi il Franz?»

6. Dice Franz: «Ehi, va’ al diavolo! Sei e rimani uno stupido! Siamo forse ora in Cielo? Oppure hai già visto una volta l’Inferno per poter dire ora di non essere all’Inferno?»

7. Dice l’interpellato: «Lo so bene, però prima dobbiamo essere condannati e poi vedremo il fuoco infernale. E io penso che adesso non è ancora il nostro caso. È vero che mi brucia maledettamente, e tu sai bene perché! Ma questo comunque non è l’Inferno, dato che ancora non siamo stati dannati e non vediamo nessun fuoco! Ma quello che credo è che se ancora non lasciamo stare le maledette sgualdrine, ora che già siamo nel mondo degli spiriti, si può più facilmente finire all’Inferno da qui che non dalla Terra! Ho forse torto?»

8. Dice il primo: «Sì, sì, hai certamente ragione! Ma posso ben pensare di testa mia?! Non farò comunque nulla!»

9. Dice l’altro: «Sì, sì, fare nulla, fare nulla! Prima vengono sempre i pensieri; dopo i pensieri vengono le brame e dopo le brame vengono le azioni. E poi viene l’Inferno, e dopo tutto è finito! Mi comprendi? Io la penso così: “Noi siamo morti ed ora ci troviamo nel mondo degli spiriti, dove si deve essere bei tranquilli e ubbidienti e non pensare, dire e fare nient’altro se non quello che ci dirà il Blum. Allora potrà andare meglio per noi!”»

10. Dice Franz: «Ma sì, va bene così; non sei poi così stupido come sembri»

11. Dice una eroina delle barricate che si trova accanto ai due: «Ma guarda questi due mocciosi! Questi vogliono convincersi l’un l’altro se esiste o no l’Inferno! Ahahah! Uno è più moccioso dell’altro, ed aspettano ancora di venire dannati come se non fossero già dannati! Ahahah! È troppo divertente!»

12. Dice Franz: «Ma perché non chiudi la tua bocca puzzolente da impiccata? Tu, sgualdrina di tutti gli studenti di Vienna. Sta a vedere che te ne appioppo ancora un paio davanti al Regno celeste del Cristo, al punto che perfino la beatissima Vergine si metterà ad urlare per il male! Ma guarda questo letame arrostito! Questa ci vorrebbe già vedere tutti quanti insieme all’Inferno! Bada di non volarci dentro con le tue mani simili alle ali del pipistrello!»

13. Si aggiunge un altro e dice in tono patetico: «Amici, riflettete dove siete! Questo non è il Prater dove la folla viennese si comporta dieci volte più rozzamente che altrove! Riflettete, qui è il serio mondo degli spiriti dove si deve essere composti e seri per non venire istantaneamente dannati in eterno. Infatti Dio non concede grazia e perdono in questo mondo!»

14. Dice l’eroina: «Oho, non si scaldi troppo lei, testa di zucca dalle spalle larghe! Che il Signor Dio non possa avere pietà di un beone di birra a barili come lei, non è una cosa del tutto naturale?»

15. Dice l’uomo patetico, sbarrando gli occhi: «Ch-e-e-e dice questa strega del monte Block? Oh, per questa lingua tagliente si troverà ben un bastone anche qui nel mondo degli spiriti! Ma non c’è nessuno qui che con le sue mani vuole storcere il collo a questa sudicia sgualdrina?»

16. Dice l’eroina: «Oh, non si preoccupi per questo! Se si tratta di trovar qui un tipaccio per torcermi il collo, non c’è nessun altro più adatto di lei per questo affare! Ma io penso che un lavoro del genere sarebbe per lei anche fin troppo buono. Ma chi crede di essere lei, lei botte di birra ambulante!? Dite: una birretta e la vostra prosperosa [amante] Maria, queste sì che vi mancano qui nel mondo degli spiriti!? Ma si consoli, forse la sua Maria arriverà anche lei ben presto. Allora il caro Signor Dio sarà più misericordioso di quanto lo sia adesso!»

17. Dice il patetico: «Amici! Lasciamo perdere questa carogna puzzolente, perché una mucca con la coda sudicia rende impuro tutto ciò che le sta attorno!»

18. Dice l’eroina: «Ma sarebbe certo una vergogna se lei non fosse più puro di me, visto che lei si è abbastanza lavato in tutta la sua vita con alcune migliaia di boccali di birra! E questo sarà ben altra cosa di cento confessioni generali con tutti i gesuiti! Se io fossi un pezzetto del caro Signor Dio, saprei bene come renderla beato! Guardi, farei di tutto il Danubio una birra forte e poi la metterei dentro, proprio là dove il fiume sfocia nel Mar Nero, con accanto la prosperosa [amante] Maria. E così lei sarebbe l’uomo più beato!».

64. Capitolo

Il patetico presuntuoso si trova malissimo nell’Aldilà, poiché là non c’è distinzione di classe, ma sono tutti “fratelli e sorelle” e la felicità consiste unicamente nel “reciproco scambio d’amore”

1. Il patetico ora lascia l’eroina e si reca da Roberto per fargli rispettosamente notare quali esseri villani insudiciano la sua illustre casa qui nel mondo degli spiriti. Egli vorrebbe che tali esseri fossero dirottati da qualche altra parte!

2. Dice Roberto: «Mio apprezzabile amico, questo non è affatto possibile qui! Veda, sulla Terra non volevamo altro che ottenere tra gli uomini la totale parità di diritti sotto ogni aspetto! Ma ciò che sulla Terra non fu possibile ottenere, ci viene offerto qui a tutti noi in pienissima misura. E questo è un vero dono da parte del supremo Governatore di tutti i Cieli e mondi. Se lei vuole ora essere veramente felice sotto la più libera costituzione che Dio Stesso ci dà qui, allora non sopravvaluti il suo personale valore umano! Rifletta scrupolosamente sul fatto che tutti gli uomini che lei vede qui hanno lo Stesso Dio come loro Creatore e Padre; in tal modo lei amerà poi veramente questi uomini e troverà giusto amore contraccambiato, che qui avrà come unico effetto la felicità di tutti. Così lei non dovrà mai più cercare rifugio dai giudici d’onore, ma il suo stesso cuore le procurerà la migliore giustificazione nei cuori dei suoi fratelli e sorelle! Inoltre lei non deve assolutamente preoccuparsi se la mia casa venga insudiciata o meno da questi poveri esseri, poiché a questo è già stato provveduto! Devo anche confessarle apertamente che questa eroina dalla parlantina sciolta mi è più gradita di lei! Essa è così com’è, una viennese, ma nonostante questo ha un buon cuore. Lei invece è un filosofo di corte in pensione, che si fa dare soltanto del “lei” senza riflettere che noi qui siamo tutti fratelli e sorelle! Dica lei stesso chi mi dovrebbe essere più caro qui: lei, oppure quella viennese in tutta la sua schiettezza?»

3. Il patetico fa un inchino davanti a Roberto e dice: «Se qui si tiene simile linguaggio tra uomini d’onore, allora io prego di voler permettermi di poter di nuovo recarmi all’esterno, poiché qui c’è puzza di volgarità e plebaglia!»

4. Dice Roberto: «Amico mio, in questa casa non si trova da nessuna parte una prigione né una qualunque catena, all’infuori di quella dell’amore! Se lei non vuole rassegnarsi a questa catena, può andarsene liberamente fuori proprio come è entrato qui! Devo purtroppo solo farle notare che le sarà un po’ difficile far ritorno nuovamente in questa casa dell’amore, poiché potrebbe essere molto facile che lei perda di vista questa casa non appena lei fa il primo passo fuori! Ora lei sa cosa l’aspetta, ma lei è libero e può fare quello che vuole!»

5. Il patetico ora resta sorpreso e non sa cosa fare. Ma la nostra eroina sopraggiunge rapidamente e dice: «Suvvia, rimanga qui! E non sia così presuntuoso! Veda, io sono già da un po’ nuovamente tranquilla! Mi aveva un po’ infastidito il fatto che lei abbia voluto negare al caro Signor Dio ogni Grazia e Misericordia, ed allora le ho espresso la mia opinione; era però completamente a fin di bene. Ma lei mi avrebbe divorata per la rabbia, se le fosse stato possibile!

Poi lei è andato ad accusarmi e volentieri avrebbe voluto vedermi punita. Ma il signor Blum è un pochino più assennato di noi due, e così lei non ha ottenuto nulla e questo la irrita ora! Ma lasciamo perdere e siamo nuovamente buoni amici e rimanga! In seguito tutto si sistemerà di nuovo! Siamo tutti uomini imperfetti e perciò dobbiamo avere un po’ di pazienza l’un con l’altro! Cosa sarebbe se qui, quali spiriti, facessimo anche gli offesi? Venga qui di nuovo da noi! Il vecchio Franz, che fu per tanto tempo il suo lustrascarpe, le metterà nuovamente la testa a posto! Allora, è ancora arrabbiato con me?»

6. Dice il patetico: «No, non sono proprio arrabbiato con te, poiché questo non mi procurerebbe nessun onore, perché tu, per così dire, non sei nulla di fronte a me! Ma in mezzo a voi, dove regna la più grande volgarità, non posso nemmeno più stare, ma mi tratterrò invece qui nella cerchia dei rispettabili. E così lei si tiri indietro!»

7. Dice l’eroina: «Faccia attenzione però che i rispettabili non diventino cattivi accanto a lei, goffo presuntuoso! Ma chi crede di essere lei? Io sono di certo una ragazza “allegra” di Vienna, ma non sono proprio cattiva. Se però sono troppo cattiva per lei, allora vada a cercarsene una migliore! Là ce ne sono giusto un paio di dozzine! Vada là e provi a vedere se ha fortuna! Quelle le diranno bene quanto valete!».

8. L’eroina torna di nuovo in mezzo ai suoi. Il patetico invece arriccia il naso e fa come se non avesse proprio considerato l’eroina dalla lingua sciolta.

65. Capitolo

I viennesi e lo sgradevole boemo. Jellinek invita tutti a smetterla di litigare e ad avere pazienza con le debolezze dei propri fratelli.

1. Quando la nostra eroina si trova di nuovo in mezzo a coloro con i quali aveva avuto prima un dialogo un po’ mordace, il già noto Franz le dice: «Allora, donna dall’albero di acacia lussemburghese, come ti è andata con l’eroe focoso dalle spalle larghe? Gliele hai dette giuste alla maniera viennese?»

2. Dice l’eroina: «Ebbene, l’avrà ben capito! Adesso questo sciocco crede proprio di essere un signore! Beh, ben presto avrà un altro tipo di trattamento! Certo che gliene ho dette! Se solo aveste sentito quante gliene ha detto il signor Blum, poiché è andato a lamentarsi come se ne avesse avuto una gioia matta! Non auguro a nessun uomo qualcosa di male, nemmeno a questo balordo; ma poiché ha avuto una così superba espressione, sarei contenta se i bravi signori là gli tagliassero un po’ le ali. Oh, questo gli starebbe proprio bene!»

3. Dice Franz: «Dai donna, ora mi piaci di nuovo, e torno ad essere nuovamente buono con te! Però ti dico questo: “Se mi attacchi un’altra volta così come hai fatto prima, allora vedi di sparire!”. Ma ora è di nuovo tutto a posto, mi capisci?»

4. Dice l’eroina: «No, no, non siamo mica boemi, che dobbiamo tenerci il broncio per sette anni! I viennesi, anche se agiscono come se volessero divorarsi l’un l’altro, quando però si sono rappacificati, sono nuovamente i migliori amici! Ma con i boemi è una vera croce! Anch’io una volta ne ho conosciuto uno. Credo che egli dopo tre anni mi avrebbe ancora sbranata per puro amore, se solo mi avesse potuto prendere!»

5. Dice Franz: «Donna, non parlare così forte, perché non si può mai sapere chi ci sta ad ascoltare. Non sai che i boemi hanno lunghissime mani e lunghissimi orecchi, e che proprio per questo sono sempre stati le migliori spie e servitori della polizia?»

6. A queste parole di Franz si alza subito una vigorosa figura paffuta (un boemo), tira un profondo respiro e dice poi rivolto principalmente a Franz: «Ascoltami, brutto tipo: chi è che avrebbe orecchi e mani lunghissimi? Aspetta, dillo ancora una volta! Anche se sono uno spirito, ti farò vedere io chi ha gli orecchi lunghi! Mi hai capito, mascalzone?»

7. Dice l’eroina: «Ah perdinci, Franz! Vediamo di andare via! Quando si chiama il lupo, eccolo che arriva! C’era già qui qualcuno come in vita sua uno non si potrebbe augurare di meglio. Oh, se quello si arrabbia, io credo ci ammazzi subito!»

8. Dice il boemo: «Chiudi il becco, femmina! Altrimenti ti do una sberla che ne avrai per un bel pezzo! Credi forse che i boemi siano dei diavoli? Tu sei una prostituta, ma i boemi sono gente per bene! Mi capisci, boccaccia?»

9. Dice l’eroina: «Sentite, miei cari viennesi, questo è un boemo! Se non fossimo in una casa così rispettabile, quello dovrebbe essere buttato fuori anche se costasse la vita a mia madre. Ma ciò non si può fare! Andiamo ora subito via, altrimenti vedremo una scenata!»

10. A queste parole l’eroina si reca svelta con parecchi viennesi da Jellinek e Me, e rivolge subito a Jellinek il seguente discorso: «No, no, signor dottore, quasi non vi avevo riconosciuto! I miei ossequi! Come state e che ci fate qui?»

11. Dice Jellinek: «Vedi, sto molto bene, molto meglio che nel mondo! Ma il mio più ardente desiderio è che tutti voi stiate altrettanto bene, così che poi non litighiate più l’un l’altro come avete fatto finora. Dovete smetterla del tutto qui, altrimenti difficilmente le cose potranno migliorare per voi tutti! Imparate da noi come si deve avere pazienza con le debolezze dei propri fratelli, così vi comprenderete subito più facilmente, e questo vi porterà frutti d’oro! Ma se continuate ad insultarvi a vicenda e minacciarvi di prendervi a botte, allora sarete ben lontani dall’intrattenere tra di voi quell’amore cristiano-celeste, che è l’unica condizione necessaria per la vera beatitudine di tutti gli spiriti. Perciò lasciate la vostra sciocca contesa e diventate miti nei vostri cuori, e verrete aiutati presto e facilmente! Ma se continuate a litigare fra di voi, vi si dovrà lasciar soffrire ancora a lungo. E comunque, anche se verrete aiutati, l’aiuto sarà scarso, come è scarso il vostro reciproco amore e la vostra reciproca amicizia! Pensate che davanti a Dio siamo tutti uguali! Nessuno ha la precedenza sull’altro, all’infuori di chi è più umile di tutti e racchiude nel suo cuore il più forte amore per Dio e per tutti i suoi fratelli! Mi hai compreso bene?»

12. Dice l’eroina: «Oh sì, ti ho compreso bene, ma le nostre boccacce viennesi non possono mai stare zitte quando hanno un po’ di fiato! Allora è stata presa così una buona cura miracolosa! Questa non era possibile qui nel regno degli spiriti? Sapete, i nostri cuori non erano poi così malvagi; ma stare zitti, questo un diavolo non l’ha mai visto!»

13. Dice Jellinek: «Ebbene, vedremo che cosa si potrà fare. Ma dovete sforzarvi anche voi stessi di frenare un po’la vostra lingua! Domanda a questo “signore” qui vicino a me, egli può molto! Se vi aiuta lui, sarete veramente aiutati!»

14. Dice l’eroina: «Signor Jellinek, ditemi se questo signore comprende il nostro viennese! Egli ha comunque un viso buono, e così sembra anche di sentimento! Avrei già il coraggio di rivolgergli la parola, ma solo se comprende il viennese!»

15. Dice Jellinek: «Oh, eccome! Egli comprende e parla tutte le lingue immaginabili. Anzi, ti dico che comprende precisamente perfino la lingua del cuore e riesce, per così dire, a leggere di primo acchito qualunque cosa uno possa segretamente pensare. Provaci, e ti convincerai subito che ho ragione!»

16. Dice l’eroina: «Oh, che cosa mi dite? Se egli può far questo, allora deve essere un po’ imparentato con il nostro caro Signor Dio! Ma se egli sa già tutto ciò che voglio dirgli, allora questo diventerà un discorso divertente! Ma ci proverò, e può dire tutto ciò che vuole! Ma ditemi ancora come si chiama e poi non avrò bisogno d’altro»

17. Dice Jellinek: «Sì, cara amica, tu batti proprio sul punto in cui anch’io sono piuttosto all’oscuro! Io sospetto e suppongo che egli sia un grande e potente spirito angelico che ci è stato inviato per istruirci e per indicarci la giusta via che porta a Dio. Ma questo è anche tutto ciò che posso dirti. Come si chiama in realtà e quale alta posizione ricopra dinanzi a Dio, lo so tanto poco quanto lo sai tu! Ma questo è certo: solo lui può veramente aiutare qui, perché egli possiede il potere per fare questo»

18. Dice l’eroina: «Ah, ah, mi si sta accendendo una luce! Sapete, signor Jellinek, io mi chiedo se non sarà costui magari un apostolo! Forse perfino Pietro o Paolo? Eh, che cosa ne pensate, ho ragione oppure no?»

19. Dice Jellinek: «Mia cara, tutto può essere. Rivolgiti perciò direttamente solo a lui, e presto saprai come stanno le cose. Solo mi pare un po’ troppo indipendente per essere un Paolo od un Pietro! Perciò suppongo che egli deve essere ancora qualcosa di più importante; forse una specie di arcangelo? Ma parla tu stessa con lui, e presto ti chiarirai le idee!».

66. Capitolo

L’eroina chiede aiuto al Signore, e racconta la sua vita terrena di prostituta. In quali casi le prostitute entrano nel Regno dei Cieli.

1. A questo invito l’eroina Mi guarda per un po’, Mi si avvicina e Mi dice: «Perdonatemi, mio ottimo signore, se ora vi infastidisco con una preghiera! Vedete, il signor Jellinek mi ha indicato voi e mi ha detto che siete molto potente e potete portare aiuto dappertutto, ovunque può esservi necessità. Vedete, migliore, degnissimo e amorevole signore! Io ho commesso dei grandi errori e ho molto bisogno di aiuto! Siate così buono ed aiutate me e tutti noi viennesi, se vi è possibile! Ecco, noi nel mondo terreno eravamo cresciuti come bestie e come bestie siamo venuti qui, e siamo dappertutto malati, ovunque si guardi; ed oltre a ciò siamo stupidi come è stupida la guerra religiosa dei trent’anni. Siate così buono, rendeteci più sani e un po’ più intelligenti di quanto lo siamo adesso, e tutti noi ci comporteremo poi già meglio!»

2. Dico Io: «Sì, sì, Io posso certamente aiutarvi, e te innanzitutto! Ma prima devi ammettere e riconoscere apertamente a Me: dove ti fa male in particolare? Infatti, se sei ammalata, allora Mi devi dire dove, come e con quale mezzo ti sei procurata la malattia. E se credi di essere stupida, allora devi anche indicarMi fedelmente che cosa di te stessa ti sembra veramente stupido. Poi vedrò come posso aiutare te e anche i tuoi compatrioti. Rifletti ora scrupolosamente su tutte le tue condizioni e poi dimMi come ti ci sei trovata! Il resto poi lo farò Io!»

3. Dice l’eroina: «O povera me! Avrete un’enorme difficoltà con me! Voi sareste ancora più di un [prete] liguoriano se devo dire a voi tutto questo! Guardate, sono stata una volta a confessarmi da uno di loro, ma ciò che costui voleva sapere di me voi non lo potete immaginare! Ebbene, una brutta canaglia dovrebbe arrossire fino alla punta dei piedi. E vedete, se ora dovessi dirvi tutto ciò che ho fatto nella mia vita, oh guai a me! Sgranereste gli occhi! Inoltre sarebbe meglio se non ci fosse così tanta gente; infatti davanti a così tante persone dovrei cavarmi gli occhi dalla vergogna! Ascoltate, non sono cose su cui si può scherzare! Ma non potete invece riconoscere voi dove sono malata? Siate così buono e fate un tentativo su di me, forse riusciamo a farcela senza vergogna»

4. Dico Io: «Ma ascolta, Mia cara, come mai non ti vergognavi quando peccavi? In quelle occasioni eri quasi sempre in compagnia e ti vergognavi ben poco quando in ore notturne una dozzina di giovanotti, davanti ai quali ti spogliavi completamente e facevi ogni genere di gesti voluttuosi, ti guardavano a bocca aperta, ti palpavano e di solito facevano anche qualcos’altro! Come mai ti vergogni così tanto proprio adesso? Io so che una volta, quando vedesti un po’ troppo il fondo del bicchiere, il tuo comportamento fu tanto osceno che perfino i più sfrenati campioni sensuali della fornicazione cominciarono a provare nausea dinanzi a te! E così Io so di te ancora una quantità di brutti spettacoli, dove ti sei esibita come una vera eroina senza la minima vergogna. E così anche qui, penso Io, non toccherà troppo la tua onorevole castità se Mi dici a cuore aperto dove hai mancato e come sei caduta in miseria e nel bisogno col tuo errore!»

5. Dice sconcertata l’eroina: «Oh, voi siete un uomo giusto! Voi sapete come si catturano gli altri! Voi potreste farci dire che cosa si è davvero combinato durante la vita! Guardate di non apparire troppo di buon cuore, poiché la mia anima potrebbe addolcirsi per voi! Io riconosco dalla vostra buona faccia che voi non pensate male di me, e dunque non me ne importa nulla! Sinceramente, mi vergogno solo davanti a voi, e non me ne importa molto di ciò che riguarda questo mio passato viennese! Ma se mi permettete di parlare un po’ più sottovoce, potrei raccontarvi meglio qualche pezzo della mia storia»

6. Dico Io: «Questo puoi farlo, ma non nascondere nulla, sia ben chiaro!»

7. Dice l’eroina, schiarendosi prima un po’ la voce: «Ebbene, nel Nome di Dio, se deve essere così, allora ascoltatemi con indulgenza! Vedete, a quattordici anni, proprio il lunedì della Pentecoste, persi la mia verginità, e se non mi sbaglio fu un certo Toni del Praten. Fu proprio un bel mascalzone! E poiché si diede molto da fare, pensai: “Insomma, non puoi rimanere una vergine in eterno, ed una volta bisogna pur provare com’è”. E così lo lasciai fare! E poiché mi piacque e piacque anche a lui, l’abbiamo provato spesso. E non sarebbe stato male se almeno una volta fossi rimasta incinta! Feci tutto quello che potevo, ma non servì a nulla! E vedete, Toni avrebbe potuto poi sposarmi. Ma poiché egli pensò che fossi sterile, quel bastardo mi lasciò, e si prese un’altra! Ed io mi disperai molto e pensai: “Ora è la stessa cosa avere un paio di dozzine di amanti o averne meno! L’Inferno, se ce n’è uno, è certamente mio!”. E così cominciai a vivere molto “allegramente”, per quanto potevo! Non ho mai visto un padre, e mia madre, Dio la consoli, non era migliore di me! E guardate, con una condotta di vita come questa, sono stata spesso contagiata, ed in seguito altri lo furono da me. Poi un dottore omeopatico mi aiutò; ma per questo aiuto dovetti andare al suo servizio; ebbene, che poi non recitò con me un rosario, questo potete immaginarlo!

8. Quando poi scoppiò la storia [rivoluzionaria] in Vienna, c’era implicato pure il mio signor dottore, il quale aiutò ovunque a fare la rivoluzione. E poiché ero una donna molto coraggiosa, mi lasciai usare anch’io per la rivoluzione e vi trovai la morte. Ed ora sono dunque qui quale povera anima e devo soffrire, perché sono stata troppo “allegra” sulla Terra! E così vi ho detto tutto ciò che sapevo. E adesso sapete come stanno le cose con me, e sapete in cosa ho sbagliato e come è successo. Perciò vi prego per amore del celeste Gesù, se mi potete aiutare, aiutatemi!»

9. Dico Io: «Ebbene, sono contento della tua sincerità e vedrò anche se e come potrai essere aiutata. Nello stesso tempo però devo riconoscere sinceramente, da come Mi hai confessato i tuoi peccati capitali, che solo il tuo buon cuore e la tua cattiva educazione, di cui è impossibile attribuirtene la colpa, ti salvano dall’Inferno! Se tu avessi avuto un cuore un po’ peggiore, o se fossi stata meno trascurata nella tua educazione, ti troveresti già all’Inferno e lì soffriresti i più terribili tormenti! Infatti, sta scritto: “Né prostitute, né adultere entreranno nel Regno dei Cieli!”. Ma, per i motivi sopracitati, con te non voglio guardare la cosa per il sottile e vedrò come ti si potrà aiutare! Ma prima dimMi: che cosa pensi di Gesù, il Salvatore?»

10. Dice l’eroina: «Oh, io lo amo da morire! Infatti egli ha salvato l’adultera e non ha ripudiato la Maddalena, anche se lei era una così grande peccatrice. E della Samaritana non ha provato orrore! E così io penso che, se egli mi vedesse ed io lo pregassi, non mi ucciderebbe subito!»

11. Dico Io. «Va bene, Mia cara, parlerò in segreto con Lui! Infatti Egli non è lontano da qui. Che faccia forse anche con te come con la Maddalena? Aspetta qui un po’, ma completamente tranquilla!».

67. Capitolo

Il Signore spiega il motivo per cui la scena precedentemente illustrata è stata descritta in maniera molto particolareggiata

1. Nota bene! Il fatto che questa scena sia stata riprodotta qui alla lettera come succede in realtà nel mondo degli spiriti - ed è anche impossibile che possa andare diversamente da come il costume, la lingua, le passioni e i diversi gradi di cultura presso un popolo portano necessariamente con sé - avviene perché al lettore credente e seguace di questa rivelazione venga data una prova evidente del fatto che l’uomo, dopo la deposizione del corpo, è completamente un uomo con i capelli e la sua pelle, con la sua lingua, con le sue opinioni, abitudini, costumi, usanze, tendenze, passioni ed azioni che ne derivano, come lo era nel mondo durante la sua vita corporea, cioè finché egli non ha raggiunto la completa rinascita dello spirito.

2. Per questo anche un tale primo stato, subito dopo il trapasso, si chiama "spiritualità naturale”, mentre uno spirito completamente rinato si trova nello stato della "pura spiritualità”.

3. La differenza tra la vita di questo mondo e quella del mondo spirituale per gli spiriti naturali, se sono di specie più semplice, consiste solo nel modo, adatto allo scopo, in cui appare la località in cui si trovano. Essa è sempre più o meno un segno distintivo di come gli spiriti sono fatti in gran parte interiormente. Questo modo in cui appare la località, il quale favorisce molto la trascurata rinascita dello spirito qui nel mondo degli spiriti, torna utile per lo più a quei poveri spiriti che hanno passato la loro vita sulla Terra in una povertà materiale e spirituale. Mentre invece gli spiriti di coloro che furono ricchi possessori di ogni specie di beni terreni, a cui il loro cuore è attaccato come un polipo in fondo al mare, trovano qui nuovamente tutto ciò che hanno lasciato. Essi possono persistere là parecchie centinaia di anni, secondo il calcolo terreno, in una grossolana condizione naturale e non ne vengono rimossi finché non cominciano a sentire essi stessi in sé la necessità di qualcosa di più alto e di più perfetto.

4. Ora sapete perché questa importante scena viene rivelata in modo letterale e particolareggiato. Così adesso vogliamo tornare alla scena stessa! Infatti la nostra eroina è già agitata ed attende con la massima impazienza la risposta che Io le ho promesso di darle da parte di Gesù Cristo! Ma dovete tener conto ancora dell’importante circostanza per cui questa scena significativa accade proprio adesso nel mondo degli spiriti ed esercita quindi una grande influenza sugli avvenimenti di questo tempo terreno! Da tutti questi discorsi, per quanto suonino banali, potete riconoscere abbastanza facilmente con un po’ di perspicacia tutta la situazione e movimento delle cose, come ora hanno luogo sulla Terra, e potete anche riconoscere le conseguenze di questi movimenti, che risulteranno chiare e luminose particolarmente in seguito agli sviluppi successivi di questa scena. Ma non dovete scandalizzarvi, poiché qui deve avvenire così come avviene! Ed ora ritorniamo alla scena!».

68. Capitolo

Il Signore difende l’eroina Elena e contrasta il superbo patetico.

L ’amore dell’ex prostituta Elena per il Nome di Gesù la trasfigura meravigliosamente in un istante.

1. L’eroina, ora già molto impaziente, viene alquanto timidamente vicino a Me e Mi domanda se ho già parlato per conto suo, con certi segnali di nascosto, con Gesù, il Signore.

2. Il patetico, che ora ha trovato nella compagnia parecchia gentaglia come lui, è già molto arrabbiato che questa campagnola, miserabile secondo la sua opinione, sia così insolente e molesti Me quale padrone onorato di questa casa! Perciò, accompagnato da alcuni dei suoi, si avvicina a lei e dice: «Ebbene, donnaccia campagnola, per quanto tempo ancora sarete di peso col vostro latrato al rispettabilissimo padrone di questa casa! Dunque non avete proprio nessuna educazione?»

3. Dice l’eroina: «Lei, sciocco dalle spalle larghe! Che la cosa forse le riguarda? Veda di andarsene, carnivoro contro-natura di tutti i sudici sporcaccioni dei nobili viennesi'22'! Altrimenti ve lo dico in vero tedesco! Ma guardate quest’uomo pedantesco, fabbricante di pizzo gallese! Non gli sta proprio bene che noi parliamo con un simile padrone! Chi crede di essere? Solo perché una volta nel mondo da furiere in pensione portò la sciabola imperiale, pensa di essere migliore di noi altri in questo mondo? Oh, balordo, forse le friggeranno un salame speciale per lei! Meno male che Cristo, il Signore, non è qui con noi, altrimenti avrebbe una pazza gioia nel vedersi davanti un omaccio grossolano come lo è lei! Ma veda solo di sparire con i suoi occhi da coccodrillo e piedi da caprone, altrimenti le capiterà qualcos’altro ancora!»

4. A questo punto il patetico si rivolge a Me e dice: «Ma, caro amico eccellente, io vi prego, per amor di Dio, di proibire a questa creatura di usare un linguaggio così libero con uomini d’onore e di reputazione, perché lei mi raffigura qui come se fossi un volgarissimo ciabattino! È vero che siamo nel mondo degli spiriti dove ha fine per sempre la differenza di classe, ma la differenza di intelligenza e di buona educazione non può finire finché queste potenze umane, trascuratissime sulla Terra, avranno raggiunto quel grado di educazione ed umanità, mediante le quali possono divenire gradevoli ed interessanti per una società migliore! Vi prego, caro amico, ditelo a questa creatura veramente campagnola!»

5. Dico Io: «Mio caro amico, mi dispiace di non poter soddisfare qui in nessun caso il suo desiderio. E proprio per la vecchia ragione che davanti a Dio è un abominio tutto ciò che il cosiddetto mondo migliore chiama e considera grande, splendente, maestoso e bello! Infatti Dio rimane sempre uguale e non trova mai il Suo compiacimento in simili uomini d’onore, i quali stabiliscono il valore umano solo secondo il numero di nobili antenati, oppure secondo la dignità della loro carica, oppure secondo la quantità di denaro, e che definiscono tutti gli altri come canaglie. Ma tutto ciò che davanti al mondo è piccolo, insignificante e spesso molto disprezzato, questo sta in grande onore davanti a Dio! E così devo qui confessare apertamente a voi tutti che a Me, quale un intimissimo amico di Dio, questa campagnola da voi tutti disprezzata, è cara milioni di volte più di voi, Miei nobilissimi amici, sempre se posso essere così libero da darvi il titolo di amici Miei! Ma ora voi siete stati molto utili a questa poveretta, perché d’ora in poi voglio attirarla più che mai a Me e darle un’istruzione di cui gli angeli stessi devono avere rispetto. Presto lei starà molto in alto e sarà un ornamento di questa casa, mentre invece dove potreste fra breve trovarvi voi, uomini d’onore, lo dimostrerà l’increscioso seguito!

Io però vi invito, per la vostra propria salvezza, di non molestare più per nulla questa poveretta, poiché ora lei appartiene completamente a Me!». (Poi rivolgendoMi all’eroina:) «E tu, mia cara “Maddalena”, sei contenta di questo?»

6. Dice l’eroina: «Oh Gesù sì, e quanto! Voi mi siete dieci milioni di volte più caro di questi altezzosi, i quali considerano una bestia una povera persona come me! Io non solo non sono una bestia, ma mi dà pure fastidio quando vengo trattata come una cosa da nulla. Il nostro Signor Dio glielo voglia perdonare, poiché essi non sanno quello che fanno!»

7. Dice il patetico: «Va bene, va bene! Ascoltate, compagni miei, se il mondo degli spiriti è insulso come qui, allora questo mondo è veramente un bel guaio per quanto riguarda i duri preparativi sulla Terra alla tanto esaltata vita dopo la morte! Sulla Terra un colto uomo d’onore poteva proteggersi dagli attacchi di simili volgarissime canaglie con la sua posizione, con la sua carica governativa e con il suo benessere. Ma qui uno di questi straccioni si permette addirittura di tenerci sfacciatamente testa e alla fine si dovrà considerare una grazia il fatto che una simile prostituta dalle guance paffute degni di uno sguardo uno di noi! In aggiunta a tutte le trovate sociali di cattivo gusto, quest’uomo, dall’aspetto altrimenti molto onorevole, si interessa anche a questa melarancia marcia e, a nostro dispetto, la eleva proprio fino al cielo! Tutto questo ci fa cadere qui immediatamente preda della completa disperazione! Ha detto di essere un intimissmo amico di Dio! A giudicare dalla sua propensione per questa campagnola paffuta, tettona e sederona, questo amico di Dio deve essere un vero campione di ogni volgarità! Questa venale prostituta puzza di lussuria e costui la vuole istruire ed elevare ad ornamento di questa casa! Avete udito? Questa qui diventerà un bel ornamento! Ahahah, ma che cos’altro dovremmo ancora sentirne!?

8. Dice l’eroina a Me: «Ma ascoltate come insulta! Ebbene, voi dovreste proprio dirgli qualcosa cosicché la capisca!»

9. Dico Io: «Non preoccuparti per questo! Che insultino pure come vogliono. Si dimostrerà poi quanti interessi porteranno loro i propri superbi insulti! Ma affinché la loro superbia trovi altre pietre di scandalo in noi due, devi, come Mia amata, darMi del “Tu”, e devi nello stesso tempo cercare di parlare il tedesco molto fine. Se sentiranno questo, allora vedrai come crescerà la loro manìa di grandezza! Prova a vedere un po’ se riesci a parlare un puro tedesco!»

10. L’eroina sente un cambiamento in sé. Un grande senso di benessere scorre in tutto il suo essere, cosa che fa anche una favorevole impressione sul suo aspetto. Tutta beata si stupisce di un simile cambiamento improvviso del suo essere, nel quale non sente più nemmeno il più piccolo dolore; Mi guarda piena di gioia e dice: «O tu, grande amico dai Cieli, come sto bene ora al tuo fianco! Ogni cosa grossolana, come fosse una corazza a scaglie, è caduta ora da me! Il mio pensiero e il mio linguaggio grezzo si sono modificati come un bruco, un tempo ripugnante, si trasforma in una meravigliosa farfalla! E tutti i miei dolori sono svaniti come neve al calore del sole! O come mi sento bene ora! Ma a chi devo io questo? A te, te! Grande santo amico dell’Altissimo!

11. Ma poiché hai dimostrato a me, povera peccatrice, una grazia così infinitamente grande di cui non potrò mai in eterno essere degna in minima misura, oh, dimmi ora anche cosa devo fare e come comportarmi per poterti manifestare in qualche modo il mio dovuto ringraziamento!»

12. Dico Io: «Mia amata Elena (questo è il suo nome celeste!), siamo già pari. Ora Mi piaci molto ed hai un cuore che Mi ama tanto quanto il Mio ama te! Che bisogno c’è di altro? PorgiMi ora la tua mano in segno del tuo amore per Me e damMi un bacio veramente ardente sulla Mia fronte! Al resto ci penserò Io!»

13. Elena si avvicina ardente d’amore, Mi porge subito la mano e Mi dà anche il bacio richiesto sulla fronte con una intimità d’amore appena descrivibile.

14. Questa scena fa versare lacrime a Roberto, a Messenhauser, a Becher e specialmente a Jellinek. Subito dopo il bacio sulla Mia fronte, Elena appare come trasfigurata e diventa, nella sua figura, così nobile e bella come un essere già celestiale, ad eccezione della sua veste, che tuttavia ora appare molto graziosa e pulita. Ma Roberto si avvicina subito e Mi chiede se per questo bel fiore non debba prendere anche una veste nuova! Io gli rispondo: «Ancora un po’ di tempo; cioè quando te lo chiederò Io!».

69. Capitolo

Sull’enorme differenza tra il sogno terreno e la vita nell’Aldilà.

Il pensiero di Max Olaf sulla presunzione e sulla felicità.

1. Anche il nostro patetico ed i suoi compagni notano questo cambiamento. E uno della sua compagnia gli dice: «Ehi, amico, non noti nulla? Quella campagnola, un ex secchio di grasso pieno di prostituzione, fuliggine e sudiciume, è ora completamente trasfigurata! Adesso è una passione guardare questa femminuccia provocante! Questo sconosciuto amico di Blum è forse una specie di autentico mago egiziano?»

2. Dice il patetico: «Sì, anch’io noto qualcosa di simile. Ma tu sai che quando un esserino è davvero innamorato e l’amore comincia a fargli arrossire le guance e gonfiare il petto, nell’insieme diventa una figura completamente graziosa! Oh, sulla Terra non raramente ho visto esserini che nella loro abituale e sporca condizione casalinga erano addirittura orribili, ma quando passeggiavano la domenica con i loro innamorati non erano proprio più riconoscibili! È soltanto l’amore che qui, come sulla Terra, produce non raramente un generale abbellimento miracoloso dell’essere femminile. Toglietele l’amore, e subito avrà un altro aspetto!»

3. Dice l’altro: «Sai, in un certo modo tu hai ragione, ma qui la cosa sembra completamente diversa! Infatti, in primo luogo, questo essere è diventato troppo bello davvero all’improvviso, e poi parla ora un purissimo e nobile tedesco: non c’è più nessuna traccia di dialetto viennese. Un amore normale non causa questo effetto! Qui deve esserci qualcosa di superiore, per noi inconcepibile. Considera solo la carnagione infinitamente delicata, la morbidezza delle sue braccia e del collo, il bellissimo color biondo dei suoi capelli, la forma estremamente affascinante del suo viso e l’autentico rossore celestiale delle sue guance! Ciò che è vero, è vero! Tu devi darmi ragione in ogni caso!»

4. A questo punto il patetico comincia a stupirsi seriamente, poiché egli pensa che le osservazioni dell’amico siano ben fondate.

Ma un terzo della compagnia si alza e dice: «Cari amici, voi due valutate la cosa da un punto di vista errato! Vedete, questo cambiamento ai miei occhi ha un fondamento completamente naturale. Noi siamo ora nel purissimo mondo degli spiriti. La nostra vita non è altro che un sogno perfetto, e ciò che ora noi vediamo è un gioco della nostra fantasia, nel quale non vi è nulla di vero e reale se non la fantasia stessa. Questa fantasia si compiace ora di mostrare a noi ogni genere di spettacoli che si presentano ai nostri sensi di sogno animico come realtà oggettive. In esse però naturalmente c’è tanto poco valore quanto ce n’è nelle immagini che si ottengono sulla Terra mediante una cosiddetta lanterna magica. Vedete, così stanno le cose qui! Capite questo?»

5. Dice il primo: «Amico, questa tua spiegazione qui ha una evidente difficoltà, poiché se tutto questo fosse solo una specie di sogno, anche la tua spiegazione dovrebbe essere un sogno, del quale ci si potrebbe fidare tanto poco quanto ci si può fidare delle altre apparizioni. Oppure potresti sostenere che l’insegnamento che hai dato a noi, dal tuo punto di vista, faccia un’eccezione? Sulla Terra io ho sognato molto spesso e vividamente; ma io ti dico che c’è una enorme differenza tra un sogno terreno e l’evidente e chiarissima realtà che vediamo ora qui!

6. Infatti, nei miei sogni mi comportavo sempre e completamente in modo passivo, ma qui, secondo la mia più limpida consapevolezza, sono perfettamente attivo. Nel sogno non avevo mai un ricordo, e quando avevo una specie di ricordo, esso era sempre confuso e incompleto. Qui però il ricordo è di una tale chiarezza che perfino le apparizioni più insignificanti della mia vita terrena mi stanno davanti agli occhi come perfette immagini di una macchina fotografica, dalla A alla Z. Dimmi, amico, si può forse chiamare questo un sogno?

7. Nel sogno non ho mai sentito veramente dolore oppure fame e sete. E le forme apparse a me in sogno erano esseri sempre molto fugaci e mutevoli, e si spostavano in veloce sequenza, tanto che il precedente essere di solito non esisteva più quando appariva il successivo. Inoltre non c’era mai la più lieve traccia da seguire di un qualche ordine logico tra l’essere precedente e il successivo. Qui invece tutto procede in una tale conseguenza logica, benché porti in sé l’impronta del miracoloso, che da silenzioso osservatore non ce se ne può meravigliare abbastanza.

8. Infatti quale saggia logica aleggia in ogni discorso, che Blum oppure i suoi amici rivolgono a qualcuno! Quanto permanente è la forma di questa stanza e come è costruita architettonicamente bene! E come tutto qui sembra così ricco di significato!

9. E tutto questo dovrebbe essere un sogno? No, amici, questo non è un sogno, ma questa è invece una grande e santa realtà! E noi facciamo bene se cominciamo ad apprezzare tutte queste apparizioni di più di quanto abbiamo fatto finora. E così il notevole abbellimento della nostra campagnola mi sembra ora ancora più significativo di prima! Che pensate ora del mio giudizio su questa faccenda?»

10. Dice il patetico: «Amico, hai ragione; sono d’accordo con te. Ma non riesco a capire come si possa anche qui prendere posizione appassionata pro o contro qualcosa! Vedi, a me dà fastidio il fatto che questa campagnola, ora diventata incomprensibilmente bella, mi abbia presentato prima proprio come un vero e proprio birbone. E quando io ho cercato giustificazione presso il suo amico ed amante, ho ricevuto anche da lui ciò che certamente non desideravo. Detto in breve: sono stato offeso nella più intima fibra della mia vita, cosa che non si può certo accettare con indifferenza essendo io un uomo d’onore integro. E vedi, proprio perché anche qui nel regno degli spiriti, nel regno del massimo ordine e coerenza, si possa venire feriti ed offesi, anzi si possa perfino arrabbiarsi, è per me un enigma! Spiegami come ciò sia possibile, e allora poi mi assocerò completamente alla tua opinione!»

11. Dice Max Olaf, l’interpellato: «Amico mio, questa cosa è completamente semplice e chiara! Che cosa è dunque un’offesa ed un insulto? Nient’altro che un rifiuto della nostra naturale presunzione. Ma la presunzione in sé e per sé mi pare che sia il sentimento nell’anima secondo cui essa riconosce la sua alta origine divina solamente come per sé, e così considera solo se stessa come la privilegiata; tutto il resto è, secondo lei, o molto meno o proprio nulla! Se qualcosa si oppone duramente a questa idea preferita dall’anima e vuole pretendere di avere per sé almeno lo stesso rango, allora l’anima percepisce questa opposizione in modo doloroso, oppressivo e dunque offensivo, poiché essa deduce da ciò che altri non vogliono accettare quanto essa pensa di se stessa. Ma un simile stato dell’anima però mi sembra che sia molto illogico e incoerente; ed esso deve proprio prendere una direzione del tutto opposta se si vuole ottenere una vera felicità per l’anima!

12. Sulla Terra, coloro che si credono migliori degli altri hanno ogni genere di mezzi per far rispettare questa presunzione. Ma qui, dove non esiste né il denaro, né la nobiltà, né l’esercito, né le baionette e i cannoni, le cose sembrano mettersi in modo un po’ spiacevole per simili illogiche presunzioni dell’anima! Infatti, alla fin fine è certamente ingiusto se una creatura vuole elevarsi rispetto ad un’altra creatura completamente uguale. E in secondo luogo, una simile aspirazione è perfino una purissima pazzia!

13. Infatti la logica e l’esperienza dicono che in fondo l’uomo più felice è colui che, nei riguardi del suo prossimo, ha pochissime pretese per sé. Perciò è una vera follia volere raggiungere la felicità con ciò che è eternamente irraggiungibile! Dimmi che cosa ritieni meglio e più opportuno: gli sforzi per appagare innumerevoli necessità che proliferano nell’anima come erba maligna, oppure una saggia limitazione del bisogno ad un minimo possibile?»

14. Dice il patetico: «Evidentemente il secondo. Infatti meno si ha bisogno di essere felici e tanto più facilmente e più realmente si diventa felici!»

15. Dice Max Olaf: «Giusto! Così è e così rimarrà eternamente!

16. Ora comportiamoci anche di conseguenza, e nessuna campagnola ci darà più fastidio! Ho ragione oppure no?».

70. Capitolo

Il patetico racconta gli ostacoli che ha dovuto superare per sposare la sua amata Emma

1. Dice il patetico: «Fratello Max, ora hai parlato bene, in modo vero e consono a quanto accade nella vita! Anch’io ero solo un campagnolo di nascita, come tu sai. I miei genitori non sono mai appartenuti alla classe dei benestanti e quindi non potevano neanche darmi nessun’altra educazione se non quella che avevano essi stessi. Il caso volle che andassi sotto le armi. Ero un bel giovanotto ed ebbi la fortuna di piacere al mio superiore. Egli mi mandò alla scuola reggimentale, nella quale in breve imparai a leggere bene, a scrivere e a far conteggi. Negli altri impegni di servizio fui presto uno dei più abili in tutto il reggimento. La naturale conseguenza fu che diventai caporale, sergente ordinario e alla fine, dopo sette anni, già ufficiale. Giovane, bello, allegro, abile e ufficiale! Devi sapere che con tali qualità non me la passavo male neanche con il gentil sesso.

2. Ebbi la sfortuna di conoscere una delle figlie di un arci-aristocratico, e questo in occasione di un ballo che egli diede al corpo degli ufficiali. Di nascita essa era una baronessa e suo padre era inoltre un uomo immensamente ricco. La ragazza mi piacque, ed io a lei forse ancora di più. Insomma, lei prese fuoco e mi diede ad intendere in modo inequivocabile ciò che lei sentiva per me! Ma purtroppo io ero solo un agricoltore di nascita e nei confronti del barone ero povero come un topo di chiesa ed ero diventato ufficiale solo per la mia presenza fisica e non per merito, ebbene, tutto questo non era in sintonia con l’elevata posizione della ragazza. Ma al vero amore che cosa importa della nascita e della ricchezza!?

3. Noi due quindi eravamo innamorati alla follia, e il nostro desiderio era naturalmente solo quello di sposarci al più presto possibile. Ma come? Come ottenere il consenso dell’arci-aristocratico ricco padre e convincerlo a mettere a disposizione la dote prescritta? Mi nascosi dietro a tutto ciò che mai mi potesse proteggere dal padre, ma la conseguenza fu che mi venne proibito cortesemente l’accesso alla casa. A questo punto, cosa avrei dovuto fare?

4. Il mio superiore, che mi amava come un figlio, mi consigliò di abbandonare il servizio, di andare in Inghilterra e lì comprarmi un’importante posizione militare. Per questo scopo voleva, egli stesso un ricchissimo cavaliere, anticiparmi il denaro necessario senza riserve. Seguii il suo paterno consiglio nel più piccolo dettaglio. In breve, nel corso di sei mesi - visto che ero entrato in marina - fui primo capitano di una nave da guerra e dopo poco tempo ricevetti l’ordine di far rotta verso l’India dell’est. Il coraggio non mi mancava e subito ebbi padronanza dell’arte nautica.

5. Troppo presto mi si offrirono mille occasioni per distinguermi come capitano. Ogni operazione che mi venne affidata la eseguii brillantemente e così non mancarono anche le dovute onorificenze. Dopo circa quattro anni feci ritorno in Inghilterra, dove ero diventato nobile e anche molto ricco. Lì ottenni sei mesi di licenza, che io finalmente usai per sistemare la faccenda del mio matrimonio.

6. Quando tornai in patria e grazie a Dio i miei genitori e fratelli erano ancora in vita, il mio primo pensiero fu di andare in città dove si trovava il mio buon padre superiore, ora già generale. La gioia del nostro incontro fu grande. La mia prima preoccupazione fu di saldare il grande debito che avevo con lui. Ma egli non accettò nulla e disse, quando gli misi sul tavolo oro puro: “Carissimo amico mio, voi sapete che non sono mai stato sposato e non ho figli. Voi siete il mio unico figlio, nel quale ho il mio compiacimento, e quindi anche l’erede del mio intero patrimonio. Questa piccolezza prendetela come un anticipo paterno e non parliamone più!”.

7. Che una dichiarazione simile dovesse commuovermi fino alle lacrime, questo si intende da sé. Chi potrebbe rimanere insensibile di fronte ad un uomo così nobile e onorevole? Dopo che entrambi ci raccontammo tutto, egli mi chiese se la nota baronessa non mi avesse mai scritto oppure se io avessi scritto a lei. Risposi che le avevo scritto tre volte, ma che purtroppo non avevo mai ricevuto risposta a questi scritti. Aggiunsi però che il motivo di questo ritorno in patria, di cui ero debitore soprattutto a lui, che consideravo il mio più grande amico, era quello di chiedere al barone la mano di sua figlia.

8. Il generale ne fu molto soddisfatto, anche se non mi nascose che il barone adesso aveva più pretese di prima nei riguardi di sua figlia. La ricchezza non era nessuna esca per lui, e altrettanto poco valore aveva una persona di origini comuni, dato che presso questo ottuso aristocratico contavano solamente la nobile origine e l’alta nobiltà. Per questa ragione rifiutò il titolo di conte dall’imperatore perché con questo sarebbe stato il conte più giovane, mentre ora, da barone, poteva fregiarsi della baronia più antica!

9. Che questa spiegazione non facesse un’impressione molte favorevole sul mio animo, ciò è facilmente comprensibile. Ora anch’io ero un nobile. Ma dove si potevano trovare per me gli almeno sedici antenati necessari? Ma il generale pensò che io dovessi tuttavia fare la mia visita al vecchio e raccontargli molte avventure di tempeste marine, serpenti di mare e battaglie navali, di cui il barone era un grande ammiratore; forse sarei riuscito a conquistare il cuore del vecchio gufo!

10. Seguii il consiglio del mio amico e venni ricevuto dal vecchio con grande attestazione di stima, cosa che io ritenni un buon segno.

11. L’aspetto più bello della faccenda era che la mia Emma mi amava ancora con lo stesso ardore di prima. Aveva ricevuto le mie lettere, tuttavia dovette rispondere alle stesse solo in silenzio e con molte lacrime nel cuore. Feci naturalmente di tutto affinché il vecchio mi concedesse la mano di sua figlia, ma tutto fu fatica sprecata! Per farla breve, dopo tre mesi le cose con lui stavano ancora allo stesso punto come il primo giorno della mia visita.

12. Che cosa avrei potuto ancora fare? Chiesi consiglio al mio amico, e lui mi disse: “Io non voglio impartirvi per nessuna ragione un cattivo consiglio; ma se volete arrivare alla meta, dovete passare ad un colpo di mano. La ragazza è vicino ai ventisei anni, dunque del tutto maggiorenne, e può disporre del suo cuore e della sua mano come vuole. Se ha il coraggio di sposarsi anche senza il consenso di suo padre, allora portatevi via subito la vostra Emma!

Io penso che, dato che la ragazza stessa vi ha fatto recentemente la proposta di un rapimento, dovreste condividere la mia proposta, perché si trova sul terreno della legalità. Ma se il piano di sposarvi senza il consenso del padre dovesse andare a monte e non dovesse portare a nessun matrimonio [qui in patria], allora dovreste, in fretta e facendo bene i calcoli, tentare questo colpo di mano ben consigliato del rapimento e poi farvi sposare in Inghilterra. Se non esiste altro mezzo per raggiungere lo scopo, alla fine non vi rimarrà altro da fare. Verrete certamente inseguiti! Ma di questo lasciate che me ne occupi io; svierò l’inseguimento in modo che non vi raggiungeranno assolutamente!”.

13. Questo consiglio naturalmente mi piacque e poiché si stavano presentando insuperabili difficoltà per celebrare il matrimonio, allora misi subito in atto il colpo di mano. In seguito venni a sapere dal mio amico, che tentarono anche di inseguirci. Ma poiché egli seppe sviare l’inseguimento e, in secondo luogo, poiché il mare è traditore, andò tutto bene. Mettendo piede sulla mia fregata, mi feci subito sposare dal nostro cappellano cattolico della nave e documentare in maniera opportuna il matrimonio. Con ciò tutto era fin qui in ordine, per quanto riguarda la cerimonia di nozze in sé e per sé!».

71. Capitolo

Le incomprensioni matrimoniali tra il patetico e sua moglie Emma

1. Continua a parlare il patetico: «Ora non vedevo altro che un paradiso davanti a me, poiché avevo raggiunto la meta. Ma purtroppo nel mio paradiso sorsero troppo presto le nuvole più cupe!

2. La mia Emma veniva sempre più tormentata dai rimorsi di coscienza per aver lasciato suo padre, perciò di giorno in giorno diventava sempre più di malumore, si pentiva del passo compiuto e malediceva l’ora in cui aveva fatto conoscenza con me. Inoltre in lei aumentava anche la nostalgia di casa, così che cominciai a preoccuparmi seriamente per lei. Feci di tutto per inculcarle altri concetti della vita, ma tutti i miei sforzi furono inutili! E così già nel corso di un anno non mi rimase altro che abbandonare il mio servizio in Inghilterra e poi ritirarmi a vita privata a Vienna con la mia consorte da uomo benestante.

3. Arrivati là, volevamo andare dal padre di Emma per poter ottenere se possibile il suo perdono. Egli però - probabilmente più per afflizione che per una febbre nervosa - se ne era purtroppo andato!

4. Adesso per la mia Emma era completamente la fine. I suoi altezzosi fratelli le infliggevano i più amari rimproveri e facevano di lei per così dire l’assassina di suo padre, il quale, dicevano, mentre era ancora morente, aveva teso le mani verso la sua unica Emma! Tali notizie portarono lei ad ammalarsi tanto da mettersi a letto, mentre a me portarono parecchi problemi. Tuttavia divenne nuovamente sana e pretese da me, non raramente, sacrifici che io difficilmente potevo permettermi, ma che io le offrivo tuttavia con tanta tenerezza. Il caso volle che dopo un paio d’anni i suoi fratelli morirono, per la qual ragione mia moglie, madre di due figlie, divenne l’unica erede di un grande patrimonio. Allora si potrebbe pensare che questo dovesse rendere la mia Emma di nuovo più serena e più ben disposta verso di me.

5. Ma dopo l’eredità venni veramente a sapere chi era lei e chi io! La sua precedente malattia nervosa si era presto calmata dopo aver ricevuto la sua eredità. Ma al suo posto ne subentrò un’altra, vale a dire una insaziabile avidità di splendore, lusso e divertimenti di ogni genere.

6. Una volta le espressi con la massima delicatezza che una vita così non andava bene e che in fondo lei mi aveva reso molto più infelice di quanto io avessi reso lei, e che in Inghilterra avrei già potuto essere un ammiraglio se non avessi venduto lì, per amor suo, la mia posizione di ufficiale e fossimo venuti a Vienna! Quando le dissi questo tra le lacrime, si scatenò il finimondo! Senza replicarmi una parola, corse precipitosamente in camera sua, mi portò delle banconote per un valore di duecentomila fiorini e disse: “Ecco, mio signor marito, di nascita allevatore di maiali, prendete quanto vi sono comunque costata! Lasciate la mia casa e cercatevene un’altra! Siete anche libero di portarvi insieme le due marmocchie di figlie, perché non so proprio che farmene di questa specie di creature che purtroppo nel mio grande accecamento ho generato con un giovane contadino! Addio, e ora siamo pari!”.

7. Con queste parole sbatté la porta dietro di sé ed io rimasi lì con le mie due care figlie in lacrime come impietrito. Dopo un paio di ore andai io stesso da lei, ma non venni ammesso alla sua presenza. Il cameriere mi disse che la signora baronessa desiderava che io lasciassi subito la casa. Dissi al cameriere di voler spiegare alla signora che non avevo bisogno né della sua casa né dei suoi soldi. Sarei riuscito a vivere insieme alle due bambine con il mio proprio patrimonio guadagnato onestamente!

8. Dopo mi affrettai subito nella mia stanza e convocai la mia servitù. Ordinai loro: “Impacchettate velocemente tutte le mie cose, perché oggi dobbiamo lasciare questa casa. Uno di voi vada a chiamare altri operai giornalieri, affinché la cosa si svolga velocemente!”. La mia servitù rimase sbalordita e fece una smorfia di disappunto, ma si sottomise diligentemente ai miei ordini.

9. Proprio quando ero occupato a impacchettare le mie cose, qualcuno bussò alla mia porta. Chi era? Il mio buon generale, che proprio in quei giorni era venuto a Vienna per affari! “Che cosa vedo, che cosa fate? Dunque andate via?”, furono le sue parole. Gli raccontai naturalmente tutto quanto stava accadendo e che tutto questo stava avvenendo senza la minima colpa da parte mia!

10. Il generale all’inizio non sapeva se dovesse ridere o arrabbiarsi. Dopo un po’ si riprese e disse: “Mio povero, amato amico, state tranquillo! Se vostra moglie è così, rallegratevi di cuore che vi siete liberato in un modo così dignitoso di questa nobil dama! Ma queste preziose banconote tenetele per le vostre bambine, perché non sarebbe intelligente lasciare a lei questa ragguardevole somma così per nulla!”.

11. Mentre il generale mi confortava e consigliava in questo modo, il cameriere della signora entrò bruscamente in camera e disse: “La signora vi manda a dire che quanto vi ha dato come risarcimento, non lo vuole più indietro per nessun motivo. Ma se questo dovesse essere troppo poco, lei è disposta a darvi ancora di più!”. Mi morsi le labbra dall’ira e non riuscivo veramente a parlare. Ma in compenso il generale prese la parola per me e disse: “Dite alla signora che questi duecentomila fiorini non sono nient’altro che una pidocchiosa elemosina per i sacrifici che quest’uomo ha fatto per lei! L’onore di un ufficiale, come era costui, non si paga con una simile elemosina! Perciò la signora deve ora allungare le mani nella grande cassa e risarcire a questo galantuomo, che non ne trova di uguale, il suo onore che lei ha calpestato! Dite alla signora che io, il principe N.N., padre di questo mio carissimo figlio, pretendo questo da lei! E ditele ancora che non deve mai più ardire di portare il suo nome! Avete capito tutto?”. Rispose il cameriere: “Si, vostra grazia!”. “Allora andate!”, tuonò il generale. Il cameriere si inchinò fino a terra e se ne andò.

12. Dopo un po’ si aprì la porta e la baronessa si precipitò dinanzi al generale e, torcendosi le mani, pregò lui e me di perdonarla. Accampò come scusa il suo stato d’animo depresso che la portava ad essere precipitosa, e Dio sa cos’altro andava blaterando.

13. Il generale la lasciò finire di parlare e poi si espresse con la sua calma spassionata: “Madame, ho conosciuto vostro padre ottuso e conosco voi! La mela cade non lontano dall’albero e così anche voi, mia cara, non sarete molto migliore. Quest’uomo, che è stato vostro marito, non è effettivamente mio figlio. Ma poiché io non ho figli, ottenni dal mio buon imperatore di riconoscerlo quale mio figlio legittimamente adottato con il titolo di conte. Se morirò oggi o domani, allora egli sarà principe! Mi capite? E se altri dell’alta nobiltà dovessero ottenere dall’imperatore che il titolo di conte non gli venisse permesso di portarlo neanche in via non ufficiale, rimarrà tuttavia figlio mio ed unico erede di tutti i miei beni! Questo mio figlio non ha bisogno né della vostra casa né del vostro patrimonio. Ma voi come baronessa avete disprezzato il suo onore, e per questo pretendo in qualità di suo padre una riparazione di mezzo milione! Mi capite, madame?”. Rispose la baronessa: “Serenissimo signor suocero! Non solo mezzo milione, ma tutto il mio patrimonio gli do se voi mi perdonate e non mi portate via il mio amato consorte!”.

14. Allora il generale disse: “Sì, sì, mia soave figlia, adesso che per la prima volta sapete che questo ‘allevatore di maiali’, come voi eravate solita titolarlo, è mio figlio, provate nuovamente amore per lui! Ma in questo modo difficilmente si farà di più. Ritornate perciò di nuovo in camera vostra, poiché devo comunicare cose importanti a mio figlio”. Emma domandò perdono con ancora più insistenza e promise solennemente, su ciò che le era sacro, che preferiva essere per tutta la sua vita un’allevatrice di maiali con me piuttosto che lasciarmi anche per un solo minuto! “Bene”, disse il generale, “questo lo vedremo! Mi prenderò la libertà di provare subito la vostra nobiltà e vedremo come sosterrete la prova!”. Dice Emma: “Fate di me quello che volete; solo da morta mi lascerò separare da mio marito!”. Continuò il generale: “Ebbene, questo si vedrà subito, carissima baronessa! Non vi aspettate però nessuna nuova prova, poiché con voi ho già fatto la prova e l’avete sostenuta male e solo a metà. Voi amate mio figlio solo perché dopo la mia confessione lo ritenete senza ombra di dubbio per tale. Ma le cose non sono così! Ho detto questo solo per mettervi alla prova e per persuadervi con ciò in modo convincente dell’infamia della vostra superbia aristocratica. Quando la vostra credulità ha visto in vostro marito non più il puzzolente allevatore di maiali, ma un principe, allora avete cominciato ad umiliarvi! Ma cosa farete ora se revoco decisamente ciò che ho detto per mettervi alla prova, e dico che il vostro signore, che io apprezzo sopra ogni cosa, è comunque solo il figlio di un contadino?”

15. Quando Emma udì una cosa simile, saltò su all’improvviso e gridò: “Come!! Si tratta così la figlia del ricco barone N.N.? Dunque mio marito non è un principe, ma solo un figlio di contadino e un gentiluomo sfornato di fresco in Inghilterra! Oh, questo è vergognoso, questo è inesprimibilmente infame! Me, una baronessa di primo rango, trattarmi così, come una vera e propria oca! Cameriere!”. Rispose il cameriere: “Che cosa desidera la signora baronessa?”. Disse Emma: “Andate in fretta in camera mia e prendete i soldi sul mio tavolo, affinché risarcisca a questo contadino il suo onore ferito!”. Disse il generale: “Non ce n’è bisogno, signora mia! Sapevo che la seconda prova sarebbe andata peggio della prima. Voi siete e rimanete ciò che siete; mi comprendete, spero? E questo mio vero figlio rimane, malgrado la sua origine contadina, ciò che vi ho prima reso noto! Ed ora continuate voi!”.

16. A queste parole Emma si ravvide ancora una volta e disse: “Vostra grazia! Voi aveste la bontà di farmi notare proprio ora che ho sostenuto male questa prova. Ma voi stesso non pensate che forse tutta questa scenata da me ben calcolata non era altro che una energica richiesta al mio signor marito per sapere se egli mi ami ancora? Infatti, ora devo ammettere apertamente che il mio signor marito, da circa un anno e mezzo, si è comportato verso di me con una freddezza difficilmente comprensibile che mi ha reso assolutamente infelice. Gli feci capire spesso che non ero più per lui ciò che ero una volta! Ma per questo il principesco signor marito si è sempre giustificato con mille scuse. Ci doveva essere certo qualcosa che non andava!

17. Ora sono molto ricca e posso fare così qualcosa per scrutare il cuore di mio marito. Tenni ricevimenti e balli e mi lasciai corteggiare da cavalieri per vedere se qualche volta mostrasse della gelosia. Ma tutti i miei sforzi furono inutili! Gli sembrava perfino giusto che me la intendessi con altri meglio che con lui! A lungo sopportai questo affronto per il mio cuore. Ma poiché la sua freddezza nei miei confronti aumentava, ed anche la mia camera da letto sembrava proprio che non la conoscesse più, così presi questa decisione che oggi ho messo in atto come ultima richiesta molto seria al suo cuore!

18. Però anche questa è rimasta senza successo. Ma poiché ho perso così completamente il suo amore senza colpa da parte mia, allora che questo amore sia perso nel Nome di Dio!

19. Veramente, vostra grazia, ora dico la piena verità: finché stavo al suo fianco da povera, egli mi amava con una forza che io potevo appena comprendere. Ma quando diventai erede unica di un grande patrimonio, fu proprio finita con lui! Non mi manifestava più alcuna gioia, ma si arrabbiava sempre e mi diceva spesso in faccia: ‘I tuoi soldi porteranno maledizione a questa casa, ma mai una benedizione!’. Riflettete ora, vostra grazia, molto obiettivamente sulla mia situazione, e poi giudicate se sono una peccatrice così infame come pensate ora voi ed il vostro figlio adottivo!”».

72. Capitolo

Tentativo di riconciliazione tra il patetico e sua moglie Emma

1. (Continua il patetico:) «Il generale disse allora ad Emma: “Mia cara signora nuora! Se le cose stanno così, il nostro processo assume veramente tutto un altro aspetto. Sono costretto a chiedervi perdono e poi dare una lavata di capo al mio signor figlio!”. Disse Emma: “Vostra grazia, io non chiedo altro che il nostro primo amore! Se c’è questo, allora gli perdono tutto e farò sempre ciò che il suo cuore desidera!”. Il generale si volse a me e disse: “Davvero ascolta, figlio mio, se dipende da te che tua moglie sia passata a tali eccessi deplorevoli, solo perché è stata costretta dalla necessità, ora devi prima di tutto riparare al tuo errore! Emma desidera il tuo primo amore! Dunque, non glielo negare!”

2. Allora io dissi: “Mio amato padre! Il mio amore per Emma non è mai diminuito fin dal nostro primo incontro. Ma se l’amatissima Emma vedeva dei fantasmi là dove non esistevano, non posso veramente farci niente! Che non le facessi rimproveri di gelosia, era solo da attribuire al mio cuore delicato. Che tuttavia dentro di me sentissi dell’amarezza, veramente lo so soltanto io! Ma per ciò che riguarda il suo grande patrimonio, devo purtroppo ammettere che non gli ho mai dato nessun valore. Anzi, devo confessare apertamente che la vista del grande patrimonio della mia Emma mi era molto spiacevole. Infatti, più una casa è ricca, tanto più le si offrono occasioni per ogni genere di dissolutezze peccaminose!”. (A questo punto mi rivolsi ad Emma dicendole): “Vedi, se tu avessi dato ai poveri le migliaia di ducati che ti sono costate le tue compagnie, come sarebbero stati felici costoro ed io! Ma tu con questo volevi solo punirmi, e ciò non era lodevole da parte tua! Infatti non esiste un marito più indulgente e paziente di quanto lo sia sempre stato io!”

3. Emma non seppe bene cosa replicare, sembrava però attendere con impazienza il cameriere. Finalmente questi le venne incontro con un pesante pacco. Ella gli ordinò subito di metterlo sul tavolo. Poi mi guardò con un sorriso un po’ beffardo e disse: “Prima devo riparare l’offesa che ti ho fatto per potermi riappaci ficare nuovamente con te!”. A questo io replicai: “Cara, carissima Emma! Ti amo troppo per poter avere solo il più piccolo rancore contro di te! Non sono stato io a farti una simile richiesta, ma è stato il mio amato padre in un perdonabile impeto. Prendi perciò nuovamente in custodia i tuoi soldi e diventa per me ancora la stessa Emma che anni fa mi seguì in Inghilterra e per la quale la mia vita affrontò mille pericoli!”

4. A questo punto Emma restò sorpresa e disse dopo un po’ con vera impassibilità imperturbabile: “Se mi ami, allora fammi il piacere e prendi tu questi soldi in custodia, perché tu sai che una donna non è in grado di gestirli!”. Allora io dissi: “Questo è diverso! E quindi voglio esaudire la tua richiesta con il massimo piacere! Ma ora mi devi anche porgere la tua mano in segno del fatto che sei nuovamente in pace con me e che non sarai imbarazzata per un bacio che manca da lungo tempo! Vieni, Emmuccia, fammi di nuovo felice!”. Lei rispose: “Per questo c’è ancora tempo, mio signor marito! Una donna non deve essere troppo generosa se vuole mantenere la rotta dell’amore! Inoltre devo farti notare ancora qualcosa di particolare, e cioè che già altre volte ti ho detto che come mio primo nome di battesimo non mi chiamo Emma, ma Cunegonda! Perché mi chiami dunque sempre Emma e non Cunegonda, che è un nome veramente di antica nobiltà, con il quale vennero battezzate anche mia madre e mia nonna? Se mi ami veramente, in futuro chiamami con il mio giusto e degno nome!”

5. A queste condizioni d’amore al generale ed a me venne naturalmente da ridere. Perciò io dissi anche ad Emma: “Ma, mia cara mogliettina, lo facevo solamente per puro rispetto verso di te! Tu conoscevi certamente la canzone di ‘Edoardo e Cunegonda’, nella quale lei viene disprezzata in modo ridicolo per il divertimento del pubblico! Così ogni volta che ti chiamavo mi veniva sempre in mente quella stupida canzone. Il nome Emma suona anche più bello di Cunegonda. Ma se d’ora in poi vuoi essere chiamata Cunegonda, ebbene, in Nome di Dio, ben volentieri ti chiamerò così!”. Rispose lei pungente: “Sì, sì, ciò che non piace, si cerca di renderlo ridicolo!”. Risposi io: “Ma che ti viene in mente! Non vorrei certo renderti ridicola, tu che mi sei così infinitamente cara e preziosa! Io spero ora che considererai conclusa la questione e mi darai la mano per la completa riconciliazione! Oppure c’è ancora qualcosa che ti turba?”

6. Rispose lei: “Oh, parecchio!”. Io replicai: “Cos’altro ancora, se posso chiedere, mia amatissima Em.. , - stavo quasi per dirlo di nuovo; chiedo mille volte perdono! - volevo dire Cunegonda! Avanti, ‘Cuni’, cosa ti turba ancora!”

7. A questa domanda un po’ ‘accorciatamele’ affettuosa, lei alzò con ira il piede e con esso colpì così violentemente il pavimento che tintinnarono i bicchieri che erano in una delle mie casse [per il trasloco]. E poi seguì un pungente “No!”, accompagnato da alcune lacrime. A questo no significativo seguì un muto intervallo rabbioso, poi un’intera legione di epiteti rivolti alla mia persona che in verità non avrebbe fatto nessun disonore ad una volgarissima frut-tivendola! Alla fine si rivolse ancora a me in tono brusco: “Ora siamo pari! Non voglio più vederti né sentir parlare di te! Sei stato pagato, e così siamo pari per l’eternità! Prendermi ancora in giro! Questo mi mancava da un villano così, che è stato partorito da una qualunque rozza vacca! Potrai essere elevato mille volte a principe dall’imperatore stesso, ma per me, una baronessa di antichissima famiglia, sei niente, capisci? Non sei nulla di fronte a me! Vedi di sparire al più presto dalla mia vista!”

8. “Con lei non ci accordiamo”, disse il generale, “perché è completamente pazza! Lasciala andare, figlio mio, e non ti preoccupare più per lei! Forse il tempo riuscirà a migliorarla prima di quanto riusciremmo a farlo noi due. Ma i soldi prendili, poiché può venire un tempo in cui potranno renderti persino un buon servigio, quando lei avrà dilapidato le sue ricchezze anche troppo presto”.

9. Nello stesso istante entrò anche il mio cameriere e mi annunciò che aveva trovato un alloggio molto bello e libero da subito. “Bene”, disse il generale, “facciamo dunque velocemente i bagagli ed andiamocene!”. Disse il cameriere: “Signore, ad eccezione di questa stanza, è già tutto in ordine! Ora vengono qui i facchini!”.

73. Capitolo

Continuazione della storia matrimoniale tra il patetico e sua moglie Emma

1. (Continua il patetico:) «Allora io dissi: “Va bene. Hai fatto molto bene”. E il cameriere disse: “Vostra grazia avrà una vera gioia per questo alloggio! Non si trova però in città, ma in un sobborgo, ed è un vero alloggio sontuoso, provvisto di tutte le comodità possibili e costa davvero una cosuccia da nulla!”

2. Disse il generale: “In quale sobborgo si trova e a che piano?”. Rispose il cameriere: “Il sobborgo non lo nomino per buoni motivi (indicando mia moglie). È comunque al secondo piano! Infatti, quando ci si ritira davanti al nemico, non gli si deve far sapere dove si va!”. Disse il generale: “Perché sapete questo così bene, avete già servito una volta davanti al nemico?”. Continuò il cameriere: “Due volte, vostra eccellenza! Una volta quale maresciallo davanti al vero nemico, dove piovevano bombe, granate e proietti li, e poco dopo davanti a quello irreale, vale a dire davanti a mia moglie! Lì non piovevano bombe, granate e proiettili, ma in compenso interi plotoni di cavallette di malelingue! Ho resistito cinque anni con tutta pazienza e tenerezza. Ma con lei non era più possibile intendersi a nessun costo. Perciò davanti a questo secondo nemico mi ritirai, mi cercai un servizio e presto ne trovai uno, vale a dire qui! Se forse la vostra gentile signora desiderasse prendere lezioni in queste cose presso la mia amabile consorte, non potrei raccomandarle nessun individuo più adatto!”

3. La mia Emma, che piena di rancore stava distante davanti ad una finestra, si avvicinò inviperita al mio cameriere e gli tirò, con la sua mano delicata, un potente schiaffo, ma il cameriere lo parò e disse: “Oha! Questo me lo posso prendere anche da una fruttiven-dola! La mia faccia non è così nobile che si lascia insaponare per la rasatura da una mano dell’alta nobiltà! Tre passi dal mio corpo di onesto maresciallo ordinario, altrimenti mi potrebbe venire in mente di cominciare una danza molto curiosa con la gentile signora baronessa, capito?!”. Emma quasi scoppiava dalla rabbia e gridò: “Lontano dai miei occhi, popolo di canaglie, lontano dai miei occhi, bestie!! Voi spregevole farabutto! Come vi permettete di dire in faccia a me sciocchezze simili, a me, una baronessa della più antica nobiltà! Allontanatevi subito dai miei occhi, altrimenti vi faccio venire a prendere dalla polizia!”

4. Disse il cameriere: “Non ce n’è bisogno, vostra grazia, signora baronessa! Entro mezz’ora saremo fuori dalla vista dei vostri occhi, grazie a Dio! Non vi arrabbiate, perché potrebbe influire molto negativamente sui vostri delicatissimi nervi!”. Disse Emma: “State zitto, maleducato impertinente, altrimenti vi faccio sentire subito cosa vuol dire offendere così una baronessa! Sono capace di buttare sulla vostra orrenda faccia scimmiesca tutto ciò che mi viene fra le mani”. Disse un altro servitore al cameriere: “No, adesso è meglio tenere la lingua a posto, altrimenti avremo ancora un atto iniziale del giorno del giudizio! Vediamo di andarcene!”. Dissi io: ‘Sì, sì, muovetevi, poiché io stesso preferirei volare che camminare”

5. Non appena ebbe finito di parlare, Emma balzò davanti a me e urlò: “No, no! Ho forse meritato da te che ora tu sul serio mi abbandoni e mi lasci in balia allo scherno della tua sfacciata servitù? Vedi, ero di cattivo umore, come e perché lo saprà Dio soltanto; in breve mi sono nuovamente ammalata e nella mia sofferenza ti sono sicuramente venuta incontro in modo rude ed aspro. Ma ora mi si levano le bende dagli occhi come le scaglie. Mi accorgo confusamente che devo averti offeso molto, come pure il signor generale! E tu non hai riconosciuto che questo l’ha fatto solo la tua povera e ammalata Emma, che non era in possesso delle sue facoltà mentali! Oh mio carissimo consorte! Fa’ di me quello che vuoi. Puniscimi se l’ho meritato, ma non mi lasciare!”

6. Con queste parole mi si gettò singhiozzando al petto e mi abbracciò convulsa. La servitù rimase sbalordita e mi domandò che cosa ci fosse da fare ora, e cioè se si dovesse continuare [il trasloco] oppure fare marcia indietro! Disse Emma: “Tornate indietro immediatamente a spese mie, e pago anche l’affitto dell’alloggio per sei mesi [in cui dovevate trasferirvi]!”

7. Disse il generale: ‘Sì, se le cose stanno così, compiango sia te che la tua consorte, che mi sembra essere seriamente ammalata. Naturalmente non puoi abbandonare in nessun modo in queste condizioni la tua Emma quale cavaliere, uomo e marito! Io però ora farò una passeggiata che mi è necessaria e sarò nuovamente con voi in un paio d’ore. Preparatemi una stanza, perché mi fermerò con voi alcuni giorni!”. Il generale si congedò. I servitori sospesero il lavoro di trasloco e rimisero di nuovo le cose come prima, cosa che a loro sembrava alquanto spiacevole. E la mia Emma era come cambiata e non riuscì proprio a ricordare cosa fosse successo prima fra di noi! In segreto mi stupii: Emma poco fa era un diavolo, adesso un angelo!».

74. Capitolo

Il patetico ritrova la moglie, il genero e l’amico generale nell’Aldilà.

Le condizioni di vita e l’aspetto esteriore nell’Aldilà.

1. A questo punto prese nuovamente la parola Max Olaf: «Mio stimatissimo amico, la tua storia di vita matrimoniale comincia a dilungarsi troppo! Perciò lasciamo l’ulteriore continuazione della stessa, tanto più che essa mi è nota tanto bene quanto a te stesso. Infatti devi sapere che io, che qui ho il nome di Max Olaf e che qui ti sto a fianco quale vero amico, sono proprio lo stesso superiore e generale che nel mondo ti ha fatto diventare qualcuno dal nulla. Mentre questo altro amico qui vicino a noi, che considera tutte queste apparizioni, compreso il cambiamento della campagnola, come un puro sogno, è quel barone la cui figlia diventò tua moglie senza il suo consenso. Ma vuoi ora conoscere qui anche tua moglie, con la quale hai litigato per quasi vent’anni sulla Terra? Allora guarda questo essere miserrimo che, seminudo e terribilmente magro, ti guarda da dietro le spalle del barone, ed allora hai davvero anche il pezzo finale di tutta la storia della tua vita! Sei soddisfatto del modo in cui si conclude la storia della tua vita che ci hai narrato così ampiamente?»

2. Dice il patetico: «Oh, che disperazione! Ebbene, che cosa succederà! Credo che la spiacevole continuazione della storia della mia vita riprenderà di nuovo qui il suo inizio come il secondo atto di un dramma! Cosa ne pensi tu, sincero amico mio?»

3. Dice Max Olaf: «Caro amico, ho la forte impressione che dovremmo attenerci quasi esclusivamente a quell’uomo, se vogliamo aspettarci una migliore continuazione del nostro dramma vitale! Infatti vedi, a me, quale un muto osservatore, non è sfuggito nulla delle cose importanti, per il mio animo, che sono accadute qui in questa stanza durante il tuo racconto. La campagnola è stata vestita a nuovo, ed ora sembra un angelo purissimo. E quanto più lei si lega con amore a quell’uomo straordinario, tanto più diventa bella e saggia! Ma non solo lei è così felice. Vedo già una moltitudine che prima era misera come noi, ma non appena hanno cominciato ad avvicinarsi a quell’uomo, hanno ricevuto subito un aspetto migliore e le loro vesti sono cambiate corrispondentemente al loro animo!

4. Amico, questi sono già, nel vero senso della parola, miracoli su miracoli!

5. Là, su un’ampia tribuna, vedi circa ventiquattro esseri femminili in costume da ballo, che sembrano già puramente celestiali! E là ad un tavolo provvisto di pane e vino si trova il democratico Blum, Messenhauser a noi noto, il dr. Becher e il redattore Jellinek! Quale santa dignità splende sui loro visi, e di quale profonda sapienza è pieno ogni loro discorso! Quanto amichevole, eppure quanto sublimamente serio è il loro atteggiamento!

6. E tuttavia quel semplice uomo, che ora fa una corte in piena regola alla bella campagnola e parla con lei di nient’altro che di amore, sembra che sia il tutto nel tutto per loro. Infatti a lui domandano ogni cosa! Egli ordina tutto ed è già lì tutto quello che egli vuole e ordina! Eppure, nonostante tutto ciò, tutto il suo atteggiamento è senza pretesa e celestialmente amorevole, che solo a guardarlo e ad osservarlo mi sono già così affezionato a lui come solo si può amare il migliore amico!

7. Io stesso vorrei accorrere da lui e cominciare così ad accarezzarlo, come un generale che, dopo molte difficoltà, accarezza la bandiera nemica conquistata, la cui conquista rappresenta la completa vittoria! Dimmi amico se non senti anche tu una simile necessità in te! E tu, barone e interprete di sogni, senti anche tu, insieme a tua figlia Cunegonda-Emma, una simile necessità?»

8. Dice il patetico: «Io, per me personalmente, comincio a provare la stessa cosa. Ma se lo provano così anche il mio signor suocero e la mia Emma, questa è naturalmente tutt’altra questione. Probabilmente Emma sì, perché negli ultimi tempi scoprii alcune tracce di religiosità in lei, ma per quanto riguarda il signor barone, so ben poco cosa egli pensa e sente! Una cosa comunque dovrebbe essere certa, e cioè che qui egli non farà molta strada con i suoi concetti terreni di nobili antenati!»

9. Dice il barone: «Caro rapitore di mia figlia, guardate prima come siete combinato voi, poiché se qui volessi litigare con voi, verrebbe fuori un bel processo! Ma nel mondo terreno vi ho perdonato tutto e così siamo pari per ciò che riguarda il nostro punto controverso. Se voi qui in questo mondo, che io ritengo un sogno, avete qualcosa di utile rispetto a me [che non so niente], allora ricompensatemi qui con la vostra amicizia ciò che mi avete sottratto con ostilità sulla Terra, vale a dire la mia vita! Infatti la mia Emma era lì la mia vita, che voi mi avete rapito! Ma io vi ho perdonato questo rapimento. Perciò non domandate quali sentimenti ho qui, ma aiutate invece me e la mia povera Emma, se ci potete aiutare in qualche modo!»

10. Dice Max Olaf: «Perfettamente giusto, caro amico, voi, per così dire, mi avete parlato dal cuore! Vedrete che vostro genero vi aiuterà sicuramente, perché non gli è mai mancata la buona volontà. Solo che qui manca a tutti ancora la possibilità. Ma io spero in Dio che presto venga aiutato almeno uno di noi, e costui poi non lascerà stare in miseria i suoi cari amici!»

11. Dice il barone: «Vi ringrazio assai di cuore per questo! Un qualunque aiuto farebbe oltremodo bene a me e ad Emma. Infatti è già da oltre vent’anni, che qui sono diventati duemila, che vivo stentatamente nel più grande abbandono! Nessun aiuto, nessun conforto, nessuna luce è giunta finora a me. Voi siete il primo che ha cominciato ad aiutarmi a uscire dal mio lungo sogno. O amico, portate a termine ciò che avete cominciato, e allora il mio cuore e la mia vita vi dovranno essere consacrati quale ricompensa!»

12. Dice Max Olaf: «Cari amici, e anche voi mia povera Emma! Seguitemi fiduciosi là da quell’uomo meraviglioso che ora sta parlando col dottor Jellinek. Davanti a lui voglio inginocchiarmi per il vostro e forse anche per il mio bene! Se egli ci tende la sua meravigliosa mano soccorritrice, allora noi saremo anche aiutati! Ma bisogna raccogliersi intensamente davanti a lui, questo l’ho già osservato, perché per quanto egli possa essere inconcepibilmente buono, possiede accanto a ciò anche un’enorme sapienza, davanti alla quale ogni nostro pensiero, per quanto profondo, si scioglie come burro al sole. Come pensiamo e sentiamo, così dobbiamo anche parlare dinanzi a lui, poiché davanti al suo sguardo acuto nulla rimane nascosto! Venite perciò con me, forse troviamo grazia presso di lui!»

13. Dice il patetico: «Fratello, che ne dici di andare tu solo da lui, senza di noi, in modo da essere un intercessore per noi? Infatti, in verità, io ho segretamente una particolare specie di paura davanti a lui!»

14. Anche il barone ed Emma pregano il generale Max Olaf di fare così. Ed egli dice: «Carissimi amici, ciò che io posso fare per voi, anche lo farò. Ma intanto raccoglietevi in voi, poiché io presagisco che presto tornerò con una buona risposta!».

75. Capitolo

Max Olaf, l’ex generale terreno, riceve un’importante mansione anche nell’Aldilà. Il presuntuoso patetico non accetta la Divinità in sembianze umane.

1. Max Olaf, dopo aver detto queste parole, viene subito da Me, si inchina profondamente e dice: «Sublime, sapientissimo e certamente anche amico amabilissimo! Di tutto quello che di prodigioso è accaduto durante la mia permanenza qui, non è sfuggito nulla ai miei occhi. Ma con tutto ciò ho anche notato che ogni cosa si pog gia unicamente su di te! Sembra che tu, almeno in questa casa, sia il fondamento di tutto. E dunque sembra anche che qui dipenda veramente solo da te se qualcuno debba diventare felice o infelice. Chi ha raggiunto te, a quanto pare, ha raggiunto tutto! Confidando sulla tua evidente bontà, io, forse il più indegno di tutti, mi sono preso la libertà di pregarti dal più profondo del mio cuore, affinché tu voglia concedere a quei tre là, cioè a quei due uomini e a quella donna molto misera, la tua grazia, il tuo amore e la tua amicizia! Ad essi, come a me, è sicuramente attaccato ancora una certa quantità di massa terrena, che per questo mondo degli spiriti difficilmente potrebbe servire a qualcosa. Noi tutti però siamo animati, in Dio il Vivente, certamente della migliore volontà e cercheremo di completare con tutte le nostre forze ciò che ancora ci manca, per dimostrarci così più degni della tua grazia»

2. Dico Io: «Mio amato amico e fratello, Io ti dico di andare lì e di portarli da Me! Infatti, dov’è mai un padre che chiuda l’orecchio e il cuore a colui che implora grazia per i suoi figli? Vedi, questo non lo farebbe nemmeno il padre più duro della Terra; tanto meno lo faccio Io, visto che dimora in Me corporalmente tutta la pienezza dell’Amore del Padre celeste! Perciò affrettati e porta qui tutti coloro che chiedono di Me!»

3. Dice Max Olaf pieno della gioia più profonda: «O amico, sapevo che non avrei fatto dei passi inutili venendo da te! Ti ringrazio già in anticipo per tutti loro, poiché li vedo già piangere felicemente di gioia! Oh, ti ringrazio, ti ringrazio!»

4. Dico Io: «Ma carissimo amico e fratello! Ho sempre aspettato che tu chiedessi anche qualcosa per te stesso; ma non è venuto fuori niente di simile. Non vuoi dunque essere un po’ più felice di quanto lo sei adesso?»

5. Dice Olaf: «O tu celestiale, caro buon amico! Vedi, io sono fatto così, e cioè a me basta vedere altri felici, e allora sono già felice nel vedere la felicità di coloro che mi stanno a cuore! Anche sulla Terra non ero diverso; e quindi ho sempre dimenticato di preoccuparmi per me, perché mi stava a cuore solo il bene degli altri! Perciò, caro amico, non devi prendertela con me se chiedo la tua grazia solo per gli altri. Ho quasi dimenticato di chiedertela per me come se io avessi meno bisogno di coloro per i quali ti ho pregato! Oh, anch’io ho molto bisogno della tua grazia, ma attendo volentieri se prima posso vedere gli altri felici!»

6. Dico Io: «Ascolta, carissimo amico e fratello! Sapevo bene come è fatto il tuo cuore e come sta nella massima armonia con il Mio. Ma non te l’ho chiesto come se non lo sapessi, ma per preparare il tuo cuore a qualcosa che per ora non sei in grado di afferrare. Io Stesso però te ne renderò presto capace! Va ora e porta qui coloro che ti stanno a cuore! Ma lascia che nel tuo cuore ne vengano caricati ancora di più, poiché Io ti dico: “Tutti quelli che porterai qui da Me, saranno accolti!”. Capisci questo? Sì, tu lo capisci!»

7. Max Olaf si inchina di nuovo profondamente dinanzi a Me e torna indietro dai suoi. Non appena ritorna lì, atteso con ansia impaziente, gli viene subito chiesto dal barone come egli e la sua preghiera sono stati accolti da Me.

8. Dice Max Olaf: «Miei cari tutti, io vi dico: “Nel migliore dei modi!”. Non soltanto voi, ma quanti si vogliono unire a noi troveranno accoglienza presso di lui! Guardiamo dunque un po’ in giro in questa moltitudine per vedere se non si trova ancora qualcuno che vorrebbe unirsi a noi!»

9. Dice il barone: «O caro amico, guardate lì subito dietro ad Emma alcuni esseri femminili: esse sono le mie due figlie più grandi! E dietro di loro i mariti ed accanto ancora un paio di fedeli domestici; forse verranno anch’essi accolti, se vengono con noi!»

10. Dice Max Olaf: «Che vengano subito! Chi viene con noi, verrà accolto, poiché io ho per questo la sua parola divina! Ma dobbiamo guardarci intorno per trovarne ancora di più»

11. Dice il patetico: «Ascoltate, amico mio! Io conosco un modo: andiamo tra la moltitudine a noi nota e tra di loro facciamo un appello generale. Chi vuole accettarlo, ci seguirà. Ma chi non lo farà, rimarrà indietro. Io penso che non dobbiamo costringere proprio nessuno»

12. Dice Max Olaf: «Di costringere non se ne parla nemmeno! Ma dobbiamo certo spiegare loro che desideriamo questo per il loro proprio massimo bene! Una tale spiegazione non sarà una costrizione, spero?»

13. Dice il patetico: «Dipende da come si prende la cosa. Una spiegazione troppo scarna farà poco effetto, mentre invece una spiegazione ben fondata è una costrizione altrettanto quanto un altro atto di forza. La volontà di colui che si è persuaso in questo modo non è più libera!»

14. Dice Max Olaf: «Amico, la state prendendo troppo alla larga! Se si dovesse chiamare costrizione tutto ciò con cui gli uomini vengono portati ad altre idee, concetti e decisioni, allora si dovrebbe bandire ogni insegnamento! Infatti è a causa degli insegnamenti che gli scolari, che certo sono pure uomini dotati di spirito libero, giungono a tutt’altri concetti, mediante i quali il loro originario volere puramente sensuale riceve una direzione completamente opposta. Io penso che questo sia qualcosa di molto buono. Ma se mediante la costrizione esercitata dall’istruzione lo spirito umano può giungere prima alla vera libertà, allora proprio non capisco come qui nel vero regno spirituale una spiegazione istruttiva possa mettere in pericolo la libera volontà di un uomo! Siate perciò ora tranquillo per questo, mio caro amico! Se ci dovesse essere qualcosa di sbagliato in questo, risponderò io davanti a colui che mi ha dato la sua parola divina per questo! Io stesso mi metterò subito all’opera e calerò tra questi pesci la mia rete di parole veritiere. Se prenderò qualcosa, sarà bene. Se non prenderò nulla, dunque, anche così dovrà essere bene»

15. Con queste parole il nostro Max Olaf si reca tra la moltitudine e le rivolge un discorso ben formulato. Una ventina di numero si uniscono a lui, mentre gli altri dicono mormorando: «No, se ci vogliamo andare, troveremo noi stessi la via! Non abbiamo bisogno di un borioso intermediario!»

16. Max Olaf ritorna subito dai suoi con il bottino e dice pieno di gioia: «Ora vedete, cari amici, la mia pesca ha avuto buon successo! Ma adesso rechiamoci subito da lui, il quale è il solo che ci può aiutare e ci aiuterà! Infatti, proprio per questo ho la sua parola divina!»

17. Dice il patetico: «Io però non capisco che voi, carissimo amico, parliate sempre della sua “parola divina”! Come può avere uno, per quanto possa essere già uno spirito umano del tutto completo, avere e dare una parola divina? Oppure lo ritenete sul serio una specie di dio Apollo?»

18. Dice Max Olaf: «Sì, ve lo dico senza paura: “O Lui oppure nessun altro!”. Le Sue Parole rivolte a me non sono cadute sulla sabbia, ma in tutta la profondità della mia vita! E questo ora mi dice continuamente: “Egli e nessun altro in eterno!”. Comprendi tu questa Potenza? Così mi comanda il mio cuore. E il mio spirito risponde: “Sì, cuore! Colui che tu ami, è Lui e all’infuori di Lui non c’è nessun altro!”. Ma ora basta così, andiamo! Salvezza a colui che mi segue!»

19. Dice il patetico parlando velocemente: «Devo davvero chiedere perdono, amico mio del resto stimabile! Con una simile supposizione non vi posso seguire! Considerare un uomo quale unico Dio!? In verità, questo è più che troppo forte! Non ho nulla da dire contro la sua sapienza e forza di volontà interiore, come anche della sua bontà, poiché anche la campagnola si fa stupenda sotto la sua bontà! Ma per la sua divinità da voi annunciataci devo protestare! In Mosè sta scritto: “Devi credere in un solo Dio!” ed inoltre: “Nessuno può vedere Dio e vivere, perché Dio è un fuoco divorante!”. Ed ascoltate ancora quello che dice il sapiente ebreo Gesù, che voi ritenete un Dio, proprio in un passo che credo sia in Giovanni. Egli dice: “Nessuno ha mai visto la Divinità. Ma chi ascolta la Sua Parola, l’accoglie ed agisce di conseguenza, accoglierà così in sé lo Spirito di Dio e tale Spirito dimorerà in lui!”. Vedete, anch’io ho una certa confidenza con la Bibbia, ma non sta scritto da nessuna parte che uno spirito umano, anche se è da Dio, sia già la somma Divinità Stessa dimorante nella Luce sublime, eternamente inaccessibile! E poiché, amico mio del resto stimabilissimo, sembrate sostenere questo proprio di quell’abbellitore della campagnola, io davvero non posso venire con voi!»

20. Dice Max Olaf: «Caro amico, ora fate come volete! Già prima voi stesso avete protestato contro la costrizione, e così in futuro non cercherò più di persuadervi».

76. Capitolo

Il patetico viene smascherato dalla amante terrena ritrovata nell’Aldilà, e poi si separa dal gruppo di persone a lui più care

1. Il già noto Franz, che fu nel mondo il fedele lustrascarpe del patetico, si avvicina a lui e dice: «Qui mi sembrate tutti uguali, ma tuttavia dico a lei, vostra grazia: “Ascolti, lei sembra proprio così come era sulla Terra. E questo mi pare proprio non giusto, mi capisce? Nel mondo lei era veramente un gran signore ed era anche molto ricco, benché per la maggior parte vi abbia aiutato la vostra signora. Ma tutto questo ora è finito, poiché siamo nel mondo degli spiriti, mi capisce? E allora ognuno deve essere umile, altrimenti piovono mosche spagnole ed asparagi lussenburghesi! Questo buon signore vuole solo il nostro bene e ci ha dato un po’ di luce. E così credo che non dobbiamo rifiutare così con leggerezza. Venga dunque con noi, non le farà male! E guardi, anche la sua cara [amante] Maria è qui! Sa, quella che lei ha avuto così vicino alla sua signora!? Mi capisce! E dov’è la sua [amante] Maria, lei non dovrebbe mancare! Cosa ne pensa di questo?»

2. Dice il patetico, molto indignato: «O maledetto “lavaggio generale”! Sembra già di essere in Purgatorio, ed allora anche l’Inferno non dovrebbe essere lontano. Ma questo è proprio diventare un diavolo! Adesso c’è qui anche quella carogna della mia [amante] Maria ed oltre ad essa la mia santa donna! No, ma cosa succederà! Mia moglie è andata nell’eternità un paio di anni prima di me, ed io credevo - poiché nei suoi ultimi tempi sospirava così religiosamente e spirò beata nel Signore - che si librasse già da tempo nei pressi di una nuvola celeste! Ma no, lei non è in Paradiso ma è invece qui, e questo è ancora mille volte peggio che sul misero mondo prima della sua morte! Ed ora si aggiunge, per completare, anche quella mia carogna [di amante], che ha una lingua tagliente come una spada. Ebbene, ci mancherebbe anche di andare con una simile compagna da quell’uomo, il quale mi ha già fatto capire in modo inequivocabile che dovrò venire ancora molto umiliato! Ma io fiuto l’inganno e mi guarderò bene dal prostrarmi davanti al mago e alla sua campagnola trasfigurata! Che ci si debba trovare in questo porco mondo con tutti i dispiaceri! O maledizione! Se queste non sono fatalità, allora non so più che cosa si dovrebbero chiamare! Forse verranno alla luce ancora i miei altri amoretti temporanei ed altri generi di ammucchiate che feci con loro qualche volta per gioco?»

3. Questo dice il patetico fra sé e sé, ma anche coloro che gli stanno intorno comprendono le sue parole. E sua moglie viene avanti e dice soavemente a lui: «Johann, io sapevo nel mondo come era fatta la tua vita. Questo era anche il motivo della disarmonia che esisteva ultimamente tra noi due. Ma ti ho comunque perdonato tutto! Rimedia perciò anche tu qui, davanti a Dio, tutto ciò che hai fatto a me, la tua moglie terrena, che per puro amore ha sacrificato tutto a te, perfino l’amore di suo padre! Non mi temere, poiché non ti farò più nessun rimprovero. Segui però anche Colui che tu pretendesti di seguire sempre nel mondo! Quanto spesso mi hai accusato per la mia superbia dell’alta aristocrazia, ma qui nel regno dell’umiliazione sei cento volte più superbo di me e dei miei congiunti! Come è successo questo?»

4. Il patetico Johann resta sorpreso, mormora fra di sé e non risponde alla supplica di sua moglie.

5. Ma qui si fa avanti Maria e dice ad Emma: «Chiedo mille volte perdono a vostra grazia per aver avuto il vostro uomo! Per il resto sono stata una buona e brava ragazza. Ma fuori allo Sperl una volta conobbi il vostro uomo, che mi fece una corte spietata e mi promise per la vita e per la morte di sposarmi; e così mi illusi che forse sarebbe stato possibile! Ma questo porco mi prese in giro da un anno all’altro e di matrimonio non se ne parlò più. Però io non sapevo che era sposato! Vedete, questo l’ho saputo solo qui; ma adesso vi rallegrerete quando dirò la mia opinione a questo porco. Ebbene, costui dovrà ben ricordarsi di AnnaMaria che lui ha imbrogliato!»

6. A questo punto Maria si rivolge al patetico e dice: «No, voi porco di un cocchiere e furiere pensionato o cosa eravate! Che cosa credete di essere? Potreste rispondere alla supplica di vostra moglie, che avete così tradito sulla Terra! Dite qualcosa se ne avete il coraggio, porco! Vi ricordate tutto quello che mi avete detto, che eravate un uomo celibe e quanti soldi avevate! Se eravate un così gran signore, come mi avevate detto di essere mentendomi, con un così grande onore nel vostro corpo sarebbe stato impossibile che voi foste uno stupido maiale! Se non dovessi vergognarmi così tanto, racconterei alla vostra signora tutto quello che avete fatto con me! Aspettate solo un po’, e dirò ancora di più alla signora! Infatti solo adesso mi viene un giusto veleno per voi, perché ora so che avete avuto una moglie così onesta e buona!»

7. Max Olaf, nell’udire questo, si avvicina al patetico, interrompe Maria e dice: «Ebbene, caro amico, stanno venendo fuori delle belle storielle sulla vostra condotta di vita terrena! Davvero, voi non me ne avete mai parlato. Sì, ora comprendo alcune cose che altrimenti non avrei mai capito. Dunque, avete dimostrato una simile fedeltà ed amore alla vostra buona moglie? O pelle di un maiale di galantuomo! Sì, ora so perché temete così tanto questa campagnola. Forse anche lei avrà avuto parte alcune volte alle vostre belle scappatelle? E quindi deduco che ora qui non vi sarà gradito venire là con me dove sembra che vi si conosca meglio di quanto vi ho conosciuto io! Amico, se le vostre azioni da marito stanno così e volete ancora passare per uomo d’onore, allora devo proprio pregarvi di non venire con me da quel purissimo e santissimo Amico degli uomini! Io dovrei avere un rispetto maledettamente basso di quel Santo se Gli conducessi davanti un esempio di pelle di maiale come siete voi. Fate ora quello che volete, ma io mi guarderò saggiamente dal coltivare ancora rapporti con voi in avvenire!

8. Povera Emma! Se nel mondo avessi saputo che marito avevate, non vi avrei comminato certamente nessuna punizione per la vostra precedente offesa all’onore del vostro consorte! Ma ora venite tutti con me da questo grande e santo Amico degli uomini! Là vi verrà ripagato tutto quello che in qualche modo avete subito quale ingiustizia da parte mia! Ma quella pelle di maiale deve andarsene dove vuole!»

9. Dice il barone: «No, non l’avrei mai creduto di quest’uomo! Così è sempre vero: “Ciò che è volgare, rimane volgare!”. Ma ciò che è accaduto, è accaduto! Noi non vogliamo certo giudicarlo, ma per la nostra compagnia non è più degno nemmeno qui in questo mondo! (E rivolgendosi al patetico): “Andate via da noi ed evitate la nostra compagnia! Là tra i proletari è il giusto posto per voi! Forse lì troverete ancora alcune dee, che sulla Terra vi hanno offerto il nettare per le vostre belle feste da pascià!»

10. Dice il patetico irritato: «Si avrà anche qui il diritto di proibire tali insinuazioni! Non ha avuto forse anche la mia mogliettina per bene compagnie ogni sabato? Se riguardo a ciò lei ha fatto delle osservazioni alla Ignazio di Loyola, questo non lo so davvero! Del resto qui nessuno ha qualcosa da impormi, perché credo di non aver più bisogno di nessun tutore! Ma d’ora in poi proibisco ogni indelicata osservazione, perché saprò ben io che cosa devo fare! Inoltre non avete bisogno di farmi capire che io sarei ora troppo volgare per la vostra aristocratica compagnia, perché io stesso ringrazio ora Dio di essermi liberato di una simile plebaglia con le buone. Per fortuna vedo là in fondo parecchi buoni conoscenti; da questi sarò sicuramente più rispettato che non da voi, voi presuntuose canaglie dell’alta nobiltà!»

11. Con queste parole il patetico abbandona la compagnia e si reca dai suoi conoscenti. Emma vuole trattenerlo, ma egli la respinge indietro e corre via.

12. Max Olaf però dice: «Lasciatelo andare! Forse va alla sua resurrezione, oppure alla sua caduta! Ma noi vogliamo pregare laggiù il Signore, affinché gli conceda la Sua Grazia invece di fargli sentire la Sua Giustizia! E così rechiamoci da Lui, dal Salvatore degli uomini!».

77. Capitolo

Max Olaf e la sua compagnia riconoscono la Divinità di Gesù e scoprono che l’Amico al quale avevano chiesto aiuto è lo Stesso Gesù

1. Una ventina di persone si muovono al fianco di Max Olaf verso di Me. E la guida parla, inchinandosi profondamente: «Mio Signore e sublime amico! Secondo la Tua clementissima richiesta ho portato qui, davanti a Te, come vedi, un piccolo reclutamento che il mio cuore ha compiuto!

2. In effetti, uno non ha voluto seguirci, perché alcune persone che conoscevano assai bene le sue condizioni di vita terrena gli davano troppo fastidio. Ma io penso che, nonostante questo, egli non debba essere ancora completamente perduto! Infatti, Tu sei il vero Padrone di questa casa ed è impossibile che chi vi può entrare una volta, possa essere perduto! Sulla Terra in fondo non era un uomo cattivo. La sua maggiore debolezza era la sua carne. E poiché purtroppo egli possedeva beni terreni in gran quantità, cadde in un turbine di ogni genere di tentazioni che mise facilmente in opera. Devo ammettere apertamente che questo non faceva veramente onore al suo spirito. Ma cosa si può fare adesso, una volta che ha soddisfatto le sue brame? E così spero che possa imbattersi in situazioni che lo aiutino al miglioramento e alla vera umiltà. Ma giudicarlo e punirlo per questo, mi sembrerebbe certo troppo duro!

3. Del resto questi sono solo pensieri miei, con i quali non vorrei minimamente prevenirTi, o Signore! Infatti, di fronte a Te io dico solamente: “O Signore, o Amico, ciò che Tu vuoi, questo accada!”»

4. Dico Io: «Io ti dico però che le tue opinioni sono molto buone e perciò anche molto da usare. Ma con tale spirito dovranno accadere ancora molte cose prima che giunga alla vera comprensione e al vero miglioramento. Anch’Io non voglio dire proprio nulla sulla sua condotta di vita terrena, estremamente impudica, anche se essa basterebbe già da sola a fargli perdere la vita eterna. Ma nello stesso tempo questo spirito è pieno della più puzzolente superbia e pieno di dannosa arroganza! E vedi, questo è di gran lunga peggiore di quanto tu potresti credere. Alla sensualità si può presto porre un idoneo rimedio, ma alla superbia e all’arroganza, a causa del libero arbitrio, è molto difficile porre riparo e a volte non è proprio possibile! Certo noi vedremo che cosa sarà opportuno fare.

5. Ma che cosa ora devo fare a coloro che hai accompagnato? Dimmelo del tutto francamente!»

6. Dice Max Olaf: «Signore! Fai qualunque cosa Tu voglia fare, soltanto e sempre nella Tua illimitata Bontà! Infatti la Tua Sapienza supera ogni cosa, la Tua Bontà non conosce limiti e dinanzi alla Tua Volontà mondi diventano polvere!»

7. Dico Io: «Ma caro amico, come noto dalle tue parole, tu Mi ritieni il sublime Essere Divino! DimMi dunque, come sei arrivato ad una simile fede!? Non sai dunque che nessuno può vedere Dio e vivere?»

8. Dice Max Olaf: «Signore! Sono arrivato a questa ben fondata opinione mediante la Tua santa, divina Parola! Infatti Parole come le Tue, così piene di Verità, così piene della massima Potenza, Sapienza ed Amore, nessuna lingua di spirito creato le può pronunciare! So molto bene che nessuno può mai vedere la Divinità Stessa, nel Suo originario Essere più intimo, e vivere! Ma la Divinità, che parlò mediante Mosè, dopo diversi secoli insegnò in tutta la Sua Pienezza nel figlio dell’uomo Gesù. E Costui disse: “Io ed il Padre siamo una cosa sola; chi vede Me, vede anche il Padre!”. Ma se Gesù insegnò questo ed i Suoi discepoli potevano ben vederLo e ascoltarLo senza perdere la loro vita, allora non vedo perché ci si deve immaginare Dio in una eterna Luce inaccessibile! Inoltre mi pare assolutamente certo che Tu sei lo stesso Signore Gesù che ci ha dato questo sublimissimo insegnamento! E così sono già al posto giusto con il mio cuore e con la mia fede assai infallibile! Ed io penso che più Ti contemplo col cuore e con gli occhi, non solo non perderò la vita, ma la guadagnerò sempre di più! Ho ragione oppure no?»

9. Dico Io: «Vedo già che rimani fermo e irremovibile nelle tue affermazioni. E così per ora devo lasciar passare il fatto che tu ritieni che Io sia l’Altissimo. Ma in seguito ti si chiarirà dove tu potresti essere ancora in dubbio. Per il resto però stai certo del Mio Amore e della Mia Amicizia per l’eternità!

10. Ditemi, non avete fame e sete?»

11. Dicono tutti: «O migliore, celeste Amico, ne abbiamo talmente che, se fossimo sulla Terra, saremmo già morti di fame e di sete! Se potessimo avere un piccolo ristoro, come si solleverebbero i nostri animi! Perciò sii così buono e facci portare qualcosa secondo la Tua migliore Volontà!»

12. Io faccio cenno a Roberto, Jellinek, Messenhauser e Becher, affinché portino a questi poveretti del pane e del vino, cosa che subito accade.

13. Tutti costoro mangiano e bevono con mille ringraziamenti e lodi. E quando sono ben presto sazi e ristorati, dice Max Olaf: «O Signore! Ora sono qui dinanzi a Te e non ho nessun dubbio: Tu lo sei e nessun altro in eterno! A Te vadano tutta la nostra venerazione, devozione ed amore!».

14. Tutti coloro che egli ha condotto insieme a lui ripetono queste parole. Roberto sorride di gioia per una così veloce sistemazione di anime del mondo altrimenti molto confuse. Il dottor Becher e Messenhauser si meravigliano enormemente che Max Olaf con la sua compagnia sia pervenuto al chiaro riconoscimento della Divinità di Gesù. Anche la nostra Elena (la campagnola) cade ai piedi dinanzi a Me.

78. Capitolo

Elena, l’ex prostituta, si innamora del Signore.

Annuncio di un grande consiglio celeste per decidere le sorti della Terra.

1. Ma Io, per buoni motivi, li esorto affinché non facciano scorgere niente di ciò che per una grazia speciale si è rivelato loro! Ed essi Mi comprendono e tacciono, mentre i loro cuori cominciano ad ardere sempre di più.

2. Per Elena è più difficile dover tacere, però Jellinek le dice: «Carissima sorella, brucia interiormente quanto vuoi e puoi, ma controllati esteriormente per amore di coloro che sono ancora ciechi di cuore, affinché non giunga nessun giudizio su di loro! Ora però terremo un gran consiglio, come mi ha segretamente confidato il Signore, e ci dobbiamo comportare il più tranquillamente possibile, affinché quelli che non lo sanno ancora, non si accorgano che il Signore di ogni vita è così tanto vicino a loro! Perciò stai in silenzio!»

3. Dice Elena: «Cosa hai detto, prima, di un consiglio segreto? Che cosa vi verrà consigliato! O Dio, o Dio! Qui sotto ci deve essere certamente qualcosa di molto importante!»

4. Dice Jellinek: «Sì, sì, qualcosa di molto importante! Io ti dico: “Guai a tutti i superbi, agli ambiziosi, a tutti gli assassini e carnefici, e guai a coloro che siedono sui troni!”. Ho visto prima una immensa quantità di angeli furibondi con spade fiammeggianti gettarsi giù sulla Terra, ed una voce echeggiava tuonando: “La Mia Pazienza è alla fine! Perciò nessuno verrà più risparmiato, perché i grandi non cercano aiuto presso Dio ma nelle loro molte armi, ed i piccoli urlano e digrignano i denti ed anch’essi non si rivolgono a Dio, dal Quale viene ogni aiuto! Perciò nessuno verrà più risparmiato!”. E vedi, su ciò ora verrà tenuto un consiglio, perché adesso si mettono in movimento tutte le potenze dei Cieli. Perciò devi stare doppiamente in silenzio!»

5. Dice Elena: «Sì, sì, sto già in silenzio. Ma che cosa ne uscirà? O che spavento, che spavento!»

6. Dice Jellinek: «Sì, mia stimabilissima sorella Elena, ora procede in modo molto più curioso che allora a Vienna, dove noi due buonanime ci trovavamo ancora nella carne tra i combattenti per la libertà! Infatti qui vale nel senso perfettissimo della verità: o vita o morte; Cielo o Inferno! Il Signore dell’Infinito, l’onnipotente Creatore è qui tra noi! E le Sue miriadi di potentissimi servitori, anche se a noi non sono ancora visibili, attenderanno non lontano da qui i Suoi santi cenni. Così puoi farti già un concetto in anticipo di quanto sia inesprimibilmente importante ora questa grande stanza, dove il Signore dei Cieli e di tutti i mondi prenderà tra noi, Suoi amici da pochissimo tempo, delle decisioni dalle quali dipenderanno i tempi futuri e le eternità! Ora, che cosa pensi se consideri questa faccenda veramente nella giusta luce?»

7. Dice Elena: «Vedi, caro amico, io non posso proprio afferrare bene la spaventosa ed infinita importanza di questo luogo! Mi è incomprensibile come possa esserci in Lui - poiché non manifesta in nessun modo un qualche segno di Onnipotenza divina - una Forza e Potenza così incomprensibilmente somme! E mi è pure incomprensibile come Egli possa abbracciare con uno sguardo l’intera ed eterna Infinità, dalla cosa più grande alla cosa più piccola così acutamente! Egli sta qui tra noi come fossimo gli unici con i quali ha a che fare ora! Proprio così senza pretese, così buono, premuroso ed indescrivibilmente caro è il Suo atteggiamento! O amico, quale infinita affabilità è questa!

8. Ed ascolta inoltre quale differenza tra Lui, l’onnipotente, eterno Signore dell’Infinità ed i potenti della nostra maleodorante Terra! Egli, Tutto nel tutto, è pieno di umiltà e non si innalza mai davanti alle Sue creature! Ma i potenti della Terra, tu li conosci, non vogliono saperne di affabilità e umiltà. Soltanto loro vogliono essere tutto ed avere tutto, ma tutti gli altri se li può prendere il diavolo! In verità, con simili governi, la Terra, altrimenti così bella, deve in breve necessariamente diventare un verissimo Inferno, dal quale alla fine nessun uomo mortale potrà più essere tirato fuori per essere conquistato alla vita eterna!»

9. Dice Jellinek: «Sì, sì, giudichi bene e acutamente! Ma pensa anche che per Dio sono possibili molte cose che nemmeno uno spirito saggissimo può immaginarsi possibili; così sarai in grado di osservare ciò che deve avvenire con animo molto più calmo. Infatti, vedi, tutta la grandezza di potenza infinita sta proprio nell’incommensurabile Grandezza del Suo Amore. Ma poiché l’Altezza, la Potenza e la Grandezza dell’Altissimo stanno nel Suo Amore, allora non ci si deve spaventare per le Sue grandi decisioni per quanto grandi siano. Infatti è impossibile che ciò che fa il potentissimo Amore possa essere altro se non estremamente buono, anche se esteriormente dovesse avere un aspetto spaventoso»

10. Dice Elena: «Ti ringrazio, caro amico, per i tuoi insegnamenti! In verità, ora mi hai tolto un enorme peso dal cuore! Ma dimmi ancora: “Quando comincerà questo summenzionato consiglio supremo?”»

11. Dice Jellinek: «Subito, carissima sorella! Guarda, la grande compagnia dei proletari viennesi, che sembra non abbiano nessuna luce, viene invitata ora da Blum ad entrare in una stanza vicina. Solo le ventiquattro danzatrici, Blum, Messenhauser, Becher, io, te e Max Olaf con la sua compagnia di venti persone, come anche quei mezzi inglesi con un paio di dozzine di autentici aristocratici, là in fondo alla sala, saranno presenti durante il consiglio.

12. Là, da un’altra stanza arrivano ora dodici uomini dall’aspetto molto sapiente e dietro di loro ancora altri sette. Questi, molto probabilmente, parteciperanno al grande consiglio. E un grande tavolo si trova già in mezzo a questa sala che diventa sempre più grande. Quindi è già tutto pronto. Rallegrati, il consiglio avrà ora immediatamente il suo santo inizio!»

13. A questo insegnamento di Jellinek, Elena si rivolge ora a Me completamente afflitta e piegata fino a terra, e per la grande paura quasi non riesce a dire una parola. Io però la prendo per il braccio e le dico: «Ma Elena, Mia carissima figlia, perché fai quella faccia? Di chi hai così tanta paura? Guarda, ci sono Io con te! Come puoi aver paura al Mio fianco?»

14. Dice Elena: «O mio Dio e mio Signore! Certamente, se puoi rimanere buono con me, non si può aver paura! Ma quando ad una viene in mente la Tua sola, santissima Divinità, alla quale non deve avvicinarsi nessun peccatore, allora mi sembra che Tu potresti condannare velocemente noi altri, specialmente se Ti arrabbiassi un po’! Prima certamente non avevo questa paura, perché allora non sapevo ancora chi Tu fossi veramente! Ti consideravo un qualche santo antico e perciò anche un intimo amico di Dio che avrebbe potuto essere un efficace intercessore per me. Ma ora, quale terribile delusione: Tu sei il Dio onnipotente! Ohimé, ohimè, chi non dovrebbe temere? Ed ora tieni anche un consiglio, probabilmente per il giorno del giudizio universale! Ed io, una peccatrice così grande, non dovrei temere al Tuo cospetto?»

15. Dico Io nel tono più bonario del mondo: «Dunque è questo che ti opprime così tanto! Ebbene, se già adesso hai una così enorme paura dinanzi a Me, allora non potrai neanche amarMi più? Che cosa farò allora, se tu Mi neghi l’amore perché Io sono il terribile Onnipotente? Piccola Elena, dimMi, Mi vuoi ancora bene come prima, quando Mi ritenevi soltanto un san Giuseppe o san Pietro?»

16. Dice Elena più rassicurata: «O mio Dio e mio Signore! Ma che domanda! Se si tratta del mio amore per Te, puoi comunque guardare nel mio cuore e lì si dimostrerà subito se accanto a Te ci sia ancora un posto per qualcun altro! Io amo solamente Te; perciò non devi mai temere per il mio amore per Te. Ma io potrei temere per il Tuo Amore per me, che sono una così grande peccatrice!»

17. Dico Io: «Ebbene, Mia cara piccola Elena, ora tra noi le cose saranno presto nuovamente a posto! Che ne dici ora se tu provassi ad abbracciarMi e a baciarMi di nuovo?»

18. Elena si strofina perplessa gli occhi e alla fine parla con voce palpitante d’amore: «Ehm, sarebbe davvero infinitamente dolce una cosa simile! Lo farei infinitamente volentieri, soltanto se Tu non fossi così santo e onnipotente!»

19. Dico Io: «Ah, non ha importanza! Fa solo ciò che desidera il tuo cuore, e ti convincerai subito del fatto che la Mia Santità ed Onnipotenza non ti morderanno la punta del naso!»

20. Quando Elena Mi vede davanti a sé così affabile, finalmente le passa tutta la paura. Cade sul Mio petto, lo bacia e dice dopo un po’: «Dio, o Dio! Qui si starebbe veramente bene! Se solo potessi rimanere così l’intera cara eternità!». Alla fine si alza di nuovo e continua: «Ma è dunque possibile che Tu, Dio mio e Signore, possa essere così inconcepibilmente affabile? No, nemmeno sulla Terra avrei mai osato pensarlo. Tu sei così buono, umile e caro! Chi non si strugge dal puro amore per Te, costui non è un uomo!»

21. Dico Io: «Ebbene, vedi, adesso noi due siamo già nuovamente nell’ordine più bello, e questo Mi rallegra! Ma ora vieni anche tu con Me, al tavolo del consiglio! Lì sederai accanto a Me e ogni tanto ci darai anche un consiglio su cosa dovrà accadere di questo mondo così tanto maligno della Terra!»

22. Dice Elena: «No, no, questo non va bene! Dare un consiglio io!? No, se lo dessi, che bel consiglio sarebbe!»

23. Dico Io: «Ebbene, Mia cara piccola Elena, noi non pretenderemo nulla di così grave da te. Se qualche volta ti verrà in mente qualcosa di assennato, allora dimMelo. Se tu non avrai il coraggio di dirlo davanti a tutti, allora lo riferirò Io al consiglio riunito»

24. Dice Elena: «O Tu, mio Dio e Signore! Quando Ti si guarda e Ti si ascolta parlare in modo così semplice, a noi altri non sembra proprio che Tu sia il nostro amatissimo Signore e Dio. Tuttavia Tu lo sei, e ciò lo vedo ora chiaramente! Ma per questo sono già adesso così innamorata di Te che potrei proprio scoppiare dal tanto amore! Ma spero che, dal momento che non posso farci nulla, non me ne vorrai per questo, poiché Tu sei proprio così caro, buono di cuore e così modesto e affabile!»

25. Dico Io: «Sii pure innamorata quanto lo puoi essere, questo Mi sta bene! Ma per quanto tu possa essere innamorata di Me, il Mio Amore per te è tuttavia ancora più forte! Ma anche questo non fa nulla, poiché Io come Dio devo poter amare più fortemente di te, e questo per il motivo per cui Io del resto sono più forte di te, Mia carissima Elena!»

26. Dice Elena: «Ti prego, non essere così buono con me! Io mi sto struggendo per l’amore che provo per Te!»

27. Dico Io: «Oh, non preoccuparti per questo! Anche se talvolta diventi un po’ debole, Io ho con Me una quantità di ogni genere di rinforzi che ti rimetteranno nuovamente in piedi. Oh, dunque non temere proprio nulla! Ma ora bisogna recarsi al tavolo del consiglio. Vieni dunque anche tu, siediti qui, proprio vicino a Me!».

28. Elena ora Mi segue modestamente e al tavolo, al quale si siedono anche gli altri, diventa tutta rossa per pura vergogna. Ma dopo pochissimo tempo comincia a trovarsi più a suo agio in questa compagnia ed attende con attenzione la prima esposizione.

79. Capitolo

Il Signore raduna i primi padri della Terra, profeti e apostoli, per decidere le sorti della Terra.

Parlano Adamo, Noè, Abramo, Isacco e Giacobbe.

1. Dopo una pausa di silenzio generale, Elena Mi domanda sottovoce: «Signore, chi comincerà ora a parlare? E chi è quest’uomo venerando che siede accanto a me?»

2. Io le rispondo pure sottovoce: «Mia carissima, a parlare comincerò Io Stesso, appena l’animo di tutti gli esseri qui presenti avrà raggiunto la calma necessaria. L’uomo che siede accanto a te è il padre Adamo, come visse circa seimila anni fa sulla Terra quale primo uomo creato. Accanto a lui vedi Noè e vicino il padre Abramo, poi

Isacco e Giacobbe. Poi ne vedi ancora due: il primo è Mosè e l’altro è Davide. Dopo questi sette seguono dodici uomini dall’aspetto serio; essi sono i dodici apostoli a te ben noti. Dietro di loro si trovano ancora due apostoli: quello davanti è Paolo e quello un po’ più indietro di lui è Giuda, colui che Mi tradì. Gli altri li conosci senz’altro. E così ora sai in quale compagnia molto singolare ti trovi.

3. Ma ciò che tutti dovranno fare in questo consiglio, ti diventerà completamente chiaro alla fine del dibattito. Ma adesso fa attenzione! Gli animi della compagnia sono ora giunti alla calma, e così comincerò subito a parlare. Ma non devi spaventarti se qualche volta parlerò un po’ severamente e se qui davanti a noi passeranno delle apparizioni che non avranno certamente nessun aspetto piacevole. Ma tieniti pure strettamente a Me e presto sarai nuovamente fortificata!»

4. Poi Io Mi rivolgo alla compagnia con la domanda: «Figlioli Miei! Amici Miei! Io, il vero Padre di tutti voi, Dio e Signore e Creatore dell’Infinità vi domando: “Vi piace ora la Terra? Cosa vorreste che Io facessi ad essa?”»

5. Parla Adamo: «Signore, Tu eterno Amore! La Terra non è mai stata peggiore di adesso, ma anche il Tuo Amore non è mai stato più grande di adesso! Fa ad essa secondo il Tuo Amore! Infatti, vedi, il mare, l’occhio della Terra di lontane vedute, è diventato cieco. Metti dentro un potente fuoco e lascia che la potente fiamma illumini i suoi fondali, affinché tutti i mostri si spaventino per il fuoco e periscano dalla vergogna che deve essere la ricompensa finale per tutte le loro nere opere! Così vedevo e vedo quale primo uomo della Terra!»

6. Poi parla Noè: «Signore, al Quale ho sempre pregato e conservato fedelmente la fede e l’amore! Quando circa quattromila anni fa, mio fratello Mahal si lasciò tentare ad abbassare il suo sguardo dalle sante alture verso la pianura e a fare un viaggio ad Hanoc, in cui Drohuit e Funghar Hellan portavano disordine, e quando una figlia di Mahal divenne regina della pianura, vedi, Tu mi chiamasti e mi suggeristi di costruire un’enorme arca per la salvezza della mia piccola famiglia e di molti animali, che la Tua Potenza spinse in quella grande arca da tutte le regioni della Terra.

7. Feci come volesti Tu, o Signore. E la conseguenza mostrò a me e [ai miei di] casa quanto fu bene che io ti abbia ubbidito incondizionatamente. Allora l’umanità era malata e guasta e promuoveva male su male sul suolo della Terra e profanava orribilmente l’opera delle Tue Mani. Ma tuttavia allora accadde, in qualche ordine stabilito e ben delimitato, tutto quello che è accaduto. Ma la menzogna, la superbia e l’ambizione satanica non gonfiarono mai così il petto di quasi ogni mortale come sta accadendo ora in questo periodo sulla Terra.

8. Certamente anche allora gli uomini erano crudeli, e difficilmente si può trovare qualcosa che uguagli certi [orribili] fatti. Ma ora gli uomini sono diventati iene e tigri, e commettono crudeltà di fronte a cui l’intera Infinità inorridisce. Allora mandasti un terribile diluvio sui mortali e annegasti tutti gli autori del male. Che cosa farai ora, o Signore? Io però conosco la Grandezza del Tuo Amore e so anche che, allora, Ti pentisti di avere annegato l’umanità, poiché in mezzo c’erano anche molti fanciulli, i quali succhiavano ancora il latte dal seno materno! Ti pentirai anche adesso di purificare la Terra mille volte più sudicia mediante un potente fuoco, affinché diventi nuovamente degna di accogliere le orme dei Tuoi piedi?»

9. Poi Noè tace. E il vecchio padre Abramo si alza e chiede il permesso di parlare. Ma Io gli dico: «Parla, poiché hai ricevuto la Promessa, e questa deve essere adempiuta!»

10. Parla Abramo: «Signore, mille o diecimila anni dinanzi a Te sono come un solo giorno! Infatti da Te procedono tempo e spazio, ma Tu ti ergi su entrambi. E il passato più remoto come il futuro più lontano sono per Te come la storia di un giorno! L’Amore è la Tua Essenza, e la Tua Bontà sublime è la Tua Sapienza! Il Tuo Animo è morbido come la lana e il Tuo Cuore è soave come il respiro serale della primavera. Tutte le Tue Vie si chiamano Misericordia, e le Tue Vie su cui ci guidi sono la Giustizia del Tuo Cuore!

11. Quando nel paese di Canaan disputai con mio fratello per una porzione della Terra, Tu guardasti il mio cuore e lo trovasti pronto alla docilità. E guarda, Tu toccasti la mia anima ed essa parlò a Lot: “Fratello, devi scegliere liberamente! Vedi, grande è l’estensione del suolo terreno; perché dovremmo dunque lottare per questo effimero possesso? Va’ via oppure rimani! Va’ verso occidente, così io vado verso oriente, affinché regnino concordia e pace fra di noi e tra tutti coloro che ci seguiranno. Ma se tu vuoi rimanere qui, allora solleva il bastone verso la regione dove tu vuoi che io vada, ed io farò secondo la tua volontà. Qui insieme però non possiamo abitare, poiché tu non desideri camminare sulle vie della pace!”

12. E Lot comprese le mie parole, le prese a cuore e disse: “Fratello, ho scelto l’occidente per me; là io voglio andare. Ma sta a te la libertà se vuoi rimanere o andare verso il settentrione o verso meridione oppure verso oriente! Ovunque tu vada, però, non dimenticarti di Lot!”. E ci benedicemmo e andammo: egli verso occidente ed io verso oriente.

13. Ma il popolo di Lot si innalzò presto potentemente sui suoi ricchi territori e costruì Sodoma e Gomorra, e cominciò a diventare sempre più folle. Io inviai messaggeri a Lot, ma non conclusero nulla. Parecchi vennero uccisi, e i pochi che tornarono, portavano sempre le peggiori notizie. E vedi, in quel tempo Tu esaminasti nuovamente il mio cuore e lo trovasti giusto dinanzi a Te. E Tu inviasti messaggeri dall’Alto, e questi mi annunciarono che cosa intendevi fare con Sodoma e Gomorra. Io mi spaventai e Ti pregai di avere clemenza e Ti presentai i possibili giusti. Ma il Tuo Occhio non li trovò giusti, all’infuori solamente di Lot. E vedi, costui Tu lo salvasti, o Signore! Ma Sodoma e Gomorra Tu le lasciasti devastare col fuoco dall’alto!

14. Ma quando le due città, insieme agli uomini ed animali, furono seppellite nel fango, il Tuo Cuore guardò verso di loro. E Ti pentisti nuovamente del duro giudizio su Sodoma e Gomorra, e facesti un patto con me e mi desti la Promessa per l’adempimento della Tua grande Misericordia.

15. E quello che Tu mi hai promesso, lo hai adempiuto tutto fino a questo istante. Ma le Tue promesse si estendono ancora infinitamente oltre questo istante. O Signore! Così ricordaTi il Tuo patto fatto con me, ora che tutti i popoli della Terra sono nuovamente giunti in un grande fermento! Conosci i nemici dei Tuoi figli e conosci la loro avidità e la loro volontà inflessibile! Non vedi i molti lupi, iene e tigri, come scavano, senza coscienza e senza vergogna, nelle viscere dei Tuoi agnelli e li sbranano con infuocati denti da dragone? O Signore! Se hai potuto punire Sodoma e Gomorra, afferra ora anche i lupi, iene e tigri ed immolali quale olocausto per tutte le ingiustizie che hanno commesso verso i Tuoi figli! Ma risparmia il sangue dei giusti e il sangue dei Tuoi figli!»

16. Dopo si alza Isacco e dice: «O Signore! Io sono la prima foglia che cominciò a mostrarsi sul grande albero della vita della Tua Promessa che facesti al mio padre Abramo. Questo albero della vita dei Tuoi figli era molto vecchio e allo stesso tempo quasi secco nel giardino dell’amore, mentre il fecondo serpente con la sua razza riempiva ogni spazio della Terra! Ma Tu, o Signore, esaminasti la completa aridità dell’albero della vita dei Tuoi figli e lo vivificasti dalla radice fino al vertice supremo e gli conferisti una nuova santa forza germogliante! E vedi, io ero la prima foglia vivente ai rami di questo santo albero.

17. Abramo ebbe una grande gioia nel vedere questa prima foglia di verde speranza. Ma a Te, o Signore, piacque turbare la sua gioia e provare la sua fede. Gli ordinasti di immolarmi e di sacrificarmi sul ceppo ardente. Lo facesti per mostrare al serpente quanto era forte la fede del Tuo figlio Abramo! Ma quando Abramo mostrò con l’ubbidienza la potenza della sua fede, Tu guidasti un caprone al cespuglio del monte, un’immagine vivente di Satana e della sua sete di potere! Il cespuglio imbrigliò l’estremità delle corna del caprone; questo era un segno della sua indocilità, della sua disobbedienza, della sua superbia e della sua avida sete di potere. Mio padre allora dovette prendere questo caprone, immolarlo e metterlo al posto mio sull’ardente altare del sacrificio.

18. O Signore, allora potesti spingere il caprone mondano nel cespuglio e metterlo sull’altare di fuoco a testimonianza della giusta espiazione; ebbene, fa così anche adesso nella realtà! Infatti, se allora il caprone era solo un’immagine simbolica, come io stesso fui un segno premonitore della Tua Venuta al mondo e della seconda Creazione mediante la Tua grande opera di Redenzione, così questo caprone è ora divenuto così grande nella pienissima realtà sul mondo che le sue corna raggiungono già ora i Tuoi Cieli. Così anche adesso edifica il grande altare di fuoco sul mondo intero! Afferra questa bestia vergognosa, che si è imbrigliata da parte a parte con le sue potenti e gigantesche corna nel fittissimo cespuglio del mondo, immolala e gettala poi nel potente fuoco del grande altare infuocato!

19. O Signore, ora non esitare più, non lasciar rodere le molte foglie verdi dell’albero della vita dalla peccaminosa voracità della bestia, ma fa secondo la Tua Promessa! Infatti, vedi, il tempo è giunto alla piena maturazione, ed i Tuoi figli gridano ora troppo forte: “Padre, vieni! Solleva la Tua Destra! Prendi la scure della Tua Giustizia e immola la belva, che già comincia a spingere con le sue corna perfino alla fortezza dei Cieli!”. Amen!»

20. Dopo parla Giacobbe: «O Signore, Tu lottasti con me e non mi lasciasti andare avanti. E quando Ti afferrai, Tu mi desti un colpo al fianco, che mi fece zoppicare per tutta la mia vita! Ma il colpo non mi fece male, poiché lottai per amore con Te. Tuttavia questo colpo rimase poi a tutti i figli successivi, e questi sentirono bene anche il dolore. E vedi, questo dolore ora ha raggiunto il massimo grado. Oh, così libera finalmente i figli dal colpo e dal suo dolore!

21. Per quattordici anni servii per avere la celestiale Rachele, ma Tu mi desti la brutta Lia. Io l’accettai e non mormorai. E dovetti servire ancora per quattordici anni e soffrire persecuzioni per avere la celestiale Rachele. Allora poi me la desti, ma lei dovette essere sterile, e così dovetti mettere un altro grembo al posto del suo, per dar vita al mio seme vitale. O Signore, questo è stato duramente previsto da parte Tua!

22. Ma riprendi finalmente indietro la Tua Durezza! Prendi a Lia la fertilità e dalla a Rachele con pienezza, affinché la Terra diventi finalmente libera dalla maligna razza del serpente e il suo suolo lo possano calcare i figli della celestiale Rachele! Oh, lascia una buona volta che Giuseppe e Beniamino diventino veri figli dal grembo della celestiale Rachele e fa esaurire la fonte di Lia!».

80. Capitolo

Continua la riunione per decidere le sorti della Terra.

Le proposte di Mosè e Davide. Elena si esprime a favore di Davide.

1. A questo punto Elena Mi domanda segretamente: «Ma Signore, mio dolcissimo Gesù, Tu mi hai detto che avresti parlato per primo. Ed ora parlano sempre gli altri, e Tu non dici proprio nulla, e non vengono fuori nemmeno delle apparizioni. Come è da intendere questo? Ti prego, spiegami questa cosa un po’ più chiaramente!»

2. Dico Io: «Mia carissima Elena, abbi solo ancora un po’ di pazienza, e poi tutto diventerà chiaro. Io ho comunque già parlato per primo; infatti ho rivolto a tutti coloro che sono qui attorno al grande tavolo del consiglio una domanda estremamente importante. Ora però essi devono dare il proprio parere su questa. E quando tutti si saranno espressi, allora comincerò a parlare Io.

3. E vedi, Io posso cominciare a parlare quando voglio, perché sono comunque sempre il Primo e il Mio discorso è altrettanto sempre il primo, poiché Io Stesso sono il Primo! Comprendi tu questo? Così fai di nuovo silenzio e ascolta attentamente cosa dirà Mosè! Le apparizioni compariranno quando parlerò Io. Ora guarda: Mosè già si alza, e così vogliamo ascoltarlo!»

4. Elena è ora nuovamente tranquilla. E Mosè parla con grande serietà: «Signore, quando il Tuo popolo languiva sotto la tirannia egizia, Tu mi risvegliasti e mi rendesti salvatore del Tuo popolo. Vissi alla corte del faraone e fui iniziato in tutte le infamie e i piani maligni che questo tiranno sanguinario aveva intenzione di perpetrare sul Tuo popolo. Infatti la sua brama sacrilega non fu di gran lunga saziata nemmeno con l’annegamento di tutti i primogeniti del Tuo popolo. Spesso Ti pregavo in segreto, affinché Tu finalmente liberassi il Tuo popolo da un così terribile giogo. Ma che a quel tempo Tu ascoltassi, ciò era molto più difficile di adesso!

5. Quando vidi che la furia del re aumentava di ora in ora e quando un miserabile cortigiano bastonò un povero israelita, giunsi ad afferrare indignato il miserabile, lo uccisi e lo sotterrai nella sabbia. Il faraone, che presto lo venne a sapere, mi fece cercare per farmi strozzare. Ma io fuggii ancora in tempo verso Midian. Arrivato lì presso il sacerdote Reguel, che aveva sette figlie, presto ne ottenni in moglie una che si chiamava Zippora, e divenni poi pastore delle pecore di Jethro, fratello del sacerdote!

6. E proprio mentre stavo pascolando le pecore di Jethro ai piedi del monte Horeb, giunse un Tuo angelo da me, mi ordinò di seguirlo, perché un roveto bruciava violentemente. Qui la Tua Voce mi ordinò di togliermi i calzari, perché il luogo sul quale stavo era santo. Allora mi desti il santo comando di andare in Egitto e di liberare il Tuo popolo, e mi desti un bastone per colpire con questo sette volte il faraone, il cui cuore Tu avevi indurito, poiché egli non voleva riconoscerTi.

7. Vedi, o Signore, ora nei cuori dei numerosi potenti, grandi e piccoli, è entrato qualcosa di peggio della durezza del faraone. Ora non sacrificano più solo i primogeniti dei loro popoli per l’onore dei loro troni, ma inviano molte migliaia sui campi di battaglia e li lasciano combattere e sterminarsi a vicenda, peggio di quanto accadeva un tempo presso i tenebrosissimi pagani. Questi sono tutti battezzati sulla Tua Parola e sul Tuo Nome ed hanno la Tua Legge: “Tu non devi uccidere!”, ma tuttavia uccidono continuamente e sono diventati sordi, muti e ciechi. Essi non sentono la voce dei loro poveri fratelli e non vedono la grande miseria degli infelici!

8. O Signore, per quanto tempo ancora assisterai a tali orrori devastanti? O Signore, insorgi come hai promesso! Ridammi il bastone con il quale nella mia mano hai colpito il duro faraone e hai salvato il Tuo popolo! Io, il Tuo vecchio e fedele Mosè, sono nuovamente pronto a scendere sulla Terra ad un Tuo cenno e a colpire tutti i duri e rigidi e salvare i Tuoi figli dalle loro tribolazioni troppo grandi! O Signore, ascolta il Tuo vecchio servitore Mosè, e ascolta anche le suppliche dei Tuoi figli sanguinanti! Il Tuo Nome sia santificato e la Tua unica santa Volontà sia fatta ora come in tutti i tempi ed in eterno sulla Terra come nei Cieli!»

9. Dopo Mosè, si alza subito Davide e dice: «Signore, così parlò una volta il Tuo Spirito a me, al Tuo servitore: “Siediti alla Mia Destra, finché metterò tutti i tuoi nemici ai tuoi piedi”. Signore, tutto ciò che il Tuo Spirito mi rivelò, si è adempiuto fedelmente. Solo la completa lotta dei Tuoi nemici, la distruzione finale della superbia e di tutto ciò che ne deriva - ciò che il Tuo Spirito anche mi ha rivelato - non vuole realizzarsi. Gli uomini sono ancora così come essi erano: nove decimi sono cattivi, mentre i buoni sono appena la metà di un decimo!

10. Nella Tua Ira, Signore, concedesti al Tuo popolo un re, nonostante il popolo continuasse ad accumulare peccati su peccati e, non contento, pretendeva ancora un re. E questa Tua Ira continua ancora e non vuole avere nessuna fine. Infatti tutti i popoli hanno ora dei re e perfino, come i pagani, degli imperatori, che servono ai popoli sempre come modelli della massima superbia e dell’insaziabile arroganza!

11. O Signore, quando toglierai finalmente la più grande piaga dei Tuoi uomini dalla Terra e introdurrai nuovamente la Tua vecchia e santa Costituzione patriarcale? Tu vedi che ora vili leccapiedi senza coscienza si recano dai re e spargono incenso adulatore per ottenere il guadagno più spiccatamente egoista e che condannano ogni uomo onesto subito alla morte se solo osa dire ad un re la verità, che gli sarebbe certo molto necessaria come la luce dei suoi occhi. Ogni verità rivolta contro il re ma animata dalle migliori intenzioni viene considerata come alto tradimento e chi la proclama viene vilmente tolto dal mondo.

12. O Signore! Sotto il mio governo le cose stavano certo male, ma così male eternamente no! Infatti io lodavo ogni sapiente che mi diceva la verità. Ora però è tutto il contrario! Il sapiente viene perseguitato come un animale feroce, ma il bugiardo e adulatore viene decorato con ogni onorificenza!

13. Signore, le cose non possono rimanere così! L’Inferno deve essere Inferno lì, dove esso è nella sua originalità. Ma ergere così completamente sulla Terra il suo reggimento, questo non dovrebbe essergli concesso! Signore, perciò noi tutti Ti preghiamo, affinché Tu voglia finalmente, una volta per tutte, porre fine al governo dell’Inferno sulla Terra! Lascia pure i re, ma fa in modo che siano così com’ero io, affinché gli uomini non diventino diavoli ed il Tuo Nome non venga troppo profanato! Infatti, chi Ti onorerà nell’Inferno, e quale diavolo Ti loderà? Perciò manifestaTi, o Signore, e manda in rovina tutti i nostri avversari! La Tua Volontà sia fatta! Amen».

14. Completamente compenetrata dal discorso di Davide, la nostra Elena non si può più trattenere, si alza tutta contenta e dice all’oratore: «Bravo, bravo, signor Davide! Voi sì che eravate un giusto re per la Terra. Se ci fossero re simili, sarebbe certamente una vera beatitudine essere vostro suddito! Ma i nostri re in questo tempo, che non sanno proprio più che cosa sia un uomo e quale valore egli abbia, sono o dèi i quali pretendono dai loro sudditi, insieme ad una tassa spesso troppo alta, anche una vera adorazione, oppure sono, nel loro modo di agire, simili a quegli animali feroci che hanno di solito come simboli nelle loro insegne. Come poi vadano le cose ai sudditi sotto un governo simile, questo signor Davide lo potete facilmente immaginare! Io sarei d’accordo di tutto cuore che a tali reggenti, che considerano se stessi tutto ed il loro popolo proprio nulla, il nostro carissimo, migliore e onnipotente Signore e Padre Gesù mostrasse in modo efficace quanto sia giunto oramai il momento, e quanto valgono essi ed i loro popoli! Ho ragione oppure no?»

15. Davide, in modo molto cordiale, dice: «Cara Elena, tu, quale giovane discendente del mio popolo, hai perfettamente ragione; io devo elogiare la tua sapienza, poiché tu desideri solo il giusto e il vero.

16. I re devono rimanere re, ma devono scendere dai loro troni troppo elevati verso i loro popoli ed essere uomini con loro e concedere ciò che è vero e giusto! Ma nello stesso tempo anche i popoli devono fare al loro re solo richieste che siano realizzabili e giuste. Ora invece da ambedue le parti le corde vengono troppo tese, e lì le cose non miglioreranno, anzi, succederà che le corde si romperanno interamente! I re colpiranno i loro popoli, ed i popoli colpiranno i loro re!

17. Ma nonostante ciò tra re e popolo c’è sempre ancora il nostro unico Jehova-Zebaoth, che può portare tutto nell’ordine migliore in un modo a noi sconosciuto. La grande opera è solo del Signore! Così, mia cara, stanno le cose»

18. Dice Elena: «Sì, sì, voi sì che siete un re sapiente, voi avete ragione!».

81. Capitolo

Continua la riunione per decidere le sorti della Terra.

L ’apostolo Pietro chiede che la Chiesa romana venga giudicata, mentre l’apostolo Paolo spiega i motivi divini per cui nessuno può giudicare.

1. Poi si alza Pietro e parla a nome di tutti gli apostoli: «O Signore, Tu mio Amore, Tu mia Vita! A Roma, la vecchia capitale dei pagani, domina già da mille anni un gerarca intriso di paganesimo, di giudaismo, e così pure del Tuo insegnamento che però è stato molto ridotto. Egli chiama se stesso papa e rappresentante di Dio in Terra! Egli considera il suo trono il mio seggio, e se stesso il mio successore! Egli sostiene di essere in possesso di tutti i poteri del Tuo santissimo Spirito, non cerca però mai aiuto nella sua pretesa forza dello Spirito Santo quando il suo dominio mondano e spirituale viene messo in pericolo dalle insurrezioni, ma cerca aiuto soltanto presso i massimi potenti del mondo. Questo papa si trova ora in grande impaccio ed invoca pubblicamente Maria - quale sua unica soccorritrice - per avere protezione e il veloce ristabilimento del suo trono. Ma poiché in se stesso egli non crede in tale soccorso, lascia ora arrivare anche altri aiuti, nei confronti dei quali egli avanza ben fugaci proteste apparenti per mostrare in un certo modo al mondo di avere protezione sufficiente dai Cieli e quindi di non aver bisogno di nessun altro aiuto. Ma poiché i potenti del mondo non rinunciano ad aiutarlo malgrado tutte le sue proteste, deve essere però anche chiaro che questi soccorritori vengono segretamente spinti dalla potentissima Regina dei Cieli per aiutare la Chiesa di Dio sulla Terra quando le porte dell’Inferno minacciano di sopraffarla! Che dici Signore di questa comunità?

2. Il fratello Paolo la fondò vera e pura; e si mantenne più o meno pura per parecchi secoli. Ma ora questa comunità è passata da quasi mille anni in uno sporchissimo e spesso perfino maligno paganesimo, non desiderando altro che oro, argento, grandezza di dominio e assoluta signoria su tutti i popoli della Terra. E per il raggiungimento di questo scopo manda in tutti i Paesi i più scaltri missionari! Dì, o Signore: ma Tu non porrai mai un qualche termine ad un simile agire maligno oltre ogni misura?

3. Vedi, i popoli, che per molto tempo si lasciarono prendere in giro pazientemente da questa pretesa figlia celeste, hanno osato finalmente strapparle oramai la maschera luccicante. Ora fa tutto il possibile per rattoppare i grossi strappi della sua vecchia maschera per renderli il più possibile irriconoscibili. Signore, sia fatta la Tua Volontà! Ma io penso tuttavia che Tu sia stato a guardare abbastanza a lungo questa miserabile creatura! Sarebbe perciò finalmente il tempo di cancellarla completamente dal libro dei viventi e riportare il suo nome nel libro dei morti!

4. Infatti, se la lasci nuovamente rinvigorire, non soltanto essa non migliorerà, ma rinforzerà il suo meccanismo di prostituzione in modo ancora più splendido, così che anche coloro che credevano in Te verranno attirati dal suo florido grembo e cominceranno ad amoreggiare con essa nella più sensuale e colma misura. E presto non Ti rimarrà nulla da fare con lei se non quello che fosti costretto a fare un giorno con Sodoma e Gomorra.

5. È altresì vero che questa arci-prostituta ci ha partorito molti figli meravigliosi e per questo ha goduto più o meno indisturbata della Tua grande Pazienza ed Indulgenza per mille anni. Ed io stesso ne ho avuto una vera gioia insieme a tutti i miei fratelli.

6. Ma ora è diventata sterile per la sua infamia troppo grande e ci produrrà pochi figli belli. Perciò io penso che sarebbe finalmente il tempo di darle la meritata ricompensa. Del resto accada tuttavia soltanto la Tua santa Volontà in eterno!»

7. Dico Io a Paolo: «Fratello Paolo, dì anche tu ora, quale maestro dei pagani, se sei d’accordo con tutte queste proposte e richieste! Infatti tu puoi dire la tua più degli altri in fatto di pagani. Spetta a voi tutti, come Io Stesso vi ho promesso, giudicare le generazioni della Terra!»

8. Paolo si inchina e dice: «O Signore, ho osservato molte volte che i pagani accolsero con grande desiderio e compiacimento la Tua Parola che predicai loro, e per tale ragione si sono resi partecipi della Tua Grazia. Eppure essi erano figli del padre della menzogna e della superbia! Mentre invece i figli di Abramo crocifissero l’alto inviato da Dio e non Lo riconobbero! Io domando: “Che cosa è dunque più degno di lode: un pagano, oppure un discendente di Abramo? Quale privilegio hanno dunque gli ebrei rispetto ai pagani? Il fatto che Dio abbia parlato solo con questo popolo, è dunque un merito del popolo o non è piuttosto una Grazia di Dio?

O crede forse ogni ebreo che Dio abbia parlato con i suoi padri? Io non trovo nulla tra tutti gli ebrei e pagani che io possa chiamare merito e giustizia. Solamente Dio, nostro Signore e Padre, è vero e giusto! Tutti gli uomini però, siano essi ebrei o pagani ed ora cristiani, sono falsi e non servono a nulla dinanzi a Dio!”.

9. Ma se l’ingiustizia dei pagani esalta tuttavia la Giustizia di Dio, che cosa vogliamo ancora giudicare? Puoi Tu, o Signore, andare in collera per questo? O no, questo è ben lontano da Te! Infatti se Tu potessi andare in collera per questo, dovresti essere ingiusto, e questo è eternamente lontano da Te, poiché chi mai conserverebbe il mondo se Dio pensasse come se Egli fosse uguale all’uomo!

10. Quale beneficio ne avremmo se noi gridassimo: “Signore, guarda finalmente all’ingiustizia dei Tuoi popoli!”. Io vi dico: “Proprio nessuno!”. Infatti sappiamo anche troppo bene che tutti gli uomini sono peccatori dinanzi a Dio, come sta anche scritto: “Non c’è nessuno che sia giusto dinanzi a Dio!”. Ma se sappiamo questo, come possiamo esortare Dio perché emetta il giudizio, come se noi fossimo senza peccato?

11. Ditemi: di quale gloria si può vantare quella bella donna là al fianco di Dio? Quale merito ha lei dunque che sia giustificato dinanzi a Lui? E tuttavia essa siede accanto a Lui per pura Grazia Sua! E quale merito avevo io dinanzi a Lui, che perseguitai coloro che credevano in Lui!? Vedete, io ero un artefice del male, ed ero l’ingiustizia stessa. Ma Dio non si rivolse ai miei peccati, ma mi chiamò come se io fossi un giusto. Ed io seguii il richiamo della Sua Voce e presto divenni giustificato mediante la Sua Grazia! Volete forse ora accusare Dio d’ingiustizia perché Egli ebbe pietà di me?

12. Chi di voi, dinanzi a Dio, può dire di essere giudizioso e sapiente? Io ve lo dico: “Non ce n’è nemmeno uno!”. E tuttavia noi vorremmo costringerLo ad un giudizio! Chi di noi può dire: “Io non mi sono mai scostato da Dio e dinanzi a Lui non sono mai diventato inoperoso!?”. Io vi dico: “Qui non c’è nessuno migliore di un altro nemmeno di un capello”, e tuttavia noi gridiamo: “O Signore, guarda una buona volta la grande malvagità degli uomini sulla Terra e castigali!”.

13. A che serve che il Signore alla fine si alzi e parli come fece un giorno lì nel Tempio di Gerusalemme agli ebrei, i quali Gli avevano condotto un’adultera, se poi non scappiamo in tutta fretta anche noi come fecero loro? Io vi dico che tra noi non c’è nemmeno uno che possa dire: “Signore, ho fatto solamente il bene e non conosco nessun peccato!”. Sì, chi di noi è un folle, allora lo può dire come lo disse il fariseo nel Tempio, il quale lodava anche lui Dio per averlo fatto così giusto! Ma, come noi tutti sappiamo, il Signore ha rigettato la sua giustificazione ed ha accolto quella del pubblicano peccatore!

14. Ma poiché noi tutti sappiamo cosa ha valore dinanzi al Signore, perché allora Lo preghiamo di agire secondo il nostro giudizio, come se noi fossimo più saggi di Lui? Che cosa abbiamo noi che non l’abbiamo prima ricevuto da Lui? Di che cosa ci vantiamo come se non lo avessimo ricevuto da Lui e Gli riempiamo gli Orecchi gridando: “Guarda, guarda, o Signore!” come se Egli fosse muto e cieco e debole di mente e di altrettanto debole volontà!? Oh ditemi, amici, quali vie abbiamo costruito, senza che Egli ci abbia prima tracciato con il Suo Dito il piano immutabile?

15. Ma poiché abbiamo già tutto da Lui e tutto ciò che eravamo e ciò che ora siamo lo siamo solamente grazie a Lui e in Lui, come possiamo allora dire: “Signore, adempi finalmente ciò che hai promesso, ed estirpa gli autori del male sulla Terra!”? Io penso che, se lo facessimo, saremmo molto impertinenti!

16. Vedete, la bocca degli uomini è sempre stata un sepolcro aperto! Le loro lingue hanno sempre detto menzogne e i loro piedi hanno sempre corso per versare sangue! E tutte le loro vie sono sempre state piene di disgrazie, tribolazioni, cordogli ed angustie di ogni sorta. La vera via della pace però ancora nessun mortale l’ha mai riconosciuta nella sua profondità, poiché il timore di Dio continuava ad essere sempre come un sogno per loro!

17. Noi sappiamo però che quello che dice la Legge, lo dice a coloro che sottostanno alla Legge, ma non anche a coloro che vivono o al di sopra della Legge, oppure che non ne hanno mai sentito parlare, affinché venga finalmente chiusa la bocca a tutto il mondo e che veda alla fine che noi e tutto il mondo siamo e saremo in eterno debitori di Dio! Comprendete questo una buona volta: “Nessuna carne può essere giustificata dinanzi a Dio mediante la Legge, anche se la Legge fosse adempiuta fino all’ultima virgola!”. Infatti, attraverso la Legge si ottiene il riconoscimento del peccato, ma chi riconosce il peccato, costui proviene dal peccato e il peccato è in lui!

18. Noi però abbiamo ricevuto una nuova rivelazione, con la quale ci viene mostrato - come accadeva una volta mediante i profeti e le loro leggi - che gli uomini possono pervenire anche senza l’aggiunta della Legge a quella vera giustizia che solamente vale dinanzi a Dio.

Perché allora gridiamo: “Signore, giudicali e dà loro la ricompensa che si sono meritati e cancella il loro nome dal libro della Vita!”. Certo voi dite sempre alla fine: “Ma sia fatta solamente la Tua Volontà!”; questo però non scusa i vostri cuori! In verità, preferirei piuttosto andare a morte che dire al Signore: “Signore, fa questo e quello!”. Siamo stati noi a dare un senso al Signore, oppure non è piuttosto vero che noi abbiamo ricevuto tutti i sensi da Lui? E tuttavia parliamo come se Egli avesse bisogno del nostro consiglio! Quando i bambini balbettano finché sono ancora piccolini, questo può andare bene; ma i vecchi cittadini del Cielo - intendo parlare di me, Paolo -dovrebbero già sapere cosa sono essi e chi è il Signore!

19. Chi vuole giudicare il peccato, egli stesso deve essere senza peccato, perché è impossibile che un peccatore possa giudicare un altro peccatore. Ma se dinanzi a Dio tutti gli uomini sono peccatori e l’ingiustizia fa parte di loro, con quale diritto pretendono di giudicare?

20. Sì, certo, abbiamo una giustizia che vale dinanzi a Dio; ma essa non procede dal nostro riconoscimento del peccato e del nonpeccato e nemmeno dalla Legge e dalle opere secondo la Legge, ma essa procede dalla fede in Lui e dal puro amore per Lui! E questa giustizia si chiama “Grazia” e “Misericordia divina”!

21. Davanti a Dio non esiste una differenza fra uomini e uomini, perché, in un modo o nell’altro, sono tutti quanti peccatori e mancano della giusta gloria che devono avere dinanzi a Dio! Ma se vengono accolti da Dio secondo la loro fede, divengono così giusti senza merito esclusivamente mediante la Sua Grazia, la quale procede dalla Sua Opera di Redenzione esclusivamente propria. Quanto poco abbiamo aiutato Dio nel creare il mondo e tutti i Cieli, altrettanto poco possiamo esserGli di aiuto nell’Opera di Redenzione che è ancora più grande! Ma poiché in questa seconda, grandissima creazione e riorganizzazione di tutte le cose è impossibile che noi possiamo avere una parte meritevole - poiché proprio noi stessi siamo i redenti -, come possiamo ora volere partecipare al compito di giudizio che spetta unicamente a Dio, quando noi stessi siamo, in quanto graziati, i redenti?

22. Ma voi conoscete il reale tribunale di Dio? Vedete, questi è Cristo, nel quale dimora eternamente la Pienezza corporale della Divinità! Questo tribunale di Dio però è divenuto, mediante la Sua propria Opera, un tribunale di Grazia e può essere pietoso con chi Egli vuole e misericordioso con chi Lui vuole essere misericordioso!

23. Ma dov’è che va a finire allora la nostra gloria? Mediante quale meccanismo di Legge deve essere nostra? Esiste una Legge senza peccato oppure un peccato senza Legge?

24. Noi abbiamo tuttavia una gloria e una giustizia! Ma non dalla Legge, né dalle opere che sono conformi alla Legge, ma puramente dalla Sua Grazia, di cui siamo divenuti partecipi mediante la fede in Lui e nelle opere di Redenzione! Ma questa giustizia non ci dà comunque nessun diritto dinanzi a Dio di stare seduti in tribunale con Lui, essendo noi, dinanzi a Lui, anche se ci troviamo qui già quali altamente graziati, gli stessi peccatori che siamo sempre stati.

25. Ma poiché siamo divenuti giusti dinanzi a Dio solo attraverso la fede e non mediante l’adempimento della Legge, allora si deve forse pensare che la fede dovrebbe abolire la Legge? Oh, lungi da questo! Infatti, la fede fortifica prima la Legge e la rende vivente. La Legge invece non fortifica la fede, ma la uccide, se prima non è divenuta vivente mediante essa!

26. La vita della fede però è l’amore! E la Legge vivente è l’ordine dell’amore! Quando poi la fede è giusta, allora tutto è giusto. Ma se la fede è falsa, allora anche l’amore è falso e il suo ordine è come se non esistesse!

27. Ma che si può fare se qualcuno ottiene una falsa fede da un falso insegnamento? Io dico: “Chi crede come gli è stato insegnato, la sua fede è anche senza falsità per colui che crede; ed egli troverà la grazia!”. Ma guai al maestro che dà il falso insegnamento, poiché egli è un fautore del male e un disturbatore dell’Ordine divino! Non noi però, ma unicamente il Signore lo può giudicare!

28. Quando il grandissimo e il purissimo tra tutti gli spiriti creati lottò contro Satana sul Sinai per il corpo di Mosè, cosa che a te è nota, fratello Mosè, il potente spirito tuttavia non giudicò Satana, ma gli disse: “Il Signore ti giudicherà!”. Visto però che un Michele [arcangelo] non si arrogò nessun giudizio su Satana, come possiamo giudicare noi i nostri fratelli, oppure indurre il Signore ad un giudizio? Oh, questo sia lungi da noi!

29. Io però dico: “Il Signore agisce e giudica già da molto tempo e non ha atteso il nostro consiglio!”. Perciò considerate inutile anche questo consiglio di adesso! Ma se il Signore vi dirà: “Fate questo e quello”, allora tutto il vostro essere sia solamente pura azione secondo la Parola del Signore! Infatti, la Parola del Signore è già pienissima azione nei vostri cuori.

30. Però io Ti ringrazio, o Signore, per aver messo questa parola nella mia bocca! Possa portare i migliori frutti sulla Terra come in tutti i Cieli! A Te solo vada tutta la gloria ed ogni lode in eterno! Amen!»

31. Dico Io: «Paolo! Tu sei come il Mio Braccio destro e il Mio Occhio destro. Ho scelto te come Mio strumento di lavoro, e tale rimarrai in eterno. Hai parlato giustamente in tutto e le cose stanno dunque così!

32. Ma nonostante ciò chiederemo anche a questi nuovi arrivati qual è ora la loro opinione, e dopo prenderemo una giusta decisione.

33. E così ora parla tu, Roberto Blum! Dicci che cosa dobbiamo ora fare alla Terra, visto che ha assorbito così tanto sangue ingiusto? Quale espiazione pretendi da essa e dai suoi potenti, i quali ti hanno giustiziato?».

82. Capitolo

Continua la riunione per decidere le sorti della Terra.

Si esprimono Blum e Jellinek. Risposta chiarificatrice del Signore.

1. Dice Roberto: «O Signore, per quello che mi riguarda, non ho più nessun conto aperto con la Terra, che porta uomini più ciechi che fondamentalmente cattivi. E se devo presentarmi a Te con una preghiera, allora deve essere questa: “Signore, perdona loro, perché non sanno quello che fanno! Nei loro cuori però fa discendere pace, umiltà e amore! Allora la Terra, del resto così bella, bacerà di nuovo i suoi figli affettuosamente come una madre amorevole e darà a tutti da vivere in abbondanza mediante la Tua Grazia e Misericordia!”. Vedi, o Signore, questo però è già tutto quello che Ti vorrei chiedere per la Terra.

2. Io però non metto in questo mio desiderio nessuna richiesta certa, poiché devo sicuramente accettare con ragione che dinanzi a Te, o Signore, le mie preghiere e desideri saranno certamente immaturi nella stessa misura in cui io stesso, che sono uno che supplica e desidera, sono ancora, o Signore, assai immaturo dinanzi a Te! Nel cuore però io penso che un pessimo mascalzone è colui che vuole fare di più di quello che può; ma è ancora peggiore colui che non sfrutta le proprie capacità! Quando però qualcuno augura anche a tutti i suoi fratelli ciò che egli, con il sentimento migliore del suo cuore, ritiene buono e desiderabile, e desidera pure metterlo in pratica, allora ritengo un simile agire buono e giusto. Infatti è impossibile che il desiderio buono, come pure la conseguente azione, possa provenire da altro se non dal verissimo amore per il prossimo che Tu, o Signore, hai dato agli uomini quale una delle prime leggi!

3. Tuttavia, ciò che io ritengo buono, potrà rivelarsi proprio il contrario per il mio prossimo. Per esempio, se io vedo un ammalato ed ho anche una buona medicina per lui, che già ha prodotto il miglior effetto in ammalati della stessa natura, che cosa farò io se il sofferente implora aiuto? L’amore per il fratello sofferente mi impone di aiutarlo. Io dunque gli do la medicina, ma dopo ciò egli peggiora ancor più. Avrei dovuto nascondergli la medicina, perché ha prodotto un effetto cattivo invece che buono? Oh, niente affatto! Questo non deve mai scoraggiarmi dal fare ai miei fratelli tutto ciò che riconosco come buono secondo la migliore conoscenza e la migliore coscienza! Il risultato però non sta più nel mio, ma nel Tuo Potere, o Signore! Per questo non posso presentare nessun conto per esso. Così anch’io a Vienna, secondo la mia migliore conoscenza e coscienza di allora, volevo fare solo del bene ai viennesi oppressi, ma il risultato della mia fatica fu purtroppo diverso. Penso tuttavia di non aver sbagliato facendo così, poiché io volevo solamente ciò che riconoscevo come giusto!

4. E così io credo che ora esista una moltitudine la quale, secondo le proprie conoscenze, augura agli altri solo ciò che riconosce per buono. Deve essere forse giudicata per questo? Ma Tu, o Signore, dalle una giusta luce e placa il suo cuore, ed essa sarà liberata da ogni male!

5. Esiste certamente anche una moltitudine di persone ostinate, che si sono lasciate così tanto indurire da certi principi - che sono i soli che loro riconoscono come giusti - che preferiscono veder perire il mondo piuttosto di lasciar andare anche solo una virgola dei loro rigidi principi. Ma Tu, o Signore, hai ancora una quantità di fuoco che fa sciogliere con grande facilità le più dure rocce come cera! Una scintilla di questo fuoco nei cuori degli ostinati li renderà presto più miti e arrendevoli!

6. Questa è la mia innocua opinione ed anche il mio migliore augurio! Ma fino a che punto ciò sia bene anche ai Tuoi Occhi, o Signore, finora non ne ho ancora nessuna misura affidabile nel mio cuore. Perciò tutto quanto sia rimesso unicamente a Te!»

7. Dico Io: «Mio caro amico e fratello, anche tu hai centrato l’obiettivo! La pienissima verità è fluita dalla tua bocca. Perciò anche tu sarai in seguito un valido strumento di lavoro! Buona, vera e nobile è stata la tua richiesta, e Io devo già darti in anticipo l’assicurazione che agirò molto potentemente in base ad essa come ho agito in tutti i tempi. Tuttavia anche Jellinek deve ora dire qualche parolina di sé e vedremo fino a dove è d’accordo con te. E così ora apri anche tu la tua bocca, caro fratello Jellinek!»

8. Dice Jellinek: «O Signore! Il fratello Roberto Blum ha veramente parlato dalla mia anima, come anche prima di lui il grande Paolo, il cui discorso è stato interamente un mare pieno di verità e di fuoco. Cosa dovrei dire ancora di più? Perciò dico solamente: “Signore! Solo la Tua santa Volontà sia fatta e l’ordine più magnifico bacerà la misera Terra!”. Ma ciò che hanno detto prima i grandi padri della Terra è stato, sotto un certo aspetto, troppo alto per l’orizzonte della mia conoscenza! Essi avranno forse anche buone intenzioni, e questo certamente in tutt’altro modo che non io e Roberto Blum, ma mi pare comunque strano che essi continuino a pretendere sempre da Te l’adempimento di una qualche promessa e Ti accusino di un certo temporeggiamento! Ma, come ho già detto, io non capisco questa cosa. Del resto provo una grande gioia per il fatto che, quale discendente che è venuto molto dopo, posso finalmente conoscere personalmente coloro della cui esistenza ho dubitato così spesso! A dire il vero c’è qualcosa di santamente serio nei loro volti. La mia richiesta è già finita con questo!»

9. Dico Io: «Ascolta, Mio caro fratello Jellinek, voi tutti qui, nel Regno dell’eterna delizia, ora potete dire facilmente: “Signore! La Tua Volontà sia fatta!”, ma sulla Terra ora è completamente diverso da qui nel Regno della Vita liberissima! Nei corpi degli uomini dimorano gli stessi spiriti liberi ed anime immortali come lo siete voi qui ora nella realtà. Questi vorrebbero finalmente svilupparsi più liberamente e vogliono perciò una vera libertà e non un asservimento sotto un ferreo scettro dei re. Perciò si sollevano dappertutto e si sforzano di spezzare il potere dei re. Ma i re radunano ugualmente tutto ciò che è loro subordinato come schiavo per mettere insieme una grande forza. Hanno promesso la morte ad ogni avversario e fanno strage di molte migliaia di uomini senza pietà né misericordia. Ora coloro che vogliono diventare liberi gridano che Io li vendichi contro i loro spietati re. Ed i re Mi invocano perché li assista contro i loro popoli ribelli!

10. Che cosa devo fare ora? A dire il vero, per come stanno ora le cose [sulla Terra], il diritto di entrambi non si discosta molto, poiché i re vogliono governare ad ogni costo, ed ora anche il popolo che sta diventando libero vuole governare. Ma nessuno vuole più obbedire ed essere sottomesso!

11. Ora sorge una domanda molto grande: “Che cosa devo fare? Se aiuto i re, essi estenderanno nuovamente il vecchio oscurantismo sui loro popoli, nel quale a nessuno spirito sarà facilmente possibile svilupparsi più liberamente, e l’odio verso gli oppressori dello spirito crescerà. Ma se aiuto il popolo, questo si vendicherà con impeto di tutti gli ex potenti e alla fine bandirà il Mio insegnamento spesso reso molto sospetto da Roma, affermando che da esso è scaturito così tanto male, e darà ai popoli, al posto del Mio insegnamento, un insegnamento puramente mondano!

12. Voi vedete, cari amici, che le cose sulla Terra sono disposte in un modo che Io per ora non posso aiutare né l’una né l’altra parte. Allora cosa c’è da fare? Se lascio continuare così la cosa, i due nemici mortalmente esasperati non la faranno mai finita, perché la collera reciproca è troppo grande. Ma se aiuto, allora si domanda qui seriamente: “Chi devo aiutare?”. Sia che faccia qualcosa oppure non faccia niente, è comunque sbagliato, in un modo o nell’altro! Cosa fare dunque?

13. Sì, carissimo fratello Jellinek, è facile dire: “Signore, la Tua Volontà sia fatta!”, ma come fare in simili situazioni, questa è tutta un’altra questione! Certo, Roberto pensa che Io potrei mettere una piccola scintilla di celestiale mitezza nei cuori dei principi ed essi diventerebbero poi più miti, migliori e più saggi. Questo è vero e giusto. Ma si fideranno poi di loro i popoli esasperati oltre ogni misura? No, non lo faranno, poiché un bambino scottato non si fiderà mai più del fuoco. Ed è più facile recuperare qualsiasi cosa che non una fiducia persa!

14. Tu sicuramente pensi che anche nei cuori dei popoli si possano mettere tali piccole scintille e sarebbe tanto di guadagnato. Questo sarebbe certamente un mezzo molto facile. Ma se Io lo facessi, i re come i popoli smetterebbero di essere uomini liberi! Sarebbero giudicati e diventerebbero animali nobili, con forma umana, presso i quali non vi potrebbe essere più traccia di un libero movimento spirituale. Noi dunque, se vogliamo conservare gli uomini come uomini, non possiamo esercitare nessuna violenza a nostra disposizione. Infatti, se lo facessimo, nel momento stesso finirebbe la vera umanità; gli uomini diverrebbero animali e degli schiavi giudicati del nostro potere eternamente invincibile! Tu vedi dunque che non è possibile intervenire in questo modo.

15. Perciò dovremmo escogitare dei mezzi completamente diversi! DimMi ora tu, Mio caro Becher: cosa consiglieresti per portare un vero aiuto ai popoli oppressi della Terra?».

83. Capitolo

Continua la riunione per decidere le sorti della Terra.

Proposte di Becher e Messenhauser e conseguenti risposte del Signore. Il genere umano deriva dalla Terra.

1. Dice Becher scuotendo le spalle: «O Signore, se in questi tumulti sulla Terra già Tu, che sei onnipotente ed onnisciente, perdi in un certo modo il filo, che cosa possiamo trovare noi altri per poter aiutare i popoli della Terra? Se non lo si fa con mezzi autoritari interiori, allora si impieghino mezzi autoritari esteriori - come per esempio la fame, la pestilenza e cose simili, aggiunte ad alcune sorprendenti apparizioni nel firmamento - e allora sì che gli uomini strisceranno poi alla croce! E se anche questo non può essere impiegato a causa della libertà dello spirito umano, allora lasciamo che si azzuffino e si ammazzino finché ne avranno abbastanza! Io credo ora che noi ci occupiamo troppo di questa malvagia plebaglia umana sulla Terra. Secondo la mia opinione, sarebbe meglio estirpare dalla Terra l’intero popolo straccione e mettere al suo posto un popolo migliore e nobile. Il popolo che ora dimora sulla Terra, non si migliorerà mai; esso dovrebbe ora, come ho appena osservato, essere abbandonato alla più grande miseria naturale! Infatti tutti i re, insieme ai loro popoli, sono già proprio del diavo lo. Ma con che cosa si potrebbe domare con successo la grande malvagità del diavolo? Io penso che in qualsiasi modo si agisca sarà comunque fatica sprecata! Dunque via la gentaglia stracciona; che venga sostituita con un’altra razza! Questa è la mia opinione non autorevole, ma, come detto, è solo la mia opinione!»

2. Dico Io: «Mio caro amico Becher! Vedi, se si potesse aiutare in questo modo i popoli della Terra, sarebbe veramente molto comodo! Ma questo non si può fare in nessun caso [particolare] e per niente affatto in generale. Questo può essere invece fatto localmente, ma anche lì non può mai avere luogo in modo troppo violento. Però in generale e nel complesso, come l’intendi tu, sarebbe il massimo male non solo per la Terra, ma anche per l’intero universo!

3. Il genere umano della Terra non è [costituito] così com’è come se si fosse [costituito] da se stesso, ma lo è dalla Terra ed ha in tutto e per tutto la natura e caratteristiche della Terra! Perciò con il completo annientamento di tutti gli uomini che vivono ora sulla Terra, si rimedierebbe poco al disordine una volta che ha messo le radici! Infatti, allora dovremmo far sorgere nuovamente altri uomini dalla materia della Terra, i quali diventerebbero dopo poco tempo di nuovo simili a quelli attuali, come i frutti di un albero somigliano ai frutti dell’anno precedente, che lo stesso albero porterà nell’anno seguente ed ancora negli anni futuri.

4. Si dovrebbe quindi togliere dall’esistenza anche tutta la Terra e metterne al suo posto un’altra, ma ciò sarebbe un altro colpo ancora più grande contro il Mio Ordine! Si può togliere ad un albero, se porta frutti cattivi, la corteccia ed alcuni rami e ramoscelli, e poi esso porterà di nuovo frutti buoni, ma il midollo e le radici non si devono distruggere. Infatti, se si facesse questo, tutto l’albero presto si seccherebbe e non porterebbe più in eterno frutti né buoni né cattivi. Ma la Terra è proprio il nocciolo dell’esistenza per l’intero albero della Vita ed è come una radice principale di tutta la Creazione! Se commettessimo un’azione distruttiva su di essa, con questo non sacrificheremmo solo la Terra, ma tutta la Creazione visibile allo scioglimento finale, cosa questa che sarebbe prematura di ancora alcuni decilioni di anni terrestri.

5. Il tuo consiglio, Mio caro amico Becher, proprio non lo posso usare! Ma noi vogliamo vedere se nel frattempo Messenhauser ha escogitato qualcosa di utilizzabile. Ebbene, amico Messenhauser, dicci se hai trovato qualcosa in te!»

6. Dice Messenhauser: «O Signore, mi metti in grande imbarazzo! Che cosa posso consigliare io se già i primi spiriti della Terra hanno espresso il loro punto di vista ed hanno più o meno fallito? Ne verrebbe fuori sicuramente una sciocchezza ancora maggiore!

7. Vedi, o Signore, francamente sarebbe stupido da parte mia voler dare un consiglio alla Tua infinita Sapienza su cosa dovresti fare ora per appianare i grandi tumulti sulla Terra! So anche troppo bene che a Te sono chiarissimamente noti i mezzi migliori e più efficaci in numero superiore a quante sono le stelle nel cosmo smisurato, e se solo Tu fossi così clemente da impiegare il più piccolo mezzo, nel tempo di una sola notte tutto sarebbe nuovamente nell’ordine più bello! Dona, o Signore, una vera luce ai governanti, mentre ai sudditi dona mansuetudine e pazienza nel portare la croce, ed aggiungi così un po’ una piccola California, e tutto sarà lì di nuovo nell’ordine più bello. E se per caso al signor Satana sono cresciute troppo in su le corna, accorciale di alcune braccia mediante un paio di fulmini! Allora la superbia dei grandi della Terra, secondo il mio parere, otterrà anche qualche sollievo, magari quella di Windischgratz, cosa che gli sarebbe molto salutare!

8. Esistono ancora molti uomini giusti sulla Terra che hanno intenzioni buone e oneste; perché devono essere castigati pure loro, se tu accorcerai le corna degli arroganti? Io dico: “Felicità e benedizione a tutti coloro che sulla Terra sono di buon cuore e di buona volontà, ma in compenso una umiliazione ben consistente a tutti coloro per i quali l’uomo viene considerato tale solamente dal titolo di barone in su”. Non auguro loro in qualche modo nulla di male, oh no, questo sia lungi da me, ma a questi grandi auguro solamente che possano riconoscere e finalmente comprendere che sono uomini anche coloro che essi considerano lercia carne da cannone!

9. Ci devono certamente essere dei governanti, poiché senza di essi e senza leggi assennate, una società umana potrebbe difficilmente esistere. Ma questi governanti dovrebbero comprendere che essi esistono per i popoli e non i popoli per loro. Devono anche avere e portare la spada della giustizia, però la devono usare solamente quando i loro popoli sono minacciati da pericoli esterni. Tuttavia contro i loro stessi popoli non la devono usare mai, poiché presso di loro otterranno molto di più con l’arma dell’amore che non con la spada della maestà.

10. Questi però sono solamente pii desideri da parte mia! Tu sei il Signore, i cui decreti segreti sono inesplorabili e le cui vie sono impenetrabili. Tu prenderai certamente la giusta disposizione, di questo sono più che sicuro! In via eccezionale tutto deve andare sotto sopra come si deve e le corde devono essere tirate ancora un po’ di più, perché si rompano tanto più sicuramente! Ma uno strappo deve avvenire perché Tu vuoi così; infatti, da come la vedo io, senza uno strappo ci vorrà ancora molto tempo perché le cose sulla Terra migliorino. Ma tuttavia accada solo così come Tu vuoi! Amen»

11. Dico Io: «Ascolta, i tuoi desideri non sono proprio così senza valore. Si potrà farne qualcosa. Ma dare soltanto giusta luce ai governanti ed anche pazienza e mansuetudine ai popoli, non è poi così positivo, poiché a questo scopo è già stato predicato il Vangelo a tutti i popoli della Terra ed è stato dato il vecchio pozzo di Giacobbe pieno di Acqua vivente! Se vogliono luce, conoscenza e pienissima verità, tutti la possono attingere dal pozzo. Ma se non le vogliono, non possiamo imporle loro in nessun caso mediante un qualunque potere. Se anche lo facessimo, ad essi servirebbe poco, anzi sarebbe loro di grande danno.

12. Sarebbe tutt’altra cosa se i re, insieme ai loro popoli, Me lo chiedessero. Allora potrebbe essere dato loro tutto ciò che chiedono nel Mio Nome! Ma vedi, di questo i Miei orecchi percepiscono poco o nulla! Sento qua e là un grido: “Signore, proteggi i nostri troni, scettri e corone, e fa’ che vinciamo su tutti coloro che si levano contro di noi!”; dall’altra parte, in generale, non si sente quasi più nulla di una preghiera dalla bocca dei popoli, ed i singoli non valgono per tutti i popoli.

13. Ad ogni singolo viene dato ciò che egli chiede, ma ai popoli non può essere dato ciò che chiedono pochi singoli!

14. Perciò, caro amico Messenhauser, dovremo tendere qui tutt’altre corde per portare una migliore armonia tra i popoli della Terra! Le corde sono già tese, ma, come hai tu stesso notato, ancora troppo poco. Ora però sono state risvegliate nuove voci, le quali faranno la loro parte! In verità, lì dovrà aver luogo una forte spazzatura finché tutta la pula verrà separata dal grano!

15. Ma non abbiamo ancora interrogato la nostra Elena; anche lei deve dirci la sua opinione! Dunque, Mia carissima Elena, cosa pensi tu: cosa deve accadere affinché si possa di nuovo sussistere sulla Terra? Chissà se tu non ci dia il miglior consiglio! Perciò esprimi francamente la tua opinione!».

84. Capitolo

Solo certe donne possono parlare nella riunione consiliare di una comunità. Elena propone al Signore la via per salvare l’umanità

1. Dice Elena: «O Signore, Tu meraviglioso fiore vitale del mio cuore, Tu Vita mia, Tu mio tutto! Guarda nel mio cuore che ti ama più di tutto, ed il Tuo Occhio onniveggente vi troverà tutto ciò che provo e come la penso! O Tu, mio dolcissimo, migliore, sapientissimo, potentissimo ed anche - ah! - mio amabilissimo e bellissimo Signore Gesù! Vedi, io sono troppo innamorata di Te e non riesco a parlare dal così tanto amore! Ma dietro a noi c’è, sia seduta che in piedi, ancora una moltitudine; forse anche loro potrebbero proporre qualcosa di meglio? Ma io ora proprio non ci riesco. Infatti, vedi, mio carissimo Signore Gesù, io sono ora veramente debole dal così tanto amore per Te! Pensa solo a questo: io, un povero essere viennese, siedo qui presso di Te, Tu che sei l’unico eterno Signore del Cielo e della Terra! E proprio vicino a me stanno Adamo e gli altri padri della Terra! Non sarà certamente uno scherzo per una povera anima come me! Perciò Ti prego: lascia parlare prima gli altri; forse mi verrà in mente qualcosa di buono più tardi!»

2. Dico Io: «Sì, Mia diletta Elena, Io già so che Mi ami potentemente, cosa che è la Mia gioia più grande! Ma a causa di questi altri ospiti ti dico solamente: “Chi arriva prima, macina anche prima!”. Anche questi sicuramente parleranno dopo, perché essi non devono essere saltati; ma prima devi parlare tu, perché sei arrivata prima da Me e Mi ami proprio così tanto! Inoltre hai preso parte alla battaglia di Vienna e ci hai rimesso la vita terrena, cosa che allora ti spiacque molto. E così ora devi parlare di questa faccenda che ti ha danneggiato così duramente. Perciò ora fatti coraggio e parla come ne è capace la tua lingua! Io saprò ricavarne le cose migliori»

3. Dice Elena: «Ahimè, ahimè! O Signore mio Gesù! Se Tu vuoi avere qualcosa, così deve accadere, anche se dovessero passare Cielo e Terra. Ma ora riuscirò ad aggirare la Tua richiesta! Mi viene giusto in mente come una volta l’apostolo Paolo, al quale Tu mettesti le parole in bocca, insegnò che nessuna donna dovrebbe parlare nel consiglio di una comunità, ma solamente gli uomini. Come potrei dunque osare dire qualcosa qui in questa sublimissima compagnia di soli uomini? Tu hai voluto solamente mettermi alla prova, poiché sai che amo chiacchierare. Ma Elena, che Ti ama sopra ogni cosa, è ora diventata già un pochino giudiziosa e non si lascia raggirare! Oh, sta quieta boccuccia mia, e non parlare molto, altrimenti oggi le prendi qui da Paolo!»

4. Paolo sorride a questa scusa alquanto umoristica di Elena.

5. Ma Io dico: «Mia carissima Elena, tu pensi veramente che ora non riuscirei a raggirarti! Ma Io ti ho già raggirata davvero e non puoi più sfuggirMi, e dovrai perfino parlare secondo l’esplicito comandamento di Paolo ed è completamente inevitabile che tu parli secondo il Mio comandamento che va oltre quello paolino! Vedi, in una lettera ai romani, Paolo raccomanda Febe, la quale, nel Mio servizio, era a capo della comunità di Cencre. Nello stesso luogo e per gli stessi motivi raccomanda Priscilla, porge i saluti a una certa Maria, che ugualmente aveva molto lavoro nel Mio Nome, e così pure Trifena, Trifosa e la sua cara Persida, la quale aveva lavorato molto con la parola e i fatti nel Mio Nome.

6. Vedi ora, Mia cara Elena, a tali donne Paolo non vietò di parlare nella comunità, ma solamente a quelle che volevano avere posizione e voce in essa per orgoglio e - senza avere il Mio Spirito e senza comprenderlo - volevano parlare lo stesso come se sapessero ciò che sanno i rinati nel Mio Spirito! Ma se anche una donna diventa piena del Mio Spirito, che è sempre uguale nell’uomo come nella donna, allora lei può e deve parlare di ciò nel modo in cui lo Spirito richiede da lei!

7. I Miei apostoli erano i primi e quindi erano la comunità più eccellente del mondo, perché fu fondata direttamente da Me! Quando risorsi il terzo giorno dalla tomba, chi inviai per primo ai fratelli per annunciare loro la Mia Resurrezione? Vedi, fu una donna, pressappoco della tua condizione morale che avevi sulla Terra! Ora - se il pregiudizievole comandamento di Paolo rivolto alle donne ancora completamente mondane deve trovare applicazione ovunque, cioè anche per donne di cui Dio si compiace - come avrebbe mai potuto ardire una Maddalena a fare da messaggera ai Miei primi apostoli?!

8. Inoltre una volta ho anche detto ai Sadducei che nel Regno dei Cieli cessano tutte le differenze terrene, cioè i diritti terreni dei sessi. Tutti sono uguali agli angeli di Dio e godono dell’unico diritto, cioè di essere figli di Dio.

9. E così stanno le cose ora anche con te, Mia carissima Elena! Benché la tua modestia Mi dia una gioia molto grande, dovrai tuttavia parlare lo stesso. E questo perché dinanzi a Me tu hai perfettamente lo stesso diritto di parlare che ha Adamo, il quale siede vicino a te. E così ora comincia!»

10. Dice Elena: «Oh, oh, oh! Ora già vedo chiaramente che non Ti si può raggirare! Ehm, strano, sì; la Tua Sapienza e quella di noi altri sono due tipi di sapienze stranamente diverse! Oh sì, e che differenza! No, con le scuse non si ottiene nulla in eterno da Te! Ma con una preghiera assai sincera, non Ti si potrebbe rendere un po’ più indulgente nelle Tue richieste una volta che le hai espresse?»

11. Dico Io: «Sì, Mia carissima Elena, con una giusta preghiera si può ottenere molto da Me, ma non tutto! Vedi, se a qualcuno sulla Terra piace molto la vita tanto da volerci vivere in eterno e per ottenere questo Mi pregasse con tutte le sue forze, ebbene, Io non potrei dare ascolto ad una preghiera simile, perché sarebbe contro il Mio Ordine! E allo stesso modo non potrei dare ascolto alla tua preghiera qui per esonerarti dal discorso. Perciò apri ora la tua bella bocca e parla così come ti verrà in mente!»

12. Dice Elena: «Ebbene, nel Nome Tuo, poiché Tu, mio celestiale Diletto del cuore, proprio lo vuoi, allora voglio parlare subito! Ma Tu sai: se dovesse scapparmi qualcosa di troppo sciocco, pizzicami un po’, affinché non fallisca troppo dinanzi a Te e dinanzi a questi nobilissimi grandi uomini della Terra! E così comincio subito a mettere in tavola la mia opinione.

13. Sulla Terra una piccola parte di uomini stanno troppo in alto e possiedono troppo. In compenso la maggior parte è troppo in basso e possiede o proprio nulla o troppo poco rispetto a coloro che hanno troppo! Ma la conseguenza di ciò è necessariamente questa: gli altolocati, che sono di gran lunga la più piccola minoranza, guardano con disprezzo alle classi inferiori, poiché essi si vedono sempre davanti la possibilità, come uno spettro, che i molti piccoli e poveri uomini-bestie si possano riunire e fare un colpo di mano per impadronirsi della notevole abbondanza dei grandi e ricchi. Ma per prevenire questo il più possibile, i primi non escludono nessun mezzo. Lo spirito deve essere oppresso, come ed ovunque questo sia sempre possibile: con l’inganno dei preti, con la totale censura della stampa, col proibire libri buoni, perfino la Bibbia. I trasgressori vengono puniti, e questo non raramente in un modo che fa loro perdere l’udito e la vista. Chi può giungere, in simili condizioni, al risveglio dello spirito?

14. Non solo fanno questo, ma concedono tutto quello che può sempre e solo contribuire all’uccisione dello spirito, come ad esempio la prostituzione tollerata in tutte le forme, anche se qualche volta vengono pubblicamente fatte, per finzione, delle azioni poliziesche per contrastare il fenomeno. Inoltre viene permesso alla povera umanità priva di educazione di gozzovigliare e di scialacquare quanto può, poiché la gozzoviglia influisce anche molto dannosamente sullo spirito. Allo stesso modo vengono permesse commedie oscene; là si può eccedere quanto si vuole, purché non si facciano allusioni politiche oppure altre scintille provocatorie; in questo modo la commedia può avvenire senza pudore, poiché ha un’influenza decisiva sull’oppressione dello spirito!

15. Se però uno spirito, malgrado tutti questi mezzi di istupidimento, dovesse voler elevarsi e mostrare qua e là che forse è di origine divina, allora vengono impiegati mezzi più forti, mediante i quali ad ogni spirito viene a costare terrenamente troppa cara la sua origine divina. Becher ed i suoi amici sono qui testimoni viventi di come i grandi della Terra sanno apprezzare ogni aperta ribellione di uno spirito. Essi dicono: “Oh, questo è nuovamente un amico celeste degli uomini! Dunque, facciamolo passare presto nel regno del cielo o con la corda o con la polvere!”. Chi osa dire loro la verità, a costui attribuiscono subito il titolo di “feccia dell’umanità” e mettono una taglia di molti pezzi d’oro sul suo capo. E se lo acciuffano, allora sarebbe meglio per lui e per il suo spirito libero se non fosse mai nato!

16. Vedi, Signore, così stanno ora le cose con la povera umanità sulla Terra! Di che meravigliarsi se una buona volta gli uomini si ribellano e si vendicano di coloro che già da molti secoli sono stati i loro carnefici e vampiri? Dichiaro e condivido qui apertamente, poiché devo parlare, che la povera umanità ha il pieno diritto ad una tale ribellione e che è anche l’ora suprema di strappare dalle mani dei grandi, che non hanno nessuna scintilla d’amore per gli uomini, il loro perverso operare e di bandirlo per sempre dal suolo della Terra! I grandi devono abbassarsi, e quello che hanno di troppo, lo devono dividere con i poveri fratelli! E le loro roccaforti troppo vaste devono diventare case per i poveri e loro stessi devono diventare uomini! I poveri però devono avere scuole e maestri veramente istruiti secondo il Tuo Spirito, o Signore, altrimenti sulla Terra non migliorerà mai nulla, anzi peggiorerà invece di giorno in giorno. Infatti i grandi diventeranno sempre più duri e tirannici, e l’odio dei piccoli crescerà come una slavina rotolante. E se Tu, o Signore, non fai presto qualcosa di decisivo sulla Terra, allora è completamente finita per l’umanità, almeno terrenamente, nelle regioni da me conosciute, cosa che non può essere certamente la Tua Volontà!

17. Oppure puoi Tu, o Signore, aver piacere se ora gli uomini si sbranano e si massacrano a migliaia come bestie selvagge e ferocissime? E questo solamente perché i grandi non vogliono cedere, neanche al prezzo di milioni di vite umane, anche solo un capello della loro abbondanza e del loro splendore principesco. Certo, essi pensano che poi si vorrebbe avere anche la loro testa, cosa che però è una opinione completamente falsa. Infatti io sono convinta che se essi si presentassero amichevolmente ai poveri popoli, questi li porterebbero in palmo di mano per questo! Ma se essi fanno delle concessioni fittizie solo quando i loro popoli, per disperazione, si sollevano selvaggiamente in grandi masse contro di loro e li affliggono gravemente e per conseguenza tali governanti mantengono queste concessioni, ottenute con la costrizione, solamente in apparenza e solo per il tempo necessario finché possono rinnegarle dopo che, grazie alle loro potenze militari nuovamente radunate, sono ritornati alle loro vecchie maniere, allora è poi facilmente comprensibile il motivo per cui hanno dovuto perdere ogni fiducia. Ma poiché ora non è più possibile instaurare una giusta fiducia tra popoli e governanti, così non rimane null’altro da fare, secondo la mia opinione, che liberare i popoli dai loro vecchi governanti e mettere al loro posto delle vere guide divinamente illuminate, le quali, essendo di per sé uomini perfetti, rispetteranno il valore umano dei loro fratelli e faranno di tutto per animare davvero lo spirito in ogni petto umano. Ecco! Questo deve accadere! E se non accade, allora Tu, o Signore, farai sempre in eterno la stessa fatica con gli uomini della Terra come con noi adesso, che, malgrado la Tua grande Grazia, siamo ancora così stupidi come giovani buoi davanti ad un portone nuovo! Alla fine deve certo anche darTi la nausea se ad ogni minuto arrivano qui migliaia di esseri stupidissimi che sanno di Te quanto ne sa qualsiasi animale sulla Terra!

18. Perciò sii così buono anche verso la povera Terra come lo sei con noi, e non lasciar più crocifiggere i Tuoi seguaci da coloro che, senza scrupoli, Ti metterebbero nuovamente in croce oggi come allora, se Tu tornassi quale uomo sulla Terra, e come allora dovresTi combattere contro i falsi farisei! ManifestaTi una buona volta, o Signore, e lavora la Terra e concimala seriamente con la Tua piena Grazia, altrimenti diventerà al più presto il più terribile orrore di ogni devastazione! Vedi, Signore, Tu mio dolcissimo Gesù, Tu Stesso dici che io sono ora la Tua amata Elena! Se sono riconosciuta degna di questo nome sublime, allora fallo anche come unico Amato del mio cuore per amor mio!

19. Ma con ciò non voglio darTi nessuna prescrizione, come tutti gli oratori precedenti, ma solo la mia opinione, secondo la quale dovrebbe accadere qualcosa di decisivo. Tu solo sei infinitamente sapiente e vedi al meglio ciò che deve accadere adesso! Non ho in eterno questa sapienza, e perciò non posso darTi nessun vero consiglio. Ma secondo la sapienza umana, le cose stanno ora così, e la mia capacità di comprensione umana ora riconosce solo la via della salvezza che ho appena esposto. A Te però sono note infinite vie; perciò fa ora quanto è giusto!

20. Ma se ho parlato in un modo completamente senza senso, non è colpa mia; altrimenti avresti dovuto pizzicarmi! Visto che però mi hai sorriso spesso, così penso che certo non ho parlato in modo così insensato! Del resto non mi stupirei davvero di aver detto qualche stupidaggine, poiché, con una formazione spirituale come è toccata a me sulla Terra, non si può veramente diventare nessuna Caterina da Siena! Il tempo della mia presenza qui è stato appena sufficiente a riconoscerTi, ma davvero soltanto superficialmente!

21. Ora ho fatto la Tua Volontà, ed ho terminato il discorso che mi è stato richiesto. A Te, o Signore, sia tutto sacrificato! Ciò che ho sbagliato, Tu lo correggerai. Ti chiedo soltanto di non volermi meno bene dopo questa mia chiacchierata! Ai Tuoi piedi siano messi tutto il mio amore, la mia vita e tutto il mio essere in eterno. Amen!».

85. Capitolo

Il Signore risponde alla proposta di Elena: “La Terra è un luogo di prova per ogni spirito e non potrà mai diventare un paradiso ”.

1. Dico Io: «Mia carissima Elena, secondo le tue esperienze e conoscenze hai riferito come stanno le cose in modo veramente buono e coerente. Il tuo desiderio può essere considerato molto lodevole di per sé e alcune cose accadranno qua e là come tu desideri, ma nel complesso sei andata un po’ troppo oltre! Io vedo purtroppo anche troppo bene che certi governanti, alcuni dei quali sono già morti, erano adatti a fare qualsiasi cosa ma non i governanti dei popoli. Ma cosa si può fare?

2. Voglio dirti una parabola; da questa giudicherai tu stessa se Io posso portare tutto questo a compimento come tu lo desideri. E così ascolta!

3. Alcuni coloni, dopo una lunga marcia, si sono scelti finalmente un posticino in qualche parte della Terra: una bella e fertile regione in mezzo ad un grande deserto. Per prima cosa si erigono un’opportuna abitazione. C’è legno in abbondanza, come anche una buona specie di pietre da costruzione. Presto viene fatto un piano e ci si mette subito all’opera. Ed in breve tempo ecco un rifugio ben adatto a proteggere i nostri coloni dal caldo e dal freddo come anche dai molti animali selvaggi.

4. Uno della compagnia però dice: “Cari amici, il rifugio è costruito bene e in modo adatto allo scopo. Ci proteggerà per un po’ dal caldo, dal freddo e dagli animali selvaggi; ma se qui in questa regione si dovesse trovare un potente nemico, potrà il nostro rifugio opporgli adeguata resistenza? Se per esempio qui, da qualche parte, piombasse di notte una feroce tribù sul nostro rifugio, lo distruggesse e poi ci prendesse ed uccidesse? Potrebbe il nostro rifugio darci protezione per ogni eventualità?”. Tutti i coloni riflettono su questo e dicono: “Hai ragione, per casi simili questo rifugio potrebbe essere troppo debole. Perciò faremo un fossato ben profondo intorno al rifugio e anche un terrapieno alto almeno due klafter (3,8 m). Le poche finestre saranno provviste di sbarre di ferro, e così avremo molto meno da temere da tutti i nemici esterni. Anche la porta di accesso deve essere costruita il più saldamente possibile, in modo che possa opporre grande resistenza a ogni nemico!”. Questa proposta viene accettata e subito attuata.

5. Quando ogni cosa è finita, tutti ne provano una vera gioia. Ma uno, un paladino dello scrupolo, osserva e dice: “Ma, cari amici, la vita in ogni luogo sulla Terra è pressappoco uguale. Là nelle civilizzate regioni d’Europa, dove regnano re orgogliosi che dispongono di potenti armate, si deve soprattutto tenere a freno la lingua; allora, facendo così, non c’è più nessun nemico da temere. E una volta che ci si è messi spontaneamente sotto la legge e la si fa diventare propria volontà, allora si può girare liberamente in ogni luogo sotto la protezione dei potenti. Ma qui siamo liberi da ogni potente e da ogni legge e possiamo parlare, grazie a Dio, senza freni sulla lingua. Ma a cosa ci serve ora tutto questo? Certo, non abbiamo più tasse da pagare, ma in compenso dobbiamo lavorare diligentemente tutto il giorno e raccogliere con impegno i frutti che questa regione porta ed abituarci alla sua natura. Non solo, ma anche qui nel paese della piena libertà dobbiamo imprigionarci per essere al sicuro dai nemici che eventualmente ci sono. Anzi, di notte ci dobbiamo barricare peggio dei più irriducibili cospiratori parigini contro lo Stato! Ebbene, dite se ora, nella nostra libertà che è sicuramente assoluta, stiamo meglio anche di un solo capello di come sta il più infimo lavoratore alla giornata sotto il governo più assolutistico in Europa!? Qui siamo perfetti comunisti, ma anche gli ululanti animali feroci là fuori sembrano essere animati da un perfetto spirito comunista! Non abbiamo più nessuna legge statale all’infuori della legge della nostra reciproca amicizia, ma in compenso dobbiamo lavorare continuamente per soddisfare le richieste del nostro stomaco. E le nostre mani sembrano ora già come fossero coperte da una corteccia di quercia. Inoltre, se da un lato è anche vero che non dobbiamo nemmeno mantenere fastidiosi funzionari, dall’altro lato però noi stessi ne abbiamo tanto più bisogno. Qui infine non c’è nemmeno nessun prete che ci rendeva la vita infernale, ma in cambio ci troviamo qui in una condizione che ha poco da invidiare all’Inferno vero e proprio! Perciò che cosa vogliamo fare per insaporire un po’ la nostra tormentata vita terrena e per renderla più sopportabile in futuro?”

6. Allora tutti scuotono le spalle e dicono: “Chi l’avrebbe ponderato prima? In effetti, il male esiste ovunque; ci si toglie da uno, ne capita un altro! Ma ora siamo qui e non possiamo più cambiare la cosa. Perciò qui si tratta di essere attivi oltre ogni misura, e così col tempo le cose possono forse migliorare”.

7. Ora vedi, Mia cara Elena: da questa parabola puoi giudicare facilmente che cosa si deve intraprendere sulla Terra, la quale deve rimanere una spinosa via di prova per lo spirito dell’uomo, per trasformare il suo suolo in un paradiso!

8. Se destituisco subito tutti i governanti dalle loro cariche e metto il potere che hanno avuto finora nelle mani dei popoli, allora presto governeranno loro; ma su di chi? Ognuno vorrà governare, ma nessuno obbedire. Se però il popolo volesse governare e si desse delle leggi da solo, chi potrebbe poi costringerlo, in caso di necessità e pericolo, ad osservare le sue stesse leggi?

9. Ebbene, Io ti dico che alla fine verrà istituita una democrazia, ma di tutt’altra specie da quella che ora i popoli della Terra si immaginano. Ed allora ci si chiederà se non grideranno anche trop po presto, come facevano una volta gli israeliti nel deserto, dove non potevano mettere più pentole per la carne al fuoco!

10. Ma è bene che ognuno di voi tenga presente che è impossibile che la Terra possa essere un paradiso, poiché essa deve rimanere per tutti i tempi un luogo di prova per ogni spirito umano posto nella vergognosa carne pesante, senza cui nessuno spirito potrebbe raggiungere una perfetta vita eterna; così comincerete presto a giudicare in modo molto più giusto.

11. Ma la colpa del fatto che ora i re sono diventati deboli ed i popoli sono diventati ciechi, è di qualcosa di assolutamente diverso da ciò che immaginate voi. Quest’unico colpevole noi però lo conosceremo presto e lo legheremo, e con ciò libereremo gli uomini sulla Terra dalle sue catene. E presto le cose miglioreranno anche senza la nostra vendetta!

12. Sì, Mia carissima Elena, Io ti dico che tu potrai essere perfettamente soddisfatta di Me, poiché alla fine tutto troverà la sua gloriosa soluzione. Ma ora noi dobbiamo prima fare in modo che sulla Terra gli spiriti si trovino e giungano a comprendere cos’è che prima di tutto manca loro principalmente!

13. Ma questo durerà un momento, e tutto sulla Terra si troverà poi in un ordine nuovo!

14. Ma ora tu, Mio caro Max Olaf, vieni qui vicino a Me ed annuncia a tutti noi la tua opinione e i tuoi desideri!».

86. Capitolo

Max Olaf è l’ultimo ad esporre il proprio punto di vista.

Il Signore - nel 1849 - dà inizio al Giudizio contro i malvagi della Terra e getta un nuovo Ponte a coloro che si rivolgono a Lui.

1. Max Olaf si avvicina e dice: «O Signore, adesso è difficile esprimere un qualunque desiderio particolare quando Tu, o Signore, parli quale la Sapienza più profonda ed onnipotente ed hai già previsto da lungo tempo tutto ciò che ora accade e, da parte Tua, vengono date tutte le disposizioni affinché gli attuali tumulti sulla Terra devono senz’altro trovare la soluzione più rapida possibile! Ma questo è anche un mio massimo desiderio, perché non auguro il male nemmeno al diavolo, tanto meno agli uomini, che sono miei fratelli!

2. Non ho bisogno, o Signore, di descriverTi come va ora sulla Terra. Infatti Tu abbracci con lo sguardo non solo tutte le atrocità, ma anche tutti i cuori, con i loro buoni o cattivi desideri, dai quali vengono concepite queste azioni. Tu vedi anche in che modo si formano tali maligni pensieri e desideri nei cuori degli uomini. Perciò non avrai mai necessità in eterno di apprendere da uno spirito cosa ci sarebbe da fare ora. Certo Tu puoi dirci: “Ascoltate, Io farò ora questo e quello!”. E difficilmente qualcuno Ti domanderà: “Perché?”; infatti solo Tu sei il Signore e puoi fare quello che vuoi!

3. Così lasci ora accadere anche sulla Terra cose di cui nessuno può darsi una vera ragione del perché esse accadono. Ma solo gli uomini che sono ciechi dicono: “Signore, sei diventato cieco e sordo visto che ci lasci ora morire tra ogni genere di tribolazioni!”. Ma io penso: “Tu non lasci morire nessuno, ma rialzi tutti coloro che Ti chiamano e confidano in Te. A quelli però che vogliono andare avanti da soli e che ripongono tutta la loro fiducia solo sulle armi, sarà anche perfettamente giusto che vengano annientati con il loro stesso potere e in brevissimo tempo dinanzi a Te, o Signore, e davanti a tutto il mondo. I piccoli ed umili possono però giubilare ed esultare; infatti Tu sei la loro difesa e rifugio e non permetterai mai che si debbano vergognare davanti ai grandi del mondo per tale loro fiducia in Te! Ma ben presto i grandi saranno in enorme vergogna dinanzi ai piccoli quando Tu, o Signore, toglierai loro la maschera! Infatti essi fanno ora un gioco vergognoso con i miseri popoli.

4. Ma io so fin troppo bene che tutto quello che fai è ben fatto! E so anche che a Te non sfugge nessuna nefandezza! Infatti, coloro che oggi portano avanti un colpo maestro sui propri fratelli che loro chiamano nemici, domani Tu li colpisci. Ed allora essi scompaiono come se non fossero mai esistiti e con essi il loro compito! Perciò venga santificato sempre il Tuo santissimo Nome!

5. Ma ora ho una strana sensazione! Certo, non vedo nulla né percepisco nulla, ma mi pare come se proprio adesso si fosse verificata una potente scossa sulla Terra! O Signore, che cosa può essere questo?»

6. Dico Io: «Mio carissimo Max Olaf! Sì, sì, Io ti dico: “Oggi, oggi ed oggi! Essi vogliono la notte, e l’avranno ed inghiottirà tutti coloro che la vogliono! Vogliono la morte, ebbene, anche questa sarà data ad essi e a coloro che hanno scelto come loro complici! Vogliono splendore, onore e gloria; ebbene, per ottenerle migliaia dovranno farsi massacrare! Sì, così sia! Essi splenderanno spaventosamente, la loro gloria sarà terribile e spaventoso il loro onore! Vogliono governare! Sì, governeranno, ma come un flagello e come il drago nella sua caverna e come il leviatano nella sua profondità melmosa sotto il fondo del mare! Vogliono menzogna, perché la verità è un orrore devastante per loro; sì l’avranno, ma per questo non perverranno mai alla chiara luce della verità! Essi vogliono pure un Dio, ma solo nel modo che consenta loro di servirsene! Ecco perché essi non riusciranno a vedere mai il Mio Volto! Vogliono essere i soli a vivere, mentre tutti gli altri devono vivere solamente se servono per la vita dei grandi! Quindi accadrà che essi vivranno eternamente da soli! Ciò che vogliono, sarà loro dato come loro vogliono che sia! Ma presto nella loro anima cadrà un grande e terribile pentimento come una pietra da macina dalle nuvole, ed essi cercheranno di liberarsi da questo pentimento. La loro ricerca sarà però vana, perché questa pietra nessuno la toglierà dalla tomba della loro anima! Oh, Io conosco loro, le loro brame e le loro azioni! Ho contato i re della Terra e ne ho trovato pochi che fossero giusti dinanzi a Me! Perciò a loro toccherà in sorte il destino di Nabucodonosor! Ma voglio anche aiutare meravigliosamente i pochi giusti, che d’ora in poi devono splendere tra tutti i re e i popoli come le stelle più luminose sotto l’esiguo scintillio del firmamento.

7. Ed oggi, oggi ed oggi deve cominciare il giudizio! Oggi devono essere colpiti in molti! Molti diavoli devono andare in rovina oggi, e Satana non sfuggirà alla trappola che gli è stata tesa.

8. Ed ora, Roberto Mio, va e porta qui del vino, e cioè il migliore, il vino della Vita, dell’Amore e della Verità, affinché si beva alla salute dei poveri fratelli della Terra e li si benedica! Così avvenga dunque!»

9. Roberto si alza velocemente e porta il vino più squisito.

10. Quando lo posa sul grande tavolo del consiglio, Io benedico il vino e dico a Roberto: «Mio carissimo Roberto, se chiedo il vino, si intende insieme anche il pane. Ma poiché hai portato qui solo vino, allora va e porta qui anche un buon pane, poiché questa casa è provvista abbondantemente di tutto!

11. Offri pane e vino anche alle nostre ventiquattro danzatrici e dì loro di tenere nuovamente pronti i loro piedi, poiché presto dovranno ancora ballare un po’! Se vogliono gustare anche frutti nobili e buoni, allora apri loro l’armadio vicino alla porta che conduce ad una seconda stanza secondaria. Ciò che vi troveranno lo devono gustare!

12. Porta anche subito una giusta quantità di bicchieri, affinché con essi possiamo distribuire il vino, e precisamente una giusta piena misura per ogni uomo. Va’ ed adempi il Mio desiderio!»

13. Roberto esegue subito con la più grande cortesia ciò che ho

Io richiesto.

14. Quando tutto si trova nell’ordine desiderato, allora Io Stesso distribuisco il pane e il vino e dico: «Figli! Prendetene tutti e mangiate e bevete! Bevete tutti alla salute dei nostri figli e fratelli sulla Terra, i quali devono sopportare molte persecuzioni ed ora sono già diventati molto deboli e fiacchi! In verità, verranno aiutati! Da ogni goccia mille volte salvezza a tutti coloro che sono di buon cuore e volontà! Io vi dico che già oggi si deve confermare molte volte presso i buoni che qui pensiamo molto ad essi; i loro cuori e le azioni del mondo glielo renderanno noto! E ad alcuni pochissimi sulla Terra verrà comunicato parola per parola tutto quello che succede qui e come viene provvisto qui per la povera Terra!

15. Ma vogliamo ricordarci anche dei ciechi e dei sordi! Solo i duri però andranno nel fuoco, il quale è un maestro e distruttore del carbonchio e del diamante. Infatti coloro che non vogliono mai farsi intenerire mediante la verità della Parola, saranno resi teneri dal potente fuoco! E sotto i potenti colpi del grande martello della

Mia Sapienza, devono venire trasformati come un bronzo rovente in un utile attrezzo della nostra casa (chiesa celeste)! Certo, faranno ancora molto chiasso e strepito e si consiglieranno qua e là ed escogiteranno ancora qualche piano. Ma tutto questo deve essere uno sforzo inutile ed avrà sempre l’esito opposto a tutto quello che volevano ottenere con questo! Infatti solo Io sono il Signore e ho il potere di spezzare le corone e gli scettri e risollevare nuovamente gli spezzati se si rivolgono a Me! Ma guai a loro se non cercano il vero aiuto presso di Me!

16. I re che si attengono a Me, li voglio rialzare e dar loro una giusta sapienza e da questa scaturirà un grande potere! E allora i loro popoli grideranno forte: “Salve a te, nostro grande re e signore donatoci da Dio! Ciò che è nostro, è anche tuo! La tua grande sapienza e bontà siano la nostra vera e vivente costituzione! La tua parola sia la nostra volontà, e la tua volontà sia la nostra legge! Guai ad ogni sacrilego che profani il tuo capo unto!”.

17. Tre volte guai invece a quei re, duchi e principi che mancano sempre di parola e che tradiscono i loro vicini ed hanno riempito i loro cuori di falsità ed inganno! Io vi dico che essi svaniranno come gli acari di una foglia! Infatti Io voglio ora spazzare la Terra di tutta la malerba!

18. Ma poi verrà edificato un ponte tra qui e lì, affinché agli abitanti della Terra possa essere più facile venire da questa parte di quanto non sia successo finora sulla scala del Mio Giacobbe diventata già molto marcia, sulla quale solo gli angeli potevano andare su e giù.

19. Il ponte però deve essere molto largo e uniforme come lo specchio di un lago tranquillo! E non ci devono essere guardie né all’inizio né in mezzo né alla fine del ponte, per controllare i miseri, i deboli e gli ammalati. Lì ognuno deve essere un viandante perfettamente libero e deve sempre poter venire a prendere consiglio e completo aiuto qui, come dalla sua vera patria!

20. Su questo ponte metteremo nuovamente anche noi piede sulla Terra abbandonata da tanto tempo, e lì noi stessi educheremo, insegneremo, guideremo e governeremo i nostri figli, e così risolleveremo il paradiso perduto!

21. Ora conoscete tutti perfettamente la Mia Volontà e la Mia Decisione. Esaminatele! Ed ognuno di voi confronti con queste la sua proposta fatta prima a Me e così pure la sua opinione e il suo desiderio, e troverete fedelmente che tutte le vostre proposte, opinioni e desideri sono tutti contenuti nella Mia Volontà e Decisione. E nessuno di voi potrà dire di aver parlato invano.

22. Dunque ora mangiate e bevete tutti alla salute dei nostri figli e fratelli sulla Terra! Infatti, ora sapete tutti che e in che modo vogliamo aiutare i figli della Terra, e certamente li aiuteremo, e per la precisione proprio in questo istante!».

87. Capitolo

Un banchetto celeste per il bene degli uomini della Terra. Elena ama talmente Gesù, da diventare la Sua sposa del cuore e le dice: “Chi Mi ama come te, porta in sé qualcosa di più grande di quanto tutti i Cieli contengono !”.

1. Tutti gli ospiti si alzano rispettosi al Mio discorso e dicono: «O santo, santo, santo sei Tu, nostro unico Dio, Signore e Padre! Il Tuo santissimo Nome sia lodato sommamente in eterno!»

2. Elena comincia a singhiozzare per pura commozione e dice: «O mio Gesù! Come posso essere degna di stare seduta qui vicino a Te? Tu sei il Dio vivente, eterno, onnipotente e il Creatore del Cielo e della Terra, ed io sono una nullità di una sudicia sguattera da cucina, piena di rifiuti e di peccati! No, no! Questo certo non può andare! O Signore! Solo ora riconosco bene nella profondità della mia vita che sono una orribile peccatrice e che sono completamente indegna di sedere così vicino a Te. Perciò lasciami andare da quelle danzatrici, con le quali io ho certo un po’ più di somiglianza che qui con la Tua infinita Santità!»

3. Dico Io: «Guarda, guarda, quante cose desideri! Se tu Mi fossi sgradita, avrei trovato già da molto tempo un conveniente posticino da qualche parte per te! Ma poiché Mi sei oltremodo cara, così preferisco averti vicino a Me che non da qualche altra parte. Credi che Mi vanti della Mia Divinità? Saresti in grande errore! Allora non Mi sarei fatto di certo crocifiggere e non sarei anche mai diventato uomo. Ma poiché Io sono mansueto ed umile di tutto cuore, ed ora sono un uomo come tutti voi, così tu puoi proprio osare di rimanere accanto a Me. E quindi resta pure lì dove sei, e mangia e bevi a piacimento! Io ti dico che noi andremo molto d’accordo!»

4. Dopo queste parole, per Elena è completamente finita. Per il grande amore per Me diventa indescrivibilmente bella, così che perfino Adamo vicino a lei dice: «In verità, [sembra] una vera Eva prima della caduta! Dopo Eva ne vissero sulle mie alture solo due, Ghemela e la sacerdotessa Purista, e a queste due la nostra figlia [qui] più giovane somiglia veramente molto. Oh, questa [Elena] qui ha uno spirito meraviglioso! Elena, tu devi occuparti anche un po’ di me! Infatti, vedi, secondo l’aspetto e l’anima, sono anch’io in un certo senso tuo padre, ed io amo molto tutti i miei figli e quindi anche te. Anche se sono l’uomo primordiale Adamo e padre di tutti gli uomini mortali, non devi temere nulla da me! Secondo

10 spirito però noi due siamo uguali dinanzi al Signore ed abbiamo ancora meno da temere l’un dall’altro. Infatti l’uomo rimane uomo, sia che abbia fatto il suo cammino attraverso la carne diecimila anni prima o dopo! Vedi, è proprio così!»

5. Dice Elena: «Ah, mi rallegra particolarmente il fatto che anche

11 padre Adamo mi abbia onorato di scambiare alcune paroline con me! Non ritenevo così buono e mansueto il signor padre Adamo. Ma quando il signor padre Adamo avrà un po’ di tempo, spero che mi racconti qualcosa dei tempi antichi, perché sono una grande appassionata di storie simili!»

6. Dice Adamo: «O figlia mia, non solo ti racconterò, ma ti mostrerò anche mille cose!»

7. Dico Io: «Elena, tu dimentichi completamente di mangiare e bere! Vedi, tutti mangiano e bevono alla giusta salute dei loro fratelli sofferenti sulla Terra, e tu non hai ancora toccato né il pane né il vino. Non ti sta a cuore il bene dei nostri amici e fratelli come lo sta agli altri qui?»

8. Dice Elena: «O Tu, mio amabilissimo Dio e Redentore Gesù! Chi come me ama Te sopra ogni cosa, non ha né fame né sete. Infatti Tu Stesso sei per costoro il pane più nutriente della vita e la bevanda più fortificante per il ristoro dell’anima e dello spirito! Oh vedi, anche se mangiassi questo pane e bevessi questo vino per l’eternità, ma non avessi completamente il Tuo Amore, nel quale soltanto è nascosta tutta la potenza della vita, non potrei aiutare né me né nessun altro. Infatti, né questo pane, né questo vino, per quanto siano in sé così spirituali, possono aiutare, ma solamente Tu, mio carissimo Signore Gesù! E così penso che non vorrai mettermi in conto quale errore il fatto che finora non ho né mangiato né bevuto! Ma il perduto voglio subito recuperarlo e voglio mangiare e bere, ma solo per il purissimo amore per Te. Tu però non avercela con me!»

9. Dico Io: «O Mia carissima Elena! Io avercela con te? Cosa ti viene in mente? Vedi, Io sapevo bene che non potevi né mangiare né bere per purissimo amore per Me. Per questo ti ho posto la precedente domanda, e cioè solo perché tu potessi parlare davanti a questa compagnia come hai parlato ora. Ma poiché hai parlato così perfettamente secondo il Mio intendimento, dovrai anche indossare una veste purpurea chiara ed una corona. Infatti ora sei diventata un’amabile sposa per Me che deve essere abbigliata con la veste del puro e vero amore in eterno. Fratello Roberto, va ora di nuovo ed apri l’armadio dorato. Là troverai la giusta veste per questa Mia sposa del cuore! Portala qui, affinché Io Stesso gliela metta!»

10. Roberto si affretta pieno di gioia ad andare all’armadio indicato da cui tira fuori una veste magnifica, splendente oltre ogni misura, che fa stupire lui stesso, perché i suoi occhi non hanno mai visto una magnificenza così ultraceleste. Quando le danzatrici vedono questa veste, emettono un grido di altissima ammirazione e non riescono quasi a smettere di guardare la veste che è più bella della più splendente aurora.

11. Perfino il patetico, che si trova con la sua compagnia in un angolo più lontano della sala, viene attirato dallo splendore meravigliosamente bello della veste che lo costringe a chiedere a Roberto per chi sia destinato questo vestito imperiale. Roberto gli risponde con calma: «Per quella campagnola là!»

Allora il patetico, stupito e irritato, fa la seguente osservazione: «Beh, questa si intende davvero dell’arte di far girare la testa anche ai più sapienti campioni celesti! Ebbene, è giusto: se ci riesce, ne avrà senz’altro un vantaggio. Ma dimmi, amico Blum, come può quel sapientissimo tra i sapienti occuparsi così della campagnola dalla lingua tagliente come una spada e farne addirittura una vera regina celeste?»

12. Dice Roberto: «Amico, chiedilo a Lui; Egli te lo dirà! Io sono ancora troppo poco iniziato nei misteri di tutti i Cieli. Egli solo è il Signore e può fare quello che vuole. Egli vuole che così accada e così deve dunque anche accadere. Ora tu sai abbastanza.

Io però devo andare, poiché Egli già mi chiama con gli occhi!»

13. Roberto ora si affretta veloce con la veste splendente al grande tavolo del consiglio e Me la consegna. Ma Io la porgo ad Elena che, per pura gratitudine, amore e profondo rispetto, non osa quasi toccarla e si rifiuta anche di indossarla, perché si sente troppo indegna per un tale abbigliamento celestialmente bello.

14. Io però le dico: «Mia carissima Elena, tu sai bene che presso di Me non c’è rifiuto che tenga. Infatti ciò che Io voglio, deve anche accadere, anche se dovesse sprofondare l’intera Creazione. Ed Io, quale Creatore delle infinite magnificenze di tutti i Cieli e mondi, preferisco una bella sposa ben vestita piuttosto di una brutta. Vedi, presso di Me tutto deve essere portato ad uno stato di armonia. Per chi l’interiore è perfettamente purificato, anche l’esteriore deve essere disposto in modo tale che esso stia nella più bella armonia con l’interiore. Questa veste corrisponde ora perfettamente al tuo interiore, perciò devi indossarla immediatamente!»

15. Quando Elena sente questo, dice: «O Tu, mio carissimo Signore e Dio Gesù! Tu vedi che il mio cuore è affezionato solamente a Te, mai però ad una veste, poiché se ho solo Te, non chiedo nessun Cielo né le sue magnificenze, le quali senza di Te sarebbero solo ripugnanti per me! Ma poiché Tu vuoi così e Ti fa piacere, allora voglio indossare subito questa veste, e il mio cuore Ti deve ringraziare in eterno con l’amore più ardente. La Tua santa Volontà sia fatta! O Tu mio santissimo, carissimo Gesù! Tu solo sei tutto il mio cuore, la mia vita, la mia beatitudine e il mio tutto!»

16. Dopo queste parole provenienti dal suo cuore, lei prende la veste. E non appena la sfiora l’ha già indossata; se ne stupisce dicendo: «Ma come è successo? Ho appena sfiorato la veste e già sta sul mio corpo come se fosse stata fatta su misura! Come mi sta magnificamente! O Tu, mio dolcissimo Gesù, potresti farmi impazzire per tanta beatitudine! Però ora ho davvero un bell’aspetto! Anche la veste a pieghe di prima era molto bella, ma in confronto a questa non era quasi nulla!

17. Che cosa dovrò fare ora per mostrarmi più riconoscente di quanto lo sia stata finora con Te, mio dolcissimo, amatissimo, migliore e bellissimo Signore Gesù? Oh, Ti prego, dammi dunque un compito da assolvere!»

18. Dico Io: «Mia carissima Elena, hai già assolto il tuo compito, perché una cosa più grande di amare Me oltre ogni misura, non la può fare nemmeno l’angelo più grande; perciò continua ad occuparti di questo compito che è quello a Me più caro e non chiedere altro. Ma a te, Mia vera amata del cuore, dico questo: “Chi Mi ama come te, porta in sé qualcosa di più grande di quanto tutti i Cieli contengono!”. Infatti lì Io sono del tutto nel suo cuore. Ma in Me ardono e germogliano già innumerevoli nuovi Cieli, che un giorno usciranno in una nuova infinità!

19. Ora basta però! Tu, mia carissima Elena, dammi ora un vero bacio, e poi proseguiremo il nostro consiglio con diverse apparizioni».

88. Capitolo

Il Signore chiede a Elena un vero bacio d’amore sulla bocca e diventa così la Sua sposa. Com’è la vita nei più alti e sublimi Cieli divini.

1. Dice Elena in tono interrogativo: «O Signore, Tu mi hai detto che devo darTi un vero bacio! E guarda, la parola “vero” mi reca turbamento! Infatti non conosco altro bacio se non quello dell’amore, ed io non ne ho mai dato un altro a nessuno. Ma se un bacio d’amore purissimo non deve essere un vero bacio d’amore, allora veramente non so di che genere deve essere il bacio da Te indicato!»

2. Dico Io: «Suvvia! Mia amatissima Elena, quale altro vero bacio dovrebbe ancora esserci se non proprio quello che offre il puro e vero amore? Ma ci sono due tipi di baci veri: il primo, che viene dato più per stima che per vero amore, e il secondo, che viene dato per puro amore. E vedi, questo secondo tipo, che è il bacio da bocca a bocca e non soltanto sulla fronte, viene da Me considerato quale un vero bacio. Il primo di interiorissima stima, però, Me l’hai già dato sulla fronte. Io ho notato che conteneva più amore che pura stima. Ma poiché da allora in poi la tua stima è passata completamente all’amore, non puoi più darMi solo un bacio sulla fronte, ma ora unicamente solo un perfetto e ardente bacio sulla bocca, e questo sarà poi un vero bacio! Comprendi questo, Mia carissima piccola Elena?»

3. Dice Elena completamente rossa in viso: «Oh sì, adesso capisco; ma questo forse sembrerà un pochino troppo forte! Ma che importa! Lo vuoi Tu, mio Dio, mio unico Signore! Ciò che Tu vuoi, non può essere sbagliato, e neanche l’amore può sbagliare! Certo, se penso che Tu sei l’eterno Creatore di tutte le cose e di tutti gli esseri ed io solo una debole creatura, è qualcosa di molto strano che io, una sciagurata, baci sulla bocca Te Santissimo, mediante il cui onnipotente “Sia fatto!” si è formato cielo e Terra! Ma Tu Stesso vuoi concedere all’ardente impulso del mio cuore la suprema beatitudine desiderata. E così sta succedendo dunque ciò che in segreto il mio cuore, già spesso, ha desiderato vivamente!»

4. Dopo queste parole lei Mi dà un bacio autentico. Ed Io le dico dopo: «Solo ora sei perfetta ed hai compiuto per la Terra intera una grande opera di riconciliazione in Me! Tu stessa però d’ora in poi godrai sempre al Mio fianco, cioè mediante tutto il Mio Amore in eterno, la massima beatitudine di tutte le beatitudini; vale a dire la beatitudine del Mio massimo e purissimo Cielo d’Amore nel quale dimorano angeli puri che Mi amano come Mi ami tu! Ma ti dico anche che di questi non ce ne sono proprio troppi. Certo, sono moltissimi che Mi amano, ma solo per ciò che sono naturalmente, cioè come loro Dio, Signore e Padre. Tu però sei compenetrata più profondamente in Me con il tuo amore secondo l’esempio di Maddalena ed hai afferrato il Mio Cuore e l’hai attirato al tuo, ragione per cui ha avuto luogo fra noi due un perfetto sposalizio di tutti i Cieli. Con questo sposalizio tu sei ora diventata ufficialmente una sposa di Dio, e con ciò una cosa sola con Me. Ma perciò devi avere la stessa parte della più sublime beatitudine che spetta a Me! Ne sei soddisfatta?!»

5. Dice Elena, tremante di massima letizia: «Oh, oh, oh! Tu mio santissimo Gesù! Io povera peccatrice sarei ora - o Dio, o Dio - la tua sposa!? O cielo, che cosa sono diventata? Io una sposa di Dio?! No, questo deve essere certamente impossibile! Ma Tu, eterna Verità, lo hai Tu Stesso pronunciato, e sarà anche così! Che cosa farò sia nelle più estreme profondità che nelle più elevate altitudini delle beatitudini? Come potrò sopportarle? Non comincerò ad avere le vertigini come una povera peccatrice che guarda dalla stella più alta giù verso la Terra che riposa là in fondo? Mi potrò mai raccapezzare in una simile altitudine? O Tu, mio dolcissimo Gesù, che cosa hai fatto ora di me! Ahimè, ora mi sento come una felicissima infelice o come una beatissima disperata! Sì, come una che è e che non è!»

6. Dico Io: «Mia amatissima, ora sta tranquilla e serena! Io ti dico che ti ritroverai presto ed oltremodo facilmente in tutto, poiché, vedi, nella Mia somma Elevatezza le cose vanno in modo semplicissimo e molto modesto! Non esiste magnificenza esagerata e niente affatto lusso, ma la più bella e più pura modestia ed una costante e non offuscata gaiezza! E vedi, queste sono proprio cose tue. Così già ti ritroverai con questo. Ma ora guarda fuori dalla finestra verso oriente e poi dimMi tutto ciò che hai visto e scoperto!».

89. Capitolo

La visione di Elena, sotto forma di rispondenza, sulle orrende condizioni dell’Austria, dell’Ungheria e della Chiesa romana nel 1849 a causa dello spirito dell’Anticristo

1. Elena si affretta subito alla finestra indicata, guarda fuori all’aperto e si batte le mani dopo aver osservato per un po’. Non resiste a lungo, perché la vista la scuote troppo. Ritorna velocemente da Me e dice: «Ma, ma, mio Signore, mio Dio, mio Gesù! Ah, ma questo è proprio terribile!»

2. Dico Io: «Ebbene, Mia carissima Elena, che cosa hai visto che è proprio così terribile? Hai forse scorto un diavolo oppure qualcosa di più terrificante? Riprenditi e raccontaci tutto quello che hai scorto!»

3. Elena si riprende e poi dice: «O mio dolcissimo Signore Gesù!

Io credo che rispetto a questa atrocità tutto il diavolo sia un semplice mascalzone. Per la prima volta dopo la mia uscita dal mondo ho rivisto ora l’orribile Terra assai raccapricciante, ma l’ho vista così, come da una nuvola, galleggiando sopra di essa. È strano: tutta l’Austria e l’Ungheria insieme ai paesi vicini si trovavano distesi sotto di me come in una gigantesca carta geografica, sulla quale si poteva vedere tutto: dal più grande fino al più piccolo oggetto. Ma, oh strazio, quale vista orrenda! Le città sono tutte un fuoco, piene di sozzure e di vermi dall’aspetto terribile. I fiumi, i laghi e il mare sono pieni di sangue! Terribili eserciti stanno uno di fronte all’altro, e non si vede altro che assassinio, tradimento e di nuovo assassinio! Gli uomini si sbranano peggio delle bestie più feroci! Dalla parte imperiale ho visto anche un gran numero di russi. Ma tra gli stessi imperiali e russi ho visto qua e là tradimento ed assassinii. E nell’esercito ungherese, che è terribilmente forte, ho visto anche russi e polacchi in numero maggiore, in più anche uomini da tutta l’Europa! Ma tutti gridano: “Rovina e morte a tutti i despoti! Più nessuna grazia e pietà! Sia maledetto chi pensava ad un pacifico compromesso!”. Ho visto inoltre che i poveri imperiali non possono organizzare nulla malgrado il grande sforzo, perché devono combattere dieci contro cento e perciò non possono volgere la situazione a loro vantaggio. O Signore, poni fine a questo spaventoso sterminio e non lasciare che i deboli vadano in rovina! Soffia nei cuori degli ungheresi uno spirito conciliante e, dove è necessario, fai lo stesso con gli austriaci, perché in verità mi fanno pena i miei compatrioti oppressi!»

4. Dico Io: «Mia amata Elena, ciò che tu hai visto è vero e giusto! Uno spirito proprio maligno ha preso possesso dei cuori degli uomini: è lo spirito dell’Anticristo! Ed è questo che divide gli uomini al punto che essi si scatenano furibondi l’uno contro l’altro, come se fossero diventati tutti tigri, iene e draghi. Ma presto sarà messo fine al loro agire, una fine come la Terra non ne ha mai immaginato una!

5. Qui sul tavolo davanti a noi vedrai presto un recipiente, che sorgerà dal tavolo come una pianta. In questo vedrai la misura dell’orrore umano sulla Terra e da questo potrai desumere a che punto si sia ormai arrivati su di essa. Guarda adesso qui: già compare. Osservalo e descriviMi che aspetto ha e che cosa scorgi in esso!»

6. Elena osserva stupita la meraviglia che emerge dinanzi a lei sul tavolo e lo splendido recipiente che si va formando sempre più. Quando, dopo alcuni istanti, il recipiente le sta davanti perfettamente formato, Elena invoca: «Ma Signore, Ti prego per il Tuo Nome santissimo! Cos’è questa strana creazione? All’inizio sembrava una pianta naturale, qualcosa di simile ad un giglio d’acqua sulla Terra. Poi è uscito dal centro delle sue foglie un gambo robusto e tondo, sulla cui sommità era visibile un bocciolo. Le foglie però ben presto si sono seccate ed il bocciolo si è dischiuso ed è uscito, invece dell’atteso fiore, l’inconfondibile tiara papale a tre punte, ma rovesciata, cioè con la croce a tre punte che poggiava su una mela d’oro in giù, e con il cerchio per infilarci la testa in su. Questa tiara sta ora dinanzi a me come un convenzionale recipiente da bere e, stranamente, su un treppiede che si è formato come da sé dal gambo. Questo particolare recipiente ora all’interno è nero come la notte più nera. Ed ecco, se all’esterno si trovano le più deliziose pietre preziose, all’interno scorre sangue e sangue, pervaso da ogni genere di terribili vermi! Le teste dei vermi sembrano bronzi roventi ed il loro corpo è come quello di un drago! E queste bestie bevono avidamente il sangue, così che il recipiente, nonostante il ricco flusso, non potrà mai traboccare evitando così a tutti di vedere di quale contenuto orrendo è pieno questo recipiente. Oh, come bevono avidamente il sangue queste bestie! E guarda, tra i vermi vedo ora una bestia che è molto più grande di tutte le altre. Ha sette teste e su ogni testa dieci punte come quelle di una spada, e su ogni punta c’è una corona ardente. Quando essa si immerge, il sangue spruzza fuori ed evapora in superficie. L’afflusso aumenta ora sempre di più, ma nonostante ciò il recipiente non si riempie, perché le bestie ne consumano molto, e ciò che non possono consumare si dissolve in fumo e vapore! O Signore, chiudi le fauci a queste bestie e prendi le corone ardenti dalle punte di questa bestia, affinché il recipiente si possa riempire! Oh, tutto ciò è terribile da vedere!»

7. Dico Io: «Ebbene, Mia carissima Elena, non riesci già a mettere insieme le cose se paragoni l’apparizione davanti alla finestra e questa davanti a te sul tavolo?»

8. Dice Elena: «O Signore, è difficile riuscire a tirarne fuori un giusto senso. Perciò Ti prego di rivelarci la vera comprensione di queste due apparizioni se tale è la Tua santa, sapientissima Volontà!»

9. Dico Io: «Mia amata Elena, volentieri e di tutto cuore! Fa bene attenzione a tutto! Ecco, fuori dalla finestra hai visto il grande male, e qui vedi il motivo dello stesso! Fuori dalla finestra si è messo davanti a te il nudo effetto che ha qui dalla A alla Z la sua causa fondamentale.

10. E così vedi qui sul tavolo il simbolo maligno: una tiara rovesciata, i cui regni sanguinano verso l’interno e presto si dissangueranno. La gerarchia ecclesiastica cerca sì di scongiurarlo, affinché il credito esteriore di cui gode non si possa macchiare dei suoi orrori interni, ma tutti i suoi sforzi ora non serviranno più a nulla. Infatti, vedi, per questo ora essa ha mostrato a tutto il mondo il contenuto interno con il rovesciamento della tiara. Ora può fare ciò che vuole, ma non potrà più mettere diritta la sua corona e si consumerà e si distruggerà in se stessa! Comprendi ora la cosa già un po’ meglio?»

11. Dice Elena: «O Tu, mio Signore e mio Dio! Ora comprendo un po’ meglio, ma della perfetta comprensione non se ne parla ancora. Infatti ciò che significano effettivamente il sangue e gli orribili vermi in esso, non lo potrà comprendere nessuno completamente all’infuori di Te. Sii perciò clemente e dimmi alcune paroline su ciò!»

12. Dico Io: «Ebbene sì, ascolta dunque! Il sangue che scorre verso l’interno proprio da quei punti dove all’esterno sono incastonate le pietre preziose - che rappresentano qui tutti i regni e i governi della Terra - indica la tirannica avidità di dominio. Questa simula verso l’esterno la pienissima libertà ed uguale diritto per tutte le classi, ma in se stessa è vendetta e sete di sangue, secondo la quale ognuno deve essere passato a filo di spada se non dovesse mostrare pienissima considerazione al vantaggio dell’unico tiranno. Ripensa all’inquisizione e da lì oltre fino al tempo attuale, e vedrai facilmente come nelle viscere della chiesa non ha dimorato altro che odio, collera, giudizio, persecuzioni di tutte le specie, assassinio e sangue, ed ha infierito come una forte peste; e anche se non così visibile nel fatto, perché le forze sono andate perse, in compenso però tanto peggio nel segreto volere e nel desiderio più ardente!

13. I vermi, però, che divorano assiduamente il sangue e ne sottraggono quanto più è possibile agli occhi dei popoli ciechi, sono gli egoisti e stomachevoli leccapiedi e servi sotto ogni forma umana di occupazioni e cariche. Questi esseri sono i più infami in ogni società umana, sono i peggiori nemici di tutti gli uomini e non amano nessuno all’infuori di se stessi. Perciò accade anche che tradiscano per primi e nel modo più vergognoso coloro per i quali fingono di fare ogni cosa se solo ne possono ricavare un vantaggio qualunque. Infatti una volta che si è diventati traditori, lo si è e lo si rimane, basta che ne venga un guadagno. E vedi, così stanno le cose ora con la Chiesa romana. Essa ama gli ipocriti, i simulatori, gli spacconi, i calunniatori, gli adulatori, i denunciatori, gli spioni e tutti coloro che possono abilmente mentire ed inventano così, senza cuore e senza coscienza, ogni genere di devoti inganni. Ma ora queste cose diventeranno proprio i loro peggiori giudici e saranno i loro più perfidi traditori.

14. Ebbene, Mia amatissima, comprendi ora un po’ meglio il sangue ed i vermi? Sì, lo comprendi; ma tu hai ancora davanti a te la bestia con le sette teste, ed anche questo ti deve essere reso chiaro con una nuova apparizione.

15. Guarda ora là, dove si trova lo strano vaso, ma fa bene attenzione a tutto ciò che ti si mostrerà, e descrivilo davanti a questa intera assemblea! Ma devi però fare molta attenzione a tutto».

90. Capitolo

Elena continua a descrivere la visione, sotto forma di rispondenza, sulle orrende condizioni terrene nel 1849 a causa dell’Anticristo

1. Ora Elena osserva il vaso e vede presto che dal suo centro emerge un trono, sul quale sta seduto un sovrano vestito in oro e porpora. Quando scorge questa apparizione, si spaventa veramente e poi dice un po’ ansiosa: «O Tu amabilissimo Salvatore di tutti gli uomini! Ma guarda qui! Su di un trono sta seduto un sovranuccio con un’aria così terribilmente altezzosa da far venire praticamente la febbre solo a guardarlo!

2. Ora dal vaso emergono una moltitudine di esseri umani elegantemente vestiti e si inchinano fino a terra davanti al sovra-nuccio. Costui però li squadra con superbia e con occhi veramente da basilisco, così che tutti tremano al suo cospetto. E guarda, quelli che si inchinano di più, vengono ora chiamati dal sovranuccio al trono e decorati con delle onorificenze. A coloro però che tremano di meno, viene sputato in faccia ed intimato di allontanarsi subito dal trono. Ma ora il sovranuccio fa un cenno di allontanarsi anche a quelli decorati con le medaglie. E quando essi si ritirano tra mille inchini e voltano la schiena al sovranuc-cio, egli bestemmia dietro di loro e sputa nella direzione da dove sono usciti. No, ma questo è un altezzoso tipo di un re di mosche!

3. Ma cosa vedo: lo spazio intorno al trono del re diventa ora sempre più esteso e grande. E scorgo una moltitudine di uomini in miniatura che sembrano molto miseri. Nello stesso tempo però noto tra di loro anche i precedenti campioni dell’inchino, che ora però hanno facce completamente diverse; sono facce da governanti. I poveri si devono piegare completamente dinanzi a loro; alcuni si devono sdraiare pazientemente per terra, affinché i campioni dell’inchino possano camminare più comodamente sulle loro teste. Ed alcuni che si lamentano, vengono subito presi dagli sgherri e vengono spinti dentro a un buco nero. E guarda, guarda, alcuni vengono perfino impiccati per questo! Ah, certo che è uno spettacolo davvero niente male!

4. Là noto ora un mucchietto di uomini che sono quasi completamente calpestati e perdono sangue da numerose ferite. Costoro si muovono verso il trono e vogliono implorare il re perché prenda in esame le loro istanze e ponga rimedio a tali oppressioni. Ciò viene annunciato al re, e costui dice ai suoi servitori: “Pagherete con la vostra vita se qualcuno di tali volgarissime persone viene davanti al trono da me!”. E i servitori dicono agli imploranti: “Il re è occupato, perciò nessuno può essere fatto passare. Dovete andare dai suoi funzionari e notificare a loro le vostre richieste e questi opereranno secondo la loro funzione!”. Allora gli imploranti dicono: “Ma è proprio di loro che noi vogliamo lamentarci col re, perché sono loro che ci calpestano così oltraggiosamente!”. Allora risponde un servitore del re: “Capisco! Sì, questa è davvero tutta un’altra questione! Ora andate a casa in pace e lasciate il resto a noi; ci occuperemo noi della cosa! Ma dovete darmi fedelmente i vostri nomi e il vostro indirizzo, altrimenti non sapremo chi e in che modo dobbiamo aiutarvi!”. I poveri danno al servitore la loro istanza e costui la accoglie con vera benevolenza. Ma quando essi si allontanano nella convinzione che verranno aiutati, viene subito mandato un veloce messaggero ai funzionari con l’istruzione di calpestare ancora di più i sudditi in questione, poiché possiedono ancora abbastanza forza per andare al trono a lamentarsi. E guarda, nel paese di costoro viene ora fedelmente eseguito quello che ha ordinato il primo servitore del re! Ah, ma questo è troppo meschino e abbietto! Il servitore ora riferisce tali cose al re e questi lo elogia molto e gli conferisce una medaglia.

5. O Signore! I veri re non possono essere così; questi devono essere dei tiranni, il cui cuore e cervello è stato preso in pieno possesso da Satana!»

6. Dico Io: «Sì, hai ragione, all’inizio sono benefattori del popo lo, ma subito dopo sono dei veri diavoli. Continua a guardare! Quando avrai visto tutto, solo allora te ne rivelerò il vero senso!»

7. Elena continua a parlare: «Ah, ma che cosa si sta vedendo ora?! Scorgo una quantità di stranissimi lupi! Esteriormente sembrano uomini con lunghe vesti nere! Ma sotto la veste c’è, al posto di un uomo, un lupo feroce, il quale, benché sia vestito di nero e benché porti una maschera umana sulla faccia, indossa una pelle di agnello con lo scopo di occultare la sua natura bestiale. Quanto sono delicati e gentili questi uomini apparenti nel loro modo di trattare con gli altri! Ma poi si tolgono la maschera dalle loro facce da lupo e digrignano i loro denti micidiali dietro al collo degli uomini che camminano dinanzi a loro! Ah, questi sono esseri orribili! Ed ecco, guarda! Dietro e anche davanti al trono del re si trovano questi esseri in file compatte. Quelli davanti portano le più belle corone e scettri sopra a dei cuscini di porpora e fanno i più profondi inchini davanti al trono. E il re, spiritualmente cieco, ha un gran piacere in costoro che attorniano il trono, tra i quali ci sono anche alcuni che gli presentano delle armi da guerra appena inventate.

8. Ma dietro al trono gli stessi esseri digrignano terribilmente i denti. E al posto delle corone, scettri ed armi, portano nelle loro mani pesanti catene e fruste di infuocati serpenti! O re, alzati dal trono, da questo seggio dell’invidia e dell’odio, e guarda i tuoi nemici camuffati che ti mentono in faccia, in modo insolente, con la parola e l’azione, ma alle tue spalle sono i tuoi peggiori nemici!

9. O Signore, perché la Tua infinita Bontà e Sapienza hanno fatto sorgere tali esseri maligni? Non sarebbe meglio se, all’infuori di Te, non ci fosse nessun essere, piuttosto che ce ne siano, tra i molti buoni esseri che provengono da Te, anche di questo tipo, che è impossibile possano provenire da Te?».

91. Capitolo

Lo scopo dei fenomeni ostili della Natura. I contrasti spirituali sono indispensabili per raggiungere la Meta posta da Dio.

1. Dico Io: «Sì, Mia carissima Elena, tu ora non puoi ancora comprendere perché devono esistere anche esseri simili. Ma affinché tu ti possa tranquillizzare, ti voglio dare alcuni esempi naturali come chiarimento, e così ascolta!

2. Guarda il fuoco! Quale forza distruttrice si trova in questo terribile elemento d’ira se non viene accuratamente sorvegliato quando lo si utilizza! Quali distruzioni causa! Eppure non esiste nessun maggior benefattore dell’umanità come appunto il fuoco se viene saggiamente usato.

3. Guarda l’acqua: come si infuria terribilmente quando si leva scatenata su campagne e su valli! Dovrei dunque distruggerla, perché agisce in modo così devastante quando è scatenata e porta morte e distruzione agli uomini terreni? Rispondi: potrebbe la Terra stessa, e tutto ciò che essa porta, esistere senz’acqua?

4. Considera poi il semplice peso dei corpi naturali. Quale distruzione causa una valanga che precipita dagli alti monti! E dove cade un sasso, con la sua caduta stritola tutto ciò che tocca. Non sarebbe meglio se Io avessi creato l’intera Terra leggera come una piuma? L’uomo potrebbe allora giocare con la Terra come i fanciulli giocano con una palla. Ma chi la terrebbe poi strettamente unita? E come potrebbero gli uomini, gli animali e le piante reggersi in piedi sul suolo della Terra senza il peso? Da questo tu puoi di nuovo vedere come è necessaria a tutti i corpi questa cattiva caratteristica se devono avere un’esistenza!

5. Ma come tutto questo che è stato menzionato è necessario in natura, in modo che sia quello che deve essere, così pure devono esistere nello spirito contrasti per il bene ed il vero, affinché proprio lo spirito raggiunga, mediante questi contrasti ostili, la meta a cui è stato destinato da Me, vale a dire la perfettissima ed eterna libertà vitale! Infatti, senza costrizione non esiste nessuna libertà, e senza libertà nessuna costrizione. Ogni libertà deve quindi procedere dalla costrizione, che è un eterno ordine giudicato, così come la costrizione stessa procede dalla Mia eterna Libertà originaria!

6. E perciò tu vedi qui anche simili apparizioni, che in sé e per sé sono veramente molto cattive, ma per un certo tempo sono proprio necessarie per l’acquisizione e la conservazione della libertà spirituale, come sulla Terra un forte fulmine e una tempesta di grandine sono necessari per la rigenerazione e la conservazione della corrente vitale e per la distruzione di tutti i vapori dannosi e mortali che vengono prodotti dalle sue viscere talvolta a causa di un riscaldamento troppo elevato del suolo terrestre. Io ti dico che tutto questo è necessario, ed una cosa condiziona l’altra.

7. Ma a noi interessa riportare saggiamente di nuovo i differenti elementi nel loro ordine necessario, se cominciano a manifestarsi troppo nella loro speciale particolarità. Se l’abbiamo fatto con la necessarissima prudenza, allora tutto prenderà nuovamente il suo corso regolare e porterà i frutti migliori.

8. Spegnere una casa in fiamme, è un’opera buona. Per lo stesso motivo si devono mettere argini all’acqua e forti sostegni in proporzione al peso, e dopo una grande tempesta bisogna coltivare di nuovo la terra; allora tutto si metterà di nuovo nella giusta carreggiata. Ma volere risolvere tutto con un colpo solo, significherebbe distruggere ogni cosa!

9. Tu quindi puoi assistere ora già più tranquillamente a ciò che dovrà avvenire ancora. E così continua a osservare tranquillamente le apparizioni!».

92. Capitolo

Elena continua a descrivere la visione, sotto forma di rispondenza, sulle orrende condizioni terrene nel 1849 a causa dell’Anticristo.

Lotta delle sei bestie. Effetto sugli uomini-lupo e sul re.

1. Dopo una breve pausa Elena dice: «Ehm, ma è strano! Questi singolari esseri si moltiplicano intorno al trono come la sabbia del mare. I primi servitori del re riescono a malapena a farsi strada attraverso questa grande massa. Ma ecco che prima però sono stati perfino corrotti dagli uomini-lupo affinché li aiutino a manovrare il re a loro piacimento. Ora diventa anche molto buio intorno al trono, cosicché si può distinguere qualcosa solo a fatica. Questa oscurità sembra provenire soltanto da questi uomini-lupo; ma i loro occhi luccicano fortemente, e dove volgono il loro sguardo, là gli oggetti vengono illuminati.

2. Ora vedo in fondo uno strano essere; assomiglia ad un bue. Ed un altro, simile ad un leone, emerge ora dietro al bue e lo vuole inghiottire. Ma dietro al leone emerge in questo istante di nuovo un altro essere, che assomiglia ad un rinoceronte e, poiché è potentemente corazzato, cerca ora di schiacciare il leone insieme al forte bue. Il leone, che prima minacciava di inghiottire il bue, si allea amichevolmente con il bue e si sforza di sbarazzarsi del rinoceronte. E guarda, ora si aggiunge un quarto essere. E, ahimè, è un enorme serpente mostruoso! Questo circonda ora i tre esseri in combattimento e minaccia di stritolarli miserevolmente! Il bue, il leone e il rinoceronte si avvalgono di tutte le loro forze per liberarsi del potente serpente, ma il loro sforzo sembra essere vano. Malgrado la loro grande fatica, il serpente contrae sempre di più le sue spire; e dal ruggito desumo quanto siano ora stretti i tre. Ma è strano: gli uomini-lupo sembrano avere un grande piacere in questa lotta!

3. Ma ora sopraggiunge di già una nuova bestia. È un’enorme aquila gigante. Essa si precipita ora su questo groviglio di quattro bestie, lo afferra con i suoi potentissimi artigli, stende ora le sue grandi ali e solleva l’intero groviglio. Il serpente, il cui corpo ad anelli per la maggior parte è trafitto dai potenti artigli dell’aquila gigante, ora vuole liberarsi. Ma gli anelli sono così fortemente fissati l’un l’altro dagli artigli dell’aquila che tutti i suoi sforzi sembrano infruttuosi. Le tre bestie precedenti ora cercano di aiutare il serpente per quanto possibile, ma gli artigli dell’aquila sono troppo potenti e non cedono neanche di un pelo. E l’aquila si alza sempre di più con il suo bottino. Più in fondo vedo ora una specie di deserto lungo un fiume; ed è lì che si dirige l’aquila con le sue prede. Ora si posa sul deserto e si accinge ad iniziare il suo pasto.

4. Ma adesso vedo un alligatore uscire rapido dal fiume e affrettarsi verso l’appetitoso groviglio. Il serpente gli contrappone le sue ampie fauci spalancate e l’alligatore aggredisce a morsi la sua mandibola inferiore. L’aquila vuole volar via con il suo bottino, ma l’alligatore glielo impedisce. Ora l’aquila molla tutto, si mette sul dorso dell’alligatore e picchia col suo becco nei suoi occhi, ma non può tuttavia causare nessun danno. Con questo però le prime tre bestie si liberano dalla loro stretta prigionia e corrono ora lontano.

5. Ma ora vedo arrivare una mangusta a piccoli passi frettolosi verso l’alligatore, che tiene ancora stretto il serpente. L’alligatore vede il suo peggiore nemico, molla subito il serpente, il quale, torcendosi dal dolore, si nasconde finalmente nel terreno, dopo di che l’alligatore stesso si precipita nell’acqua. Sul campo di battaglia rimane solamente l’aquila, a quanto pare con uno stomaco molto vuoto. La mangusta però insegue l’alligatore fin nell’acqua e guarda fissa tra le onde.

6. L’aquila vede ora la mangusta e la vuole catturare per procurarsi un piccolo pasto; questa però scappa in un’apertura nel terreno, ed ora la potente aquila vola via senza bottino, come è accaduto alle altre bestie precedenti che, con un nulla di fatto, sono scappate solo con alcune contusioni. Solo il serpente sembra essere il più malconcio; c’è da chiedersi se la sabbia lo rimetterà di nuovo in buone condizioni. Ma se la mangusta troverà in qualche modo un suo tornaconto per aver diviso questo gruppo di nemici, lo saprai Tu, o Signore, sicuramente meglio di tutti!

7. Ora però vedo anche che i molti uomini-lupo cominciano ad avere delle facce deluse e imbarazzate. Si può desumere facilmente dai loro movimenti che non sono niente affatto contenti di una simile soluzione del bestiale groviglio bellicoso! Ma è bene che sia così, perché questi uomini ultrabestiali mi sono più ripugnanti delle autentiche bestie precedenti nella loro lotta naturale, poiché questa è comprensibile, mentre invece questi uomini bestiali mi sono completamente insopportabili.

8. Il re sul trono ora ha anche delle convulsioni, come se soffrisse di un esaurimento nervoso. Anche a lui la cosa non sembra quadrare.

Ma che cosa può fare? Egli ha ancora un qualche potere, così sicuramente metterà tutto in gioco per mantenersi sul suo trono. Ma se non ce l’ha, preferirà andarsene piuttosto che unirsi al suo popolo con la mansuetudine, l’amore e la pazienza! A chi però si imporrà, andrà probabilmente come all’aquila, vale a dire che comincerà a percepire un significativo alleggerimento nel suo stomaco! Infatti i soldi li consumeranno i suoi soldati, mentre i suoi sudditi alla fine potranno pagare le proprie tasse solo con la propria vita.

9. O Signore, vedi, tutta l’apparizione comincia ora ad affievolirsi. Ed io devo confessare sinceramente che quella misteriosa bestia con sette teste non mi è ancora chiara. Se tale fosse la Tua santissima Volontà, potresti concedermi una piccola rivelazione su questo!»

10. Dico Io: «Ascolta, Mia amatissima, dato che tutti i nostri ospiti e consiglieri al tavolo hanno assistito all’apparizione, allora non sarò Io a dare la spiegazione, ma ci rivolgeremo a Roberto e lo interrogheremo. Infatti, perché dobbiamo parlare proprio solamente noi due? Anche gli altri hanno una bocca!

11. E così spiega tu, Roberto, alla cara Elena, quello che lei sostiene di non avere ancora afferrato!».

93. Capitolo

Roberto spiega la visione di Elena.

Egoismo e superbia, radice fondamentale di tutti i mali.

L’importanza della donna nella storia dell’umanità.

1. A questo Mio invito, Roberto si alza e dice: «O Signore, Tu Amore dell’amore, Tu Amico dei miseri, Tu Sapientissimo tra i sapienti da Te originati! Tutta la faccenda nella sua apparizione è già rappresentata chiaramente di per sé. Ma poiché Elena in fatto di rispondenza non si è ancora potuta appropriare del grado necessario mediante il quale tali apparizioni le possono essere chiarite, così è veramente necessario renderle la cosa più comprensibile.

2. E così dunque, carissima sorella Elena, devi sapere che tutto ciò che ora hai visto rappresenta in generale la superbia, che è uno spirito dell’infamia. Là, davanti alla finestra, hai visto lottare, e la dura lotta era pervasa dal reciproco tradimento! Vedi, tutto questo è opera della superbia, il cui luogo di nascita è l’egoismo. Ma come il puro amore per Dio e per il prossimo è la base di ogni salvezza, di ogni beatitudine e di ogni concordia ed unione, così l’egoismo è un odio per tutto ciò che gli si avvicina, e quindi il fondamento di tutto il disprezzo e persecuzione di ciò che si vuole opporre a questa maligna qualità.

3. Il puro amore dona tutto quello che ha, e tuttavia in eterno non può diventare più povero ma più ricco e più potente. Infatti quando dona, esso riceve mille volte quanto ha donato. L’egoismo però perde sempre mille volte rispetto a quanto rapina e prende. Infatti esso non ha nessuna forza né potenza in sé; così deve prendere in aiuto altre forze con ogni genere di mezzi che impoveriscono se stesso. In questo modo si mantiene per un po’ di tempo nel mondo nel suo apparente splendore e in una certa grandezza apparente. Ma poiché, col tempo, questo gli costa sempre di più, alla fine impoverisce completamente, e allora si torce, si contorce e si attorciglia come un verme affamato. Però questo gli serve poco, ma serve solo a favorire la sua completa rovina.

4. Chi quindi fa la guerra? Vedi, l’egoismo quale padre dell’orgoglio e dell’ambizione! E chi gli si oppone e lo vince? È la potenza del puro Amore, che è la Giustizia ed un vero Giudizio proveniente da Dio! L’egoismo del nemico impiega tutti i mezzi immaginabili per sopravvivere e vendicarsi della Giustizia divina. Ma non gli serve a nulla, perché in questo modo si indebolisce enormemente in tutte le estremità e in tutti i punti, mentre nella stessa lotta il puro amore diventa solo più potente dopo ogni colpo.

5. L’apparizione con la tiara rovesciata, che proviene da una pianta palustre, ha mostrato chiaramente quale fondamento abbia tutta la magnificenza terrena. E il fatto che alla fine tu l’abbia vista appoggiata rovesciata su un treppiede, ciò ha rappresentato l’esatto rapporto nel quale si trova tutta la potenza e magnificenza terrena, tutta la grandezza dello splendore e del dominio nei confronti del puramente celestiale. Il treppiede però rappresenta i deboli sostegni sui quali si poggia tutto questo. L’egoismo è l’anello del treppiede, ma i piedi sono la falsità, l’astuzia e l’inganno. Nella tiara tu hai visto il sangue e vermi abominevoli: questo ti è già stato spiegato. Solo la bestia a sette teste ti è rimasta ancora un po’ oscura. Ma puoi procedere solo secondo la misura della rispondenza, allora giungerai facilmente alla verissima conoscenza contemplativa di quanto dice la similitudine. Provaci, noi tutti ti aiuteremo!

6. Quando l’avrai interpretata, allora anche il Signore farà la Sua parte! Sì, io ti dico: “Ora dipende da come tu afferrerai la cosa nel tuo grande amore. Inoltre, così come te e come noi, in accordo con te, riconosceremo questa faccenda, così pure vuole agire ed agirà il Signore!”. Perciò compi bene la tua mansione, perché ora la salvezza del mondo dipende dal tuo riconoscimento!»

7. Elena si meraviglia molto quando Roberto gli manifesta che la salvezza del mondo dipende ora dal suo riconoscimento della bestia a sette teste. Perciò si rivolge subito nuovamente a Me e domanda: «O Signore, Tu mio dolcissimo Amore celestiale! È vero ciò che il sapiente Roberto mi ha ora rivelato?»

8. Dico Io: «Senza dubbio! In una profezia che si trova nelle mani del popolo indiano, che è uno dei popoli più antichi del mondo, si legge: “Vedi, peccaminosa umanità! Fu una donna che fece precipitare in disgrazia il mondo. E un giorno sarà di nuovo mediante una donna che verrà data una grande grazia al mondo. E alla fine sarà di nuovo mediante una donna che il mondo deve venire giudicato. Ma starà alla donna e dipenderà dal suo riconoscimento se verrà giudicato per la vita o per la morte!”. E vedi, sei proprio tu questa donna della quale parla questa antichissima profezia! Perciò compi bene la tua mansione, altrimenti andrà male per la Terra!»

9. Dice Elena: «Ma no, ma no, questo non può essere possibile! Per me questo non sarebbe una beatitudine, ma un grande tormento. Perciò dispensami, o Signore, da questo riconoscimento, per il quale io veramente non potrei garantire se il risultato possa essere buono o cattivo!»

10. Dico Io: «Mia carissima Elena! Tu già conosci il Mio grande Amore per te, ma sai anche che presso di Me - cioè qui nel Regno della Vita, della Luce e dell’eterna Verità immutabile - non c’è da contrattare nulla di quello che Io ho una volta pronunciato. E perciò dovrai ora fare ciò che ti ho domandato. Infatti, vedi, se Io fossi negligente nelle Mie espressioni e determinazioni, quale ordine e quale aspetto assumerebbe prestissimo l’intera Creazione? Se solo cessassi un attimo di tener stretto tutto ciò che è creato nella Mia Idea, tutto si sfascerebbe ed ogni struttura e forma diventerebbero caricature simili alle nuvole, estremamente mutevoli ed effimere. Ma poiché Io sono immutabile oltre ogni tuo concetto, così tutte le cose e gli esseri creati rimangono nell’intero infinito sempre ciò che sono e come sono stati formati.

11. Ma Io l’ho stabilito proprio per questa epoca e ti ho prescelta. Perciò devi fare, per il purissimo amore per Me, ciò che ti chiedo. Con questo tu ti formerai per diventare libera, in modo totale e indipendente, nella tua sfera vitale, ed in seguito, in quanto procedente da te stessa, puoi essere indipendente da tutte le influenze estranee.

12. Infatti, tutto ciò che chiedo qui da voi, non accade tanto per il mondo materiale, che si trova lo stesso nel giudizio, quanto piuttosto per voi, affinché diventiate tutti interamente liberi e capaci di gustare la massima delizia e beatitudine! Da qui dipende in tutto anche ogni meccanismo del mondo, poiché qui si trovano tutto il nocciolo e la radice di tutto l’essere e il divenire. Ma tuttavia noi qui non lavoriamo per il mondo, ma per i Cieli.

13. E così ora, Mia carissima Elena, comincia con ciò che ti ha detto il fratello Roberto!».

94. Capitolo

Elena stessa spiega la rispondenza della sua visione del mostro a sette teste, della lotta bestiale, degli uomini-lupo e del re.

1. Dice Elena: «Sì, se le cose stanno così qui come in tutta l’infinità, allora devo certo procedere al riconoscimento [della bestia a sette teste]. Ma penso che l’essere e il non essere della Terra non dipenderanno proprio così tanto dalla mia stupidità! Non è vero, mio carissimo Amato, che Tu potresti certo conservare l’intera infinità per alcuni secondi, anche senza il mio riconoscimento dell’orribile [mostro a] sette teste?»

2. Dico Io: «Sì, Mia amata Elena, presso di Me tutto è stato pesato con la bilancia più precisa, così nel complesso ogni cosa non patirà nessuna proroga od arresto. Certamente, Io posso mantenere tutta la Creazione senza il tuo riconoscimento, ma - come ti ho già fatto notare - qui non si tratta del fatto che il cosmo si conservi in modo imperturbabile, ma piuttosto della perfetta liberazione celeste di tutti coloro che sono giunti qui dal mondo poco tempo fa. Questo lo devi prendere in considerazione, e poi ti sarà facile adempiere ciò che Io ti ho domandato. Hai ora compreso questo?»

3. Dice Elena: «Sì, Signore, ora mi è chiaro! E così voglio tentare, con il Tuo aiuto, a venire a capo di che cosa rappresenta l’orrendo mostro a sette teste.

4. Per come comprendo ora, questo mostro a sette teste rappresenta il vero spirito dell’Anticristo e la conferma del suo agire nella sua stessa sozzura. Il verme rappresenta di per sé la grande infamia che procede dall’ambizione, dall’avidità, dalla menzogna e dall’inganno. Le sette teste sono uguali alle sette passioni capitali, dalle quali hanno origine i sette peccati capitali: la superbia, l’ambizione, l’invidia gelosa, un’avarizia mortale, l’odio implacabile, il tradimento e infine l’assassinio! Da questi provengono: l’avidità di piaceri, la golosità, gli eccessi, la lussuria, la fornicazione, il disprezzo del prossimo, la persecuzione di ciò che invece dovrebbe osare di respirare liberamente, la spudoratezza e la disonestà completa, la totale mancanza di coscienza e infine il totale disprezzo e la totale dimenticanza di Dio! Queste necessarie conseguenze delle prime sette passioni capitali sono però assolutamente le stesse su ogni testa, da come si vede dalle dieci punte, che sono sempre uguali su ogni testa. Sulle punte c’erano ancora delle corone ardenti, con le quali la bestia faceva evaporare il sangue, quando cominciava a riempire il vaso in modo troppo violento. Queste corone ardenti mi sembrano indicare la perfetta brama di dominio che dinanzi a Te, o Signore, è un abomi nio, ed ora si è perfino insediata nei cuori dei popoli. Ma queste corone mi sembrano alludere ancora più chiaramente alla politica, che sembra somigli ad un manto che copre molte promesse, affinché nessuno si accorga come sotto lo stesso si nasconda una punta aguzza e letale. Ma se qualcuno vuole toccare il manto di copertura, allora lo sente ardente per l’asprezza della collera che c’è nei cuori dei dominatori dei popoli ciechi; così è facile che si bruci chiunque osi metterci le mani sopra.

5. Perciò io penso che si debbano abolire le corone, poi le punte, le sette teste, tutta la bestia, i suoi aiutanti e la tiara, e in questo modo l’umanità della Terra non dovrà poi più passare a guado attraverso il sangue per giungere alla vera pace. Anche le lotte dell’uo-mo-bestia non dovrebbero più appartenere alle cose esistenti!

6. Sono pervasa dal riconoscimento del fatto che sulla Terra devono accadere due cose se sul suo suolo deve esserci pace: o Tu, o Signore, devi prendere quasi all’improvviso nove decimi degli uomini dalla Terra mediante i Tuoi angeli sterminatori e dare ai sopravvissuti guide migliori, oppure devi ingrandire la Terra almeno di nove volte e far sorgere in ogni paese un grande monte d’oro puro. Infatti solo per mezzo di un’immensa quantità equamente distribuita di questo metallo infernale, il suo valore scenderà alla più comune pietra calcarea, ma in compenso aumenterà il valore dell’umanità. Quindi, o una riduzione degli uomini, oppure un enorme aumento di oro e di argento, altrimenti non migliorerà nulla in eterno sulla Terra. La brama di possesso e di proprietà degli uomini deve giungere ad una potente arcisazietà in ogni genere, altrimenti essa non perderà mai il suo egoismo, che è la fonte della superbia e della brama di dominio!

7. A che cosa serve il bue (potenza popolare) con la sua forza? A cosa la potente zampa del leone (dinastia)? A che serve il peso inflessibile della bestia corazzata (la principesca pressione del dispotismo tirannico)? Quali effetti ci possono essere per il bene dell’umanità dalla violenza del serpente (politica occulta dell’Inquisizione che avvolge tutto)? Cosa può fare la potente aquila libera (libero stato sociale)? Cosa può fare la vendetta che sta in agguato sullo sfondo del conservatorismo coccodrillesco? Alla fine tutto questo ha l’unico effetto di disperdere la povera e debole mangusta (la miseria, che sta per sopraggiungere, della comunità) che di certo se ne va a stomaco completamente vuoto. A cosa è servita una lotta simile? Se la mangusta è buona alla fine, che allora lo sia anche all’inizio! Che bisogno c’è che la Terra diventi misera a forza di versare sangue?

8. O Signore! Tu sapientissimo ed amorevolissimo Creatore! Noi, esseri creati, continuiamo qui, dinanzi a Te, a presentarti le nostre preghiere e i nostri consigli, ma ora, da come mi rendo interiormente conto, lo facciamo in un certo senso inutilmente! Infatti, per quanto noi vogliamo, Tu fai tuttavia quello che vuoi e come la Tua sublime Sapienza ritiene buono e giusto. Questo però è proprio la cosa migliore dell’intera faccenda, poiché, se Tu lasciassi che il nostro giudizio si concretizzasse negli affari esteriori della natura, l’intera Creazione perderebbe la sua esistenza nell’istante successivo! Ma Tu, o Signore, ovunque sei la Base della base, e tutto il Tuo santo Ordine è un leggero pensiero per Te, anche se per noi creature è pesantissimo nel contenuto. Perciò io penso ora che potrebbe essere quasi superfluo continuare a chiacchierare.

9. Gli uomini-lupo dell’ultima apparizione rappresentano quell’ordine ipocrita al massimo che tutto il mondo ha già giudicato all’unanimità. Il fatto che proprio quest’ordine, come gli altri ordini sulla Terra ad esso affini, sia stato quasi sempre l’unico artefice di tutti i mali e non abbia aspirato ad altro con così tanto fervore quanto al completo dominio su tutta la Terra, ciò è così chiaro da rendere superflua ogni ulteriore illuminazione.

10. Il re, seduto sul trono, compenetrato dal supremo sentimento del diritto al dominio, con espressione estremamente imperiosa, sembra essere un simbolo parlante della smania di dominare di questa attuale bruttissima epoca sulla Terra, in cui ognuno vuole dominare, ma nessuno vuole più obbedire, a meno che l’obbedienza procuri grandi interessi. Se questo non è il caso, il servitore, altrimenti molto sottomesso, diventa subito un democratico contestatore di tutti i governi, un cosiddetto repubblicano rosso, che vuole rendere felice l’umanità solamente mediante l’abolizione dei governanti, ma oltre a ciò spalanca principalmente la sua propria sacca vuota. Sembra ora che questa mania di dominare sia quasi l’unica ragione che disunisce tutti gli uomini come una spada a doppio taglio fino all’odio più feroce.

11. Ora non vedo più nessun vero amore fra gli uomini. Nessuno ama l’altro come uomo e fratello in Te, o Signore, ma solamente per puro interesse. Se A può ricavare qualche profitto da B, A l’accoglierà anche con tutta amicizia. Ma se B non è nella condizione di offrire qualche profitto, per A diventerà troppo presto solo un uomo verso cui provare la più grande indifferenza, spesso perfino sprezzante, ed io non vorrei consigliare B di cercare, se eventualmente ne ha bisogno, aiuto da A, nel caso in cui quest’ultimo sia divenuto nel frattempo facoltoso. Infatti A è pronto ad argomentare che B non è un suo amico, poiché egli non l’ha sostenuto e non importa che si possa dimostrare che allora B non avrebbe potuto sostenerlo! Ma anche se nel caso in cui B avesse sostenuto sul serio A, tanto che A ne avesse ricavato dei grandi vantaggi e poi B venisse a trovarsi in difficoltà e cercasse aiuto presso A, è più che certo che A, smanioso di profitti, si ritirerà sicuramente con ogni possibile scusa cortese e si preoccuperà di liberarsi del fastidioso B. Vedi, Signore, così io conosco gli uomini, e così sono veramente per la maggior parte.

12. Ma come si possono migliorare? Questa è una domanda alla quale puoi rispondere solamente Tu ma in eterno nessun angelo creato. Potremmo cercare di indovinare finché si spengono tutti i soli, ma questo non aiuterebbe certo la Terra ed i suoi ciechi abitanti. Tuttavia se Tu dici solamente una parolina secondo la Tua segreta, potente ed amabilissima Sapienza, tutta la Terra risanerà, come un tempo accadde per il servo del centurione romano, in cui quest’ultimo Ti aveva implorato per ottenere la guarigione del suo servo! O Tu, mio dolcissimo, buonissimo, amorevolissimo Signore e Dio Gesù, sii così misericordioso e purifica la povera Terra da tutto ciò che si chiama demonio ed è demoniaco in eterno! La Tua Volontà sia fatta!».

95. Capitolo

Spiegazione del Signore sull’unico modo possibile per la formazione di uomini liberi e autonomi.

Chiave per la comprensione della vita terrena.

1. Dico Io: «Ora, Mia carissima Elena, tu Mi hai dato un ottimo consiglio, che si può realizzare benissimo. In verità, il sesso femminile può tenerti in gran conto!

2. Solo due espressioni erano un po’ troppo forti, e cioè che tu vuoi vedere portar via dalla Terra o nove decimi degli uomini oppure vedere la Terra ingrandita e che venga tolta da essa ogni forma di dominio. Vedi, questo è assai duro e non è attuabile per via naturale, ma solo sulla via del giudizio. Il giudizio però è la vera e propria morte di ogni essere che esso afferra!

3. Vedi, Io sono onnipotente, e tutto ciò che penso, deve anche subito accadere se lo voglio. Se qui ora volessi avere un milione di uomini davanti a Me, essi sarebbero già qui. Parlerebbero ed agirebbero perfino saggiamente, ed avrebbero l’aspetto dei serafini più belli. Ti circonderebbero addirittura con ogni amore e ti servirebbero secondo i desideri del tuo cuore, e tuttavia sarebbero completamente morti in se stessi. Infatti, tutto ciò che direbbero e farebbero, sarei solo Io Stesso a farlo, perché in essi non vi sarebbe nessun’altra vita se non quella che Io avessi voluto avere per la loro durata giudicata secondo la Mia Volontà. Ma se poi non volessi più questi uomini apparentemente viventi, allora in un attimo essi non esisterebbero più!

4. Ma se volessi conservare tali uomini e trasferirli in una vita reale, libera nell’azione e indipendente dalla Mia Onnipotenza, allora dovrei svincolare da Me il Mio Spirito, operante in questi uomini di vita apparente, mediante un mezzo adatto di separazione. E poi lo dovrei fissare in questi uomini e farlo prigioniero mediante un esteriore involucro materiale; così farei di esso un essere separato in piena regola rispetto a Me, e come tale dovrei dargli leggi comportamentali. Dovrei fornirgli poi occasioni e stimoli, mediante i quali verrebbe messo nella necessità di agire, o secondo la legge data o contro la stessa, in virtù della sua libera forza di volontà e di riconoscimento, del tutto separata da Me. La legge dovrebbe essere naturalmente funzionale allo scopo, saggia ed infinitamente buona. Inoltre un tale uomo, nel caso in cui non avesse osservato la legge, dovrebbe, in seguito alla sanzione, essere tenuto legato ancora duramente e a lungo, finché, costretto dalla situazione, non accettasse attivamente la legge ed agisse di conseguenza. Solo allora sarebbe consigliabile togliergli nuovamente i vincoli esteriori e lasciarlo trapassare, come te, quale essere ben formato, nella perfetta libertà, dove avrebbe poi da se stesso una perfetta vita non più giudicata.

5. Ma da ciò puoi già facilmente desumere il fatto che Io Stesso devo rispettare completamente il libero comportamento degli uomini che si trovano sulla Terra nella prova materiale per la conquista della libertà, sia che questo comportamento sia buono secondo la legge o cattivo perché contrario alla legge. Infatti, se Io li afferrassi con la Mia Onnipotenza, allora nell’attimo della presa sarebbero già morti, essendo incapaci di fare qualcosa da soli. Se voglio renderli di nuovo liberi, allora devo nuovamente separarMi in modo completo da loro ed imprigionarli nella materia, in cui poi devono passare attraverso una nuova prova di libertà.

6. Se questo accade secondo l’Ordine dato, allora possono trapassare, come te, qui in questo mondo degli spiriti, in una vita completamente liberissima. Ma se accade contro l’Ordine, allora la prigionia deve continuare a sussistere anche nel mondo degli spiriti così a lungo finché tali uomini giungano a quella conoscenza pratica, mediante la quale possono poi avvicinarsi a Me, loro Creatore, senza subire danno. Se poi sono in grado di amarMi come Signore e Fratello, solo allora, con tale amore, sono veramente liberi come Me, poiché Io, quale un perfetto secondo Io vivente, penso, sento, giudico ed agisco in essi!

7. In una tale condizione, permanente in eterno, possono accogliere fuori da Me, senza danno per la loro libertà individuale, sempre di più libere conoscenze e forze, anzi diventare perfetti in tutto come lo sono Io Stesso, e solo questa condizione procura la beatitudine perfettissima presso di loro.

8. Vedi, si fa presto a dire: “Signore, fa questo e quello! Giudica i popoli cattivi, giudica i re e l’ambizioso papa! Annienta tutti coloro che sono di cuore superbo e avido di potere! Fa miracoli! Fa perire tutta la cattiva razza umana con una pestilenza generale, poiché tutti sono malvagi!”. Ma si deve invece riflettere con maggior discernimento sul fatto che Io avrei lavorato del tutto invano se volessi subito giudicare e uccidere gli uomini sulla Terra a causa delle azioni contrarie alla legge.

9. Anche se dobbiamo soprattutto vigilare per fare in modo che i futuri uomini sulla Terra agiscano, per quanto possibile, secondo le leggi dell’eterno Ordine, con le quali si giunge naturalmente prima e più facilmente alla vita libera, dobbiamo comunque esercitare anche la massima pazienza e considerare perfino le azioni più sbagliate con la stessa calma come se fossero buone e giuste. Infatti, la condizione principale per la formazione di uomini liberi è che essi, nella totale separazione da Me, diventino coscienti di se stessi e comincino ad agire da soli! Sia che agiscano bene o male, legalmente o illegalmente, questo deve essere completamente indifferente per l’inizio di ogni uomo in un nuovo divenire. Noi dobbiamo rispettare i loro ordinamenti ed invenzioni, e tenere la nostra influenza, che li conserva, quanto più possibile nascosta. Infatti, se dovessimo presentarci apertamente, distruggeremmo le giovani e delicate scuole in erba degli uomini con un calcio ed avremmo poi da fare molto di più per rialzare i calpestati e condurli alla grande destinazione che non se stessimo a guardare pazientemente questo primo sviluppo degli uomini sulla Terra, agendo ed aiutando solo con delicatezza, poiché, dopo questo primo periodo di sviluppo, abbiamo sempre innumerevoli vie per condurre gli uomini non ancora sviluppati alla loro giusta destinazione.

10. Solo quando tra gli uomini in divenire cominciano a formarsi tali bruschi contrasti con l’Ordine, così che l’assoluta libertà vitale potrebbe trovarsi in serio pericolo, allora veramente dobbiamo qua e là far emergere piccoli giudizi spaventosi - che però sono solo esteriori - come guerre, carestie, fame e pestilenze. Un tale castigo punitivo però non deve prendere al massimo più di un decimo degli uomini, poiché un inasprimento più grande potrebbe avere troppo facilmente l’effetto di un vero giudizio mortale!

11. Vedi, ora ti ho espresso il Mio discernimento e la Mia opinione! Ti stanno bene? DimMi perciò nuovamente se li trovi buoni, veri e del tutto giusti, oppure se potrebbero essere diversi?»

12. Dice Elena: «O Amore dell’amore, o Bontà della bontà, o Sapienza di ogni sapienza! O Dio, o Padre, o Gesù! Come si potrebbe avere ancora da obiettare qualcosa! Infatti in un modo così infinitamente sapiente come quello in cui hai esposto ora l’origine dell’umanità e della sua evoluzione fino al più alto e liberissimo gradino di vita sulla più luminosa Verità, non ha certamente ancora mai avuto luogo nessuna esposizione davanti agli occhi ed orecchi umani!

13. Ora soltanto comprendo chiaramente cos’è un uomo, come deve essere fatto, come deve agire e come deve venire diretto e guidato, affinché egli possa giungere alla sua destinazione eterna! Ed io dovrei forse qui ancora sostenere un’opinione contraria? Oh, questo sarebbe veramente troppo insensato da parte mia! No, mio graziosissimo, dolcissimo, pazientissimo ed ultra-celestialmente bello e sublime Signore Gesù! Ora non mi indurrai, nemmeno con tutta la Tua Onnipotenza, ad esternare nes-sun’altra opinione! Una meschina canaglia sia colui il quale dovesse osare fare ancora una qualunque stupidissima osservazione su questo! Se fosse lo stesso Pietro oppure Paolo, dovrei ricadere nel mio modo di fare più grossolano e cavargli gli occhi, cosa che si sarebbe ben meritata! Ma ora sono tutti muti e comprendono la grande Verità delle Tue parole sicuramente in modo ancora più limpido di quanto faccia io!

14. Mio Signore e Mio Dio, sono così potentemente compenetrata dalla santità della Tua Verità da voler quasi sostenere che nemmeno Tu potresti presentare a Te Stesso un’opinione diversa anche se fosse tale solo all’apparenza! E questo è il mio più chiaro ed irrevocabile parere, nel quale vivrò e persisterò in eterno amandoTi più di tutto con tutte le mie forze!».

96. Capitolo

Sui figli di Dio: quelli creati dal Signore e quelli creati da Satana.

Parabola dell’albero infruttifero.

Anche i lussuriosi e gli incestuosi sono liberi nell’Aldilà.

1. Dico Io: «Mia carissima Elena, Io sono oltremodo soddisfatto di tutte le tue parole. E la tua lode non lascia spazio a nessun altro desiderio perfino nel Mio Cuore. Infatti, l’unica lode che si può fare alla Verità è dire la verità, così come anche nessuno può riconoscere ed amare Me quale Dio se non proviene da Me!

2. Esistono degli uomini che sono usciti direttamente da Me; oltre a loro però ce ne sono anche altri che sono stati creati indirettamente da Me. Coloro che sono usciti direttamente da Me sono i veri figli di Dio nel cui cuore dimora anche il puro amore per Dio e, come conseguenza di questo amore, il vero riconoscimento di Dio. Quelli creati indirettamente però sono figli del mondo, generati dall’Inferno per opera di Satana. Anche questi ultimi però sono chiamati da Me al vero riconoscimento e al vero amore puro. Per amor loro ho compiuto principalmente l’Opera della grande Redenzione. Ma proprio per amore di questi uomini accade ora anche questo nel mondo e ci si consiglia qui nei Miei Cieli. E allora Io penso che nella tua lode avrebbe potuto essere introdotto ancora qualcosa che presentasse in un certo modo uno stato eccezionale, per il quale il Mio procedimento generale di creazione e di guida degli uomini rendesse necessari alcuni cambiamenti non senza importanza.

3. Ti presenterò Io alcuni casi relativi a questo, e tu li giudicherai. E così ascolta!

4. Il proprietario di un giardino piantò una quantità di alberi da frutta grandi e piccoli, pregiati e non. Tutti ricevettero lo stesso buon terreno e, quando fu possibile, i non pregiati ne ricevettero uno migliore dei pregiati. Tutti vennero curati con grande diligenza, e ne risultò che alcuni dei non pregiati crescevano molto più rigogliosi di quelli pregiati. Un albero selvatico di questo tipo si distingueva particolarmente per il suo rigoglio, cosicché il giardiniere cominciò a prestargli la sua completa attenzione; egli lo curava e gli dimostrava ogni amore. Ma gli anni trascorsero uno dopo l’altro, e mentre tutti gli altri alberi producevano frutti secondo la loro specie, questo rimaneva infruttuoso e non portava altro che foglie. Allora il giardiniere, in quanto padrone del giardino, alla fine si indignò e disse ai suoi servitori: “Voi sapete come ho curato questo albero selvatico per tanti anni, ma non mi ha dato ancora nessun frutto; perciò sradicatelo, tagliatelo a pezzi e gettatelo nel fuoco, poiché questo albero infruttuoso ora mi irrita enormemente! Ma al suo posto piantate un salice per me a testimonianza del fatto che qui un albero sterile ha abusato per anni del mio amore e della mia pazienza!”. Allora i servitori dissero: “Signore, lascialo ancora un anno; gli toglieremo un ramo principale e gli daremo un altro terreno. Ma se poi non porterà ancora nessun frutto, allora gli accada secondo le tue parole!”. Il padrone del giardino elogiò la pazienza dei servitori giardinieri e li lasciò fare secondo la loro buona opinione. Ma dopo uno, dopo due ed infine perfino dopo tre anni, l’albero non portò ancora nessun frutto. Certo, fiorì così tanto da far pensare che l’albero avrebbe infine ricompensato con il suo frutto la fatica del giardiniere, ma, vedi, non comparve nessun frutto.

5. Cosa pensi tu, amata Elena, che debba succedere a questo albero infruttuoso? La Mia minaccia deve essere eseguita o no? Perché, detto seriamente, è già da un po’ che l’albero è diventato ripugnante oltre misura al giardiniere.

6. Per “albero” però tu devi intendere quegli uomini che sono i figli del mondo e ricevono ogni cura e assistenza da Me, ma tuttavia non portano - all’infuori di foglie e di fiori illusori - nessun frutto dell’amore, dell’umiltà e dell’obbedienza, essendo il loro cuore e i loro sensi sepolti nel mondo e nel benessere del corpo. Dunque dimMi che deve essere di simili alberi umani, che non portano frutti né buoni né in qualche modo cattivi, ma costituiscono, tra i buoni e cattivi alberi da frutta, una sorta di alberi parassiti, i quali godono solamente, ma che non vogliono mai fare qualcosa di utile! Anche se sembra che essi lo facciano, è certo tutto un inganno, perché la loro intenzione è, come il loro amore, lussuriosa avidità di godimento»

7. Dice Elena: «O Tu, mio Signore e mio Dio Gesù! Questa è di nuovo una domanda estremamente delicata! Qui dipende certamente tutto da ciò che mi hai rivelato sulla creazione, sulla condizione, sull’istruzione e sull’assetto spirituale, sull’ordine e infine sulla destinazione finale degli uomini. Ma tali uomini costituiscono tuttavia una differenza dagli altri: essi non trasgrediscono la Tua Legge per propria volontà a causa di una disobbedienza, ma solo per ignoranza e mancanza di istruzione. Se invece si tratta di uomini ingrati ed estremamente ostinati nei loro cuori che non vogliono mai prestare ascolto, volontariamente e fattivamente, ai Tuoi ammonimenti e con le loro azioni si beffano delle Tue santissime parole, oppure se si tratta di uomini ai quali va più a genio la carne delle donne che la Tua santa Parola paterna, anzi, che manderebbero ad una giovane prostituta, che si presta alle loro lussuriose imprese sensualissime, cento cuori piuttosto che a Te uno (nel caso in cui possedessero cento cuori), oppure se si tratta di uomini che non si curano dei numerosi castighi ed ammonimenti che Tu mandi ad ogni uomo in gran quantità, ebbene, in questi casi io penso che tali stupidissimi asini carnali non meritino davvero di più di una netta zappata alla radice della loro vita da maiali!

8. Oh, un gran numero di tali mascalzoni, molto simili a quel patetico là, ho imparato a conoscerli fin troppo bene sulla Terra a Vienna! O Signore, tali uomini non sono più capaci di portare neanche i frutti più cattivi. Non si può nemmeno migliorarli, perché ciò che è sterco, non diventa oro. Perciò devono essere tagliati e gettati nel fuoco. Forse il fuoco riuscirà a fare qualcosa di ancora utilizzabile con loro!»

9. Dico Io. «Hai perfettamente ragione, e così sia anche! Infatti, se qualcuno ha ricevuto da Me Stesso ogni possibile insegnamento e gli è stata dimostrata da Me tutta la Pazienza, tutta l’Indulgenza e la Mansuetudine, quasi portandolo in palmo di mano e tuttavia fa sprofondare tutti i suoi sensi, nonostante tutti gli ammonimenti, nel più sudicio pantano, egli non è veramente degno di un destino migliore. Ma vedi, proprio qui abbiamo parecchi esempi di simili uomini; infatti là, quel patetico ne è uno, e nella stanza dirimpetto ce ne sono ancora qualche dozzina. Tra questi ce ne sono perfino alcuni di incestuosi: lì c’è uno che in un anno ha violentato più di cento volte le proprie figlie gemelle di dieci anni, cosa che alla fine costò la vita alle due fanciulle molto care e con essa la loro istruzione spirituale che era stabilito avvenisse sulla Terra. E vedi, quegli uomini maligni qui si trovano tuttavia in una condizione libera, non giudicata! Io ora ti chiedo che cosa deve succedere in seguito con questi e con gli altri simili!»

10. Dice Elena: «Dato che sono qui, potremmo fare un tentativo per vedere se in essi non ci sia proprio più nulla da migliorare! Se in essi è ancora possibile un miglioramento qualunque, allora non si dovrebbe risparmiare nulla per convertirli. Se però dovesse fallire ogni tentativo sulla loro superba ottusità, allora procedi con loro come con quell’albero di fico che non aveva neanche un frutto con cui Tu Ti potessi saziare quando una sera, stanco ed affamato, Ti fermasti sotto i suoi rami!».

97. Capitolo

È più facile combattere la superbia che la lussuria.

Roberto da inizio alla conversione del lussurioso patetico.

La filosofia degli uomini dediti ai piaceri del mondo.

1. Dico Io: «Molto bene, Mia amata Elena, Mi hai dato il tuo consiglio! E così faremo: se ci riusciamo essi devono vivere; altrimenti siano essi maledetti! Mettiamoci subito all’opera, poiché fino a quando questa orribile specie non è trasformata o annientata, non potremo mai aspettarci frutti completamente maturi e buoni dalla Terra.

2. È più facile combattere la superbia che questa epidemia! Se gli uomini sono diventati orgogliosi, superbi ed ambiziosi, allora si dà loro la guerra, la miseria, la povertà e le malattie, e presto strisceranno alla croce e certamente se le ricorderanno per un bel pezzo le umilianti lezioni. Ma a un vero lussurioso non gli importa di nulla! Anche se ha patito ogni brutta malattia venerea, e alla fine per la debolezza non riesce quasi più a camminare e stare in piedi e la morte lo guarda ghignando da tutte le parti, gliene importa poco se solo può toccare il corpo di una prosperosa prostituta! Quando va a letto, il suo ultimo pensiero è: carne. E quando si sveglia il suo primo pensiero è nuovamente carne, e poi, per tutto il pesante e sonnolento giorno, nuovamente e nient’altro che carne! E così la sua idea [fissa] è carne, il suo amore ed amicizia sono carne, e tutto in tutto è carne!

3. E quanto è grande la superbia, appiccicata saldamente alla carne, che si manifesta anche troppo presto in un tale ottuso, ossessionato dalla carne, se qualcuno entra nel suo mondo [di carne] che solo beatifica la sua vita, arrecandogli disturbo e facendogli magari un qualche amichevole ammonimento. Gli ammonimenti sono una spina nell’occhio per il lussurioso! Vedi, sono fatti così nel mondo, e sono in questa condizione anche quando vengono qui!

4. Poiché ora tu sai, così vogliamo fare anche subito un serio tentativo sul patetico. Il seguito deve mostrarti se la nostra fatica in lui troverà o no la ricompensa desiderata»

5. Io allora chiamo Roberto e lo mando dal patetico per invitarlo gentilmente a venire da Me.

6. Roberto si inchina pieno del più benevolo rispetto e dice: «O Signore, dove Tu Stesso metti le Tue Mani all’opera, questa deve riuscire! Basta solo portarlo qui; ma questo, a quanto mi sembra, sarà un bel po’ di lavoro. Non sarebbe meglio, Signore, se allontanassimo prima le ventiquattro danzatrici che sono vicino a lui e le portassimo più verso il lato opposto, più verso il mattino, dove per altro si trova già il loro palcoscenico per la danza? Infatti ho notato che il nostro misero patetico, insieme alla sua compagnia, comincia ad avvicinarsi troppo alle incantevoli danzatrici! Ha una grande voglia di trovare un discorso che risulti gradito alle fanciulle, ma a quanto mi sembra è in difficoltà a trovare il contenuto adatto. Perciò io penso che forse non sarebbe male mandare prima le danzatrici al luogo stabilito!»

7. Dico Io: «Caro fratello, ciò che a te pare bene, è bene anche dinanzi a Me. E se qualcuno riconosce qualcosa che è bene fare ma evita di farla, costui commette un peccato verso il suo stesso cuore. Perciò fa tutto quello che riconosci come buono e utile allo scopo!»

8. Roberto va ora dalle danzatrici e le invita ad andare nel luogo prestabilito. Esse adempiono subito gentilmente la volontà di Roberto.

9. A causa di questo però il patetico, insieme alla sua compagnia, diventa furibondo, va incontro a Roberto e dice: «Noo, babbeo! Queste soavi creature sono state abbastanza a lungo vicino a me durante i vostri stupidi balbettii e non sono state degnate di un pensiero. E proprio adesso, che avrei fatto volentieri conoscenza con loro più da vicino, il diavolo ti ha fatto cavalcare qui per portarmele via da sotto il naso! Io credo che tu ne avresti abbastanza con quelle che sono adunate lì al tavolo del vostro Adamo, Abramo, Mosè e Dio, e chi sa quale altre come le pecore più belle! C’è accanto anche la mia Emma-“Cuni” e la mia [amante] Marianna e la campagnola [Elena], bellissima come l’aurora. Certamente, a quanto vedo, quest’ultima non è che sia molto attratta da te, perché per lei il pseudo-salvatore Gesù vale molto più di te. Ma puoi guardarla e cominciare a disperarti un po’ come un innamorato cotto!

10. Stupido poveraccio di un Roberto Blum! Sulla Terra eri un asino, e qui sei un bue. Dunque in una persona la coppia di animali che erano presenti alla nascita di Cristo! Beh, proprio bello! In verità, arriverai lontano nel tuo cielo. Credi tu, sassone regale di un libraio ebreo, che non abbia sentito ogni parola di quanto avete detto lì al consiglio sull’intera Infinità di Dio? E sul fatto che deve essere reso onore a chi spetta onore, o qualcosa di simile? La campagnola, bella come l’aurora, ha avuto il privilegio molto importante di giudicare. E voi, saggi buoni ed asini di Dio, avete avuto il piacere di deliziarvi della sua sapienza, come gli acari nei magnifici getti provenienti dall’ano di una coccinella! Ah, questo è stato già celestialmente bello, sublime e degno del grande Dio, o che altro può essere stato?

11. Ed ora tu vorresti tirare anche me a quel bel tavolo del consiglio, al quale vengono decise cose sublimi da una qualsiasi campagnola mascherata con un’eterica fosforescenza; viene deciso perfino un giudizio su noi uomini, perché nel mondo siamo stati spesso abbastanza stupidi da lasciarci andare come animali fino a frequentare tali creature da fogne. Amico, tu puoi ben aspettare a lungo! Fratellino, torna pure subito indietro e dì alla tua fosforescente compagnia: “Così si catturano solo i fringuelli; gli altri uccelli non rimangono fermi così facilmente, specialmente quando una campagnola glorificata, in accordo col suo asino pseudo-Gesù, manda a cacciare uccelli!”. Quando torni indietro, salutala da parte mia!»

12. Roberto, completamente sorpreso da una simile accoglienza, osserva molto agitato il patetico per un po’, ed è assolutamente pronto a rispondergli dieci volte più grossolanamente. Ma tuttavia si riprende e dice in tono moderato: «Amico, non mi hai ancora ascoltato e quindi non puoi comprendere ciò che devo riferirti e mi condanni senza averne un motivo! Fammi prima parlare, poi giudica se pretendo qualcosa di sconveniente da te!»

13. Il patetico lo interrompe e dice: «Amico, senza essere proprio un asino uguale a te, i miei orecchi giungono tuttavia fino al vostro bel tavolo del consiglio ed hanno la poco piacevole gioia di udire tutto ciò che viene deciso lì. E così i miei orecchi hanno avuto anche la sfrontatezza di sentire ciò che è stato deciso nel vostro alto consiglio su quegli uomini che purtroppo nel mondo si permettono di godere di ciò a cui sono stati tirati per i capelli dalla legge della Natura.

14. O stupidi babbei di esseri celestiali! Chi ha creato la Natura e ha messo in essa ferree leggi con mano onnipotente? Vedi, la genuina, unica, eternamente vera Divinità! Ma come può peccare un verme se esso fa ciò che lo spingono a fare d’istinto le leggi della Natura? Per me è sapiente solo colui che utilizza le leggi presenti nella grande Natura a suo vantaggio e vive di conseguenza! Invece è un asino colui che si mette al di sopra delle leggi della Natura e tende solo verso una delizia ultrasensoriale, la quale dimora solo nel suo stupidissimo cervello e in nessun altro luogo. Se dunque io ho vissuto secondo le leggi della Natura, dimmi dov’è quel Dio che potrebbe giudicarmi per questo?»

15. Dice Roberto, ancora in tono molto moderato: «Ascolta, amico, tu sei innervosito per il necessario allontanamento delle ventiquattro danzatrici, le quali hanno assorbito molto i tuoi sensi ancora impuri. Ma ora sii moderato ed usa la ragione, affinché tu riconosca se la mia missione rivolta a te abbia un motivo buono, cattivo o stupido!

16. Tu insisti fortemente sulle leggi della Natura e vuoi farmi comprendere che si dovrebbe essere ottusi per non volersene servire sempre per uno scopo lussurioso. Ma io ti domando: “Amico, che ragionamenti fai quando moltissimi di quelli che si sono dedicati a questo, dopo un breve godimento, sprofondano in ogni genere di inguaribile miseria fisica e spirituale, dalla quale, per così dire, nessun Dio può tirarli fuori?”. Tutta la loro natura viene storpiata, il loro spirito viene ucciso un po’ alla volta e l’anima viene ottenebrata.

17. Dimmi: non sarebbe stato meglio, fisicamente e spiritualmente per tali uomini, se non avessero soddisfatto così fedelmente la prima legge della lussuria, visto che, così facendo, hanno evocato su di sé una seconda legge dall’Inferno? La seconda è, così come la prima, anche una legge della Natura. Se tu sei così tanto preso dall’adempimento della prima, perché non lo sei anche da quello della seconda?

18. Tu hai detto: “Dov’è quel Dio che potrebbe giudicarmi per l’adempimento delle leggi poste nella Natura?”. Io però domando e dico: “Quale Dio ha messo la seconda e orribile legge come una conseguenza della prima se la prima viene seguita troppo alla lettera con eccessivo impegno?”.

19. Certamente le leggi nella Natura sono state messe tutte da Dio, ma all’uomo libero Egli diede ragione e discernimento, affinché soddisfacesse ordinatamente le prime leggi della sua carne in modo molto moderato, e questo soddisfacimento avvenisse solo nello stato matrimoniale; ma per le trasgressioni morali però Egli ha nominato anche dei messaggeri ammonitori, che sono soliti punire sempre in modo ben percettibile le trasgressioni mediante una seconda legge contraria.

20. Se dunque sappiamo per esperienza che possiamo essere veramente felici solo nella legale via di mezzo, come puoi allora chiamare asini gli uomini che vivono secondo il giusto Ordine divino?

21. Che cosa hai veramente goduto di buono, nel vero senso della parola, in tutta la tua vita terrena ed ora spirituale? Nel mondo hai vissuto in continua lite e contesa con la tua moglie legittima. Le tue prostitute spesso ti hanno spillato fino all’ultimo quattrino, tanto che sei stato obbligato a contrarre debiti gravosi. Un paio di anni prima della tua uscita dal mondo materiale per entrare in questo spirituale, un’elegante italiana ti contagiò talmente che venne a mancarti sia la vista che l’udito. Cinque medici pasticciarono, punsero e tagliarono per due anni da parte a parte il tuo corpo attaccato dalle malattie veneree! Però non riuscirono ad aiutarti, ma ti resero ancora più miserabile di quanto non lo fossi. Infatti quando ti assaliva la voglia, allora li coprivi d’oro affinché ti dessero lenimento. Sì, essi ti avrebbero trascinato avanti ancora per degli anni se la storia viennese non ti avesse reciso il filo della miserabile vita! Dimmi ora: quanto sei stato felice con questa seconda legge della Natura e quale beatitudine godi ora tu qui?».

98. Capitolo

Il patetico riconosce di essere stato un peccatore lussurioso e invita tutti a non rovinarsi per i piaceri della carne femminile

1. Il patetico fa una faccia imbarazzata e poi parla anche con voce molto impacciata: «Sì, - ehm - sì - mille diavoli tutti in una volta! Questa è davvero una storia maledetta! Sì, sì, qui sta il nocciolo della questione! La legge della Natura numero uno sarebbe veramente non male; ma la numero due - servitore obbedientissi-mo! Hai maledettamente ragione! E con la beatitudine qui, come la mettiamo? Beh, Dio ci assista! Fame, sete, dispiaceri da tutte le parti, vergogna, perfetto svelamento di tutti i peccati commessi nel mondo terreno, e questo proprio in presenza di coloro dinanzi ai quali si avrebbe voluto nascondere in eterno alcune debolezze! E qui ci si ritrova anche tutta la più fastidiosa plebaglia! Tutto questo è veramente diabolico! Esteriormente nel mondo sono sempre stato un uomo rispettabile, perché nessuna anima sapeva dei miei segreti divertimenti, eccetto poche persone fidate che sapevano solo qualcosa. Ma qui devono proprio essere riuniti tutti in un mucchio coloro presso i quali godevo della massima stima, come per esempio Max Olaf, quel barone, la mia adorata ed altri ancora, ma oltre a ciò anche quegli individui maschili e specialmente femminili, con i quali purtroppo ho avuto parecchi allegri divertimenti! Ed è precisamente quella plebaglia volgare a diventare qui così enormemente sfacciata da strombazzare le nostre debolezze proprio qui, dove le si avrebbe voluto sentire il meno possibile; infatti quando poi le sentono quegli amici che mi tenevano in massima considerazione, allora le loro facce diventano sempre più amareggiate. Oh, questo poi è un tipo di divertimento che, pur di perderlo, si chiamerebbero volentieri dei monti che precipitassero su di noi! Sì, sì, questa è una storia completamente maledetta!

2. Ma dato che noi due abbiamo già cominciato una conversazione così miserabile, allora dimmi per favore anche come stanno le cose in fondo con quel sedicente salvatore Gesù! Chi è? Si può scambiare una ragionevole parolina con lui? Potrebbe egli mettere noi altri, senza un ulteriore svelamento di altri nostri peccati, in una condizione migliore? E sta egli in un particolare legame sovraumano con la grande Divinità? Infatti, sai, non riesco proprio ad accettare che egli sia....? No, non posso nemmeno pronunciarlo! Tu già capisci cosa intendo veramente. Max Olaf ha prima fantasticato di una Pienezza della Divinità proprio in questo Gesù, ma quale spirito ragionevole può accettare questo! Sii così buono, caro amico, e dammi alcuni accenni particolari a questo riguardo!»

3. Dice Roberto: «Mio caro amico patetico! Per ora non posso dirti altro che: “Va lì e convinci te stesso!”»

4. Dice il patetico: «Sì, sì, questo sarebbe tutto bene! Ma considera il mio sentimento d’onore e quanto io mi senta imbarazzato per questa situazione incresciosa alla presenza di tutta quest’altra compagnia! In particolare la campagnola che ora è diventata disperatamente bella, e mia moglie, il mio garzone terreno Franz, Max Olaf e la rozza Marianna, ed altri ancora! Poi da Adamo in giù fino a Paolo e tutta la stranissima compagnia spirituale, notevolissima dal punto di vista storico! Ebbene, questi guarderebbero in modo strano uno come me! Parlare con lui non m’importerebbe più di tanto. Ma l’altro popolino - che storia disperata - lascerebbe un così bel corso libero alla sua lingua che uno come me dovrebbe esplodere di vergogna e rabbia!»

5. Dice Roberto: «Sì, caro amico, ti devi comunque preparare in ogni caso ad una umiliazione radicale. Infatti senza di questa le cose con te non migliorerebbero mai in eterno, ma anzi peggiorerebbero soltanto! Fatti dunque coraggio e rendi tu stesso nota ogni tua debolezza al Signore Gesù! Abbi fede in Lui ed un vero amore per Lui, così potrebbe accadere che Egli chiuderà un occhio su alcune cosette! Ma più tu stesso ci terrai alla tua onorabilità, tanto più gravemente verrai svergognato per bene davanti a tutti. Infatti, per quanto il vero Dio e Signore Gesù-Jehova sia buono verso coloro che si avvicinano a Lui con cuore pentito, tanto è anche spietatamente severo verso coloro che mettono a una prova troppo lunga ed oltraggiosa la Sua Bontà, Indulgenza, Pazienza e Amore!

6. Egli è ancora buono e ti aspetta, ma la Sua Pazienza però non dovrebbe più durare a lungo! Ma una volta che la Sua Pazienza è alla fine, allora si applica la vecchia sentenza biblica che dice: “È spaventoso cadere nelle Mani del Dio vivente!”. Perciò ti dico francamente che per te non c’è più tempo da perdere! Fornicatori e adulteri non entreranno nel Regno di Dio! Grande è la Sua Bontà e ultragrandi sono la Sua Grazia e la Sua Misericordia, ma nel Giudizio non risparmia nessuna vita. In questo è spietato! Perciò rifletti bene su come stai ora dinanzi a Lui, all’Onnipotente, e su ciò che devi fare! Infatti, dopo di me nessun messaggero verrà più mandato a te!»

7. Dice il patetico: «No, non sarà proprio così grave, purché anche qui si abbia un briciolo di umanità! Ma se qui il tuo Dio Gesù, i Suoi apostoli e tu insieme a loro siete ancora più spietati dei giudici degli inferi pagani, allora qui sarebbe veramente la fine di ogni scherzo, e ci si dovrebbe rassegnare a tutto ciò che volete! Questa sì che è una storia disperata! Ma che può fare un singolo contro un’onnioperante potenza generale? Dunque, tu pensi seriamente che io debba andare da lui, dal tuo cosiddetto Dio Gesù?»

8. Dice Roberto: «Certissimamente, altrimenti sei perduto senza alcun ulteriore aiuto e salvezza!»

9. Dice il patetico: «O tu storia disperata! O diabolica, maledetta! Questa ora diventerà una persecuzione, rispetto alla quale un purgatorio romano per una povera anima è una vera e propria bazzecola!

10. No, no, amico, certo io non posso andare là! Infatti ora comincio a capire per la prima volta che sono in pienissima serietà una carogna, stupida ed estremamente grossolana, di un peccatore! Ora non importa più nulla: Gesù qui o lì, Dio o non Dio! Ma io sono veramente uno sporco animale davanti a tutti gli uomini, e sarebbe una barzelletta se osassi avvicinarmi a quella meravigliosa compagnia! Io stesso proprio non capisco come mai ora all’improvviso comincio a comprendere in modo chiaro come il sole la mia pienissima ingiustizia! Ma è giusto così come riconosco ora!

11. O mia povera Emma, cosa eri per me? Perfino nel tuo giusto sdegno eri ancora un puro angelo! E cosa ero io per te? Uno sporchissimo porco indiavolato, senza amore, senza gratitudine, perfino senza nessun rispetto! No, no, amico, ora più ci penso, tanto più si evidenzia chiaramente che fino a questo istante sono stato un volgarissimo mascalzone e lo sono ancora in effetti! Io non mi posso assolutamente avvicinare a quella compagnia, altrimenti commetterei un affronto alla giustizia che grida vendetta. No, avevo una così buona moglie e dovevo trovare il mio diletto nelle prostitute più volgari! O carne porca e maledetta da tutta la Divinità, ora cibo per i vermi! Per soddisfare te nelle tue voglie da caprone, ho lasciato fuggire un angelo per rincorrere tutti i porci diavoli! Questo riconoscimento deve ora necessariamente uccidermi!

12. Uomini che siete gentaglia come me, abbandonate la vostra diabolica carne maligna! Presto starete, come me, davanti ai vostri giudici e questi apriranno il vostro stesso cuore! Nessun Dio vi giudicherà, ma lo farà il vostro stesso cuore e vi condannerà, e a ragione! Infatti voi stessi vi siete qualificati per questo mediante la vostra diavoleria. Abbandonate perciò il vostro grande accecamento, altrimenti siete perduti per causa vostra! Fratello, allontanati da me, perché io sono un peccatore troppo rozzo! Mandami tra i maiali!».

99. Capitolo

Il patetico, che si chiama Dismas, ha paura di presentarsi davanti al

Signore per i molti peccati lussuriosi. I positivi effetti della paura.

1. Dice Roberto pieno di gioia: «Ebbene, fratello Dismas, sono veramente contento che alla fine vedi chiaro e con ciò hai fatto il primo passo per il conseguimento della vera vita perfettissima dello spirito nel Signore! Però adesso non devi tuttavia restare qui ed ascoltare il tuo cuore giustiziere, ma apprestati a correre dal Signore!

2. Infatti, credimi, neanche per me è stato facile riuscire a riconoscere e ad accettare Lui quale unico Dio e Signore dell’Infinità. A Lui ed a me è costata una grande pazienza, prima che potessi essere tirato fuori dal mio oscurantismo hegeliano e straussiano, così come dalla mia lussuria e brama di dominio. Ma quando venni trasferito in una vera luce mediante la Sua Grazia soccorritrice, allora riconobbi anche con occhi solari l’ingiustizia che grida vendetta e riconobbi nel Salvatore Gesù l’unico Dio dei Cieli e di tutti i mondi! E così ora fa la stessa cosa anche tu!

3. Ora per te è facile camminare, poiché hai in me un precursore ben addestrato. Per me è stato decisamente più difficile, perché io non ebbi nessuno che nella mia notte mi avesse dato una giusta testimonianza su Gesù. Dovevo fidarmi solo di tutte le Sue parole ed apprendere dalla loro sapienza che Egli è veramente il solo Essere Divino unicamente vero. Inoltre, perfino ancora qui nel regno degli spiriti non ero meno tormentato di te dalla brama della carne. Ma poiché ero trasportato dalla profondità della verità della Parola divina di Cristo, così feci poi una grande violenza ai miei sensi, e con l’aiuto del Signore fui vincitore, presto e facilmente, delle mie debolezze carnali che furono portate qui nella mia anima, dal mondo dei sensi, attraverso il ricordo.

4. Il mio stesso cuore era anche mio giudice e nella sua sozzura non aveva né pace né una vera speranza, eccetto quella della più sicura candidatura alla morte eterna. Ma allora il Signore mi salvò dall’estremo pericolo che mi voleva uccidere per l’eternità. Il mio cuore divenne così purificato mediante il mio potente amore per

Lui e trovò spazio per accogliere la Sua Grazia. E con questo divenni sempre più beato! Tutto ciò capiterà anche a te. E se sosterrai bene e senza avere dubbi queste prove come me, ti troverai anche presto nella mia beatissima condizione! Ma ora affrettati a venire con me da Colui che è l’Unico che può aiutare tutti!»

5. Dice il patetico Dismas: «Andrebbe tutto bene se io ne avessi il coraggio! Ma dove prenderò il coraggio? Vedi, io comincio a credere che quel Gesù sia il sommo Essere Divino onnipotentissimo. Ma con l’aumento di questa fede, si accresce anche la paura di Lui, dell’unico Santissimo! Chi mi libererà da questa grande paura?»

6. Dice Roberto: «Amico, ringrazia il Signore per questa paura! Infatti in questo modo Egli ha messo la Sua Mano sul tuo cuore ed ha cominciato a raccogliere potentemente la tua vita spirituale molto dispersa. Questa santa attività del Signore nel tuo cuore spinge il tuo spirito a risvegliarsi e causa nella tua anima il penoso sentimento della paura. Ma fatti animo e seguimi, e presto ti libererai della tua paura! Il Signore Stesso, che ti concede questa santa paura, te la toglierà. Perciò ancora una volta: “Apprestati a seguirmi dal Signore!”»

7. Dice Dismas: «Ebbene dunque, sulla tua parola, amico Roberto, voglio rischiare! Che mi accada ora secondo la ben meritata misura ciò che deve capitare, io lo sopporterò! Perché dovrei voler avere, agli occhi di Dio onniveggente, un onore del quale non sarò mai degno in eterno? Siano ora disonore e vergogna il destino della mia vita! Infatti, se sulla Terra non badavo allo Spirito di Dio in me, che mi diede la vita e mi conservò, come dovrei poter pretendere onore da Lui, che io ho disprezzato così spesso?

8. Dio mi diede da Se Stesso una vita del Suo santo Spirito, ed io non volevo riconoscere la sublime santità di questa vita e glorificarla mediante un giusto ordine e una giusta condotta. Fuggii sempre il giusto riconoscimento e tramutai così il santo in bestiale con la trasgressione del vero Ordine di Dio e con la miserabile lussuria! Ora mi trovo qui sulla ben meritata gogna del disonore davanti a Dio e ai Suoi santi quale il peggiore dissacratore! Perciò ancora una volta: “Vergogna a me, una ben meritata vergogna!”»

9. A queste parole di Dismas, pronunciate ad alta voce, i suoi patetici amici si avvicinano a lui e dicono: «Ma amico Dismas! Cosa ti succede? Perché invochi la vergogna su di te? Non siamo noi dunque fatti tutti come te? Ma se invochi la vergogna su di te, allora la invochi anche su di noi, e questo non ci può essere davvero indifferente. Se non ci togli dalla tua lista, di sicuro le cose non ti andranno benissimo!»

10. Dice Dismas: «Volete forse anche essere onorati per la vostra vita da cuccagna? Oh, non gridate troppo presto invocandola, perché essa non vi verrà a mancare! Nel mondo cosa avete fatto insieme a me che sia degno qui di essere onorato dinanzi a Dio? Credete voi che anche qui, come nel mondo della materia, la maschera d’oro esteriore protegga uno spirito dalla pubblica vergogna? Oh, vi sbagliate di grosso! Il vapore velenoso dell’oro e dell’argento, con il quale gli uomini nel mondo coprono le loro vergogne, qui non giova più. Infatti qui appare solo la nuda verità alla luce dell’eterno Giorno di Dio, per nascondere la quale qui non esiste più nessun mezzo ignobile. Perciò faccia ognuno di voi da se stesso ciò che ora faccio io; così salverà con ciò almeno al suo spirito vitale questo onore che egli può pretendere, con ogni diritto divino, dalla sua anima quale spirito della Verità di Dio! Ma se non facciamo questo, allora fra breve ci aspetta la completa separazione dello spirito vitale divino dalla nostra sprezzante esistenza e con esso la ben meritata morte eterna! Perciò vergogna su vergogna alle nostre anime, affinché diventi salvo, con lo spirito vivente di Dio in noi, l’onore dell’eterno Ordine e Verità!»

11. A queste parole gli amici si ritirano mormorando e si grattano fortemente dietro agli orecchi. Roberto però dice al patetico Dismas: «Ora, caro fratello, stai facendo passi da gigante! In verità, io ti dico che con me non è andata così velocemente. Ebbene, questo mi rallegra davvero tanto! Da come vedo ora, tu non avrai una situazione pesante alla presenza del Signore. Vieni ora, vieni! In verità io già mi rallegro nell’attesa di sentire le tue parole dinanzi al Signore!».

100. Capitolo

Dismas riconosce davanti al Signore la sua grande colpa, però non chiede grazia ma la giusta punizione.

Conseguenze di questa preghiera distorta.

1. A queste parole di Roberto, Dismas si mette subito in cammino e viene con lui da Me, il Signore della Vita. Vicino al tavolo egli si prostra con la faccia china davanti a Me e grida forte: «O Signore, sono eternamente indegno di contemplare il Tuo santo Volto, e giaccio nella polvere della mia vergognosissima nullità davanti a Te come un misero verme pieno del pus della fornicazione e del più vergognoso adulterio. Io Ti prego di farmi avere la pienissima punizione per tutte le mie vergognose azioni terrene secondo la Tua Giustizia. La Tua Volontà sia fatta!»

2. Dico Io: «Dismas! Chi sei e che cosa Mi domandi? Per te è giusto se ti concedo secondo le parole della tua preghiera? Guai a te se te lo concedessi! Se vuoi diventare ancora più imperfetto di quanto tu sei, allora va dal sommo di tutti i diavoli; costui giudica con la pena del fuoco. Io però non giudico e non punisco nessuno, perciò nemmeno te. Ma se vuoi vivere, allora chiedi la vita, non la morte! Credi forse che Io provi piacere nella morte dei Miei figli? O folle! Sono Io dunque un Dio della morte oppure un Dio della Vita? Guarda, tutte le eternità e le infinità dei Miei Cieli Mi rendono l’eterna testimonianza del fatto che Io sono un Dio della Vita e non un Dio della morte. E tu vorresti fare di Me un Dio della morte?

3. Dimmi dunque chi sei tu affinché Io veda quale stortura dimora in te. Le tue azioni sulla Terra non erano abbastanza cattive e infami, che ora vuoi peccare ancora qui al Mio cospetto? Io però vedo bene chi sei e cosa vuoi; perciò ti sia risparmiata una risposta pesante! Ma ora alzati e modifica il tuo sentimento! Infatti, con questa preghiera non andrai lontano presso di Me mai in eterno. Vedi, tu Mi hai chiesto ora una giusta punizione come uno schiavo mentre il tuo cuore vuole una perfetta Grazia! Parla, devo cedere ora alla preghiera delle tue parole o al desiderio del tuo cuore?»

4. Dice Dismas: «O Signore Gesù, Tu unico Dio! Abbi pazienza con me, povero spirito di un diavolo carnale! So bene che sono un grande peccatore e non sono in grado di balbettare anche solo una parola saggia dinanzi a Te. Non giudicare secondo le mie misere parole, ma secondo il mio cuore malato e guariscilo secondo la Tua liberissima Grazia, e la mia lingua non dovrà mai più in eterno perdere le forze per lodarTi! Signore, se ora mi respingi Tu, chi potrà accogliermi e consolare?»

5. Dico Io: «Eppure hai amici in quantità; non dovrebbero costoro essere in grado di aiutarti? Ricorda, hai vissuto per sessant’anni sulla Terra senza il Mio aiuto, solo con i tuoi amici, i quali ti hanno provvisto di ogni genere di consigli. E non eri infelice, eccetto alla vista di tua moglie se talvolta per caso ti sorprendeva in una “dolce ora”. Se qualcuno ti parlava di Me e ti mostrava quanto doveva dispiacerMi la tua vita, tu lo deridevi molto. Ora Mi stai davanti e vuoi che Io ti dia o la morte o la vita! Cosa ti devo dare? Non posso darti la morte e non vuoi completamente la vita, poiché la tua parola non è unita al tuo cuore e tutte le tue azioni terrene non portano in sé nulla che somigli ad un seme di Vita! Ma ora esaminati e dì ciò che vuoi!»

6. Dice Dismas: «Signore, dov’è il giusto che possa sostenere una disputa con Te? Tanto meno posso discutere con Te io che sono pieno di peccati dinanzi a Te come dinanzi agli uomini! So bene che Tu puoi anche essere misericordioso verso un peccatore pentito, se lo vuoi essere! Ma al contrario mi pare che sia anche giusto che Tu, dinanzi al Quale nemmeno gli angeli sono senza macchia, possa interpretare la parola dalla bocca di un peccatore che si rivolge a Te come vuoi Tu, e che Tu possa rimettergli i peccati per la vita eterna oppure trattenerglieli per la morte eterna, e tutto questo secondo la più rigorosa giustizia!

7. Infatti, la giustizia è un ordine del potere! Chi è in possesso del potere perfettissimo, costui è anche in possesso del diritto perfettissimo, che nessuno gli può contestare. Ma se potere e giustizia sono equivalenti, dove può mai un peccatore impotente sognarsi un diritto che gli spetti? Ciò che fa il potere è giusto, ma ciò che fa l’impotenza contro il potere, questo è ingiusto.

8. E proprio in una tale condizione mi trovo ora dinanzi a Te, o Signore, Tu, l’Onnipotenza stessa, ed io la massima impotenza stessa! Ora potrei dire ciò che voglio, ma tuttavia spetterebbe sempre a Te fare ciò che Tu vuoi, dato che Tu sei l’unico Potente. Perciò per i motivi più saggi e più ragionevoli non voglio e non posso dire altro che: “Signore, la Tua Volontà sia fatta!”. Ora potrei desiderare mille cose, però non voglio desiderare più nulla, ma sottomettermi completamente alla Tua Volontà onnipotente, sia che essa disponga che mi capiti del bene o del male! Se vorrai rendermi più felice con la conoscenza, sarà bene, ma se mi condannerai all’Inferno, allora dovrò andare anche all’Inferno, perché la dichiaratissima impotenza non può opporsi in eterno all’Onnipotenza! Fa Tu, o Signore, con me ora ciò che vuoi; per me dovrà essere tutto bene e tutto giusto! Penso di avere dimostrato con questo la mia impotenza rispetto alla Tua Onnipotenza e quindi a sufficienza anche la giusta richiesta. E Tu, o Signore, farai di me secondo il Tuo Potere!»

9. Dico Io: «Ebbene, poiché riponi ogni giustizia soltanto nel potere, allora il Mio Potere vuole ora che tu ti rechi là nell’angolo verso il settentrione di questa sala e ci resti in eterno. Là devi poi venire tormentato ininterrottamente da un piccolo tafano! Lo vuole il Mio Potere, e così deciditi!»

10. Dice Dismas, profondamente spaventato e smarrito: «O Signore, benché io debba rassegnarmi al tuo Potere, Ti prego tuttavia con insistenza, affinché Tu mi possa almeno risparmiare il tafano che mi farebbe disperare! Infatti, sarebbe certo qualcosa di terribile essere torturato da un tale insetto rimanendo eternamente sullo stesso posto!»

11. Dico Io: «Lo so, ma il Mio Potere Mi giustifica! Perché dunque ora non vuoi sottometterti subito al Mio Volere onnipotente?»

12. Dice Dismas: «O Signore, Tu sei Onnipotente, ma sei anche infinitamente Buono! E così mi rivolgo alla Tua Bontà e Ti supplico affinché Tu sia clemente! Risparmiami il tafano!»

13. Dico Io: «Ora ti appelli alla Mia Grazia e Bontà, perché l’acqua della morte comincia già a bagnarti la bocca. Ma Io ti domando come puoi fare questo, visto che prima ti sei completamente affidato alla Mia Onnipotenza ed hai detto con la tua stessa bocca: “Signore, la Tua Volontà sia fatta!”. Ora però la Mia Volontà non ti sembra proprio molto gradevole, e così adesso nel tuo cuore vorresti che essa non fosse fatta! Ma come devo prenderla? Tu con la bocca parli sempre diversamente da come vuoi con il cuore! Pensi dunque che Io sia un Essere col quale si possano recitare delle commedie? Oh, allora ti sbagli di grosso!

14. Vedi, Io non procedo con i Miei figli come fanno i genitori sciocchi; costoro vogliono spaventare i loro figli spesso con un’apparente severità, ma quest’ultimi se ne accorgono ben presto e se la ridono sotto i baffi, e quando i loro genitori minacciano su di essi un finto temporale, allora essi esitano per un po’ ma poi badano poco alle loro parole. Presso di Me invece non funziona assolutamente così! Presso di Me è dappertutto la più ferma e la più inflessibile serietà. E la vita di un acaro deve essere tenuta e guidata nello stesso Ordine più severo come si tiene e si guida la vita di un angelo. Io sono come una pietra della massima durezza e gravità. Chi ci urta contro, si sfracellerà. Colui su cui cade questa pietra verrà stritolato.

15. Io ti dico che, finché la tua parola non verrà dal tuo cuore, non ti troverai bene con Me! Infatti Io non posso ascoltare due voci in un uomo; ma quando il tuo cuore diverrà una cosa sola con la tua bocca, allora voglio ascoltare la parola e averne ogni riguardo. A ciò che ti appare santo in Me, tu devi anche obbedire! Il Potere della Mia Volontà divina per te è la cosa più santa, come tu stesso hai detto; allora devi anche ubbidire ad essa se non vuoi insorgere, come un ammutinato, contro la Mia onnipotente Giustizia.

16. Tu devi anche sapere che non solo Io come Dio ho una libera Volontà, ma che anche ogni spirito creato da Me ha l’uguale libera volontà e può fare ciò che vuole. Io non ti costringerò dunque con la Mia Onnipotenza a fare ciò che ti ho ordinato prima come un giudice severo, ma ti puoi anche opporre e fare ciò che vuoi. Ma quale altro frutto ne seguirà poi, questo te lo mostrerà il seguito. Perciò fa ora ciò che vuoi!».

101. Capitolo

Impressionante protesta del patetico Dismas contro Dio.

Durissimi giudizi di molti presenti contro Dismas.

1. A questo punto Dismas si rivolge a Roberto Blum e dice: «Caro stimabilissimo amico, come me lo immaginavo, così anche è! Con questo Gesù non c’è niente da dire e niente da fare. Più ci si piega e ci si umilia dinanzi a Lui, tanto più diventa brusco e inaccessibile. La conseguenza di ciò è che ci si deve allontanare da Lui e cominciare a cercare tutte le possibilità per liberarsi da questa vita miserabile, che non si è mai chiesta ad un Dio, poiché, con un simile tormento, me ne infischio di una simile vita maledetta che deve esistere solo per il divertimento di un tafano celeste! Comprendo bene che con la mia impotenza contro l’Onnipotenza divina non potrò concludere nulla in eterno, ma non ringrazierò mai in eterno la tirannica Divinità per una tale vita da porco diavolo!

2. Sono venuto dal Signore il più possibile sottomesso e credevo che mi avrebbe accolto abbastanza con riguardo come ha fatto con questa campagnola. Ma quale differenza c’è tra lei e me: lei viene trattata come un angelo mentre io come un dannato. Eppure lei era una prostituta come io ero uno che andava con le prostitute. Chi nella Divinità non vede un arbitrio capriccioso in un tale trattamento, costui non deve avere occhi in testa. Sulla maledetta Terra si è schiavi della propria carne e qui si è un miserabilissimo mostro! E per una vita così “bella” si deve ancora ringraziare Dio? Quando, nel nome di tutti i diavoli, ho pregato Dio di darmi una vita? Dove sono le eterne condizioni contrattuali alle quali la Divinità mi formò come un essere indipendente?

3. La Divinità mi ha creato così come sono, e solo in seguito mi ha dato leggi che coscientemente non potevo rispettare, perché tutta la mia natura non era predisposta a questo! Ed ora per questo devo essere tormentato eternamente per il divertimento del Divino proposito, perché secondo la mia natura non potevo agire così come sarebbe stato gradito al Suo capriccio? Insomma, ora Dio e il diavo lo sono una cosa sola per me! Il Potente gioca con l’impotente come il gatto con il topo! E proprio così la Divinità agisce con gli uomini. Un bel destino essere uomo! Ma ora non m’importa più nulla! Dov’è questo porco angolo, laddove devo essere torturato in eterno da un tafano? Mi recherò subito lì, e il giustissimo Signore Gesù può mandare poi una o mille zanzare su di me. La mia gratitudine per questo sarà infinita! La Giustizia di Dio cerca il suo pari nell’arbitrio tirannico! Ma finché sono ancora in grado di concepire un libero pensiero, voglio fare a tale Giustizia una critica che le trapasserà gli occhi. E tanto più essa mi torturerà, tanto più male griderò contro di lei! Ed ora andiamo nel porco angolo, affinché tanto prima possa avere occasione di maledire con tutte le mie forze!»

4. Dice Roberto: «Amico, se continui ad usare questo linguaggio, non potrò continuare a parlare con te! Il Signore, contro il quale scendi in battaglia, ti darà la risposta! Noi, spiriti della Sua Grazia, abbiamo il diritto di conquistare con l’Amore e la Sapienza divine le anime smarrite per la vera ed eterna vita e di guidarle al cospetto del Signore, la cui Luce purissima le compenetrerà e risveglierà poi davvero all’eterna vita liberissima proveniente da Lui e che è in Lui. Ma se una delle anime conquistate da noi spiriti deboli è un purissimo diavolo, non abbiamo più nessun diritto ad avere a che fare ulteriormente con lui. Perciò non aspettarti più nulla da me, ma il Signore ti darà secondo il tuo merito!»

5. A questo punto Roberto si allontana da Dismas e se ne va dai suoi amici, i quali, pieni di rabbia, non la smettono più di meravigliarsi abbastanza dell’insolenza di Dismas! I suoi congiunti si fanno un segno di croce dopo l’altro e sono pieni di terrore per la sua ostinazione. Gli apostoli presenti sono colmi di amara serietà mentre i padri della Terra rabbrividiscono davanti a questo figlio dell’orrore. Ed Elena arde di rabbia verso questo mostro, come lei lo chiama.

6. Il leale Max Olaf si batte insieme le mani con le lacrime agli occhi e dice: «O Dio, o Dio! È mai possibile che un uomo, che era espertissimo delle Scritture, possa diventare un così insolentissimo diavolo per pura lussuria carnale! Chi mai lo potrebbe credere? No, avere Dio dinanzi a sé, riconoscere la sua propria nullità e fare un discorso simile! O Gesù, santissimo, amorevolissimo, verissimo Padre eccellente! Mi scoppia il cuore dal dispiacere per il fatto che Tu venga così vergognosamente incompreso ed assai gravemente offeso da un miserabilissimo verme della polvere qui davanti a noi, i Tuoi figli graziati! O Signore, Padre Gesù, vendicaTi di questo miserabile! Infatti egli calpesta con piedi realmente satanici la Tua Grazia visibile che gli vuoi concedere e qui osa sfidarTi apertamente!»

7. Marianna si fa sette croci sulla sua fronte, sulla bocca e sul petto, e dice poi, sempre nel dialetto viennese, a quel Franz sopra menzionato, i cui occhi si spalancano sempre più: «No, hai sentito questo!? Oh, questo porco infernale! Mai un’anima umana ha visto e sentito una cosa del genere! Io sono una grande peccatrice e so bene che non ho meritato nient’altro che l’Inferno, ma ora vorrei sciogliermi d’amore per il Signore Gesù perché è così buono. Ed io sulla Terra non sarei diventata una così grande peccatrice se solo avessi avuto una migliore educazione! Questo porco infernale invece ha avuto la migliore educazione ed ha sempre letto le Sacre Scritture ed altri libri spirituali, cosicché i suoi amici hanno creduto che sarebbe salito, dalla testa ai piedi, direttamente in Cielo! Ma qui si dimostra che porco infernale era questo erudito nelle Scritture. Ora abbiamo qui la sua vera natura! Ma aspetta, all’Inferno te lo diranno che cosa vali! Ma guarda un po’, parlare così con il nostro carissimo Signore, questo il mondo non l’ha mai visto!»

8. Dice Franz: «Ebbene sì, io penso che nemmeno il peggior diavolo lo farebbe! Quando questa carogna arriverà all’Inferno, il peggior diavolo diventerà beato! Tu lo sai che di solito sono un bonaccione e non auguro del male neanche ad un cane. Questa bestia invece potrei vederla arrostire all’Inferno e non averne nessuna pietà! Ma penso che il nostro caro Signore gli dirà che ora è suonata adesso per lui!»

9. Dopo parla ancora un altro amico di Franz: «Senti Franz, che ne dici se noi due prendessimo questo mascalzone per amore del nostro caro Signore e lo gettassimo subito fuori e là gli suonassimo tante di quelle botte in modo che ne avesse abbastanza per una mezza eternità?»

10. Dice Franz: «Se il nostro carissimo Signore non avesse nulla in contrario, non me lo lascerei dire due volte! Infatti sono così tanto infuriato con questa carogna che potrei ridurlo in piccoli pezzi! Ma fai silenzio ora! A quanto pare al nostro caro Signore sembra giusto mandare questa carogna di un mascalzone dritto dritto all’Inferno!».

102. Capitolo

Dismas riconosce di essere stato un grande peccatore, si pente e chiede perdono. Il Signore perdona a Dismas tutti i peccati.

1. Dismas, che ora sente simili giudizi su di sé, si rialza e Mi dice: «Signore! Ora vedo che Tu sei il solo, vero Dio e Creatore di tutte le cose! Tutto il riconoscere, tutto il volere e tutte le azioni in tutte le Tue creature sono, fin dall’origine, Opera Tua e quindi buoni in se stessi. Infatti è impossibile che un eterno Spirito Perfettissimo possa avere creato qualcosa di imperfetto e quindi cattivo. Perciò di fronte a Te non possono esistere né peccati né peccatori, perché Tu hai costituito l’uomo in modo che la volontà, che Tu gli hai soffiato originariamente, debba per l’eterno susseguirsi [del tempo] diventare libera, del tutto separata da Te, indipendente e capace di autodeterminarsi secondo le molteplici conoscenze insite in essa, ma naturalmente solo nell’ordine che è saggissimamente determinato da Te per la conservazione dell’intero tutto. Così un uomo, dotato di tante svariate conoscenze, capacità e inclinazioni, può commettere veramente con troppa facilità certe azioni - nella completissima separazione da Te e malgrado la Tua rivelata e santa Volontà - che vanno necessariamente dritte dritte nella direzione opposta al Tuo Ordine divino e che con questo diventano anche peccati, benché tutte queste deviazioni, nel complesso del Tuo Ordine, possono essere considerate quali nullità assolute.

2. Ma Tu, come Signore e Creatore di tutti gli uomini, comprendi certamente anche il motivo perché alcuni uomini fanno, troppo facilmente e troppo spesso, proprio quello che essi non dovrebbero fare e che in effetti alla fin fine anche non vorrebbero fare. Ma uno strano impulso li tira come per i capelli e non li lascia in pace finché essi non l’hanno soddisfatto!

3. E poiché tutto questo, o Signore, deve esserTi chiaro in eterno dalla profondissima base, non vorrai certo giudicare le mie azioni - che sono, senza ulteriori scusanti, evidentemente delle grossolanissime infrazioni al Tuo Ordine - con quella sconfinata asprezza che useresTi se fosse stato un secondo Dio a peccare dinanzi a Te. Pensa invece, misericordioso nel Tuo santissimo Cuore di Padre, che il peccatore - il quale dinanzi alla Tua sconfinata Potenza sta ora fiacco, debole e abbandonato - era, è e rimarrà in eterno di per sé un uomo debole, il quale da Te solo può ricevere una forza piena, poiché Tu solo sei Tutto in tutto. Da se stesso però l’uomo rimane cosa egli è, e cioè solo una debole ombra del soffio della Tua Bocca!

4. E così sii Clemente e Misericordioso con me che sono una debolissima ombra dinanzi a Te! Confesso ad alta voce che dinanzi a Te sono purtroppo un grandissimo peccatore, ma spero anche dalla Tua sconfinata Sapienza, Bontà e Potenza, che Tu, o Signore, Creatore e Padre di tutti, non attribuirai soltanto a me il carico dei peccati commessi! Infatti, se esiste un qualche Inferno, avrà anch’esso sicuramente in questo la parte che gli spetta!

5. Così riconosco anche che ho parlato al Tuo cospetto in modo tanto scellerato da fare arrabbiare molto tutti i Tuoi cari amici qui presenti. Ma per questo sento ora un vero e profondo pentimento e Ti chiedo perdono dalla mia totale nullità, se fosse ancora possibile!

6. So dalle Tue parole che un giorno hai detto ai Tuoi discepoli, e cioè “che presso Dio tutte le cose sono possibili!”. E così potrebbe forse essere possibile per Te perdonare il mio modo di agire e poi permettermi pietosamente di nutrirmi delle scarse briciole che cadono dalla tavola dei Tuoi amici!»

7. Dico Io: «Caro Dismas, questo discorso Mi piace di più che tutti i tuoi precedenti, dove tu, nel tuo accecamento, volevi polemizzare con Me. La tua sincera confessione ha nuovamente messo il chiavistello alla porta dell’Inferno che era già spalancata. Per quanto Mi riguarda tutti i tuoi peccati ti sono rimessi. Ma tu vedi qui una moltitudine di forti creditori, ai quali sei debitore di grandi somme! Come pareggerai i conti con loro? Infatti, vedi, sta anche scritto: “Finché non avete pagato l’ultimo soldo del vostro debito ai vostri fratelli, non entrerete nel Regno dei Cieli!”. Come pensi che si potrà appianare questa cosa?»

8. Dice Dismas: «O Signore! Tu sai che qui, sotto ogni aspetto, sono così nudo e povero come forse nessun altro nell’intera infinità. Se qui dovesse dipendere completamente solo da me, per quanto riguarda il potere che non ho di soddisfare i creditori, allora essi sono veramente da compiangere, poiché non dovrebbero aspettarsi certamente nessun rimborso in eterno. Ma oso pensare nel mio cuore che se Tu, o Signore, lo vuoi, non dovrebbe essere difficile venire liberato da tutto il mio debito verso di loro mediante la Tua Bontà e Misericordia.

9. Tutto ciò che ora posso fare da me, è che chiedo a loro perdono davanti a Te e riconosco sinceramente che ho peccato gravemente e grossolanamente contro di essi come contro di Te! Ma se Tu, o Signore, mi metti qui adesso nella condizione di poterlo fare, allora io impiegherò tutte le mie forze per risarcire loro tutto secondo le possibilità.

10. Il più grande debito però sarà di certo quello fatto alla mia cara moglie e all’amico Max Olaf! Supplico ora i due per primi, dopo di Te, di concedermi un indulgente perdono, con l’assicurazione più onesta che voglio fare con tutto il cuore ciò che essi mi chiederanno, sempre nel Tuo santissimo Nome, per estinguere il mio debito! Tu, o Signore, vorrai fortificare misericordiosamente il loro ed il mio cuore per l’adempimento di tutto ciò che appare buono e giusto al Tuo cospetto!»

11. Dico Io: «Adesso va bene; così per te Io dirò una parolina conciliante ai tuoi creditori, e si vedrà che cosa pretenderanno poi. E dunque stai in silenzio nel frattempo!».

103. Capitolo

Gli ostinati, una volta convertiti, diventano i più perseveranti.

Sul forte spirito paolino di Dismas e sul suo primo compito celeste.

Qualsiasi azione va a buon fine solo se fatta in unione con Dio.

1. Mi rivolgo dopo ad Emma, la quale è nuovamente serena di aspetto, ed al leale Max Olaf e dico: «Ebbene, avete sentito le parole del vostro debitore?»

2. Dicono i due: «O Signore, Padre, perfettamente con nostra grande gioia!»

3. Dico Io: «Bene! Che cosa farete ora? Lo giudicherete o gli perdonerete tutto e l’accoglierete nuovamente nei vostri cuori?»

4. Dicono entrambi: «O santissimo Padre eccellente! Noi gli abbiamo già perdonato tutto da tempo e siamo totalmente pronti ad accoglierlo nuovamente in tutto amore e a mantenerlo per l’eternità, se questo non dovesse essere contrario alla Tua santissima Volontà!»

5. Dico Io: «Ciò che per voi è giusto e caro nel Mio Nome, questo è anche giusto e caro per Me oltre a tutti i vostri concetti! Sì, Io vi dico che ho una grande gioia per il fatto che questo spirito è stato riconquistato. Infatti, di spiriti della sua specie ce ne sono pochi. Egli ha uno spirito paolino ed appartiene al Mio armamento contro tutti gli impotenti nemici dei Miei Cieli! Quanto più ostinatamente si opponeva prima a Me, tanto più sarà persistente ora al Mio servizio. Ma adesso non posso restituirvelo subito, perché prima Mi deve compiere una grande opera. Se verrà a capo di quest’opera, allora sarà per sua e vostra ricompensa!»

6. Interviene Max Olaf: «O Signore, allora io non servo proprio a nulla? Oh, dà anche a me un’occasione di fare qualcosa nel Tuo santissimo Nome!»

7. Dico Io: «Mio caro fratello! In primo luogo tu Mi hai già reso un grande servizio, e in secondo luogo avrai al più presto occasione di renderMi altri importanti servizi. Ma ora, per il perfezionamento del fratello Dismas, è necessario che egli Mi renda un servizio di vero amore, e così lo mando da solo a fare una buona pesca!»

8. Con queste parole Max Olaf si tranquillizza completamente. Dopo Mi rivolgo a Dismas e gli dico: «Mio caro Dismas, poiché nel tuo cuore ti sei trasformato completamente secondo il Mio Ordine e alla fine ti sei perfettamente umiliato dinanzi a Me - e di certo anche dinanzi a tutti coloro che fino a poco fa erano ancora una spina nell’occhio della tua presunzione che ti sei portato con te dalla Terra - così devi giungere, proprio grazie a questa auto-umiliazione, a grandi e veri onori! Ma poiché presso di Me ogni onore dipende solamente da una azione nobile e buona, così anche tu ora dovrai portarne a termine una buona e utile. Dalla riuscita di questa azione dipendono molte cose. Ma non ti verrà messo in conto se ti riesce o no, poiché presso di Me vale solo la buona volontà, una onesta intenzione basata sull’amore e infine un’azione iniziata per raggiungere lo scopo secondo il giudizio migliore!

9. Se poi ne segue una piena riuscita o no, questo non ti riguarda, perché ogni riuscita sta in mano Mia! Io permetto, spesso, che addirittura ad attivissimi spiriti eroici non riesca qualcosa di ciò che fanno - anche se è su Mia richiesta - proprio per mostrare loro che nell’intera Infinità nessuno spirito può operare qualcosa da se stesso ma, se opera, deve sempre operare in unione con Me. Una tale azione compiuta in unione con Me ha sempre una riuscita sicura, e allo spirito che opera in unione con Me viene poi riconosciuta per buona.

10. Ogni spirito perfetto ha certamente una propria grande forza, con la quale egli può fare molto; ma quello che fa come da se stesso, non trova nessun merito davanti a Me, poiché, operando in questo modo, egli è solo un operaio che lavora per la sua stessa casa. Quando invece accoglie la Mia Forza nella sua azione, egli lavora nella Mia Casa, e questo lavoro gli viene calcolato come giusto merito. Da ciò puoi ora comprendere come si deve operare qui nel Mio Regno eterno della vera Vita per raccogliere meriti dinanzi a Me!

11. E così ora ti voglio comunicare quale opera ti toccherà. Ascolta dunque: tu hai lasciato indietro là, in fondo a questa sala, a settentrione, una compagnia dei tuoi ex amici. Il loro numero è in tutto di trenta persone, di cui dieci femminili e le altre venti maschili. Tutti costoro sono stati molto peggiori di te sulla Terra; i loro comportamenti infami ti sono noti, come non meno il motivo che li ha causati. Ora li affido nelle tue mani e ti do anche il pieno potere di fare quello che tu vuoi. Dunque, fornito così da Me, va ora da loro, conquistali e portali tutti qui dove Io Stesso disporrò ciò che deve avvenire di loro. Se ti riesce questo, dovrai indossare subito una veste d’onore. Ma prendi il lavoro dal verso giusto; altrimenti farai molta fatica!»

12. Dice Dismas: «O Signore! Già l’incarico è troppo onorevole per me, senza parlare di indossare anche una veste d’onore se dovesse riuscire! Infatti, se dovesse riuscirmi questa bella fatica, sarà unicamente opera Tua. E se non mi riuscirà, questo sarà un segno del fatto che ho operato troppo poco in unione con Te; in questo caso non potrò essere sicuramente considerato degno di indossare una veste d’onore! O Signore! Con la Tua Grazia, farò qualunque cosa potrò fare. E confido anche fermamente nel fatto che quest’opera mi riuscirà col Tuo aiuto. Ma allora Ti prego con insistenza di non rendermi nessun onore per questo! Permettimi piuttosto, o Signore, che io Ti possa lodare ed esaltare con tutte le forze insieme con la schiera conquistata. Infatti, ad un peccatore nato quale sono io non spetta in eterno un’insegna onorevole!»

13. Dico Io: «Ebbene, Mio amato Dismas, questo è già un buon inizio, perché chi vuole essere il primo presso di Me, costui sarà l’ultimo; ma chi vuole essere l’ultimo ed onora, ama e da la precedenza a tutti i suoi fratelli, costui sarà presso di Me il primo nella pienissima Verità. Chi cerca di guadagnare da sé la vita, costui la perderà; ma chi fugge la sua vita e la detesta per amore della Mia vera Vita, costui la conquisterà in tutta pienezza. E così dunque va’ ora lì dove ti ho indicato!».

14. Dismas fa ora un profondo inchino dinanzi a Me ed a tutti i Miei altri amici, e poi si reca velocemente dalla compagnia sopraindicata.

104. Capitolo

Le numerose obiezioni dei trenta ex amici terreni di Dismas.

La tenebrosa compagnia decide di presentarsi davanti al Signore.

1. Giunto lì dopo alcuni istanti, Dismas viene accolto molto freddamente dalla compagnia; egli se ne accorge, e si rivolge ad essa in questo modo: «Amici, come eravate sulla Terra, così siete anche qui.

I vostri amici veri vi davano fastidio, ma in compenso vi erano tanto più graditi i vostri nemici, i quali erano abbastanza astuti da gettarvi sabbia negli occhi e così vi accecavano. Chiunque veniva a voi con la verità, lo mettevate alla porta quale vostro nemico. Ma chi sapeva lusingarvi, come una volpe sa fare con i polli, lo avete sempre accolto con calore come vostro migliore amico. E finché io - purtroppo -ero pienamente d’accordo con voi, allora voi mi onoraste e mi riteneste degno della vostra amicizia. Ma poiché anch’io - sia lode al Signore! -, riconoscendo la vuotezza della nostra condizione, mi sono allontanato da voi e mi sono rivolto là, dove agiscono l’eterna Verità e Fedeltà, ed ho così intrapreso la via della Luce e della Vita e sono nuovamente ritornato per portare tutti voi su questa via, allora mi accogliete ora più freddamente di come la più fredda notte polare accoglie il giorno nascente!

2. O grandi stolti! Che cosa volete dunque fare di voi? Che cosa vi ha portato finora la vostra stupidità? Quali vantaggi essa vi ha procurato? Guardatevi e guardate quegli amici di Dio laggiù; che aspetto beato essi hanno, e come invece è terribilmente infelice il vostro! Ma potete pensare sul serio, se ci riflettete su anche solo un po’, di persistere, solo per amore della vostra stoltezza, in eterno in questo stato miserabile? Per quale ragione vi volete condannare da soli se Dio Stesso vuole rendervi felici? Aprite una buona volta i vostri occhi e fate spazio alle mie parole nel vostro cuore, affinché possa essere possibile, a Dio ed a me, aiutarvi tutti sinceramente. Quanto sto bene ora che il Signore mi ha aiutato ad uscire dalla mia miseria! Quale vostro vecchio amico non dovrei forse augurare anche a voi lo stesso? Perché allora distogliete adirati il vostro viso da me, ed oltretutto mi disprezzate? Leggetelo dai miei occhi se sono disonesto con voi! Se trovate un’insidia in me, maleditemi nel Nome di Dio! Ma se trovate un amico sincero in me, allora accoglietemi e lasciatevi condurre da me alla vera beatitudine!»

3. Dice uno dal gruppo dei trenta: «Amico, in altri tempi sei stato un uomo giudizioso ed ora hanno fatto di te uno stolto! Chi ha fatto più calcoli sulla stupida Terra, chi ha letto ed investigato più di me, e qualche volta anche tu con me! E con tutto ciò alla fine che cosa abbiamo scoperto? Nient’altro se non che l’uomo, malgrado tutti i suoi sforzi, non potrà mai scoprire qualcosa sulla vera essenza dell’Universo.

4. Noi uomini, rispetto all’infinito Universo di Dio, siamo ancora molto più piccoli di quanto lo sia un piccolo pidocchio rispetto alla grandezza e alla forza di un uomo. E noi, pidocchiosissimi animaletti infusori della Terra la quale è una goccia della Creazione, vogliamo comprendere Dio, anzi perfino umanizzarLo quale nostro pari?

5. Guarda, fratellino, dove sei scivolato! Come può venirti in mente, anche solo in sogno, di volerci presentare qui la grande Divinità in questo spirito umano di Gesù, altrimenti assai stimabile? Va’, e diventa nuovamente il vecchio e ragionevole capitano Dismas!»

6. Dice Dismas: «Amico! Questo corpo che abbiamo qui, non è carnale, ma è un corpo puramente eterico-spirituale, nel quale percepiamo tutto quello che il grande Maestro Gesù ci ha proclamato sulla Terra. Ma poiché troviamo ora tutto confermato in noi, in massimo grado, attraverso la continuazione della vita dopo la morte del corpo e anche attraverso il ricordo della nostra vita terrena ed il riconoscimento che siamo noi stessi proprio come e quello che eravamo nella vita fisica, allora non vogliamo spero dubitare che quel Maestro di Vita - che per primo aprì gli occhi ai mortali sulla Terra come un sole ed insegnò loro a riconoscere la loro vera casa Paterna, eternamente imperitura, ed il loro vero Padre - dovrebbe certo essere qualcosa di più che tutti gli uomini presi insieme! E questo lo dobbiamo credere perché Egli fu l’Unico ed il Primo a condurre gli uomini alla loro vera destinazione, e noi ora come spiriti abbiamo la convinzione vivente che è proprio così come Egli lo ha insegnato con le parole e con i fatti! Se Egli non lo è, allora, dite, chi lo è?

7. Inoltre Egli esegue azioni solamente mediante la Sua Volontà! Ciò che Egli vuole si manifesta qui in un attimo, e tutto accade secondo le Sue parole. Egli non ha bisogno del nostro consiglio; e anche se si lascia consigliare qualcosa dagli uomini, lo fa solamente per mostrare a questi quanto poco serve tutta la sapienza umana dinanzi a Lui, all’Essere Infinito, e quanto sia bene dipendere in eterno solamente dalla Sua Sapienza!

8. Se riassumete tutto questo e considerate Gesù sotto questa luce nei vostri cuori, allora dovete proprio toccare con mano che Egli non è solamente un sapientissimo Maestro come nessun altro, ma deve anche essere colui per il quale Egli Stesso si è rivelato a noi! Infatti è impossibile poter ammettere che un sapientissimo Maestro, altrimenti irraggiungibile, dovesse possedere, accanto alla Sua sconfinata Sapienza, una porzione di stupidità talmente assurda da presentarsi ai Suoi discepoli come Dio dell’eternità e farsi anche lodare come tale e pretendere da Satana obbedienza, servizio ed adorazione, il che, secondo il mio giudizio, indica che tutto il mondo naturale creato si deve sottomettere completamente in tutto alla Sua onnipotente Volontà divina se non vuole essere giudicato con la Potenza e la Forza della Sua Parola!

9. Se però un Essere, pieno della sublime e irraggiungibile Sapienza, pretende questo in tutta la Serietà divina non solamente dagli uomini ma perfino dalla Natura muta, si può allora avere ancora un dubbio sulla questione se un tale Essere - benché abbia un aspetto molto simile a quello di noi uomini - sia Dio oppure solamente un uomo uguale a noi? Io penso che quanto ora ho detto si conferma chiaramente in Gesù; questo deve dissipare ogni dubbio ed erigere in voi la più luminosa Verità, secondo cui unicamente Lui è perfettamente il sublime Essere Divino. Innalzatevi tutti in questa fede! Io voglio condurvi da Lui, ed Egli stesso vi mostrerà che Egli è lo stesso davanti al cui Nome si devono piegare profondamente tutte le Potenze del Cielo e di tutti i mondi.

10. Voi certo sapete che proprio io ero e sono ancora colui che meno di tutti accettava facilmente qualcosa. Mi opposi con determinazione fino a quando era necessario; ma quando giunsi, dopo una prova molto dura, alla vera luce, allora accettai, senza avere dubbi, tutto ciò che mi manifestava la più chiara rivelazione su Gesù ed ancora adesso si rivela in una luce sempre più chiara. Se dunque io, il più ostinato fra voi, riconosco ora Gesù quale Dio, allora credo che questo possa accadere facilmente anche a voi, poiché certo sulla Terra eravate tutti più credenti di me!»

11. Dice l’oratore precedente: «Amico, a questo ti ha costretto la fame! Però noi non siamo ancora proprio così affamati! Ma se ci costringerà la fame, allora noi riterremo quel negromante per un Dio piuttosto che morire di fame!»

12. Dice Dismas: «O stupidi mezzi polipi della più puzzolente pozzanghera melmosa! Come può essere che mi abbia costretto la fame ad accettare il fatto che Gesù sia l’unico e vero Dio? Nessuno di voi mi ha ancora visto mangiare e bere qui. E voi dite che avrei fatto questo per fame? Ora vedo chiaramente che voi tutti siete puramente del diavolo! Sì, a questo mi ha condotto la fame; però non era una fame di stomaco, ma una fame nel cuore per Colui che mi diede la vita, che io amavo, ma per me, senza di Lui, la vita era anche un mistero inesplorabile! Questa fame e sete per la grande rivelazione di questo santo mistero sono ora davvero saziate per l’eternità, e la sfinge è vinta. Ma il mio stomaco è ancora completamente vuoto!

13. Voi però dite: “Noi non abbiamo fame, nemmeno quella santa del cuore!”. Allora la vostra condizione incurabile mi è spiegabile come lo è anche il motivo per cui vi trovate così. Ma aspettate solo un po’, e vi toccherà una strana fame. Allora vedremo se vi piacerà!»

14. Dice il portavoce della compagnia: «Sì, sì, amico, basta solo una vera fame e poi si farà tutto il resto! Infatti, per gli affamati è un Dio colui che gli dà qualcosa da mangiare; coloro però che non hanno fame, che non hanno una necessità né oggettiva né soggettiva, sono poco alla ricerca di Dio e del Suo Regno. Per esempio, quando si predica della morale e di tutte le virtù a qualcuno che è in preda ad una certa letargia in tutto il suo essere e che poi viene assalito dal sonno, così che non è quasi più padrone dei suoi sensi, egli non baderà alla predica, poiché i suoi sensi sono inerti ed il suo spirito dorme!

15. Ma se vuoi arrivare ad ottenere qualcosa con un uomo simile, guariscilo prima dal suo male. Procura nella sua anima un bisogno vivente di ciò che gli vuoi dare; allora egli accetterà di sicuro e con avidità ciò che gli offri. Ma senza questo lavoro preparatorio difficilmente concluderai qualcosa col tuo paziente. Dimmi: la riproduzione del genere umano potrebbe avere luogo se il Creatore non avesse messo nella natura dell’uomo - che altrimenti è indifferente - un così potente impulso o fame verso la procreazione?! Che cosa sarebbe una donna per l’uomo, se all’uomo non fosse infusa nessuna inclinazione per la donna?

16. Da questo vedi facilmente che nell’uomo deve esservi in ogni ambito un potente bisogno, se deve interessarsi effettivamente per qualcosa.

17. E così stanno effettivamente le cose anche con noi. Di tutto ciò che ci hai riferito, non sentiamo nessun bisogno dentro di noi. Noi siamo come mezzi morti e non abbiamo nessuna gioia in questa sonnolenta vita da cani. E se non abbiamo proprio nessuna gioia di vivere, come ci possono interessare i tuoi insegnamenti di vita e il tuo unico maestro di vita Gesù? Fa’ prima in modo che in noi sorga una fame, oppure vattene con le tue follie che ci infastidiscono! Per conto nostro il tuo Gesù può essere dieci volte di seguito il sublime Essere Divino; ma se però noi non abbiamo alcun bisogno di lui, se siamo qui rannicchiati insieme come delle pietre quasi senza sentimento, che cosa deve essere per noi il tuo maestro Gesù? Procura perciò più vita in noi e dacci un bisogno di Gesù, allora si vedrà come ci comporteremo di fronte a lui; chissà, forse ci comporteremo meglio di te!»

18. Questo discorso sorprende Dismas ed ora non sa cosa deve fare. Io però gli suggerisco nel cuore che deve mettere, tramite la sua volontà nel Mio Nome, una potente fame nei loro stomaci; allora costoro che ora sono mezzi morti cominceranno già di più a passare nella vita.

19. Dismas lo fa, e la compagnia diviene subito più vivace. Alcuni cominciano a toccarsi la regione del ventre e dicono al loro portavoce: «Amico, fa in modo che riceviamo qualcosa da mangiare, altrimenti divoriamo te con pelle e peli!»

20. Dice il portavoce: «Stolti, io stesso ora sono affamato come un bue a digiuno per il macello e non ho nulla con cui potermi saziare! Che cosa dovrei darvi? Ecco, c’è Dismas davanti a voi; afferratelo! Costui avrà ben qualcosa da mangiare e bere, poiché egli ora è diventato un intimo amico di quel maestro Gesù, che una volta ha saziato ben cinquemila persone in un deserto con pochi pani! Forse c’è rimasta ancora qualche briciola anche per noi! Perciò afferriamo Dismas!»

21. Allora tutti cominciano ad insistere con Dismas e pretendono cibo e bevande da lui.

22. Dismas però dice: «Amici, voi pretendete da me qualcosa che io non ho. Però là, al tavolo, siede Colui che possiede tutto per saziare in quantità e pienezza! Andate da Lui, confessateGli i vostri difetti, umiliatevi e riempite i vostri cuori dell’amore per Lui; allora verrete sicuramente saziati!»

23. Dicono ora a Dismas gli amici, i quali diventano sempre più sensibili alla fame e alla sete: «O pezzente da frusta! Se tu, con le tue parole, hai potuto darci fame e sete, come non dovresti ora essere in grado di togliere a tutti noi nuovamente ambedue le piaghe? Se puoi fare una cosa, devi poter fare anche l’altra. Togli a tutti noi subito questa fame tormentosa e questa sete bruciante; altrimenti vedrai cosa ti capita!»

24. Dice Dismas: «Cari amici, vi prego, per la vostra stessa salvezza, di non diventare impetuosi! Che io vi abbia dato fame e sete su vostra stessa richiesta, dipende dal fatto che non esiste qualcuno che possa dare qualcosa ad un fratello se prima non l’ha egli stesso. Io stesso però ho una vera fame da cento buoi e posso perciò spartire molto facilmente con altri questa grande abbondanza. Se anch’io avessi una sazietà, potrei spartire anche questa con altri. Ma se vi mostro dove potete trovare in eterno la perfetta sazietà, allora andate là e fate quello che io vi ho consigliato! Così riceverete certamente tutto per saziarvi da Colui che nutre e mantiene tutta l’Infinità. Se non doveste trovare la sazietà, solo allora avrete il diritto di fare di me quello che volete, ma non prima! Se però tralasciate questo punto, allora dovete ascrivere a voi stessi se non venite saziati!»

25. Dicono gli affamati ed assetati: «Ti abbiamo forse detto noi di venire qui? Tu sei venuto non per nostro incarico, ma per incarico del tuo Dio Gesù. Egli però ti ha dato il potere di convincerci con la fame e con la sete, perché dunque non ti ha dato anche il potere di saziarci?»

26. Dice Dismas: «Cari amici, chi di noi ha il potere di costringere Dio a fare qualcosa? Egli è l’unico Onnipotente e può fare ciò che vuole! Di solito però Egli prima fa portare l’amaro agli uomini da ogni genere di apostoli, affinché poi vadano da Lui a ricevere il dolce; e con ciò gli uomini devono giungere alla convinzione che ogni aiuto umano è inutile. Perciò non aspettatevi niente di buono da me! Infatti, se io stesso sono cattivo, come potrei offrirvi del buono? Colui però che è la Verità Stessa ed è oltremodo buono, Costui può anche dare solo il buono. Perciò andate da Lui!»

27. Dicono gli affamati ed assetati: «Se tutto ciò che viene da Lui è buono, perché allora tu e noi siamo cattivi? Eppure anche noi procediamo da Lui!»

28. Dice Dismas: «Noi non siamo cattivi fuori da Lui, ma diventiamo cattivi da soli se ci allontaniamo da Lui a causa del nostro libero arbitrio e se ci diamo da fare inutilmente come fossimo noi stessi altrettanti liberi dèi, che del vero Dio non vogliono più sentire parlare. Ma poiché Dio non può volere questo, Egli fa in modo che simili dèi presuntuosi cozzino contro a degli ostacoli, finché arrivano alla convinzione che non sono per nulla degli dèi, ma che senza di Lui sono uomini deboli e sciocchi. Riflettete anche voi su questo e andate da Lui; allora verrete di sicuro veramente aiutati!»

29. Dice la compagnia, ora già disperatamente affamata e assetata: «Ma noi non sappiamo che cosa intendi con questo “sicuramente aiutati”! Stupido diavolo, non sei andato anche tu da Lui quando Blum ti ha invitato? Sei forse stato aiutato con questo? Che cosa hai in più di quello che avevi prima, o sei forse ora diventato più sazio di prima? Così come a noi tutti, anche a te si vede la fame fuori dagli occhi! E questo tu lo chiami un migliorare?

30. O stupida carogna di un apostolo! Va’ e non farti ridere dietro! Vieni tu stesso da noi con un viso più soddisfatto, allora ti pre steremo un po’ più di fede di quanto ci sia possibile ora. Ma se vieni tu stesso da noi con una faccia insoddisfatta e bisognosa, nessuno spirito umano crederà che sei beato, cioè che sei saziato e provvisto di tutto!

31. Vattene perciò ora tranquillo, Dismas! Infatti nella tua condizione, finora uguale alla nostra al minimo dettaglio, non concluderai niente con noi. Portaci piuttosto qualcosa da bere e da mangiare; allora ti seguiremo anche da qualche altra parte. Ma dalla tua attuale sapienza non si riesce ad ottenere nulla, nemmeno con la migliore coscienza. Rifletti ora su quanto sei stupido. Tu raccomandi ad altri qualcosa che tu stesso non hai ancora mai avuto! Tuo padre deve aver mangiato volentieri del maiale, per essergli nato un figlio così stupido!»

32. Dice Dismas: «Amici, se non ho potuto procurarvi una convinzione vivente di ciò che mi è capitato poco fa, dovete comunque ammettere che ho avuto le migliori intenzioni con tutti voi. E così pure nessuno di voi può dimostrare che sono stato sgarbato, rozzo e rude contro di lui. Perciò io penso di potermi aspettare da voi che parliate con più gentilezza con me. Non vi tiro certamente per i capelli per potarvi dal Signore; ma se volete andarci, andateci, e se proprio non volete andarci, allora non vi sarà fatta nessuna violenza. Ma non per questo dovete essere rozzi e grossolanamente volgari. Se ora sentite una forte fame e sete in voi, ciò non è colpa mia, ma vostra. Voi avete desiderato la fame per la vostra rianimazione, e poi non io, ma il Signore ve l’ha fatta pervenire mediante la mia parola. Io però vi ho indicato subito dove e come potete soddisfare la vostra fame e la vostra sete; ma se ora lo sapete, perché allora non lo fate? Voi mi definite uno stupido diavolo perché ho seguito Blum e dite che a me questo viaggio non è servito a nulla. Ma io vi dico che questo viaggio mi è servito moltissimo; infatti, anche se il mio stomaco è ancora vuoto, il mio cuore tuttavia è sazio con l’amore per Dio, il Signore. È molto meglio saziare il cuore che cento volte lo stomaco. Con un cuore affamato nessuno stomaco può essere soddisfatto, tranne che di un cibo per la morte del cuore. Fate ora quello che volete! Io però in seguito non farò lo stolto. Se volete rimanere della gente bestiale, allora rimanetelo! Ma se volete andare dal Signore, la via della vita è aperta davanti a voi!»

33. A queste parole di Dismas la compagnia si sorprende ed è indecisa su che cosa deve fare ora.

34. Il portavoce si stacca dalla compagnia, viene avanti e, quando tutti lo invitano a parlare, dice: «Amici e sorelle! Io ora ho riflettuto molto sulla missione di Dismas nei nostri confronti e ho riflettuto molto sul suo discorso. Ho trovato - devo confessarlo apertamente - che in fondo egli ha ragione: noi dovremmo fare davvero ciò che lui vuole da noi. Infatti, potremmo anche per una mezza eternità fare qua e là delle battute spiritose e tenere consiglio, ma difficilmente giungeremmo a qualcosa di meglio di quanto il buon fratello Dismas ci ha consigliato.

35. Che cosa ci impedisce di andare da quell’uomo, del quale Dismas e tutti gli altri, che ora sono già felici, dicono che sia la Divinità Stessa? Perciò io penso che, se quel Gesù è veramente Dio Stesso malgrado la nostra rigida incredulità, la nostra ribellione contro di lui sarebbe da definire più che una pazzia. E se non dovesse essere ciò che Dismas insieme agli altri felici dicono di lui, ebbene, non abbiamo certamente perso nulla se lo riteniamo nostro amico. Infatti, se gli altri al suo fianco stanno bene, perché dobbiamo star male noi se tutto quello che dobbiamo fare è andare da lui e conquistarlo con la nostra amicizia proveniente dal cuore? Se poi Gesù non è Dio Stesso, non perdiamo nulla. Tutto ciò che otteniamo però può essere solo un guadagno per noi; infatti chi come noi non ha niente, in eterno non può nemmeno perdere niente, ma solo guadagnare. Perciò andiamo lì dal padrone di questa casa; poi si vedrà quale pesca abbiamo fatto, quando avremo parlato con Cristo. Che cosa ne pensate voi di questa cosa?»

36. Dicono tutti gli altri: «Sì, sì, è facilissimo per noi farlo, perché non ci costa nessuna fatica; non ci strapperà certamente le teste dal collo. Con il tuo discorso ragionevole è anche più facile intraprendere qualcosa che non con quello molto ridondante di Dismas! Noi non vogliamo sostenere che Dismas abbia parlato stupidamente, ma un discorso ridondante non fa mai l’effetto come di uno ragionevolmente sobrio»

37. «Andrebbe tutto bene», interviene un altro della compagnia, «se solo fossimo vestiti un po’ meglio! In particolare le nostre dieci dame hanno un aspetto così miserevole! Nient’altro che brandelli e stracci della specie più sporca pendono in disordine sui loro corpi dall’aspetto estremamente sconveniente! E nemmeno noi uomini stiamo meglio. Penso perciò che dovremmo procurarci prima delle vesti migliori e poi andare da lui, poiché, in queste vesti poco da cerimonia, faremmo una figura maledettamente brutta vicino a lui!»

38. Dice colui che aveva parlato per primo: «Amico, nessuno può essere forzato oltre a quello che è nelle sue capacità! Allora le dame procederanno dietro di noi e coloro che sono vestiti un po’ meglio si metteranno davanti; secondo me, si potrebbe fare così. Però Dismas, che è quello meglio vestito, sia comunque la nostra guida»

39. Dicono tutti: «Va bene, vogliamo dunque fare il tentativo!».

105. Capitolo

Ascoltare la voce del cuore, non quella dell’intelletto. Dismas porta a termine la sua missione e il Signore lo ricompensa.

1. Dice Dismas: «Ora vi siete finalmente decisi per la Via della vita. Così va bene! Se noi facciamo come vuole il Signore, non sbaglieremo mai; ma seguendo il nostro stesso intelletto siamo sulla strada più sbagliata. Quando l’uomo segue solo il suo freddo intelletto, di solito arriva sul ghiaccio dove è difficile restare fermi. Solo quando l’uomo segue il vivente consiglio del suo cuore, giunge in una regione verde, cioè ad una speranza viva! E così è ora il caso con voi, come con me stesso. Ora abbiamo seguito il consiglio del nostro cuore, ed io sono fermamente convinto che con tutti noi le cose andranno meglio al più presto!

2. Riflettete solo una volta su cosa ci ha consigliato il nostro stesso intelletto e quale confusione di leggi ha prodotto. Ma a che cosa ci sono servite? Prendiamo invece tutte le vere grandi opere degli uomini della Terra, come per esempio quelle dei grandi maestri nelle belle arti della musica, della poesia e della pittura! Tutti erano discepoli dei loro cuori, del loro animo! E le loro opere stanno irraggiungibili dinanzi agli occhi ciechi del modo costituito solo dal puro intelletto, che poi si prende la briga di discutere le grandi opere di un cuore libero con mille regole e leggi, di cui il grande maestro con la creazione delle sue opere irraggiungibili non si sarebbe sicuramente mai sognato.

3. Ma chiedete se un tale zoppicante forgiatore di regole ha mai prodotto qualcosa di geniale, libero e odorante di vita? Non sono sempre aride e rigide le opere di tali creatori? Infatti, in tutte le opere del solo intelletto c’è la maledizione, mentre le più piccole opere del cuore sono di valore infinitamente grande per tutto ciò che respira e vive.

4. Per questo motivo fin troppo vero, però, vogliamo anche dare l’addio per l’eternità all’intelletto insieme a tutti i suoi prodotti ed attenerci unicamente alle vie e alle opere del nostro cuore. Con questo giungeremo sicuramente presto ad una meta migliore di quella che abbiamo avuto finora.

5. Con questa necessaria introduzione, possiamo ora andare fiduciosi dal Signore, dove giungeremo, dopo il cambiamento della nostra disposizione d’animo, anche al necessario ristoro del cuore e dello stomaco. E così ora seguitemi nell’ordine che voi stessi avete stabilito a causa dell’abbigliamento molto sconveniente!»

6. Dopo questo discorso buono e vero di Dismas, vengono ora tutti da Me un po’ timorosi. Una volta giunti, Dismas si inchina di nuovo profondamente davanti a Me e dice: «O Signore! Con la Tua Grazia e il Tuo esclusivo Aiuto a me, povero peccatore, è riuscita questa santa opera: tutti i trenta mi hanno seguito qui nel Tuo Nome. Ora accada con loro, come con me, la Tua santa Volontà! Ma a me nessuna veste d’onore per questo; Te ne prego! A Te solamente sia tutto l’onore in eterno!»

7. Dico Io: «Hai portato a termine molto bene la tua missione, Mio caro Dismas, e ti sei reso molto meritevole nel Mio Nome! Ti voglio quindi anche dare ciò che ti spetta; dopo però avverrà anche ai tuoi conquistati, secondo il loro cuore!»

8. E rivolgendoMi a Roberto: «Roberto, va’ e prendi pane e vino ed una giusta veste per il fratello Dismas! Io però terrò ora una piccola trattativa con questi trenta. Così sia!».

106. Capitolo

Bruno, il portavoce della compagnia, rivolge al Signore una bella supplica. L’umiltà di Bruno sollecita la Grazia del Signore.

1. Il portavoce dei trenta si fa avanti, si inchina profondamente davanti a Me e all’intera compagnia che si trova attorno al tavolo e poi, con coraggio, dice: «Signore, Creatore, Conservatore e Reggitore dell’intera Infinità! Noi stiamo qui dinanzi a Te come assolutissime nullità, Tu che sei l’unico Tutto nel tutto, ed aspettiamo Grazia e Misericordia da Te! Non che noi avessimo qualche diritto per questo, poiché siamo tutti dei deboli e perfino volgari peccatori, ma perché Tu sei Dio, il purissimo e perfettissimo Amore, che si è fatto mettere in croce per tutti i peccatori caduti. Tu solo sei la Forza dei deboli, il Salvatore dei miseri, l’Aiuto dei bisognosi! Tu Stesso dicesti ai peccatori: “Venite tutti a Me, voi che siete stanchi ed affaticati, Io vi voglio ristorare tutti!”.

2. E così anche noi siamo qui dinanzi a Te, assai carichi di tutte le pene della vita. Toglicele secondo la Tua Misericordia, o Signore! Non possiamo offrirTi per questo nient’altro che al massimo trenta cuori carichi di ogni genere di peccati, i quali vorrebbero amarTi sopra ogni cosa, se potessero osare. Il vero amore cerca solo il cuore; per tutto il resto esso è cieco.

3. Così vorrai Tu, o Signore, procedere con noi! Non guardare le nostre opere, le quali sono tutte quante cattive. Guarda i nostri cuori, i quali, anche se impuri, bramano il Tuo santissimo Cuore di Padre, come l’erba arida desidera una goccia di rugiada!»

4. Dico Io: «Sì, Mio caro Bruno, è assai buono, vero e bello ciò che hai detto ora nel nome dei tuoi fratelli e sorelle. Ma nelle Scritture sta scritto che frequentatori di prostitute e adulteri non entreranno nel Regno di Dio! Ma voi siete stati tutti, senza eccezioni, grandi frequentatori di prostitute e adulteri e inoltre pieni di egoismo. Ma la Mia Grazia che voi volete, è il Regno di Dio vero e proprio. Perciò ci si chiede come pensate di divenire partecipi della Mia Grazia e Misericordia in sintonia con le Scritture!»

5. Dice Bruno: «O Signore, permetti che un peccatore possa aprire la bocca dinanzi a Te. Non impedirai di certo a nessun peccatore di sentire pentimento dei suoi peccati e di implorare la Tua Grazia! Malgrado questi testi di duro giudizio della Tua sacra Scrittura, Tu non chiudesti il Tuo Regno all’assassino sulla croce, non giudicasti l’adultera nel Tempio, tanto meno la Maddalena, e prendesti alloggio in casa di Zaccheo. Così anche ora qui hai già beatificato alcuni con la Tua Grazia che non potevano farTi torti più gravi di quelli che possiamo farTi noi. Oh, allora non essere più duro con noi!»

6. Dico Io: «Sì, sì, ma tutti questi che hai citato non erano proprio così grandi peccatori come voi!»

7. Dice Bruno: «O Signore! Che cosa può essere grande o piccolo dinanzi a Te, sia il peccato che la virtù? Tu solo sei grande e buono; tutto il resto è niente dinanzi a Te! O Signore, Tu che provvedi a pantere, leoni, iene e tigri, che sono certo animali cattivi, provvedi anche a noi, almeno nella misura in cui provvedi a questi animali!».

8. A questo punto faccio cenno a Roberto di venire con il pane e il vino. Bruno guarda sorpreso verso Roberto, ma non sa cosa questo debba significare.

107. Capitolo

Il meraviglioso comportamento altruistico di Bruno fa commuovere anche il Signore. La prova più grande è quella di perdonare i propri peggiori nemici.

1. Roberto mette il pane e il vino sul tavolo davanti a Me, si inchina e va al suo posto. Io prendo il pane e domando a Bruno se egli sa cosa sia questo.

2. Dice Bruno: «Signore! Questo è pane dei Cieli, un vero cibo per la vita eterna e per il perdono dei peccati. Beato colui che lo riceve come cibo!»

3. Dico Io: «Ora va bene! Poiché lo dici e credi, allora prendilo e mangiane finché vuoi!»

4. Dice Bruno: «Signore! Qui vicino a me ci sono ancora ventinove che sono più affamati di me! Oh, permetti che io dia prima a loro di questo pane secondo il loro bisogno e poi mi sazierò con quello che potrebbe rimanere!»

5. Dico Io: «Fa’ secondo il desiderio del tuo cuore!»

6. Allora Bruno Mi ringrazia per il pane con le lacrime agli occhi e lo spartisce fino all’ultimo pezzo fra i ventinove, i quali lo consumano subito con cuore molto commosso. Uno di loro però nota che Bruno ha dimenticato se stesso, va’ da lui e dice: «Ma caro amico Bruno, nella spartizione del pane hai dimenticato te stesso ed hai dato a noi tutto ciò che il Signore ti ha donato. Non ho ancora preso niente del mio pezzo, prendilo e mangia, poiché tu non hai meno fame di me!»

7. Dice Bruno: «Carissimo amico, tienilo e mangia ciò che ti ho dato per Grazia del Signore! Ho più gioia se voi tutti siete sazi che se fossi stato saziato io cento volte. Non preoccuparti di me, perché al fianco di questo santo Donatore non potrò mai eternamente aver paura di non venire saziato!»

8. Con questo meraviglioso comportamento di Bruno, come anche del suo amico, a tutti gli ospiti e così pure anche a Me Stesso vengono lacrime di grande gioia! Infatti, in tutti i Cieli non esiste nulla di più sublime e commovente che quando un uomo povero e molto affamato, alla vista dei suoi fratelli ugualmente poveri e affamati, dimentica completamente se stesso e dona a loro tutto ciò che gli è stato dato. Un uomo simile compie, in questo modo, un passo gigantesco al Centro del Mio Amore!

9. Questo tenetelo a mente, specialmente voi sulla Terra, e scrive-tevelo nei vostri cuori!

10. Dopo Io prendo il vino e lo do a Bruno chiedendogli cosa questo sia.

11. Bruno dice con commossa gratitudine: «O Signore, questo è un delizioso vino del santissimo torchio del Tuo paterno Cuore divino! Con un ringraziamento mai estinguibile io oso prenderlo dalle Tue santissime Mani e, se Tu lo permetti, oso farlo anche arrivare ai miei poveri fratelli assetati»

12. Dico Io: «Già prima ti ho detto che per Me è completamente giusto ciò che fai sempre secondo il nobile impulso del tuo cuore. Vedi, il vino ora è tuo; fanne ciò che vuoi!»

13. Bruno Mi ringrazia commosso e porge subito il vino ai suoi fratelli ed amici. Questi però affermano di non prenderne finché non ha bevuto lui. Ma Bruno insiste e così gli altri prendono riconoscenti il vino e ne bevono a piacimento. Anche del vino non ne rimane nulla. Benché Bruno sia ora molto affamato ed assetato, intimamente si rallegra che i suoi fratelli siano fortificati ed ottengano subito un aspetto migliore.

14. Dico Io: «Ebbene, amato Bruno, dimMi se ti è piaciuto il Mio Pane ed il Mio Vino! Ora sei più forte di prima?»

15. Dice Bruno con coraggio: «Signore! Io ho solo una bocca, uno stomaco ed un cuore. Questi però hanno ventinove bocche, altrettanti stomaci e cuori. Ma poiché, invece di me, ne sono stati fortificati ventinove, che porto tutti nel mio cuore come un secondo io, così sono stato saziato non solo una volta, ma in verità ventinove volte mediante la gioia dei poveri fratelli e sorelle fortificati! E così non posso rispondere alla Tua santa domanda nient’altro se non che il Tuo santo pane e vino celeste mi sono piaciuti nel miglior modo possibile! A Te solo vada l’eterno ringraziamento per questo!»

16. Dico Io: «Carissimo amico Bruno! Vedi, sulla Terra hai peccato assai spesso e molto gravemente. Ma poiché tieni nel cuore così tanto amore disinteressato per i tuoi fratelli, ti verrà anche molto perdonato! Infatti, ad ogni benefattore dei suoi fratelli e sorelle spetta qui misericordia, poiché egli stesso ha esercitato la misericordia; e così anche a te spetta misericordia a causa loro, come spetta anche ai tuoi fratelli a causa tua, perché qui uno sta per tutti e tutti per uno!

17. Ma nel mondo esistono anche benefattori che sono molto misericordiosi verso una povera e giovane ragazza e cercano di aiutarla con tutte le loro forze. Ma se va da loro una vedova vecchia e affaticata, viene servita con una predica e con uno scudo di scarso valore, e così pure capita a un vecchio fratello povero. A tali benefattori misericordiosi Io dimostrerò poca misericordia! Infatti, chi vuole avere un tornaconto per le sue beneficenze e poi non può averlo, costui è di cuore più duro di un sasso, e appartiene alla famiglia di tutti i diavoli, perché anche i diavoli fanno del bene a coloro dai quali possono aspettarsi un piacevole vantaggio.

18. Ma tu qui eserciti una misericordia, dietro la quale non c’era nessuna intenzione impura, e devi perciò trovare la massima misericordia anche presso di Me! Prima però di concedertela in piena misura, dovrai sostenere ancora una prova del tuo cuore! Se supererai anche questa, allora la Mia Grazia ti toccherà subito in pienissima misura!

19. Là verso occidente vedi una porta, la quale è semiaperta. Va’ lì! In quella stanza troverai tutti gli uomini che sulla Terra sono stati i tuoi peggiori nemici. Cerca di conquistarli e portali a Me, così sarai perfetto dinanzi a Me, perché chi fa del bene solo ai suoi amici, costui non ha fatto nulla perché possa dire davanti a Me: “Signore, sono stato comunque un inutile servitore!”. Chi però non può dire questo, è ben lungi dall’essere degno di Me! Perciò va’ lì ed opera secondo la Mia Parola»

20. Dice Bruno: «O Signore, la Tua santa Volontà sia fatta! La Tua Volontà è la mia vita, la mia salvezza e la mia somma delizia! Oh, quanto è dolce operare nell’eterna casa dell’eterno Padre onnipotente! O nemici miei tutti, voi fratelli che avete duramente disconosciuto in me un fratello che vi ama; nel Nome del mio Dio, Signore e Padre vengo da voi per benedirvi e farvi del bene, e con ciò anche per dimenticare in eterno ogni offesa che mi avete fatto!

21. Oh, ora la delizia riempie il mio cuore, così che si sente adesso abbastanza forte per umiliarsi davanti ai disprezzatori superbi ed egoisti! Ora intuisco vagamente quello che deve aver sentito il Tuo santo Cuore paterno allora, di fronte ai Tuoi malvagi nemici, quando in Te gridavi al Padre: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno!”. O santa, infinita Grandezza, di cui è capace solo un Cuore divino!

22. In verità è bello, anzi edificante, se un fratello aiuta il fratello senza pensare ad una ricompensa! Il Cielo non abbraccia niente di più sublime e grande che benedire coloro che ci maledicono e fare del bene a coloro che ci hanno odiato, disprezzato e perseguitato!

23. Perciò andiamo subito dai miei nemici! Infatti costoro sono come chiamati a perfezionare il mio cuore davanti a Dio!».

24. Con tali singolari ed edificanti parole, Bruno si precipita alla porta indicata.

108. Capitolo

Bruno pacifica i suoi peggiori nemici terreni dimostrando la propria innocenza e la falsità del loro neo-cattolicesimo.

L ’intera compagnia di esseri tenebrosi decide di presentarsi davanti al Signore.

1. Non appena Bruno tenta di entrare nella stanza dei suoi nemici, parecchi si mettono subito davanti alla porta e dicono con la voce eccitata dalla rabbia: «Indietro, miserabile! Che cosa abbiamo a che fare con te? Ci sei stato sempre ripugnante come la morte e sei sempre stato oggetto del nostro odio e del nostro profondissimo disprezzo! Che cosa abbiamo da spartire ora con te qui all’Inferno? Vattene con tutti i diavoli, miserabilissima bestia umana!»

2. Dice Bruno con coraggio: «Cari amici, che cosa vi ho dunque fatto da suscitare un rancore così terribile in voi? Voglio fare tutto ciò che pretenderete da me secondo giustizia ed equità, affinché non ce l’abbiate più con me!»

3. Gridano i furiosi alla porta: «Miserabile bestia umana, non puoi far nulla per poter convincerci ad avere una opinione migliore di te! Non abbiamo bisogno di altro se non che tu ci lasci stare. La tua presenza ci ripugna più del profondo Inferno! E così vattene via da noi di buon grado, altrimenti ti facciamo a pezzi!»

4. Dice Bruno: «Se questo può riconciliarvi con me, allora mi lascio volentieri crocifiggere da voi! Ma mi dovete solo promettere che poi non avrete più nessun rancore contro di me!»

5. Dicono i furiosi: «Credi dunque che questo ci farebbe onore? Noi, crocifiggere te, questo sarebbe un purissimo disonore per noi! Al massimo sopprimerti come un miserissimo cane, questo potremmo farti per pura educazione se fossimo di buon umore! Ma fare uno sforzo maggiore per te, sarebbe veramente ridicolo da parte nostra! Va’ dunque via e non farci ancora arrabbiare con la tua orribile presenza!»

6. Dice Bruno: «Ma stimabilissimi amici! Mi è noto fin troppo bene che nel mondo mi avete sempre odiato e, come e dove era possibile, mi avete perseguitato. Per quanto mi sia sforzato di com prenderne il motivo, ogni sforzo è stato tuttavia vano. Mi avete perseguitato solamente perché non vi piaceva la mia faccia! Qui in questo mondo però l’abbiamo tutti molto cambiata; ora infatti penso in modo molto diverso da come pensavo sulla Terra e sono diventato tutt’altra cosa. Non dovrebbe essere così anche per voi?

7. Ditemi, che cosa ho commesso nel mondo contro di voi? Ora sono in condizione di risarcire a tutti mille volte ciò che in qualche modo vi devo, anche se non so cosa. Basta solo che mi perdoniate e che diventiate più gentili con me! Non pretendo assolutamente la vostra amicizia; questo sarebbe chiedervi troppo quali miei nemici dichiarati! Ma comunque posso chiedervi di desistere dalla vostra inimicizia, e questo tanto più facilmente, dato che mi ritenete troppo infimo da poter essere crocifisso da voi!»

8. Dicono i furiosi: «A che servono il tuo discorso e la tua stupida spacconata! Sei di fatto un porco e lo rimani per tutta l’eternità. Davanti agisci come se tu fossi l’uomo più raro e più leale, dietro però sei poi una carogna e non c’è da fidarsi di te! Sai come hai agito in borsa con noi? Tu vedevi continuamente un crollo, ci spaventavi in modo che vendessimo le azioni e poi le compravi tu stesso! O mascalzone, non fare l’innocente! Ti conosciamo! Ma cadono anche qui le borse visto che cerchi così tanto la nostra amicizia?»

9. Dice Bruno: «Ah, ecco il motivo! O amici, se il vostro rancore per me proviene da questo, allora spero che al più presto diventeremo i migliori amici! Infatti vi posso dare la più fedele assicurazione che con il vostro odio verso di me siete puramente su una falsa strada! Vedete, in primo luogo potevo prevedere tanto poco quanto voi se le borse salivano o scendevano, e in secondo luogo non potete dimostrarmi se compravo quelle azioni che voi rivendevate alla banca a prezzi ribassati. Vedete dunque su quale base superficiale poggia il vostro rancore contro di me? Non vi ho mai costretto né ad acquistare né a vendere. Ma chi era che vi costringeva a vendere i vostri titoli quando la borsa crollava e a comprarli quando la borsa era in rialzo? Io sicuramente no, ed altri mille nemmeno! Voi stessi eravate così stolti, ma non volevate attribuire una tale stupidità a voi stessi. Se avevate commesso un grossolano peccato speculativo contro il vostro interesse, così scaricavate la colpa su chiunque fosse più intelligente di voi nelle sue speculazioni! Non fatevi deridere! Come potevano dare fastidio a me i vostri titoli e a voi i miei titoli? Io compravo, e voi anche se vi sembrava opportuno. Oppure voi vendevate ed io compravo. Questo è certo del tutto naturale! Perché dunque il vostro rancore contro di me? Non ho mai sparso false dicerie e non mi sono nemmeno mai servito di uno specchietto per le allodole!»

10. «Bene!», dice uno della compagnia in preda all’odio, «tu hai agito come ci hai detto ora. Ma questo non può diminuire la nostra rabbia e il nostro odio contro di te, perché nel mondo hai sempre pensato diversamente da come suonava il senso delle tue dolci parole. Se dicevi nero, era sicuramente bianco; e se dicevi bianco, era sicuramente nero! Ed il contrario era poi la piena verità. Ma la tua perfida perspicacia non si accorgeva che noi usavamo le tue dichiarazioni al rovescio. Che non ci riuscisse sempre, questo era il capriccio del gioco. Ma se avessimo operato sempre secondo le tue dichiarazioni, avremmo di certo perduto tutto in brevissimo tempo. Così stanno le cose, e da allora è nato anche il nostro giusto odio contro di te! Dimostraci il contrario; allora saremo disposti a chiederti perfino perdono e ad essere i tuoi migliori amici»

11. Dice Bruno: «Bene, vi prendo sulla parola! Rispondete ad alcune domande! Domanda numero uno: in borsa ero forse più di voi, e cioè un direttore, un contabile, un segretario, un qualunque consulente legale oppure qualcosa di simile?»

Dicono gli uomini in preda al rancore: «No, tu, come noi, eri solamente uno che investiva»

12. Dice Bruno: «Bene! Domanda numero due: chi in borsa è iniziato veramente in tutti i segreti finanziari?»

13. Risposta: «Gli agenti di borsa e delle banche»

14. «Bene! Domanda numero tre: i molti investitori alla borsa vengono sempre messi al corrente della verità dai dirigenti amministrativi?»

15. Risposta: «No! Quando qualcosa va storto, la verità non si viene mai a sapere!»

16. «Bene! Domanda numero quattro: come e in che modo avrei dovuto giungere alla verità?»

17. Risposta: «Oh, semplice! Per via della corruzione un mascalzone può arrivare a fare molte cose che rimangono celate ad un tipo onesto!»

18. «Bene! Dal canto si riconosce l’uccello! Portatemi qui tutti i funzionari di banca ed agenti di borsa, ed essi dovranno dire se ho dato loro anche solo un centesimo al più insignificante di loro per ottenere che mi fosse svelato un segreto bancario con la corruzione! Ma le cosiddette voci maligne dicevano di voi che in un’occasione molto critica avete di nascosto dovuto dare ad un iniziato uno spintone, pesante mille ducati, affinché vi facesse una piccola soffiata su come sarebbero potute andare le cose. Fu sulla base di questa soffiata che poi, già il giorno dopo, scambiaste quasi tutti i vostri titoli, con una considerevole perdita, in moneta sonante e con questo poi avete intrapreso un commercio occulto all’estero e così vi siete rovinati per la seconda volta! Dite: sono stato forse io a spingervi a fare questo con il mio “bianco al posto del nero”?»

19. A questo punto gli uomini in preda al rancore restano sorpresi e non sanno cosa replicare. Ma Bruno continua e dice: «Amici, vi ho forse dato anche il consiglio di murare, in società fra voi e in una cantina, trentamila ducati? Ma quando poi a Vienna venne emanata la legge marziale e nella perquisizione delle case i soldati aprirono il punto vuoto nel muro e presero in consegna la felice scoperta fino all’ultimo soldo, allora penso che il mio “bianco per nero” non vi abbia affatto contribuito! Detto in breve, siete stati sempre voi stessi i colpevoli delle vostre perdite e voi ora ritenete, sbagliandovi sommamente, che io sia stato iniziato nei vostri segreti speculativi e sia stato un traditore nei vostri confronti. Come sarebbe stato possibile se fuori dalla borsa non vi ho mai molestato con la mia presenza? Non ho nessuna colpa della vostra sfortuna; di questo potete esserne completamente certi! Dio mi è testimone! Ma se continuate a pensare che io vi abbia reso infelici, allora dimostratemelo davanti a Dio, e voglio fare di tutto per espiare cento volte il mio debito con voi»

20. Dopo lunga riflessione uno dice: «Le cose stanno veramente così come tu le hai esposte a tutti noi! Ma se tu non sei stato partecipe, non capiamo come sei giunto a queste precise notizie sulle nostre condizioni. Come potevano esserti note così bene come se tu stesso le avessi disposte? A Vienna certo avranno avuto luogo una quantità di simili fatti spiacevoli; ti sono forse anch’essi noti completamente come il nostro?»

21. Dice Bruno: «Certamente non tutti, ma molti sì. Voi avete sempre saputo chi veniva condannato dal tribunale e per quale motivo, ma non per questo eravate stati voi a denunciare coloro che erano coinvolti nel processo. Perché dunque non avrei potuto venire anche a sapere come vi andavano le cose nel tempo della tribolazione, dato che mi eravate ben noti fin dai tempi in cui investivamo in borsa? Dimostratemi che colui che per caso viene a conoscenza della sfortuna di un suo conoscente, ne debba avere anche la colpa. Mostratemi in quale legge questo viene citato quale colpa delittuosa?»

22. Gli uomini in preda al rancore ora restano sorpresi e non sanno che cosa devono fare. Non viene in mente a loro un buon discorso. E sono esattamente nella stessa condizione anche rispetto alla loro ira e rabbia. Vorrebbero volentieri rimanere ancora implacabili, ma dopo averci pensato su un po’ meglio ne hanno perso ogni ragione. Ora stanno davanti a Bruno per arrabbiarsi senza nessun motivo, e si arrabbiano con se stessi, perché adesso non possono avere nessun odio né rancore verso di lui.

23. Dopo un po’ si fa avanti uno e dice: «È sciocco che ora non possiamo opporti più nulla di ragionevole. Quanto volentieri ti avremmo bastonato, se solo avessimo potuto attribuirti almeno una colpa apparente! Ma tu sei troppo abile, così che non ti si può toccare. Ed oltre tutto dobbiamo diventare perfino amici! Ma che cosa vuoi ancora fare con noi?»

24. Dice Bruno: «Amici, non vedete in questa grande sala il grande tavolo del consiglio e tutti coloro che lì radunati tengono un potentissimo consulto sull’intera Infinità?»

25. Dice l’oratore: «Non vediamo nessuna sala e nessun tavolo del consiglio! Noi vediamo solo questa vera bettola che è piena di oscurità, e vediamo anche te! Se però ha una qualche uscita, questo non lo sappiamo. Ma che cosa vuoi dire con la tua domanda senza senso?»

26. Dice Bruno: «Non voglio null’altro che condurvi dal Signore e Salvatore Gesù, affinché vi purifichi e vi renda poi veramente felici per l’eternità; solo ed unicamente per questo motivo sono stato mandato a voi proprio da Gesù. Seguitemi volentieri e con amore dove io andrò dinanzi a voi. Al posto giusto vi verrà già una vera luce degli occhi!»

27. Dice l’oratore: «Questo sarà un po’ duro! Infatti, per prima cosa non possiedi ancora la nostra fiducia al punto da indurci a seguirti subito alla cieca, come se tu fossi un nostro amico già provato da lungo tempo. E per seconda cosa noi siamo neo-catto-lici i quali sanno bene cosa devono pensare dell’ebreo Gesù, e non sono così stupidi come alcuni che ne hanno fatto perfino un Dio, come una volta i greci con il loro Ercole ed ancora altri eroi dei tempi primitivi più remoti. Perciò devi escogitare qualcosa di più assennato per il nostro bene, se intendi sul serio portarci in giro al guinzaglio»

28. Dice Bruno: «Amici, la fede romano-cattolica è certo sciocca e superficiale in molte parti, ma la neo-cattolica è mille volte più stupida. Non è forse vero che essa rinnega la vita dell’anima dopo la morte del corpo? Eppure voi continuate a vivere dopo la morte del vostro corpo! Questa condizione dimostra già in abbondanza di quale spirito è figlio il neo-cattolicesimo. Inoltre esso non solo rinnega la rivelatissima Divinità di Cristo, ma, secondo Strauss ed Hegel, rinnega ogni divinità! Ma chi può sostenere un tale insegnamento - specialmente qui nell’eterno mondo degli spiriti - il quale, riguardo alla continuità della vita dell’anima, ha commesso un errore così madornale? C’è anche da dire comunque che, per quanto i principi del suo insegnamento non siano degni di fede, nessuno di essi lo è meno di quanto non sia quello che si basa sulla supposizione della mortalità dell’anima umana! Se dunque in un insegnamento una tesi principale è fondamentalmente falsa, allora anche gli altri principi derivati da questa non possono essere che assolutamente falsi! Respingete perciò tutto il vostro insegnamento neo-cattolico come inutile ciarpame e seguitemi dove vi conduco io! Vi assicuro che le cose per voi miglioreranno in breve tempo!»

29. Dice l’oratore: «Amico, tu sei un tipo maledettamente abile! Si è obbligati a darti ragione, sia che lo si voglia o no. Mi addolora di cuore il fatto che prima ti siamo venuti incontro con un atteggiamento così duro ed offensivo. Ma io spero che potrai perdonarci! Rifletti su come a Vienna erano fatti tutti i preti e i funzionari: si preoccupavano solo di far sprofondare ed addormentare la povera umanità nella più fitta notte dello spirito. In tali condizioni, che uccidono ogni spirito, era proprio impossibile elevarsi ad una pura conoscenza. Ma così come siamo stati istruiti, così siamo anche adesso, vale a dire ciechi, sordi e muti nell’anima e nello spirito. Abbi perciò indulgenza e pazienza con noi e conducici, nel Nome di Dio, dove riceveremo un po’ più luce di adesso»

30. Dice Bruno: «Va tutto bene! Che io sia venuto a voi con il cuore più paziente, spero di non dovervelo più dimostrare. Io vi ho perdonato tutto e sono per sempre vostro amico in tutta verità. Così credo che tra di noi non dovrebbe più esserci alcun impedimento per percorrere la via sulla quale tutto è possibile, al fine di mettersi in questo mondo per l’eternità in una condizione di vita nella quale si può esistere il più possibile beati secondo il bisogno dell’anima e dello spirito. Fatevi quindi coraggio; abbiate una ferma volontà e seguitemi! Tutto il resto invece aspettatelo fiduciosi da Colui che solo vi può aiutare ed anche vi aiuterà di certo. Egli non mi ha mandato invano da voi. Per quanti voi siate seguitemi tutti, e tutti verrete aiutati!»

31. Dicono ora coloro che stanno in testa al gruppo: «Noi che ci conosciamo dal tempo in cui investivamo in borsa, siamo circa una ventina, ma dietro di noi c’è una innumerevole moltitudine di ogni specie di plebaglia. Se anche questi ti seguiranno, è un’altra faccenda. È possibile, ma poco probabile, perché questi sono troppo sprofondati nella notte. Provaci! Per noi è indifferente se vengono o meno»

32. Dicono i molti che stanno dietro al gruppo: «Proprio così stupidi come credono i signori là davanti noi non lo siamo! Perciò saremo anche liberi di accompagnarvi come un vero battaglione! Infatti chi aiuterà voi, sicuramente non metterà alla porta nemmeno noi. Quindi andiamo alla ventura per l’onore di Dio!».

109. Capitolo

La numerosissima compagnia di ciechi mondani arriva davanti al Signore ma non riescono a vederLo. Bruno racconta la sua vita terrena e la sua chiaroveggenza da ragazzino.

1. A questo rispondono coloro che in precedenza erano in preda al rancore: «Oh, non dovete infastidirvi per noi! Qui, in questo mondo, è cessata completamente ogni differenza sociale. E speriamo che avremo anche noi un posto nello spazio infinito, e così potete venire tranquillamente con noi là dove il nostro amico Bruno ci vuole condurre!»

2. Dice uno della grande folla in fondo: «Un discorso simile ci piace! Davanti a Dio tutto è uguale: principe e mendicante, lupo ed agnello. Davanti a Dio il principe non può elevarsi al di sopra del mendicante, e il lupo non può mai bramare il sangue dell’agnello. Se siamo uguali tra di noi, lo saremo anche dinanzi a Dio. Sulla tavoletta su cui sono stati scritti i nostri debiti non abbiamo delle annotazioni di debiti che noi abbiamo contratto l’uno verso l’altro, allora non ne troveremo certamente nessuna nel grande Libro della Vita. Se voi avete qualcosa contro di noi, allora cancellatela per l’eternità dalla tavoletta dei debiti, come noi abbiamo cancellato tutto quello che abbiamo trovato scritto nella nostra!»

3. Dice l’oratore che si trova in testa al gruppo: «Molto bello da parte vostra! Ciò che avete fatto voi, lo abbiamo fatto anche noi, e così siamo amici, fratelli e sorelle! Ma ora l’amico Bruno ci fa un cenno, e così vogliamo seguirlo in silenzio!»

4. A queste parole tutti si alzano e seguono Bruno verso il luogo dove sta andando con animo sereno.

5. Giunto da Me in pochi attimi con la grande carovana, egli dice: «Signore, qui sono tutti quelli che quella cupa stanza teneva prigionieri. Ho adempiuto il mio incarico; ora sia fatta la Tua santa e migliore Volontà con loro! Essi sono tutti ciechi; perciò dona loro la luce, affinché possano vederTi, come ora Ti vedo io in tutta la Tua Clemenza ed Amore paterno!»

6. Dice uno della compagnia: «Amico Bruno, siamo dunque già al termine del nostro breve viaggio? E con chi hai parlato ora nell’aria spettrale?»

7. Dice Bruno: «Ora siamo proprio arrivati alla meta! E Colui al quale ho appena parlato, è il Signore, Dio Jehova, Gesù Zebaoth! ChiedeteGli la luce, come Gliel’ho già chiesta io, e così vi verrà data subito la luce; e voi Lo potrete poi vedere come ora Lo vedo io!»

8. Dice un altro della compagnia: «Dicci se noi ci troviamo nella grande sala, dalla quale siamo stati cacciati poi in quel buco nero a causa della nostra arroganza, e proprio da quel sassone di Roberto Blum, il quale non è mai stato troppo cortese?»

9. Dice Bruno: «Sì, vi trovate nella stessa sala. E il fratello Roberto non è lontano da voi».

10. Dice l’oratore: «Qui c’era anche presente, per quanto appena ci ricordiamo, il Signor Gesù, nel Quale allora però non credevamo. Allora Lo vedevamo; perché non Lo possiamo vedere adesso?»

11. Dice Bruno: «Il motivo sta semplicemente nel fatto che siete diventati troppo grossolanamente sensuali. Da simile sensualità non si riesce affatto a percepire e comprendere nulla di spirituale, come so per mia propria esperienza dalle diverse condizioni della mia vita spirituale.

12. Quando sulla Terra ero un ragazzino delicato e timoroso di Dio nella casa dei miei genitori religiosi, avevo ogni genere di visioni meravigliose. Anzi, mi sembrava, quando recitavo la mia preghiera mattutina o serale, che mi circondassero figure angeliche, che mi fortificavano e risvegliavano nel mio petto un sentimento così celestiale che non raramente mi sembrava di trovarmi già in qualche Eden divino. In quel periodo di vita feci spesso anche dei sogni meravigliosi ed importanti, da cui a volte prevedevo perfino avvenimenti futuri per la cerchia della nostra parentela. Ma poi, quando uscii dalla casa paterna, da giovanotto adulto trovai sempre più gusto nel mondo e ben presto scomparvero le mie visioni celestiali. I miei allegri amici a forza di discussioni mi fecero passare tutto e resero ridicola e insulsa la mia infanzia, così che alla fine cominciai veramente a vergognarmi delle stesse visioni.

13. E così passai con passi giganteschi al mondo allegro; alla fine divenni completamente un grezzo sensuale mondano e conservai appena un ricordo delle meravigliose visioni avute da ragazzino. Soltanto nei miei ultimi tempi ricevetti qualche volta certi ammonimenti, che purtroppo non tenni in considerazione, finché non fu veramente troppo tardi. Ora solamente comprendo tutto, comprendo cioè come tutte queste storie si sono confermate in me, ed il perché! Ma qui, di tutto ciò, se ne può fare veramente molto poco o proprio nulla, poiché ora dipende solamente dallo stato in cui si trova il povero cuore dell’anima per accettare ancora una qualche debole capacità. Se esso è ancora capace di una pura conoscenza e di una migliore volontà, allora va bene per noi! Ma se il cuore è, come si suol dire, una carogna, allora poi è tutto una carogna. Da questa fedelissima descrizione della mia miserabilissima vita, come si sviluppava e formava, voi tutti potete comprendere con estrema chiarezza come mai siete ancora completamente ciechi qui nella condizione spirituale. Ma ora rivolgetevi assai seriamente al Signore Gesù nel vostro cuore, e chiedete a Lui solamente la vera luce, e vi sarà e deve esserci la luce!».

14. Ora l’intera grande compagnia riflette molto su questo, e molti cominciano a mettere le loro mani al petto e sul loro cuore.

110. Capitolo

Il Signore ricompensa Bruno per l’abbondante pesca di anime tenebrose

1. Ma Io dico a Bruno: «Mio caro Bruno, tu sei veramente un buon pescatore. In un colpo solo Mi hai portato una rete piena. Questo è un vero capolavoro, che è degno della sua buona ricompensa in piena misura! Solo quando toglieremo questi pesci dalla rete sarà davvero possibile decidere se parecchi tra questi dovremo separarli e gettarli di nuovo in mare a causa della loro eccessiva magrezza. Ma questo non rende minore in nessun caso il tuo merito dinanzi a Me, poiché la cernita è solo cosa Mia, mentre a te spetta solo la cattura dei pesci quale pescatore inviato da Me. Ogni pescatore ha già fatto tutto se ha riempito la sua rete, e non deve vedere se i pesci sono buoni o cattivi. Ma Io, quale Signore, posso poi stabilire quali pesci sono adatti a Me e quali no.

2. Tu però va ora da Roberto, egli ti darà un vero ristoro a base di pane e vino, ed una veste d’onore a te confacente»

3. Dice Bruno: «O Signore, difficilmente io sono degno della Tua pur minima Grazia; come potrei accettare da Te una cosa così grande? Signore, ciò che vuoi fare per me che sarebbe di troppo, fallo piuttosto a questi poveri pesciolini che Tu togli dalla rete perché troppo magri. Lascia però me come sono adesso, poiché in verità, nella Tua santa vicinanza, non ho né fame né sete, e la Tua Parola è per me la più preziosa veste d’onore!»

4. Dico Io: «Mi piace estremamente tanto la tua grande umiltà e semplicità, ma tuttavia devi fare quello che ti ho raccomandato. Vedi, una volta anche il Mio Pietro non voleva accettare che Io gli lavassi i piedi, ma quando gliene spiegai il motivo, allora voleva che gli lavassi l’intero corpo, ma ciò sarebbe stato troppo. E vedi, così ora stanno le cose anche con te. Tu devi perciò prima essere fortificato con pane e vino e venire purificato con la celeste veste d’onore, affinché poi questi pesciolini vengano fortificati e veramente ridestati dalla tua sfera. Ma se prima tu non fossi preparato a questo, allora le cose non potrebbero proprio procedere neanche con questi tuoi pesciolini. Il motivo di questo lo comprenderai del tutto solo più tardi. Fa’ perciò come ti ho consigliato, e poi comincerà ad andare subito bene con la separazione di questi pesci»

5. Quando Bruno sente questo, diventa completamente sereno e dice pieno di gioia: «O Signore, Padre! Se è così, voglio subito mangiare e bere per mille e indossare la solare veste d’onore!»

6. Dico Io: «Mangia e bevi ciò che ti viene dato e indossa la veste che ti viene offerta, e allora i tuoi pesciolini riceveranno quanto prima la vista per vedere Me e tutti coloro che sono qui radunati intorno a Me!»

7. Quando Bruno comprende questo, si inchina profondamente davanti a Me e corre subito da Roberto. Costui gli porge amorevolmente un modesto pezzettino di pane e un piccolo calice di cristal lo con un po’ di vino. Bruno consuma il pane e anche il vino offerto, per così dire, tutto d’un fiato, ma poi sente ancora un considerevole appetito. Roberto però non fa nessuna mossa per offrirgli di nuovo questo dono, ma prende la nota veste d’onore che Bruno indossa subito nell’opinione di sentirsi un po’ più sazio con questo. Tuttavia non è così, poiché ora si sente veramente affamato ed assetato, e chiede ancora a Roberto del pane e del vino in dono.

8. Roberto però lo indirizza da Me e dice: «Quello che manca lo troverai dal Signore! Va’ ora! Io faccio solamente secondo la Sua Volontà!».

111. Capitolo

Bruno vorrebbe bruciare nell’Inferno le anime lussuriose, ma il Signore gli spiega il vero comportamento in sintonia con l’Ordine celeste

1. Bruno si reca subito da Me, indossando una toga bianca pieghettata, guarnita con strisce rosse e dice: «Signore, io povero peccatore, Ti ringrazio per questa grazia inestimabile di cui Tu mi hai degnato senza che io ne abbia merito. Da parte mia ora sono felicissimo, sento ancora solo un po’ di fame e anche un po’ di sete. Ma non fa nulla, poiché la beatitudine, che ora fluisce da Te, scorre attraverso tutto il mio essere e non mi fa sentire né la fame né la sete. Ora sono beato, ed il mio cuore sente per la prima volta un vero e puro celestiale amore per Te, o Signore, ed anche per tutti questi poveri fratelli e sorelle. Oh, questo è un amore del quale i deboli mortali raramente potrebbero provare qualcosa, poiché gli stessi uomini migliori sulla Terra amano più se stessi che i loro migliori amici. Quanto meno ameranno poi i loro nemici? Ma se penso al significato che ha l’amore sulla Terra! Oh, tu maledetto amore [terreno]!

2. Per quanto potentemente il mio cuore sia ora colmo di puro e celestiale amore, e per quanto io auguri con tutta l’anima a tutti questi poveri peccatori e peccatrici la remissione dei loro peccati, non sento tuttavia la più piccola misericordia per i caproni [libidinosi] senza coscienza ed avrei una vera gioia nel vederli bruciare a lungo all’Inferno, finché avessero espiato la loro lussuria fino all’ultima goccia. Non auguro nulla di male a nessuno, ma ai cattivi non auguro nulla di buono finché non si siano mostrati degni attraverso una completa penitenza. Ci saranno anche tra questi pesci portati qui da me alcuni serpenti e vipere marce, che nel mondo si sono dati molto da fare con raffinata libidine; eppure per essi tuttavia chiedo grazia e misericordia, perché tra di loro la maggior parte non sapeva ciò che faceva. Ma altrove però ce ne sono molti che sanno anche troppo bene ciò che fanno. Per questi farabutti io non prego; costoro devono gustare tutta l’asprezza del Tuo giudizio!»

3. Dico Io: «Mio caro Bruno, tu senti ancora la fame e la sete! Sai da che cosa derivano? Vedi, questo dipende dal fatto che nel tuo cuore risiede ancora un piccolo giudice! Questo giudice è di per sé molto giusto e corretto, ma ciò nonostante non è nel Mio Ordine!

4. Se tu vuoi essere completamente in sintonia con il Mio Ordine, devi rimuovere anche questo giudice dal tuo cuore! Dopo non sentirai più in eterno nessuna fame e nessuna sete. Infatti, vedi, Io soltanto sono un Giudice buono e giusto nella pienezza della Mia Potenza e Forza. E tuttavia Io Stesso non giudico nessuno! Ma ognuno giudica se stesso secondo il suo amore. Se questo è puro e buono, allora anche il suo giudizio su se stesso sarà buono; ma se il suo amore è impuro e cattivo, allora lo sarà altrettanto anche il suo giudizio. Ma se Io non giudico nessuno dalla Mia Potenza e Forza, quanto meno puoi giudicare qualcuno tu!

5. Com’è fatto questo mondo e questi viennesi e quale spirito li anima, questo lo so Io meglio di tutti. Essi si sono coricati senza di Me, perciò si riposino anche così come si sono coricati per il tempo e per l’eternità. Hanno commesso ogni genere di incesti, perciò riposino ora anche su giacigli insanguinati. Questo sangue grida a Me per vendetta in molteplici modi. Ma Io non voglio tuttavia fare vendetta, ma Mi limiterò a permettere semplicemente che gli incestuosi di ogni specie si sbranino l’un l’altro come tigri e si diano tra di loro la ricompensa che si sono reciprocamente meritati. E questo è l’Inferno in piena misura. Un altro Inferno non esiste da nessuna parte, se non solo questo che si è formato dall’egoismo nel cuore dell’uomo.

6. Chi non condanna se stesso, non lo condanniamo nemmeno noi. Ma chi si condanna per un cattivo amore del suo stesso cuore, costui deve essere anche condannato! In breve, ad ognuno sia fatto ciò che egli stesso vuole. E il fatto che sia lui a volere ciò che gli capita è il suo diritto, il sommo e più completo che gli possa toccare in sorte. Da parte nostra non deve mai mancare di indicare a tutti, secondo la loro comprensione, la giusta Via e guidarli al bene mediante un giusto insegnamento. Se vogliono percorrerla, sarà bene per loro. Ma se proprio non vogliono, non verrà inflitta loro nessuna punizione da parte nostra, ma solo ciò che vogliono essi stessi, e con questo essi hanno giudizio e punizione in abbondanza! Se però con il tempo, costretti dalla loro sofferenza, vogliono mettersi di nuovo sulla buona via, allora non vengano mai poste in eterno sulla loro via barriere che li ostacolino.

7. Vedi, questo è il vero Ordine celeste del purissimo Amore del Mio Cuore! Quest’Ordine deve anche diventare completamente tuo; allora sarai così perfetto come lo sono Io Stesso e non sentirai mai più un vuoto opprimente nelle tue viscere. Quando sarai saziato e purificato in questo modo, ti sarà facile aiutare tutti costoro che hai portato qui dalla tua propria pienezza, ovunque necessitino di un qualche aiuto. Li sazierai e spegnerai la loro sete. Tu vestirai gli ignudi, libererai i prigionieri, consolerai gli infelici e guarirai i miseri; ed ai ciechi tu stesso aprirai gli occhi e farai in modo che i sordi odano la Parola della Vita. Ora rivolgiti nuovamente ai tuoi pesciolini ed apri loro gli occhi e gli orecchi del loro cuore per l’eternità!».

112. Capitolo

Bruno istruisce i suoi tenebrosi allievi, in particolare sulla sostituzione della volontà umana con quella Divina.

Sul superamento degli istinti sessuali.

1. Questo insegnamento trasforma celestialmente Bruno il quale, rivolgendosi subito ai suoi pesciolini, comincia ad insegnare in maniera giusta.

2. Ma quando arriva alla fine del suo insegnamento, dice uno che è un neo-cattolico: «Amico, le tue parole sono state raffinate, ma a che pro tutte queste sagge frasi teosofiche? Vedi, Mosè narra nella sua Genesi: “Quando Dio iniziò l’Opera Creativa, era notte nell’intera Infinità. E Dio disse: ‘Sia Luce’. E fu luce negli spazi infiniti! Quando l’Infinità fu illuminata in questo modo, soltanto allora l’onnipotente Spirito di Dio, il quale aleggiava su tutte le acque e su ciò che esse contenevano, cominciò a dividere queste acque ed a ordinare il loro caos”. E questo fu davvero un sapiente operare degno di un Dio. Tu però con noi cominci la via proprio al contrario. Infatti hai parlato molto e in modo ben ordinato di Cristo e della Sua esclusiva Divinità, del Suo Amore, della Sua Bontà e Misericordia ed anche che Egli si trova molto vicino a noi. Ma a che cosa ci serve tutto questo, se non abbiamo occhi per vederLo e poi giudicare se Lo è veramente?

3. Perciò dì anche tu, se possiedi un qualche potere, ciò che disse la Divinità, rivolgendolo verso di noi: “Sia Luce!”. Poi tutto il resto verrà da sé, una volta che abbiamo ottenuto la vista. Se invece parli di tutto ciò che tu vedi, ma noi all’infuori di te non possiamo scorgere e percepire nulla, come possiamo prestare fede alle tue parole? Perciò rifletti e fa’ ciò che ci serve in primo luogo, così speriamo che non agirai contro l’Ordine celeste, essendo stato proprio quest’Ordine alla base del primo divenire di tutte le cose!

4. Non comprendiamo ancora perché adesso vediamo ancora meno di quanto vedessimo subito dopo il nostro arrivo qui. All’inizio vedevamo assai bene la sala molto spaziosa, e altrettanto anche il cosiddetto Salvatore Gesù, Roberto Blum, Messenhauser,

Jellinek, Becher, Elena, il patetico Dismas, il suo amico Max Olaf ed un paio di dozzine delle più belle danzatrici. Ed ora tutti quanti noi non vediamo e non udiamo più nulla di loro e dei molti altri! Dov’è dunque l’inghippo?

5. Su questo non ci hai saputo dare finora nessuna risposta, ma hai promesso che Dio, il Signore Stesso, avrebbe aperto gli occhi a tutti noi. Ora invece non accade nulla di tutto ciò! Esegui perciò tu questo su di noi, così tutto il resto verrà da sé!»

6. Dice Bruno: «Amici, basta avere solo ancora un po’ di pazienza, e vi sarà fatto ora ciò di cui avete specialmente sete. Tu ora mi hai presentato in modo assolutamente sapiente l’Ordine di Dio nella Creazione del mondo, ma con voi non deve procedere come con Dio nella Creazione delle acque primordiali delle Sue eterne Idee, ma solo come una levatrice con un bimbo neonato. Nel bambino l’aprire gli occhi non è la prima cosa, quindi come dovrebbe essere diverso per voi? Lasciatevi prima togliere volontariamente dal corpo materno della vostra sensualità, soltanto dopo si vedrà quanta Luce divina sopporterete tutta in una volta! E così avvenga nel Nome del Signore!»

7. Interviene un altro, che si trova accanto al precedente oratore, il quale, con occhi beffardi e lingua sarcastica, dice: «No, no, carissimo, in questo modo sei diventato un potente ostetrico celeste! Peccato che una cosa così i padri liguoriani sulla Terra non sono ancora venuti a saperla! Forse essi ti avrebbero già scolpito come patrono miracoloso col nome di “ostetricus coelestis” su un altare maggiore di legno e finto oro, ed avrebbero fatto celebrare già alcune buone messe in tuo onore per ottenere dei parti facili versando alcune centinaia di monete d’argento. No, tu sei un uomo assolutamente abile! Sei in grado di salvarti da ogni impaccio!

8. Ma dimmi, quale patrono di tutte le faccende di parto, quante volte deve nascere veramente un’anima finché possa dire finalmente: “Grazie a Dio, ora sono uscita dall’ultimo corpo materno in una costante luce diurna”? Io penso che nessuna anima in eterno raggiungerà questo con la tua costituzione celeste. Non c’è da stupirsi che un Nicodemo si vide costretto una volta a chiedere a Cristo, che gli stava spiegando qualcosa sulla rinascita dello spirito, se dovesse di nuovo infilarsi in un corpo materno! Mi pare che tutta la vostra sapienza celeste non sia composta da nient’altro che unicamente da nascita e morte, e poi nuovamente da rinascita e quindi anche da un’altra morte! Dicci sinceramente quante volte eserciterai su di noi la tua professione di ostetrico celeste, finché giungeremo alla vera luce degli occhi! Dacci luce, luce, amico ostetrico! Allora tutto andrà meglio, senza molto ostetricismo, poiché senza luce ogni chiacchiera è una stupidaggine di vecchie donne! Comprendi tu questo?»

9. Dice Bruno: «Amico, lasciatelo dire seriamente, con la grossolanità nessuna anima è andata lontana qui nel regno degli spiriti! Io non ti giudicherò mai in eterno per questo, ma tu stesso ti allontanerai sempre di più dalla meta della tua destinazione. Perché dunque domandi quante volte dovrai nascere da un corpo materno, finché giungerai ad una vera piena luce? Io ti dico: “Certamente ancora alcune centinaia di volte se rimani nel tuo stato d’animo ostinato ed assai grossolano!”.

10. È proprio così difficile congedare la propria volontà e mettere al suo posto la Volontà dell’Ordine divino e consolidarla con i fatti? Se tu lo avessi già fatto sulla Terra, saresti già da molto tempo nato da un corpo materno per l’ultima volta e ti troveresti già nella verissima Luce di ogni luce! Tu invece non solo non hai congedato la tua volontà, ma non ti è mai passato per la mente di ostacolare anche solo minimamente la tua volontà di supremazia. E così ora devi anche adattarti ad essere cieco, come tutti coloro che erano fatti - e lo sono ancora - come tu sei fatto purtroppo ancora!

11. Devi volere ciò che vuole Dio, così giungerai alla luce! Ma se vuoi sempre quello che vuoi tu, allora questo tuo stato durerà disperatamente a lungo. Hai ben compreso queste parole?»

12. Dice il grossolano: «Sì, fratellino sant’Ostetrico, l’ho ben compreso! Ascolta, tu sei però molto stupido e hai detto una cosa che non ha né capo né coda! E se ha un qualche capo, allora è quello di un baccalà pronto per un viaggio!

13. Dimmi: chi può bandire la propria volontà e innestarne una estranea nella propria anima? È curioso come tu, che sei un vedente, non riconosca il fatto che io posso fare mia la volontà di un estraneo se non mediante la mia stessa volontà. Se però io non avessi nessuna volontà propria, allora vorrei proprio sapere con quale volontà potrei volere quello che un qualunque altro mi volesse imporre di volere. Ti ho sempre ritenuto un po’ stupido, ma che tu lo fossi così enormemente, non me lo sarei mai sognato! No, non avere nessuna volontà, e nonostante ciò volere tuttavia inflessibilmente ciò che un altro vuole! Questo è ancora più assurdo del fatto che qualcuno volesse conferire ad un altro un dominio, quando egli stesso non possiede nemmeno una conchiglia! Dimmi per favore: ti sei impadronito forse di questa sapienza da S. Ignazio di Loyola? Oppure ti sei guastato il cervello con un grappino mal riuscito?

14. Ma ora bando agli scherzi! Dimmi sinceramente se sei davvero così stupido oppure se ci prendi in giro solamente per il tuo divertimento personale! Guarda, un uomo senza volontà non sarebbe nient’altro che un meccanismo organico di orologeria senza spirale o peso. Io penso che l’uomo può mettere la sua volontà per un po’ di tempo al servizio di qualcun altro, facendo e volendo quello che un qualsiasi altro vuole, sia che questo sia qualcosa di ragionevole o di irragionevole. Ma privarsi completamente della propria volontà, così come una donna incinta si libera del suo frutto, e poi farsi immettere in un certo senso un’altra volontà, questo supera perfino l’orizzonte dell’ultima stella fissa! Inteso in senso evangelico, sarebbe come dire: tagliati le due mani e anche i due piedi e fattene poi attaccare un paio di estranei e vedremo che salti da capriolo potrai fare. Dunque fatti furbo, amichetto, furbo! Se possiedi una forza, usala a nostro vantaggio! Ma risparmiaci per sempre le tue parole vuote, signor Brunissimo!»

15. Bruno ora fa di tutto per calmare il suo animo un po’ agitato, ma sembra che il grossolano non voglia saperne di uscirgli completamente dal cuore [lasciandolo così in pace]. Dopo aver calmato il suo interiore sempre più, Bruno dice al grossolano: «Amico, dal tuo discorso intenzionalmente offensivo ho capito chiaramente che non hai compreso per nulla le mie parole. Già prima vi ho esortato ad una giusta pazienza, senza la quale nessun uomo può giungere a qualcosa di eccellente. Poi vi ho mostrato come un uomo avanza e giunge alla meta desiderata solamente quando imprigiona la sua propria inutile volontà fino al punto che essa accoglie in sé la volontà di un sapiente e poi non fa più agire la propria distorta, ma lascia operare unicamente la migliore volontà estranea come forza attiva in sé.

16. Io penso che la cosa dovrebbe essere chiara! Ma tu trovi in questa importantissima verità solo una stupidaggine, perché concepisci la cosa in un modo per cui, secondo te, ci si dovrebbe - prima -ridurre completamente senza volontà, per accogliere - solamente dopo - una volontà estranea agente in sé al posto della propria. Ma chi ti ha dato un simile insegnamento? Lo so bene quanto te - e forse anche meglio - che senza volontà non si può assolutamente volere quello che vuole una seconda volontà, perché un uomo senza volontà sarebbe o un muto automa o una pura e semplice statua. E così si intende da sé che un uomo può fare in modo che la volontà di un altro si riversi in se stesso solo se con la propria volontà vuole fermamente la volontà di un altro e poi vi regola le sue azioni.

17. La volontà è il braccio delle necessità umane; chi dunque vuole modificare la sua volontà, deve dapprima modificare le sue necessità. Se all’uomo la pigrizia è una necessità congenita, allora questa necessità impone all’anima il bisogno di non fare nulla. Se per l’uomo la soddisfazione della sua carne è una necessità, allora l’anima è costretta a fare di tutto per soddisfare la carne. Ma l’uomo però ha anche una capacità più alta di conoscenza, con la quale egli riconosce la vergogna delle necessità grossolane. Con questa può combattere tali necessità impure, e alla fine le può bandire completamente e può metterne al loro posto delle migliori, cioè divine, il che equivale a sostituire la propria volontà materiale con una vera divina! Ed è questo che io chiedo a voi tutti nel Nome del Signore.

18. Ma se io vi chiedo solo questo e nient’altro, allora dimmi: per quale motivo mi hai affrontato in questo modo così indegnamente grossolano e rozzo?»

19. Dice il grossolano: «Se tu avessi parlato anche prima in modo così comprensibile con noi, allora mi sarei rivolto a te in tutt’altro modo. Ma tu hai sempre parlato solo troppo saggiamente e con fedeltà alla dottrina, tanto che non avremmo potuto comprenderti nemmeno con la migliore volontà. E la spiacevole conseguenza per te è stata che per questa ragione ho dovuto farti arrivare alcuni “complimenti” nel nome della nostra numerosa confraternita. Ma ora li ritiro, perché dal tuo ultimo discorso, col quale hai apportato delle rettifiche, ho visto che non sei così stupido come io credevo. Dopo la tua ultima rettifica le [tue] quotazioni sono salite di molto, e noi tutti riconosciamo ora la necessità di ciò che hai detto sulla pazienza e lo scambio della volontà umana. Sì, sì, in questo modo può anche andare, anche se con qualche difficoltà, perché un cavallo vecchio accetta difficilmente un nuovo addestramento rispetto ad un cavallo giovane; ma non fa nulla, se la pura pazienza si trova al posto giusto!».

113. Capitolo

Il pensiero della gente comune, nel 1849, riguardo alla Chiesa romana: “Se gli stessi preti non rispettano la Dottrina, ciò significa che essa non è divina!”

1. Continua a parlare il grossolano: «Che però noi uomini siamo ora disumanamente stupidi, specialmente nelle cose della religione di Cristo, nessun Dio può farcene una colpa! Infatti l’alto e il basso sacerdozio è stato così bravo ad amministrare il caro insegnamento di Cristo ai suoi scopi che alla fine anche l’ultimo allevatore di porci doveva accorgersi come i servitori della santa religione, che abbondavano di benessere, non mettevano niente così tanto a cuore nei fedeli battezzati dell’unica vera chiesa cattolica-romana quanto la cara celeste povertà, l’amore, la pazienza e l’obbedienza incondizionata prima di tutto verso la chiesa ed i suoi servitori divini (e che altro potevano essere?), ma poi anche verso lo Stato, nella misura in cui questo favoriva la causa dell’unica chiesa che rendeva beati!

2. Io stesso mi sono trovato spesso a parlare con semplicissima buona gente che criticava simili meschinità e diceva che la religione non era altro che un sottile mezzo, già studiato in tempi antichi, per abbagliare la povera gente e fare in modo - mediante immagini infernali o celesti e brillanti inganni - che essa, per paura dell’Inferno o per grande desiderio del Cielo, portasse alla pigra casta dei preti i migliori bocconi, mentre la stessa semplice e buona gente doveva vivere peggio del più comune cane in catene, naturalmente tutto per il “massimo onore di Dio!”. Da queste constatazioni quindi si deduceva chiaramente che un Gesù non era mai esistito, oppure che era impossibile che Egli potesse essere il Figlio di Dio! Infatti, se si considerava la disposizione creativa del mondo, che è infinitamente saggia, ed oltre a ciò si consideravano i “lodevoli” principi della religione cattolica-romana - l’unica che rendeva beati - secondo la quale si doveva credere a tutto senza pensare a quanto ciò potesse essere stupido o contraddittorio, e si doveva poi ancora professare che solo l’insegnamento romano fosse la pura cristianità, ebbene, da tutto questo si poteva certo dedurre che lo stesso Dio, che ha creato tutto così saggiamente, non poteva aver dato un simile insegnamento per il risveglio dell’uomo.

3. Vedi, Bruno, così filosofeggia la gente semplice! Come dobbiamo poi giudicare noi intellettuali le stupidaggini, le bugie e gli inganni della chiesa cattolica-romana? Ed in quale considerazione deve stare il fondatore di un tale insegnamento, che si lascia plasmare in tutte le forme immaginabili come la cera o il gesso?

4. Si dice anche: “Il papato assomiglia al puro insegnamento di Cristo altrettanto poco quanto uno stivale sporco assomiglia ad una Venere dei Medici”. Ma questo non cambia il mio giudizio sul Cristianesimo e sul suo Fondatore, poiché ciò che proviene da Dio, nessun egoismo umano può modificarlo minimamente. Quindi, se l’Insegnamento di Cristo fosse divino, allora dovrebbe andare a farsi benedire il fatto che la misera umanità potesse modificarlo secondo il proprio egoistico piacimento! Ma davvero la Divinità dovrebbe tenerci tanto a dare agli uomini anche il permesso, con l’insegnamento dell’assoluto libero arbitrio, di usare la Dottrina di Cristo per commettere azioni abominevoli a loro piacimento? Allora, amico, addio Divinità! Infatti, perfino un cieco deve comprendere che all’umanità una tale Dottrina serve ancora meno che non averne nessuna!

5. Io penso però che, davanti ad una Dottrina puramente divina, ogni uomo dovrebbe avere il massimo rispetto e venerazione come davanti ad un sole nascente, e ne dovrebbe avere ancora di più l’annunciatore di un simile Insegnamento divino. Invece sono proprio i preti a rispettare meno di tutti la pura Dottrina di Cristo, anzi addirittura la modificano fino a farla diventare una pura opera umana per i loro scopi estremamente avidi di dominio ed egoistici! Dunque, se essi sono addirittura in contrasto stridente con ciò che impone l’Insegnamento originale, allora ogni uomo dal pensiero lucido dovrebbe trarre tra sé e sé la seguente conclusione: “Una Dottrina che non gode in effetti di nessun rispetto perfino dai preti, ma viene realizzata solo da cerimonie esteriori e senza significato, non può essere divina!”. Infatti, perfino le bestie hanno rispetto davanti a cose puramente divine; quanto più non ne deve avere l’uomo dotato di ragione!

6. Chi può, alla vista del sole nascente, rimanere senza rispetto davanti alla grande Divinità? Chi non è commosso dalla vista di alte montagne maestose? Chi può contemplare il mare senza rispetto e rimanendo indifferente? Quale petto non viene scosso dal potente fragore dei tuoni? Vedi, queste sono cose divine dinanzi alle quali ognuno trema di profondo rispetto. Ma che dire della Parola che dovrebbe essere di Dio? Che dire dunque della Divinità? Se per i preti non è altro che una pomata vendibile, che cosa deve essere per noi profani che non siamo dottori dell’Insegnamento divino?

7. Se l’uomo a causa di ciò deve inevitabilmente nausearsi di un tale Insegnamento divino, c’è forse da meravigliarsi se poi ogni uomo ragionevole si foggia regole di vita dalle necessità della sua natura, vive secondo queste e gode, con modo e misura, tutto ciò che la cara Divinità gli prepara perché se ne diletti in modo naturalissimo?

8. Non ho nulla da obiettare contro i princìpi del puro Insegnamento originale di Cristo; essi sono buoni e adatti ai bisogni dell’umanità in un modo del tutto secondo natura. Ma a che serve se, per essere un buon cattolico, non li si può e non li si deve usare?

Infatti, se la Divinità guida tutto comunque, non Le dovrebbe essere anche possibile preservare il Suo stesso Insegnamento da simili devastazioni? Ma dove si scorge una tale preservazione? Amico, sull’intera Terra, per quanto ne so, ciò non si scorge da nessuna parte!

9. Ma se le cose stanno effettivamente così, allora noi tutti ti preghiamo di mostrarci come può accadere che l’Insegnamento di Cristo - ammesso che questo insegnamento sia comunque divino -venga considerato una vera nullità proprio da coloro che dovrebbero percepire più profondamente la sua divinità e che venga profanato in ogni modo immaginabile, cadendo così in discredito naturalmente anche presso tutti gli uomini che ci vedono più chiaramente.

10. Dimostraci la divinità dell’Insegnamento di Cristo, allora ti crederemo sulla parola per ciò che dirai dei doveri che Dio chiede agli uomini per il loro miglioramento mediante il Suo Insegnamento. E se noi abbiamo peccato, allora vogliamo pentirci volentieri dei nostri peccati ed espiarli se è possibile!

11. Ma dovresti naturalmente dimostrarci che l’uomo può peccare anche senza leggi. Noi però, in quanto uomini dal pensiero lucido, necessariamente per i motivi descritti prima non avevamo nessuna legge, e ancor meno una concreta Legge divina, all’infuori di quella insita nella nostra natura che abbiamo sempre rispettato; e pertanto non potevamo osservare nessuna legge. Ora ti prego, amico, se hai voglia di parlare, parla! Altrimenti lasciaci andare dove i nostri sensi ci indicheranno la retta via!».

114. Capitolo

L ’Insegnamento di Dio è dato in modo variegato, affinché ogni spirito possa succhiare da esso il nutrimento che gli si addice

1. Dopo questo chiaro discorso del nostro uomo grossolano, Bruno si rivolge a Me per ottenere una giusta illuminazione, al fine di riuscire a contrapporre all’oratore e ai suoi compagni una efficacissima obiezione.

2. Ma Io gli dico: «Parla, e non preoccuparti per le parole! Troverai la giusta risposta sulla tua stessa lingua!»

3. Con questa assicurazione Bruno si rivolge nuovamente all’oratore e dice: «Amico, se possiedi una giusta pazienza e una vera attenzione, sono dispostissimo ad accettare il tuo invito»

4. Dice il grossolano: «Avanti! Queste qualità non devono mancare né a me né a qualcun altro di questa compagnia. Basta però che tu non estenda il tuo discorso oltre l’età di Cristo!»

5. Dice Bruno: «Va bene, cari amici, il mio discorso sarà breve e buono. Ascoltate dunque.

6. Tutti i doni temporali della Divinità sono dati agli uomini in modo che l’uomo incompleto col suo intelletto naturale, che non sa assolutamente apprezzare i doni, abbia sempre qualcosa da criticare riguardo ai doni stessi. Infatti, per uno il sole in estate splende in modo troppo cocente: egli preferirebbe un’eterna primavera; per un altro invece l’inverno è terribilmente fastidioso: un’eterna estate gli sarebbe di gran lunga più gradita; per un altro la vita umana è troppo corta; per un altro invece la vita umana è spesso noiosa fino alla disperazione, tanto che egli stesso se l’accorcia violentemente; un altro ancora vuole che tutta la Terra sia un suolo fertile, solido, mentre un inglese vorrebbe avere il mare ancora più esteso di quanto non lo sia già; così alcuni vogliono soltanto campi, altri solo prati, altri ancora solo giardini, altri infine solo città e fortezze. E si potrebbero citare ancora mille cose diverse! Già, io difficilmente ho incontrato due persone che volessero la stessa identica cosa.

7. Ecco perché gli uomini, mai contenti, non possono lasciare i doni divini come sono stati dati, ma li trasformano sempre a loro piacimento e secondo i loro bisogni terreni. Gli animali vengono catturati, macellati e la loro carne viene consumata dopo averla preparata in svariati modi diversi. Gli alberi e le piante vengono trapiantati e innestati. L’uomo non è contento di nessun ordine e se ne fa da sé uno migliore. Ecco che, anche se la Natura indicherebbe che gli uomini vadano nudi e dormano d’estate sotto il cielo oppure in caverne o grotte d’inverno, essi non sono contenti di questo e perciò si fanno fra l’altro perfino degli abiti molto lussuosi e si costruiscono ogni genere di case e abitazioni.

8. Perché gli uomini si immischiano nella sublime Creazione di Dio e mostrano così facendo alla Divinità, nei fatti, che non sono per nulla soddisfatti del primo Ordine posto dal Creatore? È una fortuna per le costellazioni del cielo il fatto di non poter essere raggiunte dalle mani dell’uomo, altrimenti avrebbero avuto già da tempo un altro ordine. Cosa lascia l’uomo di intatto quando esso lo può raggiungere con i suoi sensi e le sue mani? Io ti dico: “Nulla!”. Ma credi forse che per il fatto che gli uomini incontentabili abbiano messo le loro mani su alcune cose e le abbiano perfino manipolate completamente, credi dunque che per tale motivo tutte le cose della Terra non dovrebbero essere state create da Dio? Amico, rispondi prima a questa mia domanda, poi possiamo continuare a parlare in modo ragionevole e saggiamente dell’Insegnamento di Dio!»

9. Dice l’oratore: «Ebbene, la cosa mi pare ragionevole! Da come ora comincio pian piano a capire, potresti perfino riuscire a farci comprendere anche la Divinità di Cristo. Continua ora, perché è davvero interessante sentirti parlare in questo modo!»

10. Continua a parlare Bruno: «Bene, visto che voi tutti accettate ciò che vi ho detto, voglio continuare ad esporvi, nel Nome del Signore, la causa di Dio. Ebbene, riguardo al Suo Insegnamento le cose stanno proprio così come stanno riguardo alle altre Sue creazioni. Davanti agli occhi dell’intelletto mondano l’Insegnamento divino è una stoltezza del massimo disordine e l’intelletto cerca invano quell’ordine fisso che esso stesso chiama logica naturale. Miracoli e insegnamenti moralistici, che per lo più vengono riferiti in immagini mistiche, sono mescolati tra di loro pressappoco come cavoli e rape. Qui si legge un racconto fantastico, là un’ammonizione, in un’altra parte una morale di per sé pregiatissima, ma, per l’intelletto mondano, essa sta bene con le altre immagini ed avvenimenti ancora meno di quanto stiano bene in un prato coltivato da un contadino dei fiori cresciuti alla rinfusa. Questo però non contraddice per nulla l’Ordine divino nell’Insegnamento di Dio dato agli uomini, ma piuttosto lo conferma. Infatti, proprio con questo la Divinità costringe la natura indolente degli uomini a pensare continuamente e a ricercare in molteplici forme per mettere ordine in ciò che all’inizio, nell’esteriorità dell’Insegnamento, sembrava messo lì in modo così disordinato e completamente senza logica.

11. Che cosa penseresti della Divinità se per esempio sulla Terra le cose fossero disposte in modo che in certi posti, definiti con precisione matematica, crescesse solo una determinata specie di frutto e in un altro posto crescesse invece un frutto diverso? Se poi un padre di famiglia seminasse una determinata specie di frutto in una superficie predisposta invece ad un’altra specie e quindi non ne raccogliesse nulla, come si metterebbero poi le cose con la nutrizione della sua famiglia?

12. Perciò il sapiente Creatore ha posto un ordine invariabilmente fermo solo là dove è necessario e salutare per gli uomini. Ma le cose di cui deve occuparsi il libero spirito umano sono mescolate in tutti i modi da Dio, affinché lo spirito vi possa trovare l’occasione migliore per esercitarvisi per il raggiungimento di certi vantaggi, allo scopo di far propria quella prontezza e forza che qui in questo puro mondo spirituale è la condizione alla base della vera ed eterna esistenza di buone azioni.

13. L’Insegnamento di Dio è dato in questo modo, affinché ogni spirito possa succhiare da esso il nutrimento che gli si addice, possa quindi nutrirsene e con questo crescere e giungere così alla perfezione.

14. Come sulla Terra due piante diverse possono sussistere benissimo una accanto all’altra e raggiungere la loro maturazione, allo stesso modo, dallo stesso Insegnamento di Dio, parecchi spiriti così diversi dal punto di vista della religione di appartenenza possono raggiungere, completamente liberi, la loro perfezione spirituale.

15. Il fatto però che nessun insegnamento su tutta la Terra permetta una simile quantità di specie di culto proprio come lo permette invece l’Insegnamento divino di Gesù Cristo, ciò è la prova principale della divinità di questo Insegnamento e del Suo sublimissimo Annunciatore e Fondatore! Se questo Insegnamento fosse opera umana, come ad esempio un albero riprodotto in legno, nessuno ne potrebbe trapiantare un qualche ramo. Ma poiché l’Insegnamento proveniente dalla bocca di Cristo Dio non è un albero intagliato artificialmente dalle mani dell’uomo, ma un albero piantato da Dio Stesso con tutta la forza vitale, allora succede che i suoi innesti (religioni) fioriscano ovunque e con la giusta cura compaiono infallibilmente anche buoni frutti.

16. Considerate invece gli insegnamenti umani, come ad esempio la filosofia, la matematica e molti altri ancora: essi sono come una macchina che produce, sotto una determinata forma e disposizione, soltanto e sempre lo stesso effetto. In matematica, in tutto il mondo, due più due fa sempre quattro senza nessun settarismo. Un Aristotele ammette solo una setta, vale a dire quella pura aristotelica, come pure un Wolff, un Leibnitz, un Fichte, un Kant ed un Hegel, perché tutti loro piantano solo alberi morti!

17. Non è così invece con l’Insegnamento divino di Cristo. Ogni ramo trapiantato mette radici, continua a fiorire, presto cresce fino a diventare un albero di vita e porta frutti. E questa è la differenza importante tra un’Opera di Dio e l’opera morta di un uomo. Nello stesso tempo questa differenza è anche la conferma più grande dell’innegabile divinità di un Insegnamento, il quale, sotto le più diverse forme di culto, con una buona e coscienziosa cura porta sempre gli stessi frutti vitali.

18. Ma se avete ancora qualcosa da obiettare, siete liberi di farlo! Non vi farò mancare nel Nome del Signore nessuna delle risposte illuminanti che vi devo!».

115. Capitolo

Critiche sulla Chiesa cattolica-romana, sulla sua totale dissoluzione e perché il Signore la tollera.

La notte spirituale serve per avere poi fame di Luce.

1. Interviene l’oratore: «Amico, hai esposto la cosa con sorprendente coerenza, e per questo ti devo ringraziare a nome di tutti gli ospiti! Ma ora arriva ancora una domanda basilare; se rispondi in modo convincente anche a questa, allora ci avrai conquistati tutti, e faremo di te il capo della nostra compagnia. Ecco la domanda.

2. Dunque, secondo la tua saggia argomentazione, Cristo è il Signore e Dio del Cielo e della Terra; così viene spontaneo chiedere quale setta religiosa della Terra sia più vicina alla verità e anche cosa pensi Cristo sul serio della Chiesa cattolica-romana. Chi infatti non conosce il vecchio meccanismo, ambizioso al massimo grado, dell’unica Chiesa che rende beati? La Parola di Dio, appassita e storpiata, è lì solo un’insegna ipocrita, dietro a cui un lupo nasconde la sua feroce avidità. Tutte i possibili attacchi hanno cercato di strappare dal corpo di questo drago-lupo la pelle d’agnello, ma purtroppo finora proprio inutilmente! Questo Moloc, questo drago a sette teste, questa vecchia prostituta universale continua a prosperare e a vegetare in modo indistruttibile ed esercita il suo scellerato mestiere completamente indisturbata dal Cielo!

3. Così se Cristo, che ha rimproverato con energia le infamie dei sacerdoti ebrei in ogni occasione, è Dio e vive come noi dopo la morte dei nostri corpi, dicci come può permettere tali orrori ormai già da più di quindici secoli e come può stare lì a guardare con tranquillità come questi perversi servitori di Dio Lo maltrattino molto di più di quanto abbiano fatto quegli aiutanti del boia dei romani antichi che Lo hanno inchiodato alla croce!? Più dei quattro quinti della cristianità riconosce chiaramente questo cattivo agire e dice: “Tra tutte le sette cristiane, Roma è la più antica e quindi deve sapere anche meglio cosa pensare di Cristo e del Suo Insegnamento!”. Ma agendo in modo direttamente opposto all’Insegnamento di Cristo dimostra che essa stessa non ha mai creduto a questo Insegnamento e con ciò ancora meno a Cristo. Essa Lo cuoce, Lo vende, anzi Lo maledice mandandoLo perfino all’Inferno se Egli dovesse osare di far causa comune con un’altra setta. Facendo essa così, tutti i seguaci di Cristo vengono sconvolti nella loro fede e in questo modo sono poi costretti a voltare le spalle con disprezzo ad un tale Insegnamento!

4. Dimmi: “Se esiste un Cristo, non vede forse tutto questo o non vuole vederlo? Oppure è forse proprio la Sua Volontà che la Chiesa cattolica-romana continui ad imperare così come ha fatto vergognosamente da sempre? Cristo prova sul serio piacere in tali opere? Sul serio conosce soltanto il latino ed ama soprattutto le vuote cerimonie insignificanti? Proprio Lui poi, che durante la Sua vita terrena non ha proferito minacce contro nulla quanto contro il vergognoso servizio esteriore!”. Dunque, amico, sciogli ancora questo enigma per noi e poi saremo completamente del tuo Dio!»

5. Dice Bruno: «Amico, la tua obiezione contro Roma è certamente ben fondata e in verità difficilmente lascia addurre una qualche giustificazione per questa Chiesa. Tuttavia il Signore deve avere un qualche motivo per lasciarla sussistere. È perfettamente vero che la Parola divina di Cristo gode molta più considerazione perfino presso gli ebrei e i maomettani che proprio presso i roma-nucci, i quali fanno di Cristo quello che essi vogliono, e distorcono la Sua Parola santissima come serve meglio alle loro ambiziosissime ed avidissime faccende.

6. Questo albero, ora già molto vecchio, ha subìto, dal punto di vista spirituale, quasi la stessa degenerazione del vecchio castagno in Sicilia vicino all’Etna, il cui seme, già da quasi mille anni, è diventato marcio, putrido e morto. Ma poiché questo albero nella sua giovane età ha prodotto potenti radici e rami molto grandi, così, nei tempi successivi, tra le radici ed i rami si è formata una nuova linea del tronco. Ciò che una volta era un albero unico e sano, ora è diventato un albero molteplice, che sta insieme solo nella corona e che da tanto tempo non sta più insieme come un unico albero nella radice e nel tronco. Certo, questo albero porta qua e là ancora modici frutti, che però sono senza sapore, duri e quasi non più commestibili. Il motivo di ciò potrebbe essere il fatto che l’albero già da tempo ha perso completamente il primo seme principale di vita. È vero che nei tronchi dell’albero diviso, sorti fuori dalle forti radici laterali, si sono formate delle foglie e alcuni semi, ma questo serve poco al tronco principale, dalla cui piena salute dipende anche il frutto commestibile. Questo albero ora viene visto più come una rarità storica che come un vero albero utile, e viene venerato dal popolo semplice con ogni genere di favole e racconti (che esso attribui- sce volentieri alle cose molto antiche) e viene adorato perfino come un santuario da alcuni stolti totalmente ciechi. La cosa migliore di questo albero è che, nel caso di improvvisi temporali, procura una misera protezione ai viandanti.

7. Esattamente così stanno le cose riguardo alla condizione di estremo smembramento della Chiesa cattolica-romana. Essa non ha un tronco vero e proprio e non ha più nocciolo. Esteriormente ha ancora l’aspetto di un albero di vita, ma in fondo lo è altrettanto poco quanto poco il vecchio castagno siciliano è un utile albero da frutto. Essa vegeta ancora ed ha nei suoi membri ancora un’esteriorità vitale, porta anche fiori e frutti, però non sono più commestibili, ma sono invece duri e senza sapore e vengono comprati da alcuni viaggiatori solo come una rarità. Come il naturale albero siciliano è già da tempo in effetti morto ed ora va incontro alla sua totale dissoluzione, così capita anche al debole vecchio albero spirituale di Roma. Io ti dico che presto Roma esisterà solo nei libri di storia!

8. È comunque vero che al suo posto potrebbero starci molti altri alberi sani e vigorosi; ma se è ancora gradito a Dio lasciar esistere tali rarità, anch’Egli deve avere certamente la Sua ottima ragione; perché allora dovrebbe dar fastidio a noi, visto che da tanto tempo non ce ne siamo più serviti ed in tutto il futuro ce ne serviremo ancora meno?

9. Del resto la Chiesa romana mi sembra come una notte della fede, perché con le sue cosiddette funzioni religiose accende sempre delle luci per indicare che in essa, anche nel giorno più luminoso, è sempre notte! Anche la notte ha comunque decisamente il suo lato positivo, poiché essa dà riposo a coloro che sono stanchi. E dove trovano più riposo gli spiriti stanchi se non nella Chiesa della notte di Roma? Essi non hanno bisogno di pensare, né di ricercare, né di andare avanti, ma basta solo che prendano tranquillamente parte ai beni della loro madre (notte) e così possono dormire tranquillamente! Ma se si destano, risvegliati da un qualunque rumore morale o politico, allora nessuno cerca così diligentemente una luce come proprio coloro che si trovano nella notte!

10. E così io credo che il Signore tolleri i tenebrosi cattoliciromani, proprio come la notte naturale accanto al giorno, perché gli uomini in questa notte abbiano tanto più grande appetito di luce! Io almeno sono sempre convinto che i ciechi sono sempre i più grandi amici della luce dei vedenti. Così può essere che di tutte le sette di confessione cristiana, nessuna ricercherà così tanto la vera luce come proprio i seguaci di questa Chiesa della notte. Io penso che da questo dovrebbe essere abbastanza evidente perché il Signore tolleri la “vecchia romana” e per quale scopo essa è effettivamente utile!».

116. Capitolo

Perché il Signore ha permesso la manipolazione della Sua pura Dottrina. Grave comportamento della Chiesa romana e sua futura decadenza. La Dottrina originale, purificata, sprizzerà agli occhi di tutto il mondo come un fulmine!

1. Dice l’oratore: «Amico, ora comprendiamo che l’Insegnamento divino di Cristo può essere ed anche sicuramente è un vero Insegnamento di Dio, anche se Roma ne fa un terribile abuso. Ma non riusciamo ancora a comprendere come il Signore abbia potuto permettere che questa Chiesa, che nei primi tempi era certo puramente apostolica, sia talmente sprofondata negli ultimi secoli da non essere più una Chiesa secondo il puro senso evangelico. Il suo piagnisteo latino, la sua confessione fatta all’orecchio del confessore, il suo sacrificio della messa ed altre sante cianfrusaglie ed in particolare il celibato contrario a tutta la natura, sono fenomeni dei quali nel tempo presente si fanno beffe perfino i barboni, per non pensare ad altre stupidissime consuetudini ecclesiastiche. Ed il Signore tollera una simile grandiosa istituzione di stolti, il cui insegnamento dovrebbe essere una luce di un sole centrale per gli uomini della Terra! Vedi, questo è l’inquietante nocciolo della questione! Su questo, amico, dacci ancora un lumicino!»

2. Dice Bruno: «Cari amici! Perché il Signore possa permettere questo, ve lo dovete spiegare attingendo al santo concetto della necessaria libertà della volontà umana, senza la quale l’uomo non sarebbe uomo, ma solamente un animale oppure un automa. Ma poiché l’uomo, per essere veramente un uomo, deve avere una perfetta libera volontà grazie a cui egli può fare ciò che vuole, così è chiaro che, anche riguardo all’insegnamento per quanto puramente divino, egli deve essere padrone di accettarlo o meno, oppure di riconoscerlo per autentico o no. Ma poiché questo spetta all’uomo, allora è stato anche possibile che col tempo dal puro Insegnamento di Cristo si sia potuto formare un papato assai tenebroso.

3. Già ai tempi degli apostoli c’era chi voleva fare affari con l’Insegnamento meraviglioso di Cristo; anzi, Cristo Stesso ne ebbe uno con Sé che Lo tradì! Non c’era dunque da aspettarsi che col tempo ci sarebbero stati dei bottegai in quantità, per i quali l’Insegnamento di Cristo equivaleva ad una paziente mucca da mungere, la quale senza molto foraggio forniva un’enorme quantità di latte? Infatti, dato che gli uomini avidi hanno compreso questo anche troppo bene, hanno fatto dell’Insegnamento di Dio una merce da vendere, hanno mercanteggiato con questa in tutti i paesi della Terra ed hanno fatto i migliori affari. Questa è stata la prima cattiva azione! Ma quando i commercianti (preti romani di ogni genere) videro che la merce non veniva più comperata così avidamente nella sua pura forma spirituale, in particolare dagli asiatici amanti delle cerimonie e dello sfarzo, allora disposero ben presto la loro merce in modo da soddisfare al massimo i paesi del sol levante. E vedete, il nuovo commercio andò avanti nuovamente bene.

4. Da quest’epoca commerciale datano in primo luogo principalmente l’arrogante taglio al puro Insegnamento di Cristo, l’invenzione del Purgatorio, le indulgenze, le confraternite e parecchie cose simili. Fanno parte di questa seconda epoca anche le crociate che furono molto redditizie per gli scaltri commercianti di Roma. Più tardi, quando gli uomini cominciarono un po’ a comprendere per quale utilità le indulgenze di Roma venivano così tanto esaltate e se ne faceva un così alacre commercio, si dovette porre un freno a questa truffa troppo sfacciata. Si scoprì anche che i commercianti romani stavano in strettissime relazioni d’affari con i saraceni ed a questi comunicavano fedelmente quando sarebbero stati nuovamente colpiti da una crociata, per cui ai saraceni informati doveva essere stato facile accogliere preparatissimi i crociati all’oscuro di queste truffe.

5. Quando gli uomini scoprirono tutte queste truffe, allora i commercianti [di Roma] si dettero alla mistica o più precisamente alla magia: eressero luoghi di pellegrinaggio con immagini miracolose, si immersero completamente nel latino, produssero reliquie miracolose e si costruirono grandi templi con molti altari prodigiosi. Di questo si fa commercio fino ad oggi. Ma poiché attualmente gli uomini ne hanno fin sopra ai capelli dei preti e non hanno più rispetto perfino dell’uomo [di Roma] con lo Spirito Santo, a questi commercianti da poco ora viene meno la fantasia. Adesso non sanno come fare per procurare un abbondante smercio alla loro merce che non è più richiesta.

6. Però, amici, questa volta non si potrà far nulla! La Bibbia con altri scritti illuminati sono troppo diffusi fra il popolo. E questi commercianti hanno dimostrato troppo apertamente che per soldi farebbero di tutto. E così perfino Maria, che per tanto tempo è stata il loro sostegno principale, ha iniziato a prendere congedo da loro insieme al Cristo di legno, il che per questi commercianti è un male senza precedenti. Vorrei quasi scommettere tutta la mia beatitudine se presto non staranno davanti ai popoli facendo una figura non molto diversa da quella di una figlia che si atteggia a moralista e religiosa, e alla fine si scopre invece che è una venale prostituta. Oppure essi, i commercianti intendo, dovranno scendere notevolmente a compromessi, il che però sarà usato come argumentum (prova) contro di loro.

7. E così il Signore purificherà al tempo giusto il Suo Insegnamento in un modo che sprizzerà agli occhi di tutto il mondo come un fulmine! Nel complesso, però, non danneggerà nessuno che, secondo il nome, apparterrà alla Romana, poiché posso rassicurare voi tutti sul fatto che il Signore ha molto a cuore gli agnelli romani. Ma ciò che non è ancora accaduto finora, è ora alle porte!

8. Perciò sia reso ogni onore a Lui soltanto, che guida i Suoi sempre con così dolce mitezza come fa una chioccia con i suoi pulcini!

Io penso che ora, riguardo alla Romana, dovreste avere le idee completamente chiare. E così ora rivolgetevi solamente a Gesù Cristo, affinché vi sia piena luce per l’eternità per voi tutti».

117. Capitolo

Bruno interviene per porre fine a una discussione fra un cattolico bigotto e un neo-cattolico

1. Ora parla il precedente portavoce che aveva parlato prima del cosiddetto grossolano: «Io e l’oratore che ha parlato dopo di me siamo completamente compenetrati dalla chiarezza del tuo discorso. La verità in esso è convincente! Sarà anche infallibilmente come l’hai pronosticato ora nello spirito profetico. Così l’ebreo Gesù il Cristo è certamente quello che mostra di Lui la buona tradizione e ciò che hai detto tu su di Lui. Ma per noi ora è tanto più difficile rivolgersi a Lui, poiché siamo stati tutti insieme grandi peccatori e non abbiamo badato al Suo divino Insegnamento! Egli ci griderà subito: “Lungi da Me, fautori del male, Io non vi conosco!”»

2. Interviene il secondo oratore: «Ma cosa pensi? Ma sul serio credi ancora all’Inferno e al Purgatorio? No, questo non potrebbe venirmi in mente neanche in sogno. Cristo sarà di gran lunga più sapiente e anche migliore di noi due. Dimmi: potresti tu condannare qualcuno, perfino nella tua durezza di cuore, all’Inferno dei Gesuiti, e questo in eterno, se ne esistesse uno? Io dico che allora si dovrebbe essere addirittura un diavolo. Come ti rappresenti allora Cristo se puoi aspettarti questo da Lui?»

3. Dice il primo: «Hai certamente ragione; però tu sai anche che secondo le Sue stesse Parole non entreranno nel Regno di Dio i frequentatori di prostitute, gli adulteri, i ladri, gli assassini, i mentitori, gli spergiuri, gli avari e i duri di cuore. Si dice: “Chi crede e viene battezzato, sarà beato!”; noi di certo siamo stati battezzati, ma non abbiamo mai creduto in nulla, all’infuori di ciò che potevamo toccare con mano. Dunque non possiamo proprio presentarci dinanzi a Cristo con qualcosa che abbia anche solo un’apparenza favorevole per noi. Egli è certo infinitamente buono, ma è anche tanto infinitamente santo e perciò tanto giusto! Come però riusciremo a cavarcela con la Sua Giustizia, questa è un’altra questione!»

4. Dice il secondo: «Ma non hai sentito parlare il nostro amico e guida Bruno su come stanno le cose? Egli è stato inviato a noi da

Cristo, per conquistarci e condurci dinanzi al Signore! Se ci ha conquistato, perché dobbiamo fare ancora tante storie? Noi tutti sappiamo che dinanzi a Dio non valiamo neanche un fico secco, ma se Egli vuole essere clemente e misericordioso con noi, perché dovremmo fare i preziosi come una vergine ad un matrimonio contadino? Qui si tratta di prendere a piene mani quando il grande Signore dei Cieli vuole darci qualcosa e non farci ogni genere di scrupoli gesuitici!»

5. Dice il primo: «Ma se solo tu fossi un pochino più fine! Nel mondo sei sempre stato proprio un sempliciotto; parlerai così anche al cospetto del Signore e di tutti i Suoi santi amici? Allora tremerai certamente come una foglia di pioppo tremola in una grande tempesta!»

6. Dice il secondo: «Ahi, ahi, a quanto vedo in te si cela ancora un intero consiglio gesuitico! Ma non hai fatto attenzione alle chiare parole di Bruno? Egli ha rivelato chiaramente la “truffa Romana”, e tu vai ancora in estasi per la chiesa romana come un religioso che sta per esalare l’ultimo respiro. Ma va, non farmi ridere! Vedi, l’amico Bruno starà proprio fresco se si mette ad osservarti, visto che fai una faccia così stupida e parli come un cocchiere viennese del Venerdì santo quando i [padri] liguoriani aspergono i suoi cavalli con l’acqua santa. Vergognati a tirar fuori qui nel regno degli spiriti tali sciocchezze! Guarda, Cristo, il Signore, dovrebbe perfino ridere di te se ti vedesse con quella faccia!»

7. Dice il primo: «Amico! Ti prego, doma la tua lingua grossolana, altrimenti tu stesso vai all’Inferno! Infatti, esiste un Inferno, come esiste un Cielo. Metti un freno alla tua lingua, altrimenti verrai senz’altro condannato!»

8. Dice il secondo: «Amico Bruno, sii buono e conforta un po’ questo campione, altrimenti qui nel mondo degli spiriti vediamo uno che se la fa nei pantaloni! I presupposti sembrano già abbastanza pronti!»

9. Tutta la compagnia si mette a ridere per questa battuta ed il primo oratore dice: «Ma amico Bruno! Ti prego di chiudere un po’ la bocca larga a questo calunniatore del mio buon nome. Che cosa gli importa se sono stato un amico dei servitori di Dio? Non lasciargli fare tali allusioni, altrimenti tutti cominceranno a ridere di me!»

10. Dice Bruno: «Sii giudizioso, ed allora nessuno riderà di te! Ma se tu vieni qui con evidenti scrupoli gesuitici e in questo modo ritardi la mia opera su voi tutti, allora l’amico Nicola ha ragione quando ti prende un po’ in giro! Chi può dire di essere buono e giusto davanti a Dio, e chi ha dei meriti dinanzi a Lui, l’Onnipotente? Non ha forse detto Egli Stesso: “Quando avete fatto tutto, dovete ancora dire che siete stati dei pigri ed inutili servitori!”? Ma se Lui ha detto così, che senso ha che noi giudichiamo se abbiamo qualche o nessun merito dinanzi a Lui? Se Egli vuole essere clemente e misericordioso con noi, perché dovremmo opporci? Oh vedi, questo è inutile! Noi tutti siamo cattivi, e soltanto Dio è buono! E se ora vuole farci qualcosa per la Sua eterna Bontà, allora sta a noi fare come ha fatto un tempo il peccatore Zaccheo, quando il Signore lo fece scendere dall’albero, prese alloggio in casa sua e poi pranzò con lui. E così facciamo anche noi ciò che un tempo fece Zaccheo!».

118. Capitolo

Continua la discussione fra il cattolico bigotto Bardo e il neo-cattolico Nicola. Il Signore ricompensa Bruno per aver conquistato la compagnia dei mille.

1. Dice Bardo, il primo oratore: «Ebbene, se le cose stanno così, nel Nome di Dio, voglio adeguarmi. Ma che Nicola non sia uno spirito raffinato, lo deve riconoscere egli stesso. Ma poiché egli è stato un neo-cattolico e come tale non ha affatto creduto nel

Signore Gesù, non si deve dare troppe arie, poiché i neo-cattolici hanno voluto fare un Cielo della Terra ed hanno chiamato noi cat tolici stupide teste di pecore. Ma ora, quale spirito, il buon Nicola con molta della sua fede si trova nelle stesse difficoltà di come ci troviamo noi vecchi cattolici. E perciò Nicola non ha proprio biso gno di essere troppo volgare con noi altri!»

2. Dice Nicola, sorridendo alquanto: «Mio stimabilissimo amico Bardo! Non avercela a male se mi sono accalorato un po’ troppo! Comunque avevo almeno buone intenzioni, cosa che nessuno mi può negare. Dimmi se un vero cattolico-romano prega Dio per qualcos’altro che non sia ottenere qualcosa da Lui! Ognuno prega per scopi diversi; ma rendere onore a Dio solo perché Egli, in quanto Dio, è l’Essere più perfetto, ebbene, amico Bardo, io regalo la mia beatitudine ad un papista se mi dimostra che egli anche una sola volta ha pregato Dio con un’intenzione disinteressata. Perciò non darti troppe arie per la tua mansuetudine cattolica-romana! Inoltre io credo che ora sarebbe tempo di seguire il consiglio dell’amico Bruno, perché noi due abbiamo parlato a vanvera a sufficienza!»

3. Dice Bardo: «Questo non è parlare a vanvera! Capisci? Infatti, se si chiama qualcuno asino, anche se lo si fa con giri di parole, per me non è parlare a vanvera!»

4. Dice Nicola: «Ma che cavolo dici? Se ti offendi così tanto perché ti ho detto un po’ la verità, allora ribatti con un’altra verità e poi siamo pari! Vedi, ma non hai ancora capito che noi tutti dobbiamo dare più importanza a Cristo il Signore che al nostro onore reciprocamente ferito? Che cosa è tutto l’onore senza Dio? Perciò, amico Bardo, ora basta con simili stupidaggini terrene; riuniamoci invece tutti secondo il consiglio di Bruno e chiediamo Luce, Grazia e Misericordia al Signore Gesù! Io voglio fare l’intercessore e voi ripetete le parole della preghiera che dico io ad alta voce e dal profondo del cuore, naturalmente se lo volete!»

5. Dice Bardo: «Eh, perché dovrei ripetere proprio come un pappagallo ciò che dici? Sarò ben in grado io stesso di formulare una preghiera!»

6. Dice Nicola: «Coraggio! Non ho nulla in contrario! Infatti ognuno deve sapere al meglio dove le cose non vanno! Ma io presenterò la mia preghiera ad alta voce, ed ognuno è libero di partecipare o no»

7. A questo punto interviene tutta la compagnia dei mille, dicendo: «Prega tu, Nicola, noi ti seguiremo!»

8. Dice Bardo: «Io invece pregherò solo per conto mio, poiché io ne so il motivo»

9. Dice Nicola: «Fa come vuoi ma ti preghiamo di non disturbarci in futuro. Perciò prega in silenzio!»

10. Dopo queste parole è come se a tutti cadesse la benda dagli occhi, ad eccezione di Bardo. Io Stesso Mi trovo poco lontano dal grande tavolo del Consiglio, intorno al quale è radunata ancora la nota compagnia proprio a due passi da Nicola. Tutti osano appena alzare gli occhi e non possono meravigliarsi abbastanza della grande magnificenza e grandezza della sala come pure dell’aspetto prospero e della bellezza degli ospiti.

11. In questo momento anche Bruno si presenta davanti a Me con profonda venerazione e dice: «O Signore! Solo a Te sia reso tutto l’amore, l’onore e adorazione! Io, quale servitore assolutamente inutile, consegno a Te questa schiera la quale, da come sono convinto, Ti appartiene completamente nel cuore»

12. Dico Io: «Hai fatto molto bene! La tua grande pazienza e umiltà hanno compiuto in modo esemplare quest’opera non piccola. In verità, poiché nel tuo primo impegno nel Mio Regno ti sei comportato così magistralmente, devi venire presto messo a capo di cose più grandi, e il tuo amico Nicola deve starti al fianco. Infatti anch’egli, alla fine della tua discussione con questa compagnia dei mille, ha contribuito decisamente a fare in modo che essi ora, eccetto uno che sarà facile da convincere, stanno perfettamente salvi dinanzi a Me, loro Dio, Signore e Padre!

13. In verità, nessuna conquista degli spiriti è più benefica di quella ottenuta mediante una parola vera ed un sapiente insegnamento! Voi avete conquistato questo gregge unicamente con la parola e l’insegnamento, il che è perfettamente conforme alla Mia Volontà e al Mio Ordine. Perciò questo gregge ora è perfettamente libero e nessuna opera miracolosa tiene giudicato il loro cuore. È quindi anche capace di accogliere subito grazie più grandi, e questa è veramente una grande gioia per Me. La vostra ricompensa perciò deve anche essere grande!

14. Tutti coloro che sono venuti da Me prima di voi, avevano fame e sete, poiché essi potevano essere portati da Me solo mediante azioni ed apparizioni miracolose. Ma voi ora non avete fame e nessuno ha sete, ad eccezione di Bardo, e il motivo di questo è che voi tutti avete seguito solo la parola. E questo è giusto, perché così è la Mia Volontà!

15. Voi due, Bruno e Nicola, andate da Roberto; egli vi darà delle vesti nuove. Io Stesso però prenderò Bardo e gli darò ciò che vuole avere, o dolce oppure amaro!»

16. Nicola, che si strugge completamente per l’amore e la gratitudine, vorrebbe ancora dire qualcosa, ma Io gli dico: «Amico, tu hai già parlato; infatti Io ho percepito il linguaggio del tuo cuore. Perciò ora va fiducioso da Roberto insieme a Bruno! Nella nuova veste avremo ancora molte cose da dirci e molte cose da appianare insieme. Così sia!».

119. Capitolo

Solo le parole del Signore redimono il superbo Bardo.

Nell’Aldilà vale solo la verità e il puro amore congiunto ad essa.

I veri amici non sono coloro che ti lodano, ma coloro che ti dicono in faccia la nuda verità.

1. I due si muovono subito verso Roberto, il quale li accoglie con estrema gentilezza. Io però dico a Bardo che non Mi vede ancora: «Esci fuori dal guscio, oscurantista, rispondi e mostraMi il motivo della tua superbia»

2. Bardo si spaventa terribilmente quando Mi scorge davanti a sé e subito Mi riconosce. Cerca di parlare, ma la lingua gli rifiuta il servizio. Così balbetta solamente come uno che viene sopraffatto dal sonno per via di grandi preoccupazioni. Egli nel suo cuore tremante non pensa ad altro se non che Io lo condanni all’Inferno nell’attimo seguente.

3. Ma Io gli dico: «Cieco! Quanto è inutile la tua paura! Quando mai sono andato da coloro che si sono condannati da se stessi per condannarli ancora di più? Io vengo per aiutare, non per giudicare e condannare! Io però vedo una grave malattia in te, e questa si chiama superbia. E su questa devi dare a Me, che ti voglio aiutare, delle informazioni precise: non per metterMi a conoscenza su di te, poiché a Me sono ben note tutte le cose fin dall’eternità, ma perché tu stesso ti possa liberare dal tuo carico dinanzi a Me.

4. Vedi, quando il tuo amico Nicola voleva intercedere per voi tutti, tu non hai voluto accettare, ma volevi pregare per conto tuo completamente da solo. Ed hai anche pregato; ma in che modo e per quali ragioni lo hai fatto? Ecco, vedi, a dire il vero tu non hai chiesto proprio molto per te stesso, ma in compenso hai chiesto tante più umiliazioni per tutti quelli che ti hanno offeso. E più di tutti le hai chieste per Nicola, che ha contrastato davanti a Bruno l’immagine che tu hai dato del popolo e alla fine ti ha perfino detto in faccia alcune verità molto importanti.

5. Rifletti però se sia giusto augurare a lui, che è il tuo migliore amico, una grande umiliazione perché da amico ha osato dirti la verità come si deve! Non dovresti piuttosto augurare tutto il bene a lui, che da vero amico ti dice la verità e ti allontana così dal gradino dannoso dell’orgoglio e dell’egoismo?

6. Credi forse che qui nel Regno della Verità eternamente svelata vada così come sulla Terra, dove i ciechi considerano quali loro amici solo gli adulatori, mentre quelli che dicono loro la verità li perseguitano come i peggiori nemici, come fecero gli ebrei con Me, che ero sufficientemente coraggioso da mettere davanti ai loro occhi la nuda verità?

7. O Mio caro Bardo, qui è tutto diverso. Qui vale solo la verità ed il puro amore congiunto ad essa! Tutto il resto è un abominio dinanzi a Me e deve stare eternamente lontano dal Mio Regno. Perciò riconosci da te stesso che hai agito in modo estremamente ingiusto con Nicola; va’ e riconciliati con lui! Poi vieni nuovamente qui e ti farò avere ciò che è giusto e che ti spetta!»

8. Quando Bardo sente tali pesanti parole dalla Mia bocca, comincia a raccogliersi in se stesso e dice nel suo cuore: «Sì, il Signore, l’Onnipotente ha parlato. Chi può ribellarsi alla Sua Sapienza e Onnipotenza? È proprio così ed eternamente giusto! L’uomo è un nemico della verità, specialmente quando essa gli è troppo vicina. Ma egli fa un grande torto alla verità, soprattutto quando considera che la sua vita va infinitamente oltre la tomba, e precisamente in quel mondo in cui le uniche condizioni fondamentali sono la verità e l’amore! Il Signore Stesso me lo ha mostrato e così voglio fare come vuole il Signore, per quanto mi dovesse costare! Voglio andare dall’amico Nicola con coraggio e determinazione, voglio confessargli tutto e chiedergli umilmente la sua amicizia!»

9. E dopo si reca subito da Nicola per eseguire il suo buon proposito.

10. Nicola però, che ora si è già cambiato d’abito, gli viene incontro, lo abbraccia e gli dice: «Amico! Sulla Terra i ciechi hanno bisogno anche dell’opera, poiché essi non vedono la forza della volontà. Ma qui, dove si vede bene con occhi aperti la serietà della volontà, non si richiede l’opera, ma solo la volontà. Se questa è in ordine, allora tutto è anche in ordine. Qui solo la volontà è nostra, ma ogni opera invece è del Signore!

11. Così ora siamo i migliori amici per l’eternità e tutte le nostre differenze terrene sono finite in eterno! L’amico Bruno però lo vogliamo amare per sempre con tutto il cuore quale fervidissimo amico, perché noi tutti dobbiamo alla sua grande pazienza la totale salvezza dalla rovina. Naturalmente, come si intende da sé, prima lo dobbiamo all’infinita Bontà, Mitezza e all’incomprensibile Indulgenza del Signore! Infatti Egli era, è e rimane eternamente la principale Causa Prima di ogni salvezza! Anche noi abbiamo ancora parecchi amici da lodare, perché sono stati come un forte magnete che già sulla Terra ci ha attirato molto, e anche qui sono stati l’evidente motivo per cui mediante loro abbiamo trovato la nostra salvezza nella loro dimora.

12. Ma al Padre Gesù vadano il nostro ringraziamento, la nostra adorazione e il nostro amore per aver guidato i nostri passi in modo che, contrariamente a quanto credevamo e dopo una lunga cecità, siamo giunti alla fine dove, secondo il Suo Ordine, dovevamo arrivare!

13. In verità, i Suoi Decreti sono inesplorabili ed impenetrabili sono le Sue Vie! L’uomo è come una nave, che senza vela e remi viene sospinta qua e là dai venti sul mare. Chi, in questa situazione, potrebbe pensare: “Vedi questo mezzo, privo di ogni timone, viene tuttavia guidato secondo un ottimo piano!”, costui non pensa però che anche i venti sono del Signore ed è solamente Lui a conferire loro la direzione e la forza. La nave alla fine giunge comunque ad una riva sicura, come se l’avesse guidata il timoniere più esperto. E questa è un’opera del Signore, per la quale spettano unicamente al Signore onore e gloria in eterno!

14. Così il Signore ha guidato anche noi in modo che, mediante i nostri peccati veramente gravi, dovessimo prendere la via verso di Lui. O quanto deve essere buono e sapiente e quanto immensamente potente nell’Amore! Ora siamo salvi in eterno, perciò siamo anche colmi del miglior coraggio e del più intimo amore per Lui, il Salvatore di tutti i nostri salvatori!»

15. Dopo queste parole si abbracciano ambedue, e poi Bruno abbraccia Dismas e Max Olaf che ha indicato la giusta via a Dismas, ma soprattutto Roberto, che ha operato con forza per il recupero finale di Dismas.

16. Dopo questa scena, Nicola viene da Me con Bardo e dice: «Signore, noi due stiamo dinanzi a Te come un cuore solo. Perdonaci anche Tu come noi ci siamo perdonati tutto reciprocamente, affinché possiamo amare Te al di sopra di ogni cosa come da un cuore solo!»

17. Dico Io: «Se siete pari l’uno con l’altro, allora tutto è appianato anche dinanzi a Me e la vostra tabella dei debiti è annullata! Andate ora con Roberto e gli altri amici al grande armadio d’oro! Là troverete una giusta quantità di vesti per questi mille poveretti. Prendetele e distribuitele tra di loro poiché essi appaiono ancora molto nudi. Ma poi venite qui, affinché Io possa benedirvi e condurvi oltre nel Regno della Luce! Così sia dunque!».

120. Capitolo

Le nuove vesti nell’Aldilà in funzione del modo in cui si arriva al Signore. La speciale Benedizione alla compagnia dei mille.

Roberto e i suoi amici principali devono innanzitutto mettere ordine in se stessi.

1. Tutti si recano ora da Roberto. Costui conduce la grande schiera all’armadio d’oro, lo apre e distribuisce a tutti le vesti nuove, che essi indossano subito. Con ciò tutti assumono un aspetto migliore e il loro animo trabocca di gioia.

2. Ma nel regno degli spiriti c’è una differenza importante tra coloro i quali, mediante la loro conoscenza più interiore che viene risvegliata puramente dall’amore per Me, si rivolgono da se stessi a Me, e coloro che si rivolgono a Me solo mediante un sapiente insegnamento dall’esterno. I primi ricevono una nuova veste come dall’interno; gli altri però devono svestirsi visibilmente dei vecchi abiti mondani e indossarne dei nuovi, celestiali, come dall’esterno. Questa spiegazione viene dunque data affinché nessuno poi si scandalizzi quando qua e là hanno luogo altre scene, in cui alcuni spiriti all’improvviso si trovano come da se stessi in una veste nuova, quasi come un albero in primavera, mentre gli spiriti di questa scena devono essere vestiti a nuovo per lo più dall’esterno, come se fossero ancora sulla Terra.

3. Ora vediamo star lì dinanzi a noi tutto il gruppo già con vesti nuove. Tutti Mi lodano in segreto e qualcuno non può meravigliarsi abbastanza profondamente della Mia Indulgenza. Altri contemplano i padri primordiali e gli apostoli con una certa soggezione; altri ancora osano attaccare discorso, ma con molta timidezza, con gli apostoli. Pietro però esorta tutti a recarsi prima da Me e a ricevere la Benedizione promessa, perché dice che poi verranno introdotti come da se stessi in ogni genere di sapienza. A questa esortazione tutti corrono da Me, Mi ringraziano per le belle vesti e Mi pregano di dar loro la Benedizione promessa.

4. Io stendo allora le mani sopra tutti e dico: «Accogliete tutti la Benedizione promessa per il rafforzamento del vostro amore e della vostra sapienza che sono ancora deboli, senza i quali sarebbe impossibile entrare nel Mio vero Regno celeste! Ma poiché ora avete ricevuto la Mia Benedizione paterna, siate anche capaci di fare un grosso passo ulteriore nel Mio Regno. Sulla Terra vi siete spesso domandati, quando a volte davate uno sguardo alle stelle, cosa siano poi queste stelle, cosa sia la luna, il sole ed altro ancora. Gli uni credevano questo, altri quello, altri ancora proprio nulla. Ma tutto questo non ha importanza, perché tutti voi avete sconfitto il mondano e state ora felici e profondamente edificati dinanzi a Me, vostro Dio, Padre e Salvatore. Quali figli perfezionati avete ora il diritto di essere introdotti nelle grandi ed infinite dimore del vostro Padre celeste. E così preparatevi tutti! Infatti da ora comincia una introduzione veramente grande in tutte le opere che durante tutta la vostra vita stavano quotidianamente davanti ai vostri occhi come misteri nascosti!

5. Questa casa però, nella quale siete “caduti” e di nuovo risorti, vi servirà quale dimora comune, nella quale Mi troverete sempre se, quando sarete stanchi dopo un lungo viaggio, desidererete riposo.

6. Ma se mediante molte esperienze nell’amore per Me, avrete raggiunto una stragrande misura, allora anche ognuno troverà in se stesso una propria suprema dimora, nella quale dimorerà beatissimo per tutte le eternità.

7. Affinché però possiate iniziare tutti completamente rinvigoriti il viaggio di esperienze nei Miei Regni, vogliamo prima consumare tutti insieme un vero pasto vitale. Tu, Roberto, e tutti i tuoi fratelli principali, andate ed aprite le porte al centro verso mezzogiorno; là si mostrerà a voi una nuova sala. Dentro ci troverete una quantità di tavoli e sedie. Metteteli in ordine e provvedeteli di pane e vino! Io Stesso poi introdurrò questi ospiti nella grande sala della pace e del silenzio, e lì tutti saranno saziati! Fate ora ciò che Io vi ho raccomandato!»

8. Roberto si reca con gli altri amici nella sala indicata, la quale è immensamente grande e provvista di una quantità di tavoli grandi e piccoli. Ma questi stanno ancora in disordine, corrispondentemente alla condizione di uno spirito il quale è già in possesso di ogni genere di princìpi dell’attività d’amore, ma questi non sono ancora ordinati e perciò non sono ancora impiegabili per i differenti buoni scopi. Tale spirito quindi non può ancora accorgersi di cosa deve eseguire per primo e così pure per secondo, terzo ecc. Per questo motivo quegli spiriti (cioè Roberto ed i suoi amici) devono ora procedere a ordinare i tavoli, che sono appunto i principi dell’attività dell’amore. Quando saranno in ordine, allora verrò Io Stesso e introdurrò gli ospiti nella sala delle attività del bene e dell’amore, dove dovranno accogliere le grazie e i doni più elevati anche in un ordine superiore e più puro.

9. Quando Roberto, insieme ai suoi amici Messenhauser, Becher, Jellinek, Max Olaf, Dismas, Nicola, Bardo ed ancora alcuni che si sono offerti volontari, vede i molti tavoli che stanno nel massimo disordine, rimane sbalordito e dice: «Amici, avremo abbastanza da fare per mettere in ordine finché tutto sarà come deve essere. L’unica cosa spiacevole è la grande differenza dei tavoli: alcuni sono più alti, alcuni più bassi, altri sono più stretti, altri di nuovo più corti. Questo richiederà un bel po’ di lavoro! Ma c’è proprio da dire che sarei un bel padrone di casa se non so nemmeno che cosa si trova ancora in essa e come deve essere fatto ordine! Oh, davvero un perfetto padrone di casa! Ma cosa si può fare? Dovremo metterci al lavoro e ordinare questa faccenda nel miglior modo possibile!»

10. Dice Messenhauser: «Veramente strano! Nella sala precedente eravamo già come dei saggi perfezionati, e qui siamo nuovamente così stupidi come se non avessimo mai studiato la tavola pitagorica! Qui si tratta solamente di mettere insieme ordinatamente questi tavoli, panche e sedie, e non sappiamo da dove cominciare per primo. Quale tavolo è il numero uno, quindi in testa? Qual è il numero due e così via? Come metteremo i bassi con gli alti ed i stretti con i larghi?»

11. Dice Becher: «Amici, io aiuto a fare qualsiasi cosa ma non pretendete un piano da me! Infatti, in verità, in questa sala immensamente grande mi sembra di essere così stupido come se fossi appena strisciato fuori dal ventre materno!»

12. Interviene Jellinek: «Questa faccenda, come segretamente mi sembra, è molto più importante di quanto ce lo possiamo immaginare! Io penso: “Il Signore non ci ha lasciato cozzare un po’ tutti qui?”. Perciò non ci rimane altro che andare da Lui e chiederGli un giusto piano. Infatti potremo riflettere una mezza eternità e alla fine non arriveremmo lo stesso a nulla! Non siamo capaci di mettere, per così dire, sotto un tetto mille tavoli ed alcune migliaia di sedie e panche delle diverse dimensioni. Perciò mandiamo qualcuno dal Signore perché si informi sul giusto ordine!»

13. Dice Roberto: «Ci vado io stesso! Rimanete frattanto qui ed ammirate le altre meraviglie di questa sala!»

14. Dopo queste parole Roberto ritorna nella sala precedente e rimane sbalordito quando la trova completamente priva di esseri umani. Arredamento, porte, pareti e finestre sono comunque gli stessi di prima, però non si riesce a sentire nessun suono da nessuna parte. Roberto guarda fuori dalle finestre, ma non vede nessuno. Apre altre porte, ma non c’è da nessuna parte ciò che egli cerca. Va’ perfino nella spaziosa corte, ma non si muove niente da nessuna parte. Quando non trova nulla, malgrado tutte le ricerche e le chiamate, ritorna indietro afflitto, dove trova gioioso i suoi amici, che però sono afflitti pure loro.

15. Dice Roberto: «Dio sia lodato che siete ancora qui almeno voi, poiché la sala là fuori è vuota di ogni essere come il polo glaciale della Terra! Né il Signore né nessun altro essere c’è più da qualche parte, nemmeno in tutte le camere accanto nelle quali ho cercato. Una cosa del genere ucciderebbe perfino un [ottuso] animale, per quanto tenace possa essere la sua vita! O che faccenda disperata! Che cosa facciamo adesso?»

16. Dice sorpreso Jellinek: «Questo non è male! Nel Nome di Dio, sia come deve essere. Cominciamo ad ordinare questi tavoli quanto meglio possiamo! Quando saranno ordinati e provvisti di pane e vino, si vedrà se siamo stati presi in giro!»

17. Roberto chiama Max Olaf e dice: «Fratello, tu sulla Terra sei stato un marinaio, ingegnere e geometra; perciò dovresti essere il primo in grado di trovare un buon ordine con questi tavoli e panche. Va’ ed esamina la faccenda! Infatti ora non ci rimane altro che fare ciò che il Signore ci ha ordinato, e così la pensa pure il fratello Jellinek!»

18. Dice Max Olaf: «Nessun Dio può pretendere più di quanto uno è capace di dare! E così vogliamo metterci subito all’opera mettendo in ordine questi tavoli. I grandi della stessa altezza e larghezza li spingiamo in cima alla sala, insieme a quelli un po’ più bassi e stretti. A questi di nuovo altri ancora più bassi e stretti e così via nell’ordine. Nell’insieme formiamo un lungo quadrilatero oppure anche una croce, cosa che sarebbe quasi ancora più corrispondente, perché questo lavoro è in effetti una vera croce! In questo stesso modo procediamo con le panche e le sedie. Una volta finito questo lavoro, allora si vedrà se il Signore verrà come Egli ha promesso. Ma se non verrà, allora andremo all’aperto anche noi e cercheremo la nostra compagnia in tutti gli angoli di questo mondo. E così cominciamo, nel Nome di Dio, a mettere in ordine questa faccenda!».

19. Tutti sono d’accordo con il piano di Max Olaf e si mettono subito all’opera. Dopo un bel po’ di tempo, tavoli, panche e sedie stanno in ordine a forma di croce. Poi Roberto apre parecchi armadi che sono tutti pieni di pane e vino: il pane nella consueta forma rotonda, e il vino in calici col coperchio dorato. Roberto rifornisce ora, con l’aiuto degli altri amici, tutti i tavoli con pane e vino.

20. Quando anche questo lavoro è fatto, Roberto dice: «Signore, Tu sei onnisciente; ora vedi sicuramente che abbiamo portato a termine fedelmente, per quanto possibile, il lavoro a noi affidato. Ci hai promesso di venire subito qui con gli ospiti e di benedirci e fortificarci tutti per adempiere superiori compiti celesti! Oh, vieni dunque da noi, poiché ci manca molto la Tua Presenza benedicente ed onnivivificante!»

21. Poi tutti gli altri dicono lo stesso; tuttavia nessuno percepisce da qualche parte un rumore oppure un’altra voce. Ma questo non confonde i nostri ordinatori di tavoli; essi aspettano pazientemente per un bel pezzo.

22. Quando però, nonostante questa attesa, nessuno compare, Roberto dice: «Questo è veramente strano! Forse il Signore vuole metterci alla prova, o abbiamo combinato qualcosa che non va? Oppure questa lunga storia dal nostro arrivo in questo mondo è solo un sogno? Veramente strano! Ma ora che facciamo? Raduniamoci, cari amici, e date consigli e proposte, altrimenti questa faccenda assumerà un aspetto disperato!».

121. Capitolo

Dismas, l’ex patetico e grande peccatore terreno, diventa uno strumento del Signore. Sulla giusta misura dell’amore per Dio.

Nell’Aldilà, più si dona e più si riceve.

1. Bardo si avvicina a Roberto e dice: «Amici, non posso negare che questa scomparsa del Signore insieme alla grande compagnia appare molto strana anche a me. Ma io la penso così: “Se la precedente storia con mille saggi avvenimenti è stata solo una manifestazione simile ad un sogno, allora siamo liberi e quindi siamo noi a dettare legge a noi stessi. Perciò possiamo fare la cosa che riteniamo migliore, secondo le nostre necessità, e nessuna potenza estranea ci potrà confondere. Ma se tutto questo che abbiamo ora vissuto, visto e provato in questo mondo è pura verità e realtà spirituale, e Gesù, che noi tutti abbiamo visto e soprattutto amato, è il Signore, allora queste nostre difficoltà non sono altro che una prova calcolata per la nostra salvezza. Egli manda il Suo Amore e la Sua Grazia per renderci in questo modo più indipendenti, più autonomi nelle azioni ed in un certo senso più virili dal punto di vista spirituale. Perciò io penso che noi dobbiamo crescere nell’amore per Gesù, il Signore, come Lui ci ha istruito, elevato e benedetto con onnipotente Mano di Creatore, allora Egli sarà sicuramente presto in mezzo a noi con tutti gli altri cari fratelli e sorelle!”. Questo è il mio consiglio. Se però qualcuno ne ha uno migliore, allora lo prego di farsi avanti!»

2. Dice Nicola: «Fratello, devo confessare apertamente che cogli sempre nel segno! È proprio così come hai detto tu, ed è impossibile che possa essere diversamente! È vero che ho compreso [le parole] del fratello Bruno prima di te, ma ora potresti essere davvero tu la guida di tutti noi. Sì, l’amore per il Signore manca certamente in tutti noi, e per questo ora Egli ci abbandona qui per un po’. La bella Elena non sarà sicuramente senza di Lui come noi. Perché? Perché fin dal principio lei Lo ha saputo prendere dal Suo lato più debole, vale a dire nel cuore! Ma noi, quali saggi faccendieri, credevamo di avere divorato tutto il Regno dei Cieli con il cucchiaino, ma ora stiamo qui senza sapere che pesci pigliare!

3. Perciò: più amore! Dobbiamo portare al Signore in sacrificio molto più amore che intelletto, allora Egli non tarderà a venire! Ma se eseguiamo gli ordini del Signore e presumiamo - nella nostra qualità di divini incaricati d’affari - di essere qualcosa di più di qualche altro affamato della Grazia divina, allora di certo non si può fare a meno di sperimentare su di noi cose che ci devono sembrare molto strane! Io penso però che noi stessi siamo ancora più strani di questi avvenimenti! Ho ragione oppure no?»

4. Dicono tutti: «Hai pienamente ragione, è proprio così! Noi stessi abbiamo la colpa di tutto questo. Ma il Signore conosce la nostra stupidità e chiuderà certo un occhio!»

5. Dismas si avvicina un po’ e dice: «Cari amici, permettete una parolina anche a me! Per quanto riguarda il perdono della nostra stupidità, io penso che siamo sulla falsa strada se ci aspettiamo di ottenerlo. Infatti, se si tratta del fatto che lo spirito dell’uomo è perfetto solamente quando entra nell’Ordine di Dio riconosciuto mediante la propria forza, mediante la potenza interiore vitale datagli da Dio e con essa si muove energicamente come nel suo proprio massimo elemento vitale, allora in questa condizione lo spirito dovrebbe essere potentemente collegato al perdono misericordioso.

6. Ora abbiamo la forza e l’insegnamento divino in abbondanza. Così qui si tratta ora di formarci autonomamente da noi stessi come lo esige l’Ordine di Dio che abbiamo riconosciuto! Il primo è un amore libero, come ne sono capaci i nostri cuori. Amare Dio più di quanto si può, sarebbe una follia. Ma amare Dio meno di quanto i nostri cuori desiderano, sarebbe una negligenza punibile e ciò alla fine dovrebbe metterci nella condizione di semi-morte. Ma se abbiamo la giusta misura dell’amore, avremo così anche la sapienza e così pure la corrispondente forza ordinata con la quale poi noi ci possiamo muovere con attività libere nella nostra qualità di spiriti liberi e perfetti da noi stessi, come se fossimo fuori da Dio. Dio è certamente il massimo Ordine Stesso in tutto; se però vogliamo comprendere questo Ordine, dobbiamo giungere in noi stessi al vero Ordine in tutto, altrimenti non potremo mai avanzare il diritto ad una perfetta libertà.

7. L’ordine da noi eseguito, proposto dal Signore, di questi tavoli e panche confusamente mescolati è un avvertimento di Dio su cosa dobbiamo ancora fare in noi mediante noi stessi per poter esistere in seguito dinanzi a Dio. Ciò significa ora sfruttare con gratitudine questa apparizione come vuole il Signore.

8. Se riflettessimo bene su come siamo ancora fatti - chiedendoci cioè se siamo privi di ogni passione e se non si trova in noi ancora una scintillina di superbia, e se accogliamo attivamente in noi il bene solamente per volere del bene - allora non dovremmo avere più difficoltà a passare nel perfezionamento dello spirito e ad attendere il Signore in quanto perfezionati secondo il Suo Ordine. Ma se consideriamo questa apparizione come una specie di dispetto da parte del Signore e ce ne meravigliamo, allora potremmo ritenerci ancora veramente lontani dalla meta!

9. Non è abbastanza fare, come delle macchine animate, ciò che il Signore ci chiede, ma dobbiamo scrutare in noi stessi il vero motivo di questo, perché solo così possiamo mettere noi stessi in un vivente Ordine divino. L’ordine esteriore di questi mobili ha poca importanza o non ne ha affatto nessuna! Ma se è un avvertimento di Dio che nella seconda sala del nostro cuore, quella della Sapienza divina, dobbiamo mettere in un certo ordine tutti i nostri utensili vitali, allora questa apparizione ha un’importanza enorme. Se però qualcuno di voi sa qualcosa di meglio, allora si faccia avanti nel Nome del Signore!»

10. Dice Roberto: «Amico, sono completamente rapito dalla meraviglia della tua sapienza. Prima eri ostinatamente avverso ad accogliere la Divinità di Gesù Cristo, e ci è costata molta fatica finché tu ti ritrovassi. Ci siamo preoccupati non poco per te, ma ora sei avanti di noi tutti una mezza eternità. Ci hai rivelato una Verità così grande che riconosciamo apertamente che noi tutti ci avremmo messo mille anni per arrivare a questa rivelazione se non ci fossi stato tu. Fratello, ci hai reso un grandissimo servizio con ciò!

11. Vedi, questa casa il Signore me l’ha data eternamente in proprietà; io stesso però conosco solo una minimissima parte dei suoi tesori interni. Ma se ti fa piacere, te la darei subito come perfettamente tua! Ci hai elargito parole sante come dalla bocca di Dio Stesso, parole che ci hanno consolato nella nostra solitudine. Oh, questa è una parola che vale più di centomila di case come questa! Perciò prendi ciò che ti posso dare! Essa è qui la mia proprietà più grande, se non si considera il Signore e te stesso. Amato fratello, quanto caro e prezioso sei diventato ora a noi tutti! Da quanto tempo è che ti guardavamo dall’alto con sofferente rammarico, ed ora stai al di sopra di tutti. Ti prego perciò: consolaci ancora con alcune parole simili!»

12. Dice Dismas: «Cari fratelli, non avete mai sentito che una mano lava sempre l’altra? Così è anche qui! Il vostro senso fraterno prima mi ha purificato e mi ha tirato fuori dalla profondità della mia infamia, perché allora nel mio interiore ero un cittadino dell’Inferno. Ma voi avete saputo afferrare il mio interiore e così sono divenuto salvo. Voi però vi siete trovati in una piccola difficoltà per via della prova del mettere ordine in noi stessi, una prova a cui il Signore ci ha sottoposto in questa seconda sala. Allora ho preso alcune parole dal mio interiore ed esse non hanno - sia lode solo al Signore! - mancato l’effetto desiderato.

13. Ma per questo io non merito assolutamente che tu, Roberto, mi debba regalare la tua casa che il Signore ha costruito dal tuo cuore, cosa che, secondo la mia opinione, non dovrebbe nemmeno essere così facilmente possibile. Vedi, la casa, insieme a tutte le sue magnificenze, è perfettamente corrispondente al tuo stesso cuore, dal cui amore per Dio e per i fratelli il Signore ha formato quest’opera magnifica. Se perciò io accettassi questa casa come regalo da te, allora con essa ti prenderei anche il cuore e la vita, perché questa casa è, secondo la più profonda verità, l’essenza che è attiva nell’amore del tuo cuore.

14. Ma dimorare spiritualmente con te in casa tua è una cosa facilmente possibile, perché già sulla Terra una persona nobile lascia disporre del suo cuore qualche amico più di quanto faccia lui stesso. Così egli lo fa più facilmente qui, perché qui il Signore fa apparire plasticamente ciò che nel mondo rimane solo un fattivo desiderio. Qui però diventa tutto una realtà palpabile, ma in sé rimane tuttavia ciò che essa era nel mondo, vale a dire il cuore con il suo corredo di amorevoli azioni.

15. Ma come già nel mondo i figli di Dio veramente autentici vorrebbero davvero dare completamente il loro cuore ai loro fratel li, così vorresti anche tu, carissimo fratello, farmi dono del tuo stesso cuore. Questo è nobile oltremisura, ma qui nel mondo spirituale è perfettamente impossibile; senza tener conto del fatto che sarebbe anche molto inutile e senza scopo. Infatti, dove il vero amore fraterno emette leggi sul mio e sul tuo, non possono in eterno esistere delle divergenze di confini. Nessuna legge assicura ad ognuno il suo così potentemente come la santa legge dell’amore per il prossimo; ecco perché ognuno mette gioiosamente a disposizione tutto il suo avere. Ciò che uno fa ed opera, questo lo fanno ed operano poi anche tutti gli altri. E così qui è un’assoluta impossibilità che a qualcuno possa mancare qualcosa.

16. Noi tutti dimoriamo ora in te, come tu in tutti noi. Chi di noi può dire: “Fratelli, io ho troppo poco!”? Ognuno ha il suo, e più egli possiede e dona, tanto più egli riceve nuovamente. I cuori qui sono come i mari: ognuno si riversa costantemente nell’altro, e tuttavia nessuno ha mai troppa poca acqua. E così non c’è bisogno che tu mi doni la tua dimora, perché la godo così come se fosse mia propria. Per questo anche la mia ti è aperta ed è a tua liberissima disposizione.

17. Ma ora ascoltate! Sento delle voci nella prima sala qui vicina. Andiamo alla porta e vediamo che cosa succede!»

18. Dice Roberto: «Ti ringrazio, carissimo fratello, per questo magnifico insegnamento, che non lascia davvero più nulla da desiderare! Ma poiché anch’io sento ora molte voci, è tempo che tutti andiamo a controllare che cosa succede là. Ma tu, fratello, stammi vicino, perché mi sei diventato fortemente necessario!».

122. Capitolo

Invasione di una eccitata moltitudine di soldati, caduti in guerra.

Miseria, dolore e buio nell’Aldilà per costoro.

Tentativo di uscire da tale situazione attraverso la preghiera.

1. Tutti si muovono verso la porta e guardano furtivi nella grande antisala con la speranza di scorgere il Signore alla testa degli ospiti già noti. Ma non è così! Una grande moltitudine di ogni genere di esseri umani irrompe nella sala e chiede impetuosa del padrone del palazzo.

2. Dice Roberto a Dismas: «Fratello, questo sì che è un pasticcio disperato! Al posto del Signore arriva e penetra in questa casa gente dall’apparenza equivoca e che pretende in modo sfacciato di parlare con il padrone di questa casa, che purtroppo ho l’onore di essere io. Che cosa vogliono? Esistono forse anche qui briganti e assassini? In verità, questo sarebbe un bell’incremento per il Regno dei Cieli di Dio! Guarda che occhi di fuoco hanno! Se questa plebaglia non è scappata addirittura dall’Inferno, rinuncio a tutto! Dimmi: che cosa dobbiamo fare adesso con questi? Simili soggetti sarebbero capaci di scacciarci dalle case e dai cortili perfino qui nel regno dei Cieli. Come si accalcano e strepitano! Tutta la sala è già completamente gremita ed ancora vedo dalla porta come perfino lo spazio in cortile si sta riempiendo sempre più. Se continua così, saremo senz’altro spacciati. Anche il puzzo bestiale non è piacevole alle mie narici. Ah, questa è veramente una inattesa e spiacevolissima apparizione! Che fare ora?»

3. Dice Dismas: «Per il momento nulla! Infatti costoro non ci vedono, come non vedono questa porta e perciò non possono nem meno irrompere qui. Del resto sembra che siano venuti dalla Terra in questo mondo probabilmente dai campi di battaglia dell’Ungheria e dell’Italia, perché sento chiaramente bestemmie ungheresi ed anche ingiurie italiane! Per il momento dobbiamo lasciare che si calmino, così diventeranno un po’ più miti. Soltanto dopo ci mostreremo a loro, perché adesso nella loro prima furia vendicativa non ci sarebbe nulla da fare. Ma ascoltiamoli un po’, così da poter riconoscere la tendenza dei loro cuori!

4. Guarda, quelli là davanti sembrano essere i tre comandanti. Infatti, come si comportano loro così si comporta anche l’intera grande moltitudine. Perciò attenzione, sentiremo delle cose assai notevoli! Ora quello al centro si volta e comanda ordine e calma. Terrà sicuramente un discorso all’intero seguito, che per noi è senz’altro di grande importanza: perciò vogliamo anche ascoltarlo con tutta l’attenzione! Ora diventa calmo e non arrivano nemmeno più altri barbari. Perciò attenti. Egli ordina di fare attenzione e già si schiarisce la gola. Ascolta, ora parla!»

5. Un comandante dei nuovi arrivati dice: «Miei cari compagni di battaglia! Sul cosiddetto campo dell’onore per la patria siamo crepati come bestie al macello! Che cosa ne abbiamo ricavato? Aspiravamo verso l’alto e siamo giunti profondamente in basso! Abbiamo combattuto da eroi con disprezzo della morte, non abbiamo creduto in nessun Aldilà e ridevamo del cosiddetto Vangelo. Ora però siamo davvero all’Inferno, che non è per niente affatto un sogno. Intuiamo inoltre che qualche diavolo, per gratitudine per le nostre azioni eroiche, ci ha fatto trovare questo palazzo infernale e ci ha spinto nello stesso. Ora siamo schiacciati qui come sardine salate: tutt’intorno è buio come in una caverna e da nessuna parte c’è una via d’uscita. Il vero padrone di questa casa non si trova da nessuna parte, ed è probabile che non esista. Così ora abbiamo la vera ricompensa per le nostre fatiche ed aspirazioni terrene!

6. Oh, se solo fosse possibile rendere noto ai nostri compagni d’armi nel mondo quale ricompensa li attende qui! In verità, nemmeno uno metterebbe più piede sul maledetto “campo dell’onore!”. Se fossimo morti completamente nel nome del diavolo, sarebbe tutto a posto. Ma qui avvertiamo in modo assai insistente che purtroppo continuiamo a vivere nella più orribile miseria. Soffriamo la mancanza di ogni bene ed in compenso abbiamo in abbondanza tutte le sofferenze immaginabili come fame, sete, caldo e nello stesso tempo freddo. I dolori ci rodono come vermi nel nostro intestino e nessuna luce vivifica i nostri occhi. Oh, questa è una meravigliosa ricompensa per le nostre sofferenze e privazioni che il “campo dell’onore” ci ha offerto così abbondantemente!

7. Questo è dunque il destino del fiero signore della Terra, che alla fine viene mangiato vivo e poi come essere cosciente di se stesso può disperarsi in una eterna oscurità! O vita maledetta di un uomo e specialmente di un eroe! Ma cosa si può fare adesso! Abbiamo imprecato già abbastanza; non sarebbe forse il caso di pregare una volta per tutte? Forse una preghiera potrebbe esserci utile. Dunque qualcuno di voi conosce a memoria una qualunque pidocchiosa preghiera?»

8. Dice uno dal gruppo: «Signor comandante, io conosco quella di Kossut!»

9. Irrompe il comandante: «Asino, avremmo proprio bisogno di questa!? Kossut si è rovinato proprio con questa preghiera; che servirà dunque a noi? Nessuno ne conosce un’altra?»

10. Interviene un italiano: «Signor generale, conosco la bellezza di alcune preghiere di Santa Maria ed una di San Giuseppe!»

11. Dice il comandante: «Chiudi la bocca, asino di un italiano! Abbiamo proprio bisogno di tali sciocchezze! Si faccia avanti qualcun altro, ma con qualcosa di ragionevole! Nessuno di voi tutti, nel nome del cielo, sa recitare il cosiddetto “Padrenostro”?»

12. Si presenta uno e dice: «Signor generale! Quando ero ancora bambino ho imparato il Padrenostro! È una bella preghiera ed è meravigliosa! Ma non la conosco più tutta, ma ciò che ricordo ancora, lo posso recitare!»

13. Dice il generale: «Ebbene, allora prega quanto e come sai!»

14. Comincia l’ufficiante: «Dunque, ripetete dopo di me e dite: “Padre nostro che sei nei Cieli!”. Ora aspettate un po’! Come continua? Ah, ora mi ricordo: “Padre nostro che sei nei Cieli, sia santificato il Tuo Nome! Sia fatta la Tua Volontà in Cielo e sulla Terra!”. Ora aspettate nuovamente un po’! Come continua? Chiedo scusa, signor generale, che mi va così male! Ma pazienza, la finiremo. Aha, ora mi ricordo come continua: “Dacci il pane quotidiano e non indurci in tentazione!”»

15. Dice un altro: «Ohè, “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, è questo che viene prima!»

16. Dice l’ufficiante: «Ti prego, recita tu l’ultimo pezzo, perché non lo so molto bene!»

17. Dice il secondo: «Va bene!». Poi continua: «Non indurci in tentazione, ma liberaci da tutti i tipi stupidi che sono il massimo del male! Amen»

18. Dice il primo: «Oh, la fine non è così! Dice solo: “Liberaci da ogni male, amen!”. Ma ho già capito che intendevi me, per dire che sono stupido! Tu stesso non sei migliore se credi di essere un tipo intelligente! Ma io ti dico che tu stesso sei uno stupido! Ecco, adesso lo sai!»

19. Interviene il generale: «Niente litigi! Siamo già abbastanza infelici a causa di una forza invincibile, perché dobbiamo renderci ancora più infelici ferendoci l’onore reciprocamente? E che cosa può servire una preghiera così, quando uno non sa più recitare l’altra metà? Si faccia avanti qualcuno che sa recitare per bene questa preghiera, altrimenti è meglio non pregare affatto!»

20. Si fa avanti una donna e dice: «Signor generale, conosco bene questa preghiera. Ma pregare in tedesco, è in un certo senso volgare; potrei recitarla in francese o in inglese?»

21. Dice il generale: «Mia cara donna! Vi prego, pregate pure per voi stessa in inglese o in cinese, ma noi finora comprendiamo generalmente solo il tedesco e vorremmo anche pregare così! Perciò domando ancora: “Chi di voi può recitare bene il Padrenostro in tedesco?”. Si faccia avanti e lo reciti bene in tedesco!»

22. Si fa avanti un pastore evangelico e dice: «Signor generale, se non fa nulla il fatto che sono un luterano, vorrei provare io a fare l’ufficiante qui!»

23. Dice il generale: «Mi è estremamente indifferente se si tratta di un luterano, un cattolico-romano o di un turco. Ma in questa grande compagnia c’è purtroppo una grande moltitudine di roma-nucci e questi si potrebbero urtare. Perciò intanto vi ringrazio per questa proposta, di cui farò uso soltanto dopo, nel caso in cui nella comunità cattolica-romana non si dovesse veramente trovare nessuno che potesse essere in grado di recitare questa preghiera. Ma nel frattempo rimanete qui con me!».

123. Capitolo

Un monaco vuole celebrare messa solo per denaro. Il generale inveisce contro i preti e contro la Chiesa cattolica-romana.

Roberto vorrebbe portare aiuto. Arriva il Signore.

1. Continua a parlare il generale: «Dunque non c’è nessuno in questa misera compagnia che potrebbe recitare chiaramente e in buon tedesco il vecchio Padrenostro, nella confessione cattolico-romana?»

2. Si fa avanti un monaco con la tonaca e dice: «Signor generale, conosco bene questa preghiera. Ma non ci servirà, poiché noi tutti siamo morti senza i santi sacramenti dell’estrema unzione e non abbiamo sostenuto nessuna confessione; per questo ci troviamo in una situazione completamente priva di grazia! Potremmo consumarci la lingua a furia di pregare, ma tuttavia non ci servirebbe a nulla, perché siamo già condannati da Dio per l’eternità. In questa triste situazione rimarremo certamente fino al giorno del giudizio. Allora la spaventosa tromba ci richiamerà poi nei nostri corpi, nei quali dovremo presentarci dinanzi all’inesorabile tribunale di Dio per ricevere l’eterna condanna, e saremo gettati nell’eterno tormento di fuoco, il più terribile di tutti!

3. Conosco un solo mezzo di salvezza, e questo è la santa messa, che è la sola gradita a Dio. Qui non ho nessun motivo e nessun incentivo per celebrarne una; ma se ricevo da questi uomini una piccola ricompensa, allora potrei celebrarne una a memoria, e con questa tutti noi potremmo essere salvati. Infatti, solo la messa ci può aiutare, mentre tutte le altre preghiere non servono a nulla!»

4. Interviene il generale: «Vedi di andar via mascalzone matricolato! Se consideri la messa come unico mezzo di salvezza e con tutto ciò non hai tanto amore per il prossimo da salvare gratuitamente noi che non abbiamo assolutamente nulla, allora sei peggiore di tutti i ladri, assassini, rapinatori, frequentatori di prostitute ed adulteri dell’intera Terra! Tu qui sei ciò che sei stato sulla Terra, e cioè un servitore di Dio per soldi! Senza soldi per te tutto il mondo potrebbe essere condannato e non ti struggeresti d’affanno nemmeno un po’. Togliti dai miei occhi e leggi le tue robacce latine dove vuoi, ma risparmiale a noi! Infatti noi siamo per la maggior parte tedeschi e slavi, e vogliamo perciò pregare - ed anche lo faremo -in tedesco e slavo. Dietro-front! Avanti marsch!»

5. Dopo questo discorso militare del generale il monaco si allontana. Ora il generale esorta gli slavi affinché qualcuno di loro voglia recitare il Padrenostro.

6. Si fa avanti subito un polacco e dice: «Generale, io lo conosco in cinque lingue!»

7. Dice il generale: «Bene, allora recitalo prima in tedesco e poi in slavo, ma in modo ben comprensibile ed edificante!»

8. Il polacco ora recita subito la preghiera secondo il desiderio del generale e tutti ripetono parola per parola. Solo il monaco, che voleva celebrare la messa, ed alcuni della sua congrega non ne prendono parte e sono pieni di rabbia perché il generale non ha voluto servirsi del loro servizio divino latino. I presenti però si accorgono che questi religiosi fanno gesti vergognosi e che il monaco, che voleva celebrare la messa, quando alla preghiera collettiva erano giunti alla frase: “Venga il Tuo Regno” ha detto: “Venga l’Inferno vostro!”, ebbene, dopo aver assistito a ciò, i presenti afferrano questi “santi servitori di Dio”, li trascinano davanti al generale e gli raccontano tutto.

9. Il generale, in collera con questi servitori di Dio, dice a coloro che li hanno trascinati lì: «State tranquilli! Voi certo sapete che queste canaglie di preti sulla Terra, con poche eccezioni, erano tutto fuorché quello che avrebbero dovuto essere! E così qui non dovete meravigliarvi più di tanto se l’ultimissimo porcaro è di gran lunga un cristiano migliore di un prete di questa specie! Chi ha crocifisso Cristo? Ebbene, sono stati i preti! Ma essi, per non perdere la pratica in quest’opera, si sono inventati la messa che non è altro che una ripetizione cerimoniale della vera crocifissione di Cristo di un tempo. Ciò che ci si può aspettare da questo, si lascia facilmente toccare con le mani. Infatti, chi giudica qualcuno, deve essere o più potente di colui che egli giudica, oppure attribuisce a se stesso la funzione di giudice e agisce come se fosse egli un signore di colui che giudica, almeno secondo la sua idea. Il prete però giudica Cristo il Signore ogni giorno e lo resuscita ancora per ucciderLo nuovamente, perché uno costantemente vivo non gli serve! E allora, quale giudice di Dio, non è forse più che Dio Stesso? Chi può negare che nella Chiesa cattolica-romana, l’unica che rende beati, non sia appunto così? Ma poiché questa tenebrosa gentaglia di preti si permette già una sentenza di morte su Dio Stesso, perché ci dobbiamo meravigliare se condanna anche noi all’Inferno?

10. Nella mia vita terrena ho studiato la storia del mondo ed ho trovato che, dove si trattava di basse meschinità, i preti erano per la maggior parte sempre i primi. Prendete solo l’attuale storia di guerre e rivoluzioni! Chi le ha ordite? Ebbene, sono stati i preti!

11. Loro le hanno cominciate in Svizzera, e loro stessi dovettero poi darsela a gambe in tutte le direzioni. Dopo aver fatto questo, il papa venne sollecitato da tutte le parti perché vendicasse questo fatto atroce della cacciata dei preti, possibilmente partendo dalla Svizzera e fin su tutta la Terra, perché la Svizzera sarebbe stata troppo poco per vendicare un tale misfatto. Infatti il popolo svizzero, che era molto affamato, dopo che i preti se ne furono andati, ebbe la sfrontatezza di servirsi delle cantine colme del miglior vino e delle dispense stracolme di cibo dei servitori di Dio; infatti questi non avevano mai voluto cedere nulla per il cristiano amore per il prossimo! Questa atrocità aveva così tanto irritato i santi servitori di Dio, che in tutti i modi possibili cominciarono ad aizzare gli uomini affinché si adempisse la loro maledizione sulla Terra. E vedete, essi hanno assolto il loro compito molto efficacemente, ma così facendo si sono procurati da soli, grazie a Dio, una ferita che probabilmente nessuna erbetta terrena potrà mai guarire! Penso che mi abbiate capito; perciò state tranquilli, anche se questi tenebrosi vi augurano mille volte l’Inferno!

12. Chi vuole conoscere un uomo, osservi il suo agire, perché ogni uomo è assai facilmente riconoscibile in esso. Ma se è già pericoloso stringere un legame di amicizia con uno che macella animali ed uomini, quanto più lo sarà con uno che trucida Dio, che di sicuro è generalmente senza cuore?

13. La storia di tutti i tempi, e particolarmente quella della Spagna, dimostra anche troppo chiaramente in che modo diabolicamente crudele hanno agito i servitori di Dio con le loro pecorelle smarrite. Lasciate perciò andare questi tenebrosi nel corpo, nell’anima e nello spirito dovunque essi vogliono e lasciateli maledire quanto vogliono! Noi tutti però vogliamo ora comportarci da veri fratelli e consigliarci ed aiutarci l’un l’altro, per quanto è possibile!

14. Io penso che se esiste un qualche Dio, cosa di cui io qui dubito sempre di meno perché ora vedo che dopo la morte del corpo continuiamo veramente a vivere, Egli - se si contempla la saggissi-ma Creazione - deve sicuramente essere migliore dei Suoi servitori che Egli Stesso, nella persona di Cristo, a Gerusalemme ha opportunamente “apprezzato”, mostrando loro di quale spirito essi sono figli! Perciò possiamo avere la sicura speranza che Egli ci giudicherà meglio di questa razza di preti assai tenebrosa!»

15. Tutta la compagnia scoppia in un giubilo di gioia dopo aver sentito un discorso così energico del generale su alcuni preti. Questi però fanno delle facce rabbiose. Ed il monaco summenzionato, al quale non è più possibile nascondere la sua furia fremente, comincia a invocare l’Inferno, affinché si apra ed inghiottisca improvvisamente tali orribili scellerati. Ma la compagnia non lo sopporta più a lungo: afferra il servitore di Dio per il bavero e lo getta fuori di casa, dove rimane a terra per un pezzo, completamente sfinito.

16. Nello stesso tempo però, alla porta della seconda sala, Roberto dice a Dismas: «Fratello, il discorso ed il carattere del generale mi piacciono molto, all’infuori dell’esposizione un po’ troppo pesante sull’essere dei preti. Se fosse fattibile, vorrei comunque migliorare un po’ a questi poveri stolti la loro condizione ancora molto ottenebrata!»

17. Dice Dismas: «Solo ancora un po’ di pazienza e la cosa si aggiusterà come da sola! Dobbiamo solo avere il Signore, ed io sento che Egli sta arrivando! Ecco, guarda fuori dalla finestra; Egli è già lì con tutti gli ospiti a noi ben noti! AndiamoGli incontro alla svelta! Oh, è Lui, è Lui!».

124. Capitolo

La gioia di Roberto nel rivedere il Signore. Il monaco viene aiutato.

Roberto riceve in sposa la bellissima Elena.

Perché l’uomo e la donna devono diventare una cosa sola.

1. Tutti gli otto uomini corrono fuori dove hanno scorto Me, il Signore. Mi trovano proprio lì, occupato con il monaco che era stato buttato fuori e che naturalmente non Mi riconosce ancora.

2. Roberto, con le lacrime agli occhi, Mi rivolge le seguenti parole: «O Signore, Tu caro santo Padre! Dove sei stato tutto questo tempo, visto che, malgrado tutte le ricerche, non siamo riusciti a trovarTi? Ahimè, quanto triste, deserto e vuoto è stato qui, quando non potevamo trovarTi più da nessuna parte in casa! Quanto abbiamo faticato con l’ordine dei tavoli! In breve, non riuscivamo più a stare senza di Te. Ma ora che Tu sei tornato nuovamente da noi nella Tua proprietà, tutto va ancora inesprimibilmente bene! Potrei ora lasciarmi andare dalla tanta gioia, ma non saranno i miei piedi, sarà invece il mio beatissimo cuore a dover saltare di delizia e gioia sublime! Quanto è eternamente vero ciò che Tu hai detto: “Senza di Me non potete fare nulla!”. Io aggiungo e lo dico ad alta voce: “Senza di Te, o caro, santo Padre, è ovunque completamente nulla! Tutto è desolante, vuoto e disperatamente triste!”. Ma d’ora in poi certo non ci abbandonerai più in questo modo!»

3. Dico Io: «Questa volta non vi ho abbandonato. Ho solo portato un po’ i tuoi ospiti, quali Miei figlioletti, nel grande giardino di questa casa ed ho mostrato loro le molteplici costruzioni, completamente nuove, che sono oltremodo piaciute a tutti. Tu nel frattempo hai avuto il bell’incarico di mettere nell’ordine migliore la grande sala da pranzo, il che è anche avvenuto con Mia grande gioia. Il fatto che tu non abbia potuto scorgerMi per alcuni momenti con gli occhi non significa nulla, perché Io ero presso di voi con lo stesso Amore. Ho messo Io Stesso sulla lingua del fratello Dismas le parole che egli ha proferito per il vostro profondissimo ammaestramento. Ora però sono nuovamente con voi in modo visibile e voglio ancora entrare in questa casa e guarire i molti ammalati per ridonare loro la vita!

4. Ecco, davanti a noi abbiamo già nel monaco un paziente di questo tipo, il quale è nello stesso tempo completamente sordo, cieco, muto e paralizzato! Costui deve essere aiutato per primo, ed egli poi ci aiuterà a soccorrere gli altri. Il generale lo ha assalito troppo duramente e lo ha accusato di certi delitti, che questo poveretto non ha mai commesso in tutta la sua vita. Questo non è stato giusto da parte del generale avido di verità e di luce. Quest’uomo è solo come tutti i suoi pari, e qui deve essere aiutato. Infatti, essere un cattolico-romano dalla testa ai piedi significa essere spiritualmente sordo, cieco, muto e paralizzato, una condizione nella quale nessuno può essere considerato responsabile. Ma per la sua superbia sacerdotale questa prima cura è stata comunque buona, perché ora riconosce che ha sbagliato, volendo far credere a tutti qualcosa nella quale egli stesso non ha mai creduto. Ha usato l’Inferno solo come mezzo per spaventare ed il Cielo come dolce richiamo, ma egli stesso non credeva né nell’uno né nell’altro. Tutta la religione era per lui un vecchio mezzo mitologico per tenere i popoli della Terra nell’obbedienza verso le leggi mondane. Il servizio divino lo svolgeva sempre solo come opera di accecamento necessaria per la moltitudine spiritualmente cieca, ma egli stesso non ci ha mai tenuto e diceva, come disse un certo papa, spesso a se stesso e non raramente in presenza dei suoi fidatissimi colleghi: “Il vecchio mito di Cristo non è proprio male! Di esso si può fare ciò che si vuole. Esso porta ai suoi servitori autorità e moltissimo denaro. Ma questo è anche il suo lato migliore; altrimenti la vecchia idolatria greca sarebbe stata certo assai preferibile e più elevata!”.

5. Io però vi dico: “Tutto questo non fa nulla!”. Infatti il monaco nella sua grande cecità era un triplice schiavo di Roma! Ma si può forse punire uno schiavo, che si è lasciato cavare gli occhi e bruciare completamente gli orecchi dal suo padrone, che era più potente di lui? Perciò, fratello Roberto, va’ subito in casa e porta fuori pane e vino, perché costui deve ricevere soprattutto un completo rinvigorimento, affinché sia in grado di essere, in seguito, istruito ed ordinato da noi. Fa’ ciò che ti ho raccomandato!»

6. Roberto in un paio di attimi porta una grande bottiglia di vino e un’intera forma di pane e dice: «Signore, è tutto già qui! Ma come ristoreremo questo poveretto? Infatti egli giace proprio come morto con la faccia a terra; prima dovremo certo sollevarlo!»

7. Dico Io: «Carissimo Roberto, abbi solo pazienza! La nostra vicinanza lo rialzerà presto. Ma questi sono pazienti sempre molto pericolosi; perciò bisogna prendere più tempo con loro. Vedo che il vino e l’intera forma di pane è per te un po’ difficile da tenere. Che diresti se la cara Elena, che qui ti guarda con tanta partecipazione, ti aiutasse un po’? Se tu avessi una padrona di casa così, non pensi che la tua amministrazione domestica andrebbe avanti molto meglio?»

8. Roberto sorride compiaciuto e imbarazzato e dice dopo un po’: «Sarebbe tutto inesprimibilmente bene, buono e giusto, se solo non fosse così bella! Ma altrimenti, o Signore, un’assistente datami da Te trasformerebbe sicuramente la mia unica casa in diecimila cieli! Ma lei è troppo straordinariamente bella, cara e meravigliosa per me!»

9. Dico Io: «Tu sei sempre stato un amico di tutto il bello ed oltre a ciò anche dell’utile. Il tuo motto diceva perfino: “Il bello deve essere utile e l’utile deve essere bello!”. E vedi, questo è stato anche fin dall’eternità il Mio proprio Principio fondamentale d’azione. Perciò tutte le Mie Opere sono tanto belle quanto utili. Infatti l’utilità corrisponde al Mio eterno Amore e Bontà, e la Bellezza alla Mia Sapienza e Verità. E così qui nel Regno dei Cieli non puoi mai avere l’una senza l’altra. Più si presenta bella qui una cosa, tanto più è anche utile!

10. Elena è davvero bellissima, ma lei proprio per questo è un essere estremamente utile. Perciò non temere troppo la sua bellezza! Solo mediante lei tu diventerai un perfetto uomo ed angelo, e lei mediante te diverrà ancora più bella, perfetta e utile! Io la dono a te quale vera sposa celeste, con la quale diventerai sempre più sapiente, felice e beato. Porgile perciò la tua destra e stringila al tuo petto! E l’adempimento di questa Mia Volontà è l’eterna Benedizione per voi due!»

11. Dice Roberto, ebbro di delizia: «O Signore, perdona la mia grande debolezza! Ma qui ti devo confessare apertamente che non mi è mai stato più facile e più beato esprimere la preghiera: “Signore, la Tua Volontà sia fatta!” come lo è stato questa volta! Così vieni dunque sul mio petto, tu Elena meravigliosa e celestialmente bella! Ciò che il Signore, il Padre Gesù, Jehova Zebaoth clementissimo, mi ha dato, lo ha dato tramite me anche a te in eterno! E così, beatissimi, vogliamo dunque essere una cosa sola in tutto: nell’amore, nella verità, in ogni amorevole attività e con ciò una cosa sola nel nostro santissimo amorevolissimo Padre!»

12. Dice Elena, raggiante di celestiale bellezza: «Il Nome del Signore sia lodato in eterno e la Sua santa Volontà sia fatta! Ugualmente però sarà in eterno per me santa anche la tua volontà, perché ora vedo chiaramente che non racchiudi più alcun’altra volontà nel tuo cuore che unicamente quella santa del Padre celeste di tutti gli uomini ed angeli! Se a tratti il tuo cuore dovesse divenire debole dopo grandi opere d’amore, allora esso deve trovare nel mio un ricco ristoro. E se io stessa dovessi mostrare una qualunque debolezza nel santo volere, il tuo cuore mi fortificherà in tutto ciò che è gradito al Padre santissimo! E così voglio essere nel Nome del nostro Padre santissimo per l’eternità la tua sposa celeste, che vivrà ed agirà in te e con te come una cosa sola in eterno! La Grazia, l’Amore, la Sapienza, l’Ordine e la Volontà del santissimo Padre siano per noi una benedizione in eterno!»

13. Roberto, commosso oltre ogni misura, stringe Elena al suo petto e la bacia tre volte sulla fronte. E dopo Elena lo bacia altrettante volte sulla bocca, gli prende subito il vino ed il pane e dice: «Ora in eterno, come tua sposa, alleggerirò la tua fatica! È sufficiente che tu dia a me le tue disposizioni nel Nome del Padre santissimo e io poi agirò come il tuo braccio destro!»

14. Dico Io: «Bene, bene, Miei amati figli! Ora siete benedetti e siete una cosa sola e tale rimarrete sempre beatamente in eterno!

15. Ma la nostra opera non è terminata con ciò, anzi, ora si tratta di passare all’azione! Ogni azione però d’ora in poi potrà essere portata a termine più facilmente e più velocemente perché tu, Mio amato Roberto, stai lì quale perfezionato cittadino del Regno dei Cieli ed ora non hai solamente un potere istruttivo mediante la verità della Parola, ma anche un potere giudicante mediante la Volontà d’Amore proveniente da Me, che tu userai solamente là dove il primo potere non dovesse proprio bastare! E così chinati verso questo ammalato e soffia su di lui, affinché risorga per la guarigione!».

125. Capitolo

Il monaco inizia il suo risveglio spirituale grazie a degli aiuti divini.

I suoi monologhi sulla gerarchia ecclesiastica e sul riconoscimento di Cristo.

1. Roberto si china subito e soffia sul monaco che prima era stato buttato fuori. Costui comincia subito a muoversi come uno che si desta da un sonno profondissimo.

2. Quando il monaco dopo un po’ si rialza completamente, egli domanda: «Chi ha alitato una vita nelle mie viscere, poiché certo sono stato ucciso dai miei nemici?». (Nel mondo degli spiriti, tutti quelli che vengono buttati fuori da una casa, rimangono per un certo tempo come morti. Infatti, buttare o gettar fuori significa in questo mondo giudicare o uccidere con violenza). «Dove sono ora? È notte e molto buio, ovunque dirigo i miei occhi. Non sento nessun suono con i miei orecchi. Se sono anche paralizzato, quasi non lo so, perché non sento nessun terreno sotto di me. Oh, se solo potessi scorgere da qualche parte un minimo bagliore di luce!

3. Nel mondo ero un sacerdote ed ho eseguito il mio servizio prescritto con ogni diligenza. Certo, a questo erano legati per lo più solo puri interessi terreni e di fede ce n’era ben poca. Io ho comunque eseguito coscienziosamente la mia funzione; ma ora quale ricompensa ho raccolto nel regno della morte!? O Dio, se sei da qualche parte, oppure tu, fato inesorabilmente duro! Perché sono dovuto divenire un essere pensante, autocosciente? Perché vengo guidato attraverso le situazioni di vita assai innaturali che sono gravate da ogni maledizione? Chi ha voluto che io dovessi divenire questo e nient’altro? Cosa ci può fare un bambino se è venuto al mondo cieco e poi non trova più alcun medico? O duro fato, dove sei perché io, trovandoti, possa rivolgermi a te e ti maledica? Tutta la mia vita fin qui è stata solo un’ininterrotta maledizione, ma non voglio più maledire, perché è sufficiente il fatto che io stesso sia una maledizione»

4. Dico Io a Roberto: «Ora soffiagli negli orecchi!», e Roberto lo fa.

5. Il monaco tende gli orecchi e dice dopo un po’: «Dove sono dunque arrivato? Infatti ora percepisco qualcosa come un mormorio di grandi acque e tra il mormorio percepisco qualcosa come suoni di ogni genere di uccelli! Davvero strano: il mormorio diventa più potente e il suono degli uccelli più forte! Le acque dunque mi inonderanno e gli uccelli si sazieranno poi col mio cadavere? O fato orribile, perché devo, se sprofondo, percepire prima la voce della terribile rovina? Ma perché non ti scagli addosso a me, che sono impotente, come un assassino a tradimento? Ma che senso ha che io stia qui a discutere? Certo anche i duri giudici degli uomini sulla Terra leggono ai malfattori la loro condanna a morte, prima di ucciderli. Alla crudele durezza dei cuori degli uomini non basta più la sola morte del loro fratello indifeso, bensì prima egli deve essere anche tormentato. Ma se lo fanno gli uomini, perché il duro fato dovrebbe andarci più cauto?»

6. Dopo dico Io a Roberto: «Ora soffiagli sugli occhi», e Roberto lo fa.

7. Il monaco comincia poi a strofinarsi gli occhi e dice: «Cosa è stato questo? Ho sentito chiaramente un soffio passare sui miei occhi. Ora vedo all’improvviso come attraverso un crepuscolo e scorgo di nuovo un terreno solido sotto di me. Vedi, qui c’è nuovamente la stessa casa dalla quale i miei nemici mi hanno buttato fuori! Sì, è proprio la stessa, ed io sento ora al posto dell’inquietante mormorio dell’acqua le molte voci dei miei nemici! Ed il cinguettio degli uccelli sono [come] voci vicino a me! Ma non riesco a scorgere nessuno!

8. Ora credo nuovamente in qualche Dio! Il generale là dentro, che non a torto ha sdegnato la mia messa, aveva ragione, perché egli lodava tanto meglio la Divinità di quanto mi sono sforzato di rappresentarLa io. Ma come è il lavoro, così sarà la ricompensa! Hanno avuto ragione ad avermi buttato fuori! Ma perché ho voluto essere un asino tenebroso anche qui?»

9. Dico Io a Roberto: «Ora soffiagli sulla bocca e sul petto», e Roberto fa subito quello che gli dico.

10. Dice il monaco: «O quanto è meravigliosa e piacevole questa delicata arietta che soffia sulla mia bocca! È stato forse il dolce bacio di un angelo? Sì, così devono baciare gli angeli! Ho anche percepito nel mio petto, in cui è penetrata una vita assai deliziosa, che se la mia bocca non fosse stata baciata da un angelo non avrei potuto sentirmi così felice. Davvero strano: sta anche diventando curiosamente più luminoso in me! E le mie mani diventano più piene e nei piedi sento una gradevole pressione! È come se una nuova forza vitale cominciasse a fluire in tutto il mio essere.

11. Ora si sta illuminando anche tutta la zona, e la casa è visibile con più chiarezza! Ah, questa è una casa davvero meravigliosa! Tre piani! E queste meravigliose arcate e balconi sotto le finestre! Questa imponente grandezza ed altezza! No, l’intera faccenda mi pare come un sogno! Ho già visto prima questa casa, quando il generale ci ha portati tutti qui, ma non riesco a ricordarmi che allora avesse un aspetto così meraviglioso.

12. Vorrei ben volentieri entrarci di nuovo, ma certamente mi butterebbero velocemente fuori. Perciò preferisco rimanere qui all’aperto ed ammirare in silenzio questa immensa costruzione meravigliosa, che ora con l’accrescere della luce mattutina sembra diventare sempre più grande. Sì, resto qui, perché comincio a sentirmi così tanto bene.

13. Solo non capisco perché qui mi sento come a casa; è come se fossi stato qui da chissà quanto tempo. Eppure la zona mi è tanto estranea quanto ad un uomo può sembrare estranea una cosa mai vista. Ah, qui è magnifico! Tutto però è anche armonioso: questo ampio giardino con le costruzioni, il bel gruppo di monti che circonda questa villa a grande distanza, il quale si leva sempre più in altezza in particolare verso oriente, mentre verso occidente e settentrione si appiana in una pianura imprevedibile. Oh, questo è indescrivibile!

14. Ma proprio qui vicino a me intravedo un padiglione meraviglioso! Che accadrebbe se vi salissi su? Questa regione dovrebbe apparire ancora più meravigliosa! Ora ho forza nei piedi. Sarebbe proprio bello salirvi; su, sali! Ma no, rimango qui sotto; forse al proprietario non potrebbe essere gradito. Anche qui si sta proprio bene. Ma ora che dentro di me diventa sempre più chiaro e luminoso sento che l’uomo anche nel regno degli spiriti può divenire affamato e assetato. Un bel pezzo di pane e qualcosa da bere potrebbe starci veramente bene per questa illuminazione del mondo degli spiriti!»

15. Dico Io a Roberto: «Mettigli ora davanti pane e vino!»

16. Roberto prende subito il pane e il vino dalle mani della sua Elena e li mette nel grembo del monaco. Costui si meraviglia molto e vede subito il dono, ma non vede ancora i donatori intorno a lui.

17. Per un po’ osserva il pane e il vino, poi egli dice fra sé: «Grazie a Dio, ora sarebbe veramente tutto al completo! O divin tavolino: apparecchiati! Ebbene, così si fa nel mondo degli spiriti! Che incantevole panorama e vista per uno stomaco vuoto! In verità, così forniti si può resistere per tutta l’eternità, amen! Basta solo che però non ci sia più nessuna notte in questa regione, perché qui la notte è stata orribile!

18. Ma ora vorrei anche sapere chi è stato così servizievole qui. In ogni caso sono degli spiriti, e sicuramente sono tutti molto buoni! Ma certo anch’io sono ora uno spirito! Come mai dunque non posso vedere questi spiriti ed angeli che mi servono in modo non visibile? Probabilmente sarò ancora troppo impuro per vedere i santi spiriti angelici! Ma vedo certo il pane e il vino! Ebbene, è già bene così; il resto poi si vedrà! Nel Nome di Dio, mi occuperò dapprima del pane e poi del vino dall’ottimo aspetto! Dio lo benedica! A Lui soltanto vada ogni onore, ogni lode e ogni gloria!»

19. Dopo queste parole il monaco spezza un gran pezzo di pane dalla pagnotta, comincia a mangiare e lo trova meravigliosamente gustoso. Perciò va all’attacco dell’intera pagnotta e quando ha terminato dice con tono deliziato: «Dio sia lodato! Questo è stato un pane gustoso come un maturo ananas del Brasile! Ora però voglio far onore anche al vino nel santissimo Nome di Dio! È quasi più di un boccale! Ma non fa nulla: anche sulla Terra ho portato spesso con me come provvista di viaggio un boccale e a volte anche qualcosa di più, così come se fossero una benedizione di San Giovanni. Ebbene, nel Nome di Dio: anche qui andrà bene! O tu, caro vinello! Quale meraviglioso colore dell’oro!»

20. A questo punto si attacca al fiasco e non si stacca finché non ha bevuto l’ultima goccia. Non si può meravigliare abbastanza della straordinaria bontà del vino e diventa oltremodo allegro e, oltre a ciò, assai devoto, così che alla fine riesce solo a dire in modo ripetitivo: «Dio sia lodato! Dio sia lodato!»

21. Dopo un po’ di devote esternazioni si rialza finalmente del tutto e dice fra sé: «Quanto mi ha fortificato questo banchetto; questi alimenti non erano né pane terreno né vino terreno! Questi erano davvero pane e vino dai Cieli più alti, perché il pane è stato completo nutrimento e il vino completamente vita! Solo ora vivo davvero, e la morte sembra essersi allontanata da me per l’eternità.

22. Alla fin fine il vecchio mito di Cristo, che diede per cena pane e vino ai Suoi discepoli e raccomandò di prenderne per conquistare la vita eterna, non è poi così vuoto come credeva, naturalmente in segreto, l’alto clero erudito!

23. In questo insegnamento di Cristo, che si è conservato attraverso i quattro evangelisti fino a quest’epoca, c’è qualcosa di contraddittorio che uno spirito sano non può proprio digerire così facilmente, come invece accade a me adesso con questo pane e questo vino. Ma tuttavia racchiude anche altre cose estremamente coerenti, dalle quali si può dedurre che il Fondatore di un tale insegnamento non poteva essere un uomo qualunque, ma evidentemente un Dio. Ed ora questa rianimazione in vita mediante il pane e il vino mi dà quasi una prova inconfutabile del fatto che Cristo un tempo è veramente esistito sulla Terra e che le cose, per quanto riguarda la Sua figliolanza divina, non devono stare proprio così male come la pensa invece segretamente l’alto clero.

24. Chi può sapere se in questo bellissimo mondo degli spiriti non possa capitare una volta che in qualche luogo io possa incontrare lo Spirito di Cristo!? O Dio! Se potessi sperimentare questo, allora pregherei Cristo di permettermi di fare una visita, certamente non gradita, al papa e a tutti i cardinali per mostrare loro chi è Cristo e di quale spirito essi sono figli! Naturalmente non servirebbe a molto, ma farebbe bene ad altri monaci francescani se si potesse mostrare a questi “mantellini rossi”, a questi evidentissimi anticristi, che Cristo non è una favola, come infatti essi credono, ma che è veramente chi e ciò per cui Egli Stesso si è rivelato. Allora sì che sarebbero costretti a spalancare gli occhi fino a farli diventare grandi come la più bella luna piena!

25. Ma ora sento ad un tratto un bisbiglio come di uomini intorno a me, e la luce mattutina si schiarisce sempre di più. Perciò silenzio ora! Forse percepisco parole e frasi ben articolate».

126. Capitolo

Il monaco, dopo aver udito un insegnamento su chi è veramente Gesù, riconosce la Sua Divinità.

L’ultimo ammonimento alla Chiesa romana.

1. Ora il monaco sente, dette a voce molto bassa, le parole: «Gesù, il Crocifisso, è l’unico Dio sopra tutti i Cieli e sopra tutto ciò che riempie lo spazio infinito. Solo Lui è il Creatore originario di tutte le cose, di tutti gli angeli, gli uomini, gli animali, le piante e di tutta la materia. Egli è il Padre secondo il Suo Essere d’Amore originario ed eterno, l’eterno Figlio della Sua Sapienza e l’unico Spirito Santo della Sua Potenza, della Sua Azione e Forza infinite.

2. È a questo Gesù che ti devi rivolgere nel cuore veramente e fedelmente. AmaLo, perché Lui ti ha amato così tanto che, per Amore per te come per tutti gli uomini, assunse la natura umana e permise che su di Sé venisse la morte più amara del corpo, affinché divenisse possibile una vita eterna a te e a tutti gli uomini!

3. L’eterna vita beatissima, pari alla Pienezza divina, è diventata possibile solo attraverso di Lui ed è data ad ogni creatura come un tesoro infinito. Non c’è più bisogno di altro ora che chiedere con amorevole volontà questo grande dono dato dal Padre santo ed accoglierlo con gratitudine estrema, e l’uomo vivrà felice per l’eternità in compagnia di Dio come un secondo Dio.

4. Dio, che è Gesù il Padre di tutti noi, è il purissimo Amore, che non giudica nessuno e vuole rendere beato ognuno. L’uomo deve solo volere ciò che vuole il purissimo Amore di Dio, poiché Dio non costringe nessuno, meno ancora in questo mondo degli spiriti. Perciò ad ognuno toccherà ciò che egli stesso vuole. Di conseguenza ciò che tu vuoi, questo riceverai!

5. Ma non esiste nessuna vita e nessuna beatitudine eccetto che nel puro Amore di Dio. Chi ha accolto questo dentro di sé, ed egli stesso vuole ciò che vuole questo santo Amore, vive ed è felice in eterno»

6. Il monaco, dopo aver udito queste parole bisbigliate, si stupisce non poco e dice fra sé: «Strano! Questo è un insegnamento completamente nuovo su Dio! Quindi non tre persone distinte! Sulla Terra questa sarebbe ritenuta la massima eresia, infinitamente diversa dall’insegnamento cattolico-romano! Ma tuttavia trovo tale insegnamento completamente naturale e molto più vero dell’insegnamento cattolico-romano! Ciò che però mi meraviglia molto è che questo spirito, che ha parlato a me così saggiamente dall’aria, non ha menzionato una sillaba della santissima Vergine Maria e degli altri cari santi, a cui ci si deve rivolgere per la loro potente intercessione. Questo non è per niente cattolico, ma non fa niente. Lo sconosciuto, che molto probabilmente mi ha fatto arrivare questo pane meravigliosamente buono e l’eccellente vino, mi ha dato ora anche questo insegnamento. Se la prima cosa che mi ha fatto arrivare è stata oltremodo buona, così lo sarà anche l’insegnamento! Comunque stiano le cose, io certo accetterò questo insegnamento.

7. Devo riconoscere apertamente che, se il diavolo fosse compenetrato da un simile insegnamento, dovrebbe essere egli stesso beato. Un simile pane non viene sicuramente cotto all’Inferno ed simile un vino non viene mai pigiato là. Perciò tutto questo proviene dal Cielo: pane, vino ed insegnamento! Ed io li voglio accettare! Ma quando è così, allora rallegratevi, voi cardinali e tu papa! Comincerò a riapparire in modo molto strano nel vostro cervello. Voglio pregare Gesù finché me lo permetterà. Bene, metterò alle strette la curia romana e le accenderò una luce davanti alla quale dovrà rabbrividire! Ma ora basta! Ora bisogna rivolgersi molto seriamente al Signore Dio Gesù; tutto il resto scaturirà poi da lì»

8. Dico Io a Roberto: «Tocca ora i suoi occhi!»

9. Roberto lo fa, e ora il monaco vede, con suo grandissimo stupore, la grande schiera dei beati insieme a Me. La schiera è radunata intorno a lui, ma egli non riconosce ancora nessuno; guarda prima uno e poi un altro, e si comporta come uno che è assonnato.

10. Dopo un po’ il monaco ritorna completamente in sé e chiede timidamente a Roberto, che è quello che gli sta più vicino: «O amico celeste, dimmi dove sono! E dimmi anche, se non ti offendi per il fatto che ti molesto subito con domande, con chi ho in te, caro amico, l’onore e la grazia di parlare!»

11. Dice Roberto: «Qui tu trovi sul terreno celeste. E questa casa, che sta dinanzi a te in indescrivibile grandezza, bellezza e magnificenza, è la mia dimora celeste per l’eternità. Però io sono lo spirito, ora felice, dell’infelice Roberto Blum a te ben noto sulla Terra. E questa bellissima donna al mio fianco è la mia sposa unita a me in eterno da Dio il Signore. E ora che tu sai questo, dì a noi ciò che desideri sopra ogni cosa!»

12. Il monaco, scuotendo la testa in modo dubbioso, dice: «Tu, Roberto Blum? Il capo eretico Roberto Blum è in Cielo? Ah, ciò non sta nel giusto ordine delle cose! E questo sarebbe il tuo terreno e la tua casa? Anche in Cielo esistono terreni e case? Eppure il Cielo consiste solo di pure nuvole luminose sulle quali i cittadini celesti, uguali agli angeli, volteggiano, contemplano il Volto di Dio ed esclamano continuamente: “Santo, santo, santo è il Signore

Zebaoth! Cielo e Terra sono pieni della Sua Gloria! L’onore sia a Dio, al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, amen!”. Ma di tutto questo qui non c’è la più lieve traccia. Come potrebbe questo essere quindi il Cielo? Forse è solo un cielo neocattolico, che la Grazia di Dio vi concede fino all’ultimo giorno del giudizio per ricompensarvi temporaneamente per alcune opere buone che avete operato sulla Terra. Ma poi questo cielo passerà e verrà trasformato in Inferno. E questa casa sarà probabilmente costruita sulla sabbia mobile e non sulla roccia. Allora tutto crollerà presto riducendosi in macerie di cui non resterà assolutamente niente!

13. La cosa non mi convince per nulla. Dimmi, dov’è poi Dio, il Signore, con tutti i Suoi santi angeli e gli altri santi se questo è il Cielo?»

14. Dice Roberto: «Basta che ti guardi intorno e vedrai chiaramente vicinissimo a te Dio, il Signore Gesù, e dietro di Lui i santi apostoli e dietro ancora i padri primordiali della Terra cominciando da Adamo!»

15. Il monaco si guarda intorno timidamente e riconosce in Me subito Gesù, il Crocifisso. Così anche gli apostoli, che riconosce dalle caratteristiche, a lui ben note, delle loro vesti. Egli si getta prontamente dinanzi a Me e dice: «Signore Dio Gesù! Se Tu lo sei davvero, abbi pietà e misericordia di me, povero peccatore, perché io sono un grande e rozzo peccatore!»

16. Ed Io rispondo: «Tommaso, alzati, guarda e vivi! Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo! Ma perché dubiti ancora di Me e della Verità del Mio Cielo?»

17. Dice il monaco Tommaso: «O Signore, Tu mi domandi come se io potessi dirTi qualcosa che Tu non sappia già. Guarda nel mio cuore e vi troverai ancora quei tratti di scrittura originali, che la Tua onnipotente Destra vi ha tracciato. In questi tratti si esprime un’infinita grandezza e sublimità, sotto la quale il mio cuore poteva sentire solamente Te. Esso era perciò sempre incapace di immaginarsi Te in modo diverso. Ogni gretta raffigurazione di Te che fosse ambiziosa ed avida non poteva perciò mai trovare posto nel mio cuore. Per questa ragione non potevo mai accettare completamente di aver fede nella Divinità di Gesù, l’Unto, benché, a rigor di termini, io non abbia mai dubitato di questa possibilità. Certamente la Divinità di Cristo avrebbe dovuto spiccare in modo evidente, circa come successe con gli apostoli, se avessi dovuto essere costretto ad una ferma fede. Ma questo non era sicuramente il caso per saggis-simi motivi. Cristo o il Suo Spirito lasciò sempre che la curia romana potesse fare di Lui ciò che essa volle.

18. A quale spirito più desto, conoscendo la teologia cattolica-romana, poteva venire lontanamente in mente di ritenere un insegnamento simile per puramente divino? Io stesso ho ricavato dalle ostie parecchie migliaia di veri Cristi e poi per la maggior parte le ho mangiate tutte io stesso. Ma cosa deve pensare una persona sincera di una dottrina, della quale ogni cinese deve ridere a crepapelle? Quante volte ho pensato dopo una messa, quando davo uno sguardo al sole e di sera alle miriadi di stelle: “Dunque Colui, che tu oggi hai trasformato in Altissimo Dio attraverso una cosiddetta consacrazione di una tonda ostia fatta con la fecola di farina e poi L’hai mangiato vivente, deve aver fatto tutto questo?”. O Signore, questo era certamente troppo per la fede di un mortale! Con colui che può credere questo, non c’è veramente da congratularsi, perché non può certo possedere in sé la più piccola scintilla spirituale! È vero che io celebravo il cosiddetto servizio divino regolarmente dinanzi agli occhi del mondo cieco, ma io stesso non ci credevo proprio per nulla, perché la scrittura originale nel mio cuore ed in tutto il Creato mi insegnava sempre tutt’altra cosa.

19. Ma che per questo anche il vero Cristo, che tollerava simili assurdità, cadde in discredito presso di me e molti altri, lo comprenderai Tu, o Signore, sicuramente ancora più chiaramente di me. Ora credo nuovamente alla Tua unica Divinità, perché Tu sei ora completamente così come una volta camminavi sulla Terra. Ma non crederò mai in un Cristo di ostia fatta con la fecola di farina!

20. Vedi, Signore, così sta scritto nel mio cuore. Questa è la mia vita, come io la vedo in me quale puramente divina. E così, da povero peccatore, non ho presentato a Te onnisciente, con parole insufficienti, niente di più di ciò che Tu non abbia già visto chiaramente fin dall’eternità. E così sia fatta la Tua santa Volontà!»

21. Dico Io: «Bene, Mio caro Tommaso, quello che tu hai detto va tutto bene. Ma se Mi fai un rimprovero per il fatto che Io non feci mai pervenire un contro-messaggio alla Chiesa romana per i suoi orrori, allora Mi fai un torto! Considera tutti gli scismi dalla romana: non furono forse dei potenti contro-messaggi? Diedero però pochi frutti, poiché non volevo ancora giudicare il drago a causa del Mio Amore. Inoltre considera la grande diffusione della pura Parola mediante l’opera stampata in tutte le lingue! Ciò diede pochi frutti, perché non volevo ancora giudicare il drago a causa del Mio Amore! Considera ancora i nuovi profeti risvegliati da Me in ogni tempo! Questi esercitavano un potente contro-messaggio che però diede pochi frutti, perché non volevo ancora giudicare il drago a causa del Mio Amore! Considera poi ancora le migliaia di molteplici umiliazioni che mandai da tutte le parti alla romana quale potente contro-messaggio! Ma finora queste hanno dato ancora pochi frutti, perché non volevo ancora giudicare il drago a causa del Mio Amore!

22. Ma d’ora in poi le cose prenderanno un’altra piega con la romana. Il suo potere mondano verrà molto scosso e in ogni luogo verrà permesso di usare un linguaggio schietto contro di essa. Se non darà frutti nemmeno un tale messaggio, allora il drago verrà giudicato a causa della Mia Indulgenza che è stata maltrattata troppo a lungo.

23. Io penso che tu ti sarai ora chiarito le idee sulle trascuratezze di cui Mi rimproveri. E così unisciti ora completamente a Me e vieni con noi in questa casa per un banchetto già preparato!»

24. Dice Tommaso: «Tu eterno Salvatore di tutte le anime e di tutti gli spiriti ammalati! Io non sono certamente degno di un banchetto che Tu Stesso hai preparato ai Tuoi servitori più meritevoli! Questa sarebbe troppa misericordia per me, poiché sulla Terra ho sempre peccato gravemente dinanzi a Te. Certo, io verrò in casa, ma non oserei mai in eterno prendere parte ad un simile banchetto santo, poiché potrei provare su me stesso la sorte di un Giuda Iscariota, e questo certo sarebbe poi qualcosa di estremamente spaventoso!».

127. Capitolo

Il monaco Tommaso riconosce Dio e lo loda.

Nell’Aldilà ogni azione verso qualcuno fa provare la stessa sensazione anche all’autore.

È più felice chi chiama il Signore “Padre e Fratello” di chi Lo contempla nella Sua Grandezza.

Insegnamento del Signore sulla semplicità dell’Amore.

1. Dico Io: «Mio caro Tommaso, tu sei ancora molto sciocco! Non chiamai Giuda ad intingere il pane nel piatto con Me, poiché Io sapevo che sarebbe stato considerato un giudizio su di lui, dal momento che era indegno di mangiare con Me il pane della Vita! Tu invece vieni chiamato da Me Stesso, perché in te non scorgo nessuna indegnità. E così puoi fare senza esitazione ciò che Io ti chiedo ora. Inoltre qui si è cessato di tenere qualsiasi conto dei giudizi, poiché qui ogni azione ha lo stesso la sua conseguenza, corrispondente allo spirito nel quale è stata compiuta. E poiché ogni spirito qui è completamente il suo stesso giudice secondo le sue azioni, allora tu non hai più da temere un’influenza estranea da nessuna parte. Quello che vuoi, lo farai anche, e sarà l’azione a giudicarti secondo la tua volontà, la quale è il vero motivo di ogni azione.

2. E così d’ora in poi non farti più nessuno scrupolo! Se tu sei affamato ed assetato, vorrai avere qualcosa da mangiare e da bere. Ma se tuttavia non vorresti mangiare e bere, dovresti allora sicuramente anche accettare il dolore che la fame e la sete racchiudono in sé come necessaria conseguenza. Oppure prenderesti forse in mano una pungente verga e castigheresti te stesso? Questo sicuramente non lo farai.

3. Ma ciò che non vorresti fare a te stesso, non lo farai nemmeno ai tuoi fratelli. Infatti, l’amore del tuo cuore non permetterà di far del male ad essi, poiché qui, nel mondo degli spiriti, l’ordine è disposto in modo che ogni azione commessa su qualcun altro abbia un effetto retroattivo anche sull’autore facendogli provare la stessa sensazione.

4. Ora sai da questa spiegazione come stanno le cose qui. E così

Io penso che tu ora farai secondo la Mia disposizione, senza rimorsi di coscienza, ciò che è e sarà per il tuo bene supremo!

5. Vedi, potrei costringerti ad andare all’istante là dove voglio che tu vada. Ma poiché Io non ti costringo al bene con la Mia Onnipotenza, ma fortifico solo con una dolce istruzione il tuo cuore, il tuo intelletto e la tua volontà, tanto meno ti costringerò a fare qualcosa di malvagio. Da parte Mia nulla viene così tanto rispettato come la volontà assolutamente libera dell’uomo. E così puoi osare coraggiosamente di fare volontariamente ciò che Io, tuo Dio, Creatore e Padre colmo di potentissimo Amore, ti chiedo!»

6. Dice Tommaso: «O amorevolissimo Padre! Ora nel mio cuore non esiste più nessuna esitazione. Ciò che Tu desideri, deve essere sempre la santissima legge del mio cuore. Oh, quanto è soave e saggia la Tua santa Volontà paterna! Dov’è un cuore che potrebbe resisterle? Quanto è ora beato tutto il mio essere per il fatto che io posso seguirTi, e Tu Stesso mi stai accanto e mi guidi con la Tua Mano paterna nel regno della vita eterna! O tu, santa Dimora delle dimore nella quale entra Dio! Chi potrà lodare abbastanza il grande banchetto che Dio Stesso ha preparato per tutti coloro che il Suo Cuore di Padre ha scelto per figli Suoi? Voi, beatissimi fratelli e sorelle, riuscite a sentire perfettamente e ad afferrare la santa Profondità che è il nostro Maestro e Guida Dio Stesso? Noi siamo presso Dio, anzi presso il grande Creatore dell’infinito; noi siamo presso il Padre! Oh dite, percepite abbastanza profondamente chi è Colui che ora ci conduce nella Sua Dimora?»

7. Dico Io andando in casa: «Bene, bene, Mio caro figlio Tommaso! È una vera gioia per Me il fatto che tu faccia sorgere nel tuo cuore sentimenti che hanno molta somiglianza con i pensieri fiammanti con cui Mi lodano i Cherubini e Serafini, che sono i portatori della Mia Volontà in eterno. Ma per quanto siano anche elevati tali pensieri, la cui profondità e grandezza l’afferrano solo pochi spiriti, preferisco tuttavia quando i Miei figlioletti Mi chiamano tanto affettuosamente “Padre”. Lo preferisco a quando i più grandi angeli magnificanti Mi osannano con canti di sapienza e alla fine si accasciano sfiniti, quando comprendono che i loro pensieri più infiammati non sfiorano nemmeno l’orlo della Mia veste, mentre i Miei semplici figlioletti giocano beatissimi con il Mio

Cuore e i Miei Pensieri, e godono sempre il pane della vera Vita presso di Me ed alla Mia Tavola!

8. Vedi, coloro che osannano la Mia Potenza e decantano il Dio infinitamente grande, questi si trovano al di fuori di Me e Mi contemplano pressappoco come te, quando sulla Terra magnificavi spesso il cielo stellato estremamente sublime ma nonostante ciò non sapevi cosa fossero le stelle da te elogiate e ciò che è in esse. Ma quelli che Mi dicono: “O caro Padre! O Tu, mio divino Fratello!”, costoro sono presso di Me e perfino in Me. Essi, in quanto figli, Mi elogiano come il loro solo vero Padre e guardano la Mia Grandezza non più da una lontananza santamente timida la quale, come un grande abisso, li separa da Me, bensì essi stessi si trovano sulle stelle presso il loro Padre nel pieno godimento di quella santa realtà, che i grandi [angeli] cantori riescono appena a intuire.

9. Comprendi ora questa importante differenza? E poiché la comprendi, sei già anche molto più felice di prima. Questo è bene e giusto, e Mi è gradito più di ogni altra cosa perché è nel Mio Ordine. Presto al Mio fianco potrai vedere le grandi Opere immense traboccanti di meraviglie su meraviglie. Se allora tu chiedessi sempre: “Chi sente abbastanza in profondità chi è Dio?”, i Miei cari figlioletti riderebbero di te e ti direbbero: “Ma debole e infantile fratello Tommaso! Che sciocchezze stai dicendo? Chi mai può eternamente sentire e percepire abbastanza in profondità e in modo totale cosa è Dio in Se Stesso!? Come può il finito comprendere l’Infinito? Dio è il Padre di tutti noi! Noi Lo amiamo sopra ogni cosa; Egli ci guida e noi vediamo quanto Lui è caro ed infinitamente buono. Questo è molto di più! Amare Dio come Padre sopra ogni cosa vale infinitamente di più che volerLo scrutare! Che cosa è più degno per un uomo: sprofondare nei pensieri e, se passa un fratello povero, non accorgersene a causa dei grandi pensieri in cui è immerso, oppure lasciare i pensieri a Dio, al Padre santo, ed andare incontro pronto a servire il povero fratello con occhi pieni di fraterno amore? Lasciamo perciò il grande ai grandi! Noi però restiamo insieme piccoli nell’amore e saremo più felici dei grandi abbondantemente felici!”

10. Vedi Tommaso! Così parlerebbero con te tutti questi fratelli. Perciò rimaniamo anche noi insieme. Infatti, per vedere tutto il cielo, non c’è bisogno di avere occhi così grandi com’è il cielo stesso. Comprendi questo?

11. Sì, vedo che lo comprendi! E così vogliamo subito andare al banchetto, poiché ci troviamo già tutti nella grande sala dove sono ordinati i tavoli».

128. Capitolo

Tommaso perdona coloro che lo avevano cacciato fuori e per tale atto riceve la splendente veste dell’amore e il cappello della sapienza. Il suo primo incarico nell’Aldilà.

1. Tommaso si meraviglia di trovarsi già nella grande sala da pranzo con tutti gli altri ospiti, e precisamente davanti ad una tavola da pranzo ben apparecchiata, disposta a forma di croce secondo la disposizione di Max Olaf.

2. Dopo che Tommaso ha finito per così dire di meravigliarsi, dice: «Signore, Tu caro Padre! Quale grandezza e indicibile magnificenza adorna questa sala da pranzo! O Dio, qui troverebbe comodamente posto la popolazione di tutta la Terra centuplicata! Queste sterminate serie di colonne da tutte le parti, questa altezza veramente celeste! L’ornamento del soffitto a volta, splendente come un sole e la triplice galleria! Le alte finestre che irradiano tutti i colori luminosi e questo pavimento d’oro puro fanno tremare tutti i miei sensi dal profondo rispetto. Chi ha costruito questo? Oh, io domando qui come un cieco a Te, l’eterno Maestro, che sei l’unico costruttore di tali opere meravigliose! Mai Ti può amare e lodare abbastanza lo spirito più infuocato di un cherubino, la cui essenza è creata dalle fiamme più luminose della Tua Sapienza, per non parlare di un verme della polvere come me! O magnifica, magnifica, una vista così! In verità, questo supera milioni di volte la fantasia stessa di un arcangelo!

3. Aveva ragione un sapiente dei tempi antichi quando esclamò, profondamente commosso davanti alla Tua innominabile Bontà: “Padre, cessa finalmente di benedire! Se castighi un figlio, hai dei limiti nel farlo. Ma se poi cominci a benedirlo quando è migliorato, la benedizione non trova mai una fine!”. Una tale grandezza mai immaginata della Tua Bontà, Amore e misericordiosa Mitezza, Dolcezza ed Indulgenza è tutt’insieme troppo per uno spirito debole!»

4. Dico Io: «Va bene, Mio carissimo Tommaso! Ora non fare troppo chiasso! È dunque proprio qualcosa di così grande per Me, se faccio sorgere una dimora simile secondo la buona misura del cuore di colui al quale è stata data ora piena proprietà? Vedi, tutto questo corrisponde al cuore del nostro Roberto che sulla Terra era sempre infelice e non è di gran lunga la dimora più grandiosa tra quelle contenute in tutto l’edificio. Vedrai ancora cose completamente diverse; allora potrai dare libero corso alla tua fantasia. Ma ora sediamoci tutti insieme a tavola!»

5. Tommaso, gettando un timido sguardo alla prima sala, dice: «O Signore, Padre santo, guarda fuori dalla porta! Che miseria: una grande schiera di anime infelici! Non si potrebbe aiutare anche loro? Essi in fondo sono quasi tutti migliori di me; ed è appunto perché io ero il peggiore che prima mi hanno gettato fuori; ma questo io l’ho già perdonato completamente a loro. Perdonali anche Tu, o Padre sublime, e lascia prendere parte anch’essi a questo ricco banchetto!»

6. Dico Io: «Sì, mio carissimo fratello Tommaso, se tu cominci a venire da Me con simili desideri del tuo cuore, presto dovrai di certo esclamare: “Padre! Smettila di benedire!”. Vedi, con questo desiderio del cuore tu stesso hai azzerato in un colpo solo tutti i tuoi peccati dinanzi a Me. Perciò ti si devono far indossare subito una nuova veste splendente ed un cappello della sapienza raggiante come il sole! E rivolgendoMi a Roberto gli dico: “Roberto, là verso mezzogiorno tu vedi un armadio d’oro puro. Va’ e prendi una veste ed un cappello! Infatti, questa è la vera veste di ognuno che unisce nella stessa misura la sapienza all’amore!”»

7. Roberto corre lì e porta, con stupore di tutti gli ospiti, una veste ancora più splendente di quella di Elena, nonché un cappello rotondo, pressappoco nella forma di un cappello cardinalizio, che risplende in modo estremamente intenso.

8. Quando Tommaso vede la veste ed il cappello, dice tremante di gioia: «Ma Padre, Padre! Una cosa del genere deve adornare il mio essere assai peccaminoso? O Dio, o mio Gesù! No, questo è troppo in eterno! Ah, questo splendore! Ed io devo indossarlo?»

9. Dico Io: «Sì, lo devi indossare a causa del tuo cuore di cui Mi compiaccio. Ora fa presto, perché abbiamo ancora molto da fare!»

10. Tommaso prende la veste ed il cappello, i quali nell’attimo della presa si trovano già perfettamente adattati al suo corpo, tanto che nuovamente non può stupirsi abbastanza.

11. Quando è vestito a nuovo, Io gli dico: «Ora, fratello, sei perfetto e saziato con la Mia Grazia, Amore e Sapienza! Il banchetto qui è pronto e non mancano nemmeno degli ospiti resi degni. Ma, come tu stesso hai prima desiderato, fuori, nella sala adiacente, si trovano circa tremila spiriti ancora molto poveri, sotto la guida di un generale che tu conosci bene. Quest’uomo ha un cuore buono e giudizioso, e la sua parola ha un grande effetto presso la sua schiera. Va’ ora nella sala col fratello Dismas, che il generale ha conosciuto molto bene sulla Terra, e cerca di conquistare quest’uomo leale per Me secondo la libertà del suo cuore e tramite lui l’intera grande schiera. Se esegui bene la tua prima missione in questo regno della vera Vita, dopo il banchetto sarai messo a capo di qualcosa di grande. Infatti, Io ti dico: “Nel Mio Regno esistono molti grandi impieghi di tutte le specie e da te ancora mai immaginati!”. Perciò fa presto ora ad andare; e in Dismas avrai un saggissimo aiutante»

12. Dice Tommaso: «O Tu buono, Padre santo. Quanto Ti preoccupi per la pecorella smarrita, per la moneta perduta e per il figlio perduto! Lode, gloria e tutto l’amore ed adorazione solo a Te in eterno!».

129. Capitolo

Tommaso e Dismas presso il generale ed i suoi tremila.

Spiegazione su Gesù e sulla Via della salvezza.

Discorso del generale.

Il Signore alla porta della sala della Vita.

1. Dopo queste parole, Tommaso prende l’amichevole Dismas per mano e si reca subito fuori nella sala adiacente.

2. Il generale si stupisce quando scorge dietro a Dismas il ben noto monaco Tommaso in vesti splendenti e in atteggiamento assai amichevole. Stende subito ambedue le mani e dice: «Vi saluto, cari amici! Mille volte benvenuti! Ma amico Tommaso, che aspetto avete? Prima, quando la mia schiera ha messo le mani su di voi contro la mia volontà a causa del mal riuscito Padrenostro, della progettata messa ed ancora qualche parola non più da menzionare, eravate nero come un vecchio moro, ed ora splendete come un sole! Com’è successo che siete giunto ad una glorificazione così enorme? L’avete ottenuta con la lettura della messa e con il Padrenostro in latino? Avete forse trovato la Divinità in questo modo? Oh, ditemi, quale via avete battuto per giungere ad una tale vera salvezza?»

3. Dice Tommaso: «Mio stimabilissimo amico! Promettimi di credere senza dubbio a ciò che io ti dirò, allora ti troverai, con tutta questa intera schiera, subito sullo stesso terreno sul quale ci troviamo ora io e questo a te ben noto fratello Dismas!»

4. Dice il generale: «Riconosco dal vostro splendore che vi trovate sul terreno della Verità. La menzogna non può splendere, perché è vuota ed è fatta di niente. Così voglio anche credervi sulla parola, qualunque cosa mi direte. Brucio dalla brama di sentire dalla vostra bocca una splendente Verità!»

5. Dice Tommaso: «Bene, allora ascolta! Gesù, il Crocifisso, non è soltanto il Figlio del Dio vivente, ma è Dio, l’Onnipotente Stesso, in tutta la pienezza della originaria Onnipotenza eterna. Solo mediante Lui ed in Lui si può trovare la salvezza e la vera vita eterna. Rivolgiti a Lui insieme a tutta la schiera, e per tutti vi sarà aiuto all’istante! Unicamente Lui ha aiutato me e questo fratello, perché

Egli è infinitamente buono e non giudica nessuno. Egli però dona ad ognuno ciò che il suo cuore brama ardentemente. Chi è di buona volontà, a costui tocca una grande abbondanza di bene dalla sua stessa volontà. Ora sai tutto e puoi fare quello che vuoi! La tua stessa volontà sarà il tuo giudice»

6. Dice il generale: «Che ne dici tu, amico Dismas?»

7. E Dismas risponde: «Ciò che dice saggiamente il fratello Tommaso, lo dico anch’io nella pienezza della Verità!»

8. Dice il generale: «Due simili testimoni bastano! E quindi vi credo sulla parola. Ora però lasciatemi rivolgere anche alcune parole a questa schiera già abbastanza risvegliata!»

9. Quindi il generale si rivolge alla moltitudine e dice: «Fate tutti attenzione a ciò che ora vi annuncio! Voi tutti, da quando siamo qui, avete provato anche troppo profondamente l’indescrivibile situazione spiacevole in cui ci siamo trovati finora. Ci siamo lamentati e abbiamo pianto, ma nessun consolatore ci è venuto incontro. Abbiamo cercato e non abbiamo trovato. Abbiamo bestemmiato e nessun baratro si è aperto per inghiottirci. Poi abbiamo anche cominciato a pregare, così come potevamo. Ma anche la preghiera sembrava volerci abbandonare. In breve, alla fine c’è rimasta ancora solo la disperazione. Vi ho certo confortati, per quanto fosse possibile. Ma a cosa è servito tutto questo, se il consolatore stesso doveva sentirsi ampiamente più infelice!

10. Quando ogni speranza cominciava ad abbandonare anche me stesso, allora la Divinità, da noi a lungo bandita e non creduta, ha mandato due salvatori ben noti a noi! Questi ci annunciano la vicina salvezza mediante la sola accettazione dell’unica Divinità di Gesù Cristo, del Crocifisso! Ebbene, cosa ci impedisce qui di accettarLo con cuore fedele e di credere fermamente a ciò che ci dicono questi due amici avvolti di luce? Veramente peggio di qui non può andarci neanche all’Inferno vero e proprio! Con l’accettazione fedele di quanto udito abbiamo la fondata speranza di un possibile miglioramento del nostro destino, e questo è già qualcosa di importante rispetto alla nostra situazione attuale.

11. Riflettete su quanto vi ho detto ed agite di conseguenza! Tutto ciò non ci può recare nessun danno. Inoltre è quel monaco, che prima avete buttato fuori, a compiere principalmente l’atto di questa amicizia. Egli ci mentirebbe meno di tutti, poiché prima ha diviso con noi abbastanza a lungo questo duro destino. E così amici: Gesù Cristo per i nostri cuori ad ogni costo! Se Egli non ci aiuta, siamo perduti!»

12. L’intera schiera grida: «Sì, sì, caro generale, noi tutti siamo perfettamente della vostra opinione! Ciò che voi dite e volete, anche lo faremo! Che Gesù Cristo ci aiuti ad ogni costo, altrimenti siamo perduti!»

13. Dice il generale a Tommaso: «Amico, io penso che qui tutti i titoli mondani saranno finiti in eterno. Perciò io dico: “Carissimo amico e fratello! Tu stesso hai ora sentito quanto velocemente tutta questa schiera si dichiara come se fosse un uomo solo per l’unica buona causa! Gesù ora è per loro, come per me stesso, Tutto in tutto! Cosa dobbiamo cercare di raggiungere per diventare un po’ più degni di Gesù, il Signore dall’eternità, di quanto siamo ora?”»

14. Dice Tommaso: «Sta scritto: “Chi crede nel Figlio di Dio, costui sarà beato”. Voi tutti ora credete e diventerete perciò beati mediante la Sua Grazia! Ma da come desumo dalle tue espressioni, che sono ancora un po’ aride di vita, a voi tutti manca ancora qualcosa. Questa mancanza è l’amore per Gesù, il Signore! ApriteGli il vostro cuore e fatelo bruciare completamente d’amore per Lui. Egli Stesso vi verrà veramente incontro, vi accoglierà e vi condurrà avanti! Infatti, la Sua Bontà, il Suo Amore e la Sua Misericordia non hanno eternamente fine!»

15. Dice il generale: «Amico, le nostre parole suonano un po’ grossolane, ma vengono da un cuore sincero. E così puoi essere certo che i nostri cuori batteranno certamente in modo più caloroso andando incontro al Signore Gesù che non quello di alcuni cristiani che pensano molto e parlano bene, ma sentono molto poco. Anche noi abbiamo un po’ di cervello, certo non della formazione più fine, ma in compenso tanto più cuore sulla lingua. Ed io penso che questo non dispiacerà al Signore delle Magnificenze. Perciò sii pienamente certo del fatto che nell’amore per Dio Gesù, il Signore, non saremo più deboli di quanto lo siamo nella fermissima fede in Lui! Dì, cosa ci manca ancora?»

16. Ora dice Dismas: «A tutti voi non manca altro. Perciò ordina all’intera schiera di volere aprire gli occhi e di guardare alla porta aperta che conduce da questa sala alla grande sala da pranzo adiacente. Là Egli sta già con le braccia aperte, per accogliervi tutti nel grande Regno della Sua Grazia e Misericordia!»

17. A questo punto il generale si gira velocemente verso la porta aperta e vede e riconosce subito Me. Preso da grandissima gioia, grida con vera voce da comandante: «O Signore di tutti i Cieli e di tutti i mondi! Così, così infinitamente indulgente Tu, maestosissimo, vieni incontro a noi miserrimi! O Tu santo, santo, santo! Fratelli, alzate gli occhi in su e guardate! Dio, Gesù, che per noi soffrì sulla Croce la morte eroica e che il terzo giorno per Sua propria Potenza resuscitò nuovamente dalla morte come un Vincitore di tutti i vincitori, ci viene incontro! Gettatevi a terra e pregateLo dalla più grande profondità del vostro cuore! Dite molto vivamente: “O nostro santissimo Padre, che vieni dai Tuoi Cieli a noi poveri peccatori, sia lodato e sia santificato il Nome Tuo! Rimettici i nostri peccati e non punirci per le nostre cattive azioni, ma concedici la Tua santa Grazia secondo la misura della Tua Misericordia e non secondo la misura del severo giudizio! A Te, o Signore, vada in eterno tutto il nostro amore!”».

130. Capitolo

La schiera dei tremila davanti al Signore e il motivo della loro condizione di miseria nell’Aldilà.

Cammino di vita del generale Theowald verso Dio.

Lo scopo dell’esistenza terrena.

Parole di Luce e parole di Vita di Gesù.

1. A queste parole del generale tutti volgono lo sguardo verso la grande porta della sala e cadono subito in ginocchio alla Mia vista. Tutti Mi pregano, lodano e glorificano per quanto sta nella completa rozzezza delle anime, che qui servono per dimore ad uno spirito ancora non molto guasto e perciò in questa condizione rivelano più vita emotiva che vita intellettiva. Li lascio per un breve tempo in questa condizione edificante, affinché possano raccogliersi interiormente.

2. Io però chiamo a Me il generale. Egli si scusa di non poter venire più vicino a Me con la sua indegnità, ma Io gli ricordo lo Zaccheo del Vangelo, il quale era un grande peccatore, nella cui casa Io comunque entrai per mangiare con lui.

3. A questo insegnamento il generale diventa subito più coraggioso, si avvicina a Me col più grande e profondo rispetto e dice: «O Signore, perdona a me e a noi tutti la nostra grande insolenza, visto che osiamo guardare la Tua Santità in volto! Ma che ci possiamo fare noi, povere creature, se il rapporto tra noi e l’eterno Creatore è così terribilmente meschino? Noi tutti siamo davanti a Te, o Signore, un perfetto nulla, e Tu solo sei Tutto in tutto. È già un’incredibile beatitudine che una creatura possa, dopo la caduta della carne, giungere alla capacità di contemplare Te. Che cosa dovrei poter desiderare ancora di più grande qui? O Dio, Tu sublime! Quale delizia attraversa qui il mio essere per il fatto che finalmente Ti vedo e percepisco l’onnipotente Voce della Tua bocca!

4. Quante volte ho domandato sulla Terra: “Esiste un Dio oppure no? Se esiste un Dio, dov’è, che aspetto ha? Il Maestro ebreo Gesù è forse ciò che le leggende riferiscono di Lui? Egli, un uomo come noi altri, deve essere un Dio, un Dio che ha riempito lo spazio infinito con incalcolabili miriadi di creature ed esseri di tutte le specie traendoli da Se Stesso?”. Ma a tutte queste importanti domande non ho mai ricevuto una risposta soddisfacente, perché il Cielo era sbarrato ed il mortale cercava invano l’eterno Vivente. Solo uomini mortali della Terra si sforzavano qualche volta di insegnarmi un’altra opinione di Dio; essi mi narravano le Tue terrene Opere miracolose, che suonavano come favole, e perciò erano anche troppo deboli per dare al mio spirito indagatore ciò che cercava! In breve, io cercavo e non trovavo nulla! Bussavo ovunque, ma non c’era mai nessuno che mi avesse detto secondo verità: “Entra, amico, qui troverai ciò che cerchi!”.

5. Così alla fine persi tutta la fede in un Dio! Nella mia immaginazione tutto diventò un’opera del caso mediante le forze della

Natura che operavano in modo muto. E questo poi mi gettò nel vortice degli avvenimenti mondani, nel quale trovai appunto la cattiva morte che ora mi ha aperto le porte per questa vita. Ed ora sono qui e contemplo un’altra esistenza e contemplo anche Te, che solo mi donasti la vita! Il regno delle molte domande è alla fine, ed in Te, o Signore, sta ora la vivente Risposta davanti a me! Sì, è così: la vita terrena non è altro che una grande domanda che solo qui trova la risposta! Oh, eternamente grazie a Te per il fatto che Ti ricordi del verme nella polvere!»

6. Dico Io: «Mio caro Theowald! Le condizioni della vita sulla Terra sono diverse da quelle dell’imperituro mondo spirituale. Ma le condizioni devono essere così, affinché da esse possa scaturire questa vera vita perfetta. Certo, è vero che ogni uomo che vive ancora nella carne è chiamato già sulla Terra, mediante l’esatta osservanza della Mia Parola che sta scritta principalmente nei noti quattro Vangeli, a tagliare il traguardo per assicurarsi questa vita perfetta. Ma poiché ogni uomo, per diventare uno spirito eternamente vivente, deve avere la sua liberissima volontà, così accade troppo spesso, specialmente in quest’epoca, che gli uomini si lasciano assordare gli orecchi dalle voci delle sirene del mondo e abbagliare gli occhi dalla luce ingannevole dello splendore del mondo.

7. Così poi è difficile o addirittura non accade per niente che uomini simili sulla Terra giungano là dove sono chiamati, ma accade invece che arrivino proprio là dove non dovrebbero arrivare, e cioè all’amore di se stessi, all’egoismo, alla brama di dominio, all’avidità, all’avarizia, all’invidia, alla crapula, all’intemperanza, al piacere, alla lussuria e alla prostituzione! Questi vizi però consumano la vita invece di accrescerla. Così succede poi che, dopo la deposizione della carne, a molti capita ciò che è capitato a te e alla tua schiera. Infatti, in questo mondo spirituale si devono poi separare da tutto ciò che aveva occupato i loro sensi troppo rozzi e devono diventare molto miseri, affinché la loro vita, in una tale solitudine e deserto spirituale, possa nuovamente raccogliersi. Quando si ritrovano, così come ora è capitato a voi, allora arriva anche l’aiuto che è necessario, però esso appare non come se fosse imposto, ma come fosse stato puramente richiesto dai bisognosi stessi.

8. Per questo motivo ti ho anche detto, per mezzo del Mio messaggero Tommaso, che la tua volontà è l’unico giudice e donatore di tutto ciò che tu vuoi, sia esso buono o cattivo. Ma tu ora hai chiesto il bene ed hai chiesto Me Stesso, e guarda, così ora sta dinanzi a te, vero e vivente, ciò che tu volevi nel tuo cuore! D’ora in poi ti verrà rivelata la Mia speciale Volontà; e se la farai tua propria, allora vivrai una vera vita beatissima! Va’, ed annuncialo anche alla tua schiera!»

9. Il generale Theowald lo fa subito. E l’intera schiera accetta tutto incondizionatamente come un ordine militare e si sottomette a tutto ciò che il generale le chiede. Dopo che costui ha eseguito questo suo incarico presto e facilmente, ritorna subito indietro e dice: «Signore, Padre, Dio Gesù dall’eternità! È avvenuto tutto ciò che hai chiesto a tutta la schiera per mezzo mio. La Tua santissima Volontà sia d’ora in poi la nostra eterna legge! Poiché dicesti di annunciare solo adesso la Tua particolare Volontà, allora Ti preghiamo di farlo ora, amorevolissimo Padre! Noi tutti assicuriamo che non lasceremo mai cadere anche una sola virgola della Tua percepita Volontà nel nostro stesso volere ed operare!»

10. Dico Io: «Bene, Mi dà un vero piacere sentire questo da voi tutti come da una bocca sola. Ma tuttavia dovreste esaminarvi un po’ per vedere se siete già in grado di dare una benevola accoglienza nei vostri cuori a tutto ciò che Io voglio, e soltanto così può essere accolto come completamente attuabile!»

11. Dice Theowald: «O Signore, chi mai conosce meglio di Te di cosa sono capaci i nostri cuori! Perciò affidiamo tutto questo in eterno solamente a Te. Tu di certo non ci addosserai più di quanto siamo in grado di sopportare. Per questo stiamo ponderando da noi se siamo degni di accogliere la Tua speciale Volontà nei nostri cuori ancora molto impuri. Io penso che per tutti noi sarà prima necessaria ancora un potente purificazione!»

12. Dico Io: «Miei cari figli! Vi devo confessare apertamente che, benché siate quasi tutti figli del mondo, siete tuttavia molto più intelligenti dei figli della luce in molte cose. Vi siete così risparmiati molte prove che altrimenti avreste dovuto sostenere ancora. Ma poiché siete di cuore comprensivo e lasciate germogliare nei vostri animi così tanto amore e piena fiducia in Me, allora vi devono venire perdonate anche molte cose! Ma rallegratevi del fatto che sulla Terra non siete stati dittatori, poiché costoro Mi conosceranno in tutt’altra veste! Alzatevi ora tutti ed ascoltate ciò che ho da dirvi.

13. Il più grande tra di voi sia il vostro aiutante e servitore, ed il reciproco amore operante sia per tutti la vostra legge! Tommaso e Dismas siano i vostri maestri; considerate le loro parole quali Mie proprie, ed agite di conseguenza; allora diventerete capaci di entrare completamente nel Mio Regno! Amateli come vostri amici e fratelli più intimi. Infatti a loro Io affido l’incarico di guidarvi sulla vera Via del Regno della vita eterna. Essi vi provvederanno anche di tutto ciò che vi servirà nel frattempo!».

131. Capitolo

Il grande banchetto. Ragionamenti del generale Theowald e del suo amico Giovanni Kernbeiss. Sguardo all’Inferno terreno.

1. Dopo queste Mie parole esco nuovamente dalla porta e delego Roberto affinché consegni, con l’aiuto delle ex danzatrici, una sufficiente quantità di pane e vino ai due maestri Tommaso e Dismas, che poi dovranno distribuire questo ristoro ai nuovi ospiti. Roberto lo fa subito, e quando agli ospiti fuori, nella sala adiacente, viene offerto un tale ristoro in questo modo, non si sente altro che giubi lo e lode da tutte le parti. Anche i due maestri, ad un Mio cenno, entrano in questa seconda sala, dove anche noi ci intratteniamo ad un banchetto ben allestito.

2. I nuovi ospiti però non riescono a meravigliarsi abbastanza di come sia stato possibile che tutti loro abbiano potuto essere serviti così velocemente. Un amico molto vicino al generale Theowald fa la seguente osservazione: «Caro amico, che ne dici del fatto che noi tutti, certamente più di tremila di numero, siamo stati abbondantemente provvisti di pane e vino, come in un colpo solo, unicamente da due fratelli, e cioè dall’ex monaco e dal noto Dismas? Prima ha portato, se non erro, solo il famigerato Roberto Blum, con forse un paio di dozzine di ragazze terribilmente belle, alcuni fiaschi di vino ed alcune pagnotte di pane. Io pensavo, quando i due fratelli si sono incaricati da soli della distribuzione: “Ebbene, finché i due avranno distribuito questi pochi fiaschi e pagnotte di pane a tutti con precisione come sotto le armi, i primi saranno di nuovo affamati ed assetati quando gli ultimi riceveranno la loro parte!”. Ma è andata in modo completamente diverso: come mediante un colpo di bacchetta magica, ognuno dell’intera schiera aveva nelle sue mani un calice colmo di vino ed un bel pezzo di gustosissimo pane celeste. Ed i quasi trenta fiaschi di vino erano proprio svuotati ed il pane era stato distribuito fino all’ultima briciola. Ora io chiedo come sia stato possibile questa cosa che non è affatto comprensibile per via naturale! Questo per me è un enigma di tutti gli enigmi!»

3. Dice il generale: «Mio caro amico Giovanni di Kernbeiss -come ti si chiamava sulla Terra -, ricominci già ad indagare troppo! Immaginati oltre a ciò la Sapienza ed Onnipotenza divina, allora tutto ti sarà comprensibile senza nessuna obiezione! Sulla Terra hai forse compreso tutto ciò che hai visto e vissuto? Chi inarcò i tuoi polmoni, chi fece battere il tuo cuore e dilatare i polsi? Chi preparò i cibi nel tuo stomaco? Chi ti fece crescere? Chi formò gli occhi e chi gli orecchi? E come è riuscito a fare tutto questo il maestro di cose simili? Vedi, tutte queste e mille altre manifestazioni miracolose si presentavano a noi quotidianamente già sulla Terra! Ma poiché ci siamo già abituati ad esse fin dalla giovinezza (come ci siamo abituati al non pensare troppo!), così non ci siamo mai accorti di tutti questi aspetti veramente meravigliosi in queste manifestazioni e potevano passarci sopra indifferenti.

4. Ma qui, dove ora siamo privi di ogni materia e dove la nostra facoltà di pensare è in grado di esercitare indisturbata la sua attività, tutte le manifestazioni di questo mondo ci devono veramente stupire ancora di più quanto più siamo capaci di accorgerci velocemente dell’elemento veramente miracoloso. Ma doverci rompere le nostre teste per comprendere le possibilità di tali cose, questa sarebbe una vera follia. Se è necessario per la nostra futura salvezza, i nostri due maestri ce lo insegneranno. Ma se un insegnamento simile non è assolutamente necessario, allora è già sufficiente sapere che a un Dio onnipotente sono possibili tutte le cose. Infatti, vedi, io considero tutto un miracolo inesplorabile!

5. Dio, il Signore, ci ha fatto pervenire meravigliosamente dalla Sua Misericordia il miglior pane e vino, e noi ce ne siamo saziati oltre misura. Che ci serve sapere come Egli l’ha fatto così miracolosamente? Ringraziamo per questo il Donatore infinitamente buono, così Gli saremo anche sicuramente più graditi piuttosto che volerLo indagare ed analizzare con la sapienza di tutti gli angeli!»

6. Dice Giovanni Kernbeiss: «Hai ragione, ed io sono perfettamente del tuo parere! Ma la cosa rimane comunque sempre sorprendentemente miracolosa»

7. Dice il generale: «Certamente; e questo nessun angelo lo metterà in dubbio. Però noi non siamo qui per indagare la cosa, ma solamente per ammirarla e goderla con riconoscenza!»

8. Dice Giovanni Kernbeiss: «Tu dunque non pensi che ci possa essere un qualunque progresso spirituale?»

9. Risponde il generale: «O amico, ti sbagli pensando che io sia contro un progresso spirituale perché non voglio farmi coinvolgere in una inutile ricerca di fenomeni miracolosi. Oh, io non amo nulla così tanto come la perfezione spirituale! Aspetta solo un po’, finché ritornano da noi i nostri due maestri; essi potranno dire su questo più di me. Ma se io volessi dirti di più di quanto so, sarei un matto vanitoso oppure un bugiardo spaccone.

10. E guarda lì; ora i due stanno già arrivando. Quello semplice e senza molto splendore è Dismas, mentre Tommaso è quello con una vera luce solare! Se ti fa piacere ti presenterò subito a loro come un appassionato indagatore della Sapienza di Dio»

11. Dice Giovanni Kernbeiss: «Ti prego di non farlo, perché la nostra discussione deve rimanere completamente fra noi. Che biso gno c’è di informare di questo tutta la compagnia celeste? I due farebbero un’espressione stupita se andassi da loro con una domanda simile. Perciò lascia stare! Ora sono perfettamente della tua opinione ed anche lo rimarrò!»

12. Tommaso e Dismas entrano ora nuovamente in questa prima sala presso la grande schiera. Il generale Theowald in compagnia del suo amico Kernbeiss vanno loro incontro amichevolmente ed esprimono a nome di tutta la schiera il ringraziamento verso il Signore della Magnificenza per una simile preziosissima ospitalità. Kernbeiss nota particolarmente ancora come tutto questo sia proceduto in modo così miracolosamente veloce.

13. Il monaco Tommaso replica però che, dopo del Signore, deve la sua attuale perfezione spirituale soprattutto al vigoroso rimprovero del generale e dopo di lui all’intera schiera che gli rese il buon servizio di averlo buttato fuori a causa della sua grande stupidità.

14. A questo dice Kernbeiss: «Carissimo amico, di questo non parlare più, perché anch’io ero uno di quelli che ti hanno gettato fuori. Ma una volta che una cosa è accaduta, purtroppo poi non si può più fare in modo che non sia accaduta. Mi sono pentito già mille volte, ma l’uomo a volte arriva a dare in escandescenze al punto da uscire fuori dai gangheri, e questo capita purtroppo anche perfino fra gli uomini migliori. Ma io penso che se gli spiriti umani poi rimediano reciprocamente i loro passi falsi, per quanto sia possibile, si chiedono reciprocamente perdono e si porgono le mani per stringerle in segno di amicizia, allora anche il caro Padre dei Cieli non farà un viso troppo adirato per questo!»

15. Dice Tommaso: «Ma naturalmente! Se gli uomini sono in ordine tra di loro, allora lo sono anche dinanzi a Dio! Infatti Dio, il Signore, non vuole altro dagli uomini se non che nessuno si ponga al di sopra dell’altro e che nessuno sia giudice dell’altro. Noi due non abbiamo comunque mai avuto nulla l’uno contro l’altro, e perciò non abbiamo neanche niente da perdonare. Ma il fatto che tu qui in questo mondo degli spiriti aiutasti un po’ a buttarmi fuori, questo non ha la più piccola attinenza con l’ordine della nostra amicizia terrena. E ne ha ancora meno visto che tu, facendo così, mi hai reso un ottimo servizio. Senza questo avvenimento sarei rimasto ancora fermo - forse anche fino adesso - nella mia stupidità monastica, mentre ora posso rimediare molte volte alle stupidità già commesse su di voi con la Grazia del Signore.

16. Quante stupidaggini vi ho detto sulla Terra, così che ancora qui alcuni sono prigionieri di una stupidità che vi diedi ad intendere quale sacerdote. Tutto questo però sarà qui da me rimediato su di voi. Le sciocchezze devono essere bandite, e al loro posto devono esserci, per quanto sta nelle mie forze, saggi insegnamenti. Colui però che mi ha dato questo mandato celeste, fortifichi voi e me per questo scopo!

17. Mediante la Grazia del Signore mi è stata conferita la facoltà di poter vedere ciò che accade ora sulla Terra e in particolare nella nostra patria terrena. Anche voi riceverete presto notizie dell’arrivo qui di alcuni nuovi venuti. Io vi dico: “I grandi, che prima erano molto piccoli, hanno trovato nel sangue dei loro fratelli un buon ingrasso e sono di nuovo diventati corpulenti e forti. Invece di ringraziare il Signore per la vittoria sul loro presunto misero nemico, non sanno ora cosa devono fare a causa del tanto orgoglio, della superbia e della vendetta. Satana spinge sotto i loro piedi l’intero Inferno sullo scenario della politica mondiale. Ed essi afferrano l’Inferno ed amministrano secondo i princìpi dell’Inferno”.

18. “Non giudicate, per non essere giudicati! Non maledite, per non essere maledetti! Siate misericordiosi, così troverete anche misericordia!”. Questi sono serissimi ammonimenti del Signore che Egli diede agli uomini sulla Terra. Ma nonostante tutte queste serissime Leggi divine, ora i nuovi potenti fanno ciò che vogliono con i loro fratelli. Essi giudicano, maledicono ed uccidono ora secondo il loro piacere, poiché sono in possesso del potere esteriore. Di tali uomini uccisi crudelmente nei tempi attuali, parecchi presto arriveranno qui e cominceranno un grande grido lamentoso. Questi li dovrete prendere subito con voi, consolarli e calmarli, così eseguirete una prima opera celeste!».

132. Capitolo

Arriva nel regno degli spiriti una schiera di giustiziati.

La loro storia terrena e il motivo per cui non credono all’esistenza di Dio.

1. Non appena Tommaso ha terminato il suo insegnamento, si odono potenti urla e lamenti provenienti dall’esterno. Tommaso esorta la schiera a fare attenzione e dice: «Da quello che voi sentite ora, già si realizza ciò che vi ho appena comunicato mediante la Grazia del Signore. Infatti si sta avvicinando a questa casa una schiera terribilmente distrutta. Quelli che arrivano, devono essere stati molto oppressi ed offesi al massimo grado. Costoro sono anime di persone che sono state giustiziate senza pietà; ecco, si avvicinano sempre di più. Ora silenzio, amici! Stanno già correndo dentro attraverso la grande strada del giardino! Un uomo, dall’aria completamente fosca, avvolto in un camiciotto di velluto nero, con il capo adorno di un berretto blu ricamato d’oro, cammina davanti, vacillando quasi come un ubriaco, ed una trentina lo stanno seguendo. Dietro di loro scorgo qualcosa come fiamme. Oh, questo sembra terribile! Ma ora silenzio!»

2. La fosca guida si ferma, si volta, esamina la sua compagnia e dice loro: «Siamo qui ora pieni della massima miseria e desolazione! O povera moglie mia! La tua ombra nelle sembianze di sfavillanti fiamme vendicative corre dietro invano al marito vergognosamente ucciso. Tutto l’Inferno ha cospirato contro di lui, per non lasciarlo andare mai più in eterno. O miei cari amici, voi urlate inutilmente in questo tetro mondo tormentoso. Già da molto tempo abbiamo gridato e supplicato, ma da nessuna parte ci è venuto incontro aiuto o conforto! Non esiste nessun Dio e nessuna rivincita. Gridate invano vendetta contro i nostri assassini! Infatti, se ci fosse un Dio giusto, non potrebbe mai permettere che sulla maledetta Terra satanica vengano commessi simili orrori da miserabilissimi uomini contro altri miseri!

3. Che cosa abbiamo fatto che fosse degno della morte? Volevamo solo ciò che il nostro re ed imperatore ci promise. E poiché volevamo questo, non potevamo permettere che la promessa venisse rimangiata dall’oggi al domani, abbiamo dunque chiesto che fosse rispettata e con ciò siamo stati dichiarati ribelli e alti traditori. Ci siamo difesi contro una simile pretesa sia dal punto di vista morale che fisico. Allora ci vennero incontro sul campo con la potenza di due imperatori ma non ci avrebbero vinti se non avessero impiegato tutti i mezzi immaginabili. Non ci arrendemmo incondizionatamente, ma in cambio di un’amnistia garantita dalla Russia. Ed ecco: ci hanno ora trucidato come criminali contro lo Stato!

4. O maledetta Terra con tutti i tuoi uomini! Chi su questo suolo satanico può essere abbastanza ricco, potente e crudele, ha dalla sua parte il completo diritto. Può far assassinare tutti come delinquenti, perché non vogliono accettare il suo diritto di potere come reale, mentre invece il vero diritto renderebbe veramente felice l’umanità. Essi sapevano come lavorare il terreno per procurarsi la beatitudine a spese di milioni di poveri “mangiatori di erba”. Se lo avessimo fatto noi già da tempo, avremmo lo stesso diritto; ma essi ci hanno preceduti ed hanno per sé ora tutto il diritto.

5. Ogni crudeltà è per loro giusta, perché stabiliscono questo quale diritto e non devono renderne conto a nessuno. Solo il ricco e nello stesso tempo potente ha il diritto di vivere e di possedere tutto ciò di cui può impadronirsi con la sua potenza preponderante. Credete ora ancora in un Dio e in una rivincita?»

6. Gridano tutti gli altri: «No, no, non lo crederemo mai! Hai detto bene, è così! Esiste un Inferno, e proprio sulla Terra! Ma un Dio buono e giusto non esiste in eterno! Infatti, se ne esistesse uno, Egli avrebbe dovuto giudicare la maledetta Terra già da tempo mandandola da tutti i diavoli; ma poiché non esiste nessun Dio, la Terra è e rimane un trono dell’Inferno! È così, è così!»

7. Dice un altro di questa compagnia appena arrivata: «Signor conte, voi avete ragione! Sono del vostro parere, eccetto che non esista un Dio! Ma che questo Dio, quale il Principio creativo, si occupi tanto poco della polvere di questa Terra quanto noi ci siamo mai occupati di una goccia di sudore, questo lo possiamo supporre con sicurezza. Una guerra tra gli uomini sulla Terra è, agli occhi della vera Divinità, davvero di gran lunga qualcosa di più piccolo di quanto sia per l’imperatore della Cina una guerra di infusori in una goccia di rugiada! Perciò hanno avuto ragione ad assassinarci, poiché essi sapevano come si deve lavorare il suolo satanico per potersi preparare una beatitudine!

8. In verità, ladri, briganti e assassini sono veramente gli uomini più giudiziosi della Terra, poiché essi sanno il valore delle cose, degli uomini e della loro vita meglio di chiunque altro. A Dio non importa niente della vita di miliardi di uomini; se si ammazzano tutti oppure se qui o là rimane qualcuno, a Dio importa quanto gli importa di una salsiccia di fegato. Ma perciò in futuro non dobbiamo essere così stupidi come lo siamo stati finora. Stringiamo un patto, e tutto ciò che ci viene a tiro deve essere massacrato senza riguardo!»

9. Interviene un terzo: «Io penso che un po’ di riguardo dovremmo averlo verso certe persone, come per esempio i nostri genitori, le mogli, i fratelli, le sorelle e i figli ed anche verso un buon amico»

10. Dice il secondo: «Ma che riguardo! Il riguardo non è altro che una viltà verso gli altri, che per convenienza si lasciano vivere ancora un po’ più a lungo, oppure, essendo coscienti della propria debolezza, li si considera più potenti di se stessi. I genitori! Risate beffarde dell’Inferno! Questi sono i primi tiranni dei figli! La moglie? Ebbene, se è ancora giovane e formosa, la si può risparmiare! Ma una volta divenuta vecchia e brutta, allora più nessun riguardo, perché non può più servire a nessuno per divertimento! I figli quali brave bambole da gioco possono andare, anche se ritengo saggi quei popoli della Terra che macellano e mangiano i loro figli più prosperosi, perché hanno una carne migliore di quelli magri. Ma una volta che sono cresciuti, allora più nessun riguardo con queste sanguisughe verso i loro genitori! Fratelli e sorelle ed altri amici già sulla Terra sono il prossimo più fastidioso e lo saranno qui ancora di più. Perciò proprio con loro nessun riguardo! Se gli uomini sulla Terra avessero la conoscenza come ce l’ho io ora qui, il primogenito avrebbe già saputo sbarazzarsi di questo fastidioso prossimo. Ma quello che sulla stupida Terra si chiama uomo, eccetto pochi raffinati bricconi, è pura bestia e per giunta è ancora più stupido. Così succede poi che uno rimane in vita a scapito dell’altro, finché viene ucciso da uno più furbo oppure crepa per il vecchio veleno dell’aria! Perciò più nessun riguardo né pietà con nessuno!».

133. Capitolo

Lite tra il conte e lo spietato.

Storia della loro vita terrena e della morte violenta.

Il motivo del loro totale disprezzo per Dio.

1. Dice il conte: «Amico, vai certo troppo lontano con la tua spietatezza! Con ciò giudichi anche te stesso. Saresti d’accordo se ci si liberasse anche di te secondo i tuoi principi?»

2. Dice lo spietato: «Questo vale sia per l’uno che per l’altro! Se qualcuno può sbarazzarsi di me per il suo vantaggio, lo chiamerei io stesso un asino se non lo facesse!»

3. Dice il conte: «Tu non avresti nessun riguardo neanche verso di me?»

4. Dice lo spietato: «Se io ne avessi vantaggio, certamente! Il signor conte ha dato egli stesso ragione ai nostri assassini terreni che si sono sbarazzati di noi, perché non ci consideravano utili per i loro scopi. Può darmi torto se la penso proprio come lei, signor conte?»

5. Dice il conte: «Ah, sì, così stanno le cose? Anche tu sei uno che mi vorrebbe catturare. Ma non potrai riuscirci, perché ora so già che cosa devo fare!»

6. Dice lo spietato: «Che cosa farà e che cosa potrà fare? Io dico apertamente che ora può fare tanto quanto ha fatto nei suoi ultimi tempi della vita terrena, quando ha dovuto seguire come me il carnefice alla forca. Abbiamo maledetto tutti fino alla nausea, ma non è servito a niente. Abbiamo invocato mille diavoli, e non se ne è fatto vedere nessuno. Quanto abbiamo maledetto con forza Dio, la morte, il diavolo, il Cielo e la Terra, il sole, la luna, l’Inferno; ma questi non hanno saputo che farsene della nostra ira. Che cosa può dunque ancora fare? Vuole per caso incominciare a pregare?»

7. Ribatte il conte: «Sì, voglio proprio questo, per farti arrabbiare come minimo fino a farti morire!»

8. Dice lo spietato: «Avanti, signor conte, i miei muscoli della risata sono già in massima tensione! Ma mi dica: a chi pregherà? Pregherà forse a un Dio infinitamente grande, che sentirà la sua voce proprio come lei sente la voce di quei piccoli esseri che dimorano a trilioni in una goccia di rugiada? Oppure pregherà a un Dio infinitamente piccolo, i cui orecchi potrebbero essere un pochino troppo piccini per la sua voce gigantesca? Oppure intonerà magari una solenne preghierina all’onnisantissimo Cuore di Gesù, a Maria ed oltre a ciò anche a San Giuseppe?»

9. Dice il conte molto adirato: «Ora chiudi la bocca, oppure te la strappo, maledetto avanzo di galera! Ora questa volgare canaglia si prende la sfacciataggine di canzonare me, primo cavaliere di tutta l’Ungheria! Ti prenda il diavolo, brutta carogna! Se voglio pregare, lo farò e non renderò certamente conto al tuo muso da maiale di una cattiva canaglia! Vedi di scomparire dai miei occhi, altrimenti sentirai la potenza delle mie braccia di cavaliere!»

10. Dice lo spietato: «Signor conte, che strano uomo è lei! Come era sulla Terra, così è anche qui. Non le ho detto altro che quello che ho sentito da lei stesso. E questo ora la irrita fino a scoppiare! Quando mai lei, caro signor conte, ha creduto in un Dio? Il suo Dio era lo spazio infinito ed il tempo senza fine. Non si è infatti infuriato spesso anche lei fino alla nausea alla vista di un Crocifisso o di un’immagine di Maria? Oppure vuole forse negare che lei è diventato un nemico del nobile Kossut, perché per lei era un fanatico religioso e non raramente implorava con fermezza l’aiuto di Dio Cristo!? Lei ha mai una volta al mondo recitato un Padrenostro? Ed ora vuole pregare! Ma io le chiedo: “Come, cosa e chi?”»

11. Dice il conte ancora infuriato: «Per il diavolo, questo non ti riguarda! Nel mondo non posso essere stato tutt’altro uomo nel mio interiore di quando mi mostravo esteriormente?»

12. Dice lo spietato: «Sarà difficile, signor conte! Glielo dirò io precisamente come stanno le cose. Vede, interiormente lei era un amico dell’attraente carne di venere, ed esteriormente era un cavaliere e sarebbe ben volentieri diventato lei stesso re di tutta l’Ungheria. Cristo era per lei una misera favola degli svevi, presa dal giudaismo! E una qualsiasi altra divinità era un’idea cervellotica di un qualunque poveraccio di filosofo! E lei dice di essere stato interiormente un uomo completamente diverso? La prego, il signor conte non inganni se stesso! Lei e pregare! Questi sono due poli opposti che difficilmente si toccheranno! Mi comprende ora?»

13. Domanda il conte: «Mi dica adesso solamente chi le dà il diritto di parlarmi così, come se avessimo custodito insieme dei maiali? Crede dunque che un conte Bathianyi lo sopporterà ancora a lungo? Oppure crede forse che io mi trovi già da tempo nello stesso rango con lei, perché negli ultimi tempi ho combattuto nelle file dei semplici ussari? Oh, qui si sbaglia di grosso! Io le dico che, se non chiuderà la sua boccaccia, dovrà presto provare quale differenza esista tra me e lei! Perciò adesso basta con le parole! Prenda esempio dagli altri nostri trentadue compagni di sventura! Tutti stanno zitti e tranquilli e piangono in me colui che doveva divenire il loro futuro e migliore re; solo lei è impertinente e mi vuole canzonare perché sono ora senza difese. Si faccia passare questa voglia al più presto, altrimenti potrebbe venirle a costare cara!»

14. Dice lo spietato: «Signor conte! Le nostre armi in questo mondo nebbioso esistono solo nella lingua e talvolta anche nelle mani e nei piedi. Per quanto riguarda la lingua, non le sarà facile gareggiare con me; nemmeno con le mani, perché in Inghilterra ho appreso la boxe. Ma nell’uso dei piedi lei dovrebbe essere considerevolmente superiore a me, perché non me la sono mai data a gambe»

15. Il conte ora si rivolge altrove e parla ad un altro: «Amico, che cosa dici tu di questa enorme sfacciataggine di questo semplice ussaro? Dimmi, conosci tu questo individuo un po’ più da vicino dai tempi in cui eravamo al mondo? Io so solamente che l’ho visto qualche volta tra i soldati semplici. Ma da dove viene e che cosa era prima, questo è a me completamente sconosciuto»

16. Dice l’interpellato: «Per quanto ne so io, costui una volta era un monaco nell’ordine dei francescani e circolava la spiacevole voce che fosse un cosiddetto chiaroveggente. Egli dichiarava ripetutamente diverse cose rivoltanti sull’ordine stesso e non accettava nessun rimprovero per questo. E perciò, quando lo volevano mettere in gattabuia, egli bastonava come un potente soggetto indomabile tutti i confratelli. Ma quando si disgustò di queste punzecchiature, un giorno raggruppò tutte le cose dell’ordine, le nascose in un luogo, lasciò poi i suoi confratelli con alcuni soldi del monastero e si fece arruolare dal primo battaglione che gli capitò. Egli lottò in ogni luogo come un leone, per la qual ragione dovette morire insieme a noi come un comandante. Questo è tutto ciò che so di lui!»

17. Dice il conte: «Guarda, guarda, adesso mi addolora aver assalito quest’uomo così duramente. Se egli quale ex monaco era così tanto più sapiente dei suoi colleghi dell’ordine, il cui intelletto era così tanto ottuso al punto che egli li bastonava, allora egli appartiene evidentemente agli uomini migliori. Ah, devo subito stringere nuovamente amicizia con lui!»

18. A questo punto il conte si rivolge nuovamente allo spietato e dice: «Stimatissimo amico! Mi deve perdonare se prima l’ho trattata in modo un po’ troppo scortese, ma non sapevo chi fosse veramente. Ma poiché ora so da questo amico chi era lei nel mondo, tutto prende naturalmente un altro aspetto! Dunque lei è il gigante Golia che voltò le spalle al suo ordine per convinzione interiore ed afferrò con mano potente la spada per la possibile salvezza della patria?»

19. Dice lo spietato: «Sì, caro signor conte, quello sono io! Mi sono sacrificato per il miglioramento dell’umanità, le cui pesanti catene della schiavitù mi erano diventate insopportabilmente fastidiose. Tuttavia noi abbiamo seminato, ma altri raccoglieranno. Così è sempre stato sullo stupido mondo e così anche rimarrà! Noi abbiamo sempre lavorato la vigna, ed il nostro raccolto era sangue e morte! Ma il succo della vite lo pigeranno coloro che verranno dopo di noi. Bel destino dei grandi uomini! Essi sono condannati a lavorare in anticipo per la sussistenza dei mosconi. Quando poi arriva il tempo del raccolto, interi sciami si precipitano sui grandi uomini, li uccidono e si impossessano così del bel raccolto. Che ne dice di questo sapiente ordinamento divino del mondo e delle sue condizioni di vita di diritto naturale?»

20. Dice il conte: «Veramente su questo è meglio tacere che parlare. Questo ordinamento è troppo cattivo perfino per il Caso, per non parlare di un qualunque onnisapiente Essere supremo! Sembra che la Divinità, se ne esiste una, non faccia minimamente caso alle Sue opere; infatti ad Essa basta probabilmente creare, come una specie di passatempo, solamente esseri ed uomini. Una volta che poi esistono, la cara Divinità si preoccupa finché vengono giustiziati il più presto possibile. Affinché questo possa avvenire tanto più facilmente, Essa fa in modo che l’umanità, per il resto innocua, sia animata dal più dannoso egoismo ed ambizione. Sollecitata da questa bramosia infernale, un fratello diventa per l’altro una iena, colmo di una inestinguibile sete di sangue. Oh, questo è veramente orribile: uno spettacolo ripugnante con la vita di una marionetta umana autocosciente! Quale indennizzo può offrire la Divinità ad un uomo che, come me, è morto di una morte vergognosa, come la storia del mondo difficilmente potrebbe presentarne una simile?

21. Pensi, un primo conte di tutta l’Ungheria! Questo viene condannato da un paio di piccoli giudici imperiali militari alla forca e trascinato subito, senza cerimonie, sul luogo dell’esecuzione. Egli, nella più grande disperazione, fa un tentativo di suicidio che però fallisce. Il popolo che assiste, sopraffatto dalla compassione, comincia ad imprecare ad alta voce e pretende una proroga della mia esecuzione. Allora gli esecutori cedono a causa della ferita al collo, ed il conte viene portato in ospedale. Egli nutriva la ferma speranza di ottenere ora un’amnistia dell’imperatore. Verso sera arriva un messaggero, sveglia il conte da un sonno delirante e gli legge la seconda condanna a morte, che deve essere subito eseguita. Il conte, colpito come da mille fulmini, crolla al punto che lo si deve rianimare. Quando ritorna nuovamente in sé, viene afferrato subito dagli sgherri e condotto di nuovo sul luogo dell’esecuzione, dove viene fucilato come un cane da parecchi cacciatori e poi viene sepolto come una carogna. E questo conte sono io; cosa che a lei dovrebbe essere ben nota. E vede, questa si chiama giustizia!

22. Comunque ora non riesco più ad arrabbiarmi per la bestiale crudeltà degli uomini, poiché mi sembra che essi siano degli strumenti muti di una potenza invisibile piuttosto che esseri che agiscono di propria volontà. Perciò il Maestro di Nazaret, sotto molti aspetti assai sapiente, sulla croce chiese al Suo supposto Padre perdono per i suoi assassini, perché era sicuramente dell’opinione che la natura degli uomini non poteva essere proprio così malvagia. E della stessa opinione sono anch’io.

23. Ma la vera Divinità oppure Satana, l’Essere onnipotente, siede comodamente in un qualche centro inaccessibile, Essa elargisce il Suo respiro assai velenoso a tutti i corpi celesti e si delizia poi degli innumerevoli spettacoli mortali da Lei stessa preparati. Che lì i poveri attori vengano tormentati assai terribilmente, di questo alla grande Divinità importa poco! Dunque, questa vergognosa Divinità La vorrei conoscere, ma nello stesso tempo vorrei avere anche il potere di distruggerLa!»

24. Dice lo spietato: «Lei ha proprio ragione, ora andiamo d’accordo! Ma ascolti: sento voci umane nelle vicinanze! Perciò ora silenzio, forse sentiamo qualcosa per nostra consolazione».

134. Capitolo

Il conforto dei giustiziati è solo una tremenda vendetta.

Il miglior consiglio per tutti: “Rivolgetevi nel cuore a Gesù, il Crocifisso, così verrete anche aiutati!”.

1. Dice il conte: «Ma quale consolazione; chi mai dovrebbe poterci consolare? L’unico conforto per me e per tutti voi sarebbe una giusta vendetta verso coloro che ci hanno fatto assassinare senza motivo dimostrabile! Ogni altra consolazione è per me un abominio. Crede forse che un Dio potrebbe risarcirmi dei danni subiti dandomi mille cieli in cambio di ciò che ho perduto: mia moglie, il mio onore e il mio grande patrimonio? So bene che col tempo avrei comunque dovuto abbandonare tutto, ma il mio nome sarebbe entrato, splendente come il sole, nei tempi futuri più remoti. Ma così invece il mio nome si estinguerà nel mondo e coloro che giudicano alla maniera del mondo provando piacere dei mali altrui, nei tempi futuri lo troveranno segnato sotto la corda della forca. Quindi rivincita, vendetta inesorabile! Via dunque tutto ciò che ha solamente il più leggero odore di una Divinità oppure di altri celestiali mediatori! Soprattutto il nostro onore sulla Terra deve essere completamente ristabilito ed i nostri assassini devono venire giustiziati all’Inferno! Solo dopo vogliamo cominciare a parlare di una qualche riconciliazione davanti al tribunale di tutti i diavoli»

2. Dice lo spietato: «Caro signor conte, lei è colto da un’eccessiva agitazione e perciò non può nemmeno considerare questa situazione con la dovuta calma e capacità di valutazione. Vede, io, che certo giudico severamente senza alcun riguardo, rifletto diversamente sul punto del ristabilimento del nostro onore perduto. Quale onore ci dovrebbe essere nell’occupare una posizione onorevole in un tale mondo vergognoso? Io le dico che quei cretini universali non avrebbero potuto farci un onore più grande di come ci hanno trattato. Sarebbe forse un onore essere onorati da simili bestiali vigliacchi? Per Dio, questo desiderio sia eternamente lungi dal mio cuore!

3. Dove sarebbe il nome del nobile Blum, se quel cretino di un conte Windischgratz non lo avesse avviato sulla via dell’immortalità con la polvere e il piombo? Già da tempo difficilmente qualcuno si ricorderebbe ancora di lui; invece così il suo nome rimane per tutti i tempi conservato come un vero nome rispettabile. E proprio così ed ancora meglio andrà con i nostri nomi! Ho ragione oppure no?»

4. Dice il conte un po’ più calmo: «Vede, questo è un delizioso pensiero! In verità, nemmeno io ho più bisogno di alcun onore del mondo cane. Anzi, un tale onore mondano sarebbe per noi il più grande disonore! Lei ha ragione, molta ragione!»

5. Dopo queste parole del conte si sentono nuovamente delle voci, e precisamente vengono udite anche dal conte stesso, che dice allo spietato: «Ebbene, questa volta ho sentito anch’io delle voci come di molte persone. Questo non è male! Alla fine siamo stati individuati qui dall’avanscoperta di spiriti dalle intenzioni ostili, ci prenderanno e poi ci cacceranno da qualche parte all’Inferno. Ci devono già essere molto vicini; che ne direste se in qualche modo provassimo una fuga? Infatti proprio davanti a noi sembra che si trovino dei nemici in agguato»

6. Dice lo spietato: «Qui sono nuovamente di opinione diversa. Dove vogliamo fuggire in questa eterna notte, dove avvertiamo appena il bagliore sufficiente per riconoscerci a stento? Chi di noi conosce questa disperata regione? Forse corriamo per alcuni passi, ed un burrone ci accoglie benevolmente giù all’infinito. Infatti, già qui tutto sembra volere essere infinito ed eterno. Oppure potremmo correre direttamente nelle fauci dei nostri nemici. Infatti, proprio là, da dove non abbiamo sentito nessuna voce, potrebbe trovarsi il gruppo principale, e potremmo essere catturati là per primi. Perciò stiamo qui completamente quieti! E se dovesse venirci vicino una piccola pattuglia, oppure un paio di striscianti ricognitori, li afferreremo subito, li prenderemo prigionieri e chiuderemo loro la bocca»

7. Dice un altro della compagnia: «Sarebbe tutto giusto se si potessero uccidere degli spiriti! Ma dovreste già desumere che questo non si può fare dal fatto che anche noi continuiamo a vivere qui come se non fossimo mai stati uccisi. Certo, questa è una vita come non può esisterne una più miserabile; ma ciononostante è e rimane vita.

8. Io penso che dovremmo farci catturare all’istante e far causa comune con i nostri presunti nemici. Inoltre mi sembra che in fondo proprio non possiamo avere dei nemici; infatti, come avremmo potuto farceli qui, dato che fuori non ci siamo ancora imbattuti con nessuna anima?»

9. Dice il conte: «Amico, lei non lo capisce! In questo maledetto mondo diabolico non ci sono anche una quantità di anime o spiriti austro-imperiali, il che equivale a dire dei diavoli? Chi al mondo era giallo-nero, lo sarà anche qui, e perciò è nostro nemico»

10. Dice l’altro: «Non ci credo, signor conte! Giallo-nero lo sono solo i ricchi. Basta che lo Stato li renda poveri ed essi diventeranno radicali come i lupi! Se poi perdono tutto con la morte del corpo e non rimane nient’altro che una nuda misera vita animica, il loro senso giallo-nero farà certamente anche naufragio»

11. Dice un terzo: «Già, giallo-nero e mondo degli spiriti stanno proprio bene insieme! Si deve solo pensare al perché i sudditi dell’Austria vera e propria sono giallo-neri. Essi sono giallo-neri, in primo luogo, per paura delle molte baionette, cannoni e forche, e in secondo luogo i ricchi, i militari ed i funzionari lo sono per interesse personale! A questi non sta a cuore il bene dei popoli, ma solo il loro proprio benessere; e in terzo luogo molti sono anche giallo-neri solo per stupidità religiosa, perché esisteva un San Leopoldo imperatore ed un pio Ferdinando oppressore di tutti i protestanti. L’ultima specie potrebbe forse conservarsi qui, ma per i primi due io sostengo che qui di loro non dovrebbe più trovarsi nessuna traccia!»

12. Dice il conte: «Avete parlato bene, questo è vero! Ma io penso qualcosa del tutto diverso da lei, e questo dovrebbe essere possibile anche qui, e cioè vendicarsi della perfidia avida di potere! Aha, cosa dice di questo?»

13. Dice il terzo: «Nient’altro che questo: dove non c’è niente, è già perduta anche ogni vendetta ed ambiziosa cattiveria, e tutti i diritti veri o falsi vanno a finire in un baratro!»

14. Risponde allora il conte: «Amico mio, la satanica perfidia interiore è un verme infuocato che non muore, il cui fuoco non si spegne mai. Noi qui veramente non abbiamo altro che la nostra esistenza assai misera, ma per l’autentica perfidia può essere ancora troppo poco. Perciò si può facilmente supporre che il suo più ardente desiderio sia quello di renderci possibilmente ancora più miserabili. Perciò io penso anche che dovremmo andarcene da questo luogo lentamente, destreggiandoci con le mani e con i piedi. Se ci imbatteremo in qualcuno, allora gli domanderemo chi è. Se non è pericoloso, lo accoglieremo. Ma se ha qualcosa di pericoloso in sé, lo lasceremo nuovamente andare!

15. Sarebbe comunque meglio se potessimo cominciare a pregare. Certo, sulla Terra non ho mai considerato qualcosa di più stupido come in particolar modo il rosario e le preghiere latine; qui però mi sembra che sarebbe comunque bene pregare ad un qualunque sublime Essere Divino. E lei, amico mio, che sulla Terra è stato un francescano, certo conoscerà ancora alcune preghiere, come per esempio il Padrenostro, latino o tedesco, sloveno, oppure ungherese. Se questo non sarà d’aiuto, è anche vero che non potrà neanche danneggiarci. Abbia perciò la bontà di recitarci una preghiera almeno per divertimento!»

16. Dice lo spietato francescano: «No, perché questo vuol dire uccidere la ragione umana. Se davvero si vuole pregare, allora si deve sapere chi e perché! Ma pregare solo per ingannare il tempo, è la stupidità più grande e più peccaminosa! Infatti, se esiste un qualunque sapiente Dio, un così stupido mormorio Gli apparirà più stomachevole di quanto appaia a noi. Ma se non esiste nessun Dio, allora la stupidità sarebbe ancora più grande se lasciamo risuonare le nostre preghiere ad una purissima nullità. Io sono perciò dell’opinione che per ora non dobbiamo fare proprio niente, ma attendere tutti restando il più calmi possibile. Così saremo preparati per tutto ciò che mai potremo incontrare.

17. Ma ora sento perfino delle parole molto vicine, a quanto mi pare. Ascoltate: da queste riconosceremo meglio quali spiriti si trovano nella nostra vicinanza. Aha! Avete sentito? Ora ho udito chiaramente le parole: “Rivolgetevi nel cuore a Gesù, il Crocifisso, così verrete anche aiutati!”»

18. Dice il conte che ha udito le stesse parole: «Amico, questa è bella! Con un simile richiamo autenticamente cattolico-romano e un’eventuale osservanza successiva saremo dannatamente poco aiutati. Mi meraviglio soltanto che ci sia stato indicato unicamente Gesù e non nello stesso tempo anche tutta la litania dei santi! Anzi, vorrei perfino sostenere che questo non è stato un vero richiamo, ma piuttosto un richiamo luterano o calvinista!»

19. Dice il francescano: «Ma queste osservazioni sue sono cose antiquate! Che ora ci aiuti chi ha la volontà, la possibilità e la disponibilità di aiutarci! Se solo ci potrà aiutare, sarà certo lo stesso se lo farà col fango, con i ceppi o con gli ananas! Se ci è offerto aiuto mediante Gesù, cosa deve impedirci di accettarlo?»

20. Dice il conte: «Molto bene, caro amico! Ma lei è certo che ci sia stato offerto aiuto? Non potrebbero trovarsi nelle nostre vicinanze anche altri gruppi che si trovano nella nostra stessa situazione miserabile? Allah è grande; Maometto, il suo profeta, è grande! E così possiamo anche noi dire: “Dio, se ce n’è Uno, è Grande, e Gesù era il Suo Profeta ed era ancora più grande nel Suo insegnamento del saraceno Maometto!”. Chissà dove sono coloro ai quali è indirizzata questa chiamata!».

135. Capitolo

Gli insegnamenti alla compagnia di tenebrosi.

Sulla morte del conte e del monaco nel 1848.

Il conte pretende il titolo nobiliare anche nell’Aldilà.

1. Dopo questi discorsi, tutti odono chiaramente le parole: «Questa chiamata è per voi, increduli dalla prima nascita!»

2. Il conte si spaventa molto a questa chiamata. E il francescano dice: «Ebbene, non c’è alcun dubbio che è rivolta a noi! Il signor conte si farà forse ancora scrupoli per rivolgersi a Gesù, il Crocifisso?»

3. Dice il conte: «Ciò che faranno gli altri lo farò anch’io nel Nome di Dio. Ma lo domandi anche agli altri! Ho solo questo da aggiungere: non dobbiamo scambiare facilmente la nostra pura ragione con la cosiddetta remissività cristiana. Se nel governo di Gesù esistono anche conti e principi, allora: “Salve Cristo!”, ma se non ci sono, allora: “Addio Cristo!”. Infatti, ci sarebbe da stare freschi se qui in questo mondo dovessimo fare gli onori di casa ad un qualunque mendicante celeste oppure magari pulirgli gli stivali!»

4. A questo discorso del conte risuonano nuovamente le parole: «Qui non esistono né conti né principi! Solo Uno è il Signore, tutti gli altri invece sono fratelli e sorelle!»

5. Dice poi il francescano al conte: «Ebbene, signor conte, questo è parlare abbastanza chiaro! Mi sembra che questa eccellente risposta valga solo per lei, che in questo mondo degli spiriti vuole essere ancora un conte oppure un principe! Ma come si può avere, quale spirito, ancora predilezione per la veste, nella quale nel mondo si è stati giustiziati in maniera così vergognosa? No, questo non è ragionevole! Che cosa ottiene ora il signor conte dal fatto che sulla Terra era uno dei più rispettati magnati d’Ungheria? Se fosse stato un semplice allevatore di porci, potrebbe forse stare ancora con un buon vino ed una buona scodella di gulasch! Ma invece qui lei condivide con noi la stessa nostra triste sorte e con il suo titolo di conte non può nemmeno togliersi un pidocchio. Non ha mai sentito che il fulmine ha la sfacciata capacità di colpire prima gli oggetti più alti? E che tocca quelli più bassi solo se questi si trovano vicino agli oggetti alti, come i buoi sotto un albero?»

6. Dice il conte: «Mi sembra che lei faccia delle allusioni su di me! Lo sa che io so proibire una cosa simile anche qui? Infatti un Bathianyi rimane Bathianyi anche nel mondo degli spiriti!»

7. Dice il francescano: «Probabilmente lei lo può fare in base alla vera e purissima ragione! Le auguro molta fortuna e tante belle cose in aggiunta, signor conte! Rimanga pure qui nel mondo degli spiriti con la sua pura ragione magiara da conte, che lo ha portato alla forca sulla Terra! Chissà, quali belle decorazioni provviste di corna può tirare fuori con questa»

8. Dice il conte infuriato: «Chiuda la bocca, o le metto le mani addosso! Se ha qualcosa da dirmi, parli come si conviene! Ma la smetta di prendermi in giro, altrimenti proverà che un conte Bathianyi non ha smesso ancora di essere un conte! Comprende questo, stupido spaccone?»

9. Dice il francescano: «Allora mi afferri subito, e con ciò si convincerà che un conte Bathianyi qui non può proprio fare nulla! Che forza ha uno spirito? Quando mai la stupidità è stata forte e potente? Glielo dico io: “Mai da quando esiste il mondo!”. Ma lei è molto stupido, perciò in ogni senso è anche molto debole, perché si è offeso per ciò che le ho detto solo per il suo bene. Anche sulla Terra ha dimostrato di essere oltremodo stupido! Infatti, se fosse stato giudizioso, allora avrebbe fatto come un Kossut e compagni, che hanno ancora trovato al tempo giusto un buco per uscire dal tempio. Lei però si è fatto catturare come un allocco e poi si è fatto fucilare eroicamente! Mi dica se questo si chiama essere furbo!»

10. Dice il conte: «Di solito, chi ha un danno, subisce anche la beffa! Ma se lei è un tipo così abile, perché si è fatto impiccare anche lei? Io penso che se, secondo la sua definizione, la forza tiene lo stesso passo con la sapienza, allora nemmeno lei dovrebbe essere uno dei più furbi!»

11. Dice il francescano: «Proprio non mi soffermo sulle sue osservazioni assai banali, poiché dell’autentica stoltezza magiara nemmeno io, che sono un piccolo gentiluomo, ho mai sentito la mancanza.

Con me si trattò solo del fatto che cominciai a comprendere, purtroppo alcune settimane troppo tardi, dove fosse l’origine di tutto il male in Ungheria. Allora stavano già le forche davanti e dietro, e cannoni e spade senza numero! Amico, allora la mia ragione appena risvegliata non ha più potuto mostrarmi una via d’uscita. Ma per lei era tutt’altra cosa. Lei poteva calcolare sulle dita come si sviluppava la faccenda in tempo reale. Ma invece no, poiché la sua vera aristocratica sapienza magiara le sussurrava all’orecchio: “Vincere o morire!”. Ebbene, che cosa ne ha avuto dall’eroica morte sulla forca? Probabilmente alcuni amici nell’America del nord le faranno un monumento, ma nella storia mondiale lei troverà, per il 1848, un miserabile posticino. Questo sarà tutto ciò che dovrà aspettarsi per la sua eroica morte sulla Terra»

12. Dice il conte: «Milioni mi stanno piangendo! Milioni comprendono l’ingiustizia che grida vendetta che è stata commessa su di me e maledicono l’Austria perché se ne vada da tutti i diavoli! E questo lei lo definisce niente?»

13. Dice il francescano: «Sì, sì, questo suona romantico e tutto molto bello! Forse un francese ne scriverà un giorno una tragedia. Ma noi, i veri eroi, continuiamo a vivere miseramente qui e a chiederci a cosa ci serve tutto questo per l’eternità! Perciò qui si tratta di non perseverare più nella vecchia stupidità, ma accogliere con cuori estremamente grati ciò che ci viene offerto. Così dimenticheremo di certo facilmente quello che ci toccò nel mondo per nostra pena. Io credo che questo sarà di certo qualcosa di abbastanza chiaro!»

14. Dice il conte: «Sì, non ci indurre in tentazione! Dice da qualche parte in quel certo... sì, sì, ehm! Come si chiama ancora quella preghiera? Ehm, non mi viene in mente! Si chiami pure come si vuole, ma da qualche parte sta scritto così; perciò anche adesso io dico: “Non ci indurre in tentazione!”»

15. Dice il francescano: «Che cosa fantastica lei col suo: “Non ci indurre in tentazione?”. Non lo capisco proprio, perché questo si adatta al mio discorso come un pugno nell’occhio! La prego, si spieghi il signor conte un pochino chiaramente, se le dovesse essere possibile!»

16. Dice il conte: «Stupido chiacchierone! Se mi avesse lasciato finire di parlare! Anch’io non l’ho interrotta, quando prima mi ha riempito gli orecchi con le sue chiacchiere!»

17. Dice il francescano: «Non faccia complimenti e continui con il suo modo di parlare, altrimenti non la finiremo mai!»

18. Continua il conte: «La metafora vuol dire che lei vuole farmi perdere il mio titolo da conte nel migliore dei modi. Perciò questo è un tentativo di portarmi alla rovina in tutto e per tutto. Ma niente! Un conte Bathianyi rimane fermo nella sua decisione»

19. Dice il francescano fra sé e sé: «Costui rimane un bue»

20. Il conte lo incalza: «Lo capisce ora?»

21. Dice il francescano: «Oh, molto bene e chiaramente! Detto sinceramente, signor conte, è stata la sua grande stupidità aristocratica a portarla alla forca! Se fosse stato di un pelo un po’ più sapiente, un tale disonore non sarebbe mai capitato alla sua casa terrena. Però ora deve certo riconoscere che il mondo per lei, come per tutti noi, è eternamente perduto con tutti i suoi fasulli diritti. Cosa vuole dunque ancora dal mondo? E perché ora pone la condizione, causando la collera di tutta la compagnia, di accettare l’aiuto offerto mediante Gesù Cristo solo se lei viene riconosciuto anche qui nel mondo degli spiriti come conte Bathianyi? Ci rifletta una volta per tutte e poi parli in modo deciso, però non quale magnate d’Ungheria, ma quale uomo bisognoso di aiuto, come lo siamo tutti noi!».

136. Capitolo

Dialoghi su Gesù. Esperienze religiose del francescano.

Il conte come erudito della Bibbia.

Ottima proposta finale del francescano.

1. Dice il conte: «Sì, chi e che cosa è in effetti il suo Signore Gesù? Forse lo stesso del quale parla la favola romana secondo cui sarebbe stato un figlio di Dio e del quale lei stesso ha detto prima di non avere mai creduto in lui e alle sue fandonie clericali-romane? O esiste ancora un qualche altro Gesù?»

2. Dice il francescano: «Certo, lo stesso Gesù di cui la tradizione evangelica dice che Egli è e rimane il Figlio di Dio, un Signore del Cielo e della Terra in eterno! Io non credevo a questa tradizione durante la mia vita sulla Terra, perché questa tradizione è stata troppo abusata da Roma ed io dovetti trarne la conclusione: “Se solo la cosa non fosse un’opera della gerarchia di allora, che era avida di dominio, sarebbe stato impossibile fare un abuso così vergognoso di un simile Insegnamento divino, perché nella gerarchia romana in appena 1200 anni sono accadute cose di cui tutto l’Inferno deve avere profondissimo rispetto. E il fondatore di un tale Insegnamento, che si trova sullo sfondo grigio, dovrebbe forse essere un Figlio dell’Altissimo? In verità, signor conte, credere in qualcosa di simile non sarebbe stato un compito da poco per il mio spirito.

3. Ma quando più tardi mi capitò tra le mani la Bibbia completa datami da un prete protestante, naturalmente si accese in me un’altra luce. Cercai poi di fuggire ad ogni costo dalla fossa romana degli assassini spirituali e diventai un semplice soldato piuttosto che di nuovo un aiutante cattolico-romano degli assassini dello spirito. Infatti, in me pensai: “È sempre meglio essere un assassino della carne che non dello spirito”.

4. Perciò il cosiddetto Gesù potrebbe essere benissimo il Figlio di Dio ed avere il potere di aiutarci - anche se veniva così rinnegato dalla vergognosa romana -; infatti Egli è risorto, malgrado il tradimento di Giuda Iscariota, il terzo giorno e per proprio potere dalla morte e ad essa ha tolto ogni potere. E proprio da questo Gesù ci viene adesso offerto aiuto tramite una bocca invisibile! Noi tutti abbiamo sentito ora le deliziose parole ed esitiamo ancora se dobbiamo accettarlo o no! Soprattutto lei, signor conte, è il più ostinato e non vuole comprendere, come se in questa misera condizione dovesse perderci chissà cosa. Le consiglio perciò ora per l’ultima volta di accettare l’aiuto offerto, oppure, in caso contrario, di non confondere più gli altri!»

5. Dice il conte: «Ciò che non danneggia voi, non ucciderà neanche me. Anch’io ora voglio accettare l’aiuto! Ma potremmo comunque porre alcune condizioni, altrimenti qui potrebbe capitarci come sulla Terra, dove ci siamo arresi [quasi] incondizionatamente e poi ne sono scaturite solo disgrazie. Così per esempio sarebbe da porre come condizione principale una considerevole vendetta ai danni dei nostri nemici terreni e per noi un completo risarcimento per tutto ciò che abbiamo perduto nel mondo!»

6. Dice il francescano: «Che cose stupide le vengono in mente! Se per esempio sulla Terra capitasse in mezzo a dei ladri ed uno che si trova in posizione di forza tra di loro volesse aiutarla e lei invece gli ponesse delle condizioni con le quali accetterebbe il suo aiuto, non riderebbero di lei perfino gli orsi bianchi? Quando si è mai sentito che un mendicante abbia imposto delle condizioni al benefattore? Ah, signor conte, che non se ne parli più! La nostra resa terrena fu tutt’altra cosa. Là nessuno ci offrì aiuto, ma in quel luogo si trattava di “resa incondizionata sotto promessa di intercessione!”. Qui però ci viene implicitamente proposto pieno aiuto. Come si può fare solo un lontanissimo confronto con la condizione terrena, che ci costò la morte del corpo? La prego, signor conte, non sia proprio così ottuso!»

7. Dice il conte: «Sì, ha nuovamente ragione! Sono forse un po’ stupido, ma un bambino scottato teme il fuoco. Qui esisteranno condizioni di vita ben diverse da quelle che c’erano sulla Terra. È ben vero però che esperienze tristi restano fissate profondamente nell’anima di un infelice, e non si può estirparle dal corpo dall’oggi al domani. Si deve certo perdonarmi se ho esitato un po’ nell’ac-cogliere l’aiuto offerto.

8. A tutti noi era stata promessa anche l’amnistia. Ma quando venimmo consegnati agli austriaci, non se ne parlò più! Da simili tristissime esperienze terrene, che ci si è portati dietro in modo vivido, un uomo o uno spirito deve essere un po’ sospettoso ed agire con estrema prudenza in ogni cosa.

9. Riconosco certo che deve esistere un Dio, senza il Quale saremmo di sicuro stati completamente annientati e non avremmo potuto durare più a lungo dell’esistenza [terrena]; però questo Dio è onnipotente e non c’è possibilità di ricorso contro il Suo giudizio. Ecco la ragione più che sufficiente per esitare seriamente ad accettare un aiuto anche quando ci viene offerto, e ponderare prima esattamente su tutte le condizioni. Mi ricordo ancora precisamente un episodio della mia giovinezza: una volta lessi un Vangelo in cui si parlava di un grande banchetto. Alla fine, poiché gli invitati non volevano partecipare, tutti i proletari che si trovavano nei vicoli e lungo le staccionate vennero letteralmente tirati per i capelli dai servitori del potente padrone di casa. Quando la grande sala da pranzo fu riempita in questo modo, anche il padrone entrò in sala, osservò gli ospiti proletari e notò uno che non indossava una cosiddetta veste nuziale. E il padrone di casa lo fece prendere e buttare in prigione! Cosa voglio dire con questo? Ebbene, che cosa ha fatto di male questo povero diavolo? I servitori lo presero come gli altri, che forse per caso erano vestiti meglio, dalla strada e lo portarono al banchetto senza scandalizzarsi per la sua veste. Quando poi venne il padrone, condannò solamente il povero diavolo, che sicuramente venne al banchetto senza sua colpa!

10. Se si riflette più da vicino su questa cosa, mediante la quale la Divinità viene evidentemente rappresentata nel Suo agire arbitrario, allora nessuno può irritarsi se qualcuno procede con molta cautela nell’accettare perfino l’aiuto offerto dall’Alto. Anche a Giuda venne offerto il boccone, ma non appena lo accettò divenne proprio del diavolo! Mi dica: per questi miei fondati motivi mi ritiene ancora così stupido come prima a causa della mia esitazione?»

11. Dice il francescano: «Bene, il signor conte è un eccellente conoscitore della Bibbia! Questo mi rallegra ancora di più, perché porta alla luce proprio un testo che anche a me è sembrato ingiusto al massimo grado. Ci sono ancora alcuni altri testi, mediante i quali il Signore Gesù, di solito oltremodo buono, rivela veramente una natura irremovibile e ingiusta dal punto di vista terreno. Ma in compenso ci sono poi una quantità di testi che sono molto confortanti. La sua esitazione, considerata da questo punto di vista, è certo da scusare, poiché il potere ha sempre in sé il fatto che può fare ciò che vuole in eterno. Ma il lato buono è che non si può immaginare un vero potere senza una perfetta sapienza. Ed è sempre più facile intendersi con un essere estremamente sapiente che non con uno stupido. Così io penso che possiamo rischiare di accettare l’aiuto che ci è stato offerto.

12. Rivolgiamoci dunque nel cuore a Gesù, il Crocifisso, ed aspettiamo con pazienza quello che accadrà! Se viene fuori qualcosa di buono, allora significa che non abbiamo preso una piega sbagliata. Ma se dovesse venire fuori da questa piega qualcosa che per noi assume un aspetto cattivo, ebbene, allora ritorniamo di nuovo alla nostra condizione»

13. Dice il conte: «Sarebbe tutto corretto e giusto! Ma anche con la sublime Sapienza non si può trattare in eterno; quello che una volta dice, è detto per l’eternità! Lo mostra anche Gesù chiaramente, quando dice: “Cielo e Terra passeranno, ma le Mie Parole eternamente mai!”. Se poi dopo la svolta del nostro cuore verso di Lui dovessimo sentire: “Andate via, operatori del male!”, allora amici, che faremo?

Io penso che, finché non pretendiamo nulla da Lui, anch’Egli non ha bisogno di darci qualcosa né di bene, né di male. Ma una volta che chiediamo qualcosa, Gli abbiamo anche aperto il portone per fare con noi ciò che vuole secondo la Sua immutabile Sapienza.

14. Mi viene proprio in mente di nuovo un testo adatto per dimostrare la mia opinione, e questo testo ha per protagoniste dieci vergini, di cui una metà era saggia, mentre l’altra metà era stolta. Tutte aspettavano il loro sposo. La metà saggia provvedeva alle proprie lampade mettendoci l’olio, ma la metà stolta no. Quando nella notte arrivò la notizia che lo sposo stava per arrivare probabilmente già nel giro di un’ora, le stolte chiesero alle sagge di dare un po’ d’olio per le loro lampade vuote. Ma le sagge rifiutarono inflessibili; magari chissà per puro amore cristiano per il prossimo? Le stolte furono perciò costrette ad andare da un commerciante per farsi riempire a pagamento le loro lampade con l’olio. Esse tornarono poi piene di buona volontà nella casa dove si aspettava lo sposo, ma la porta era già stata chiusa col chiavistello! Lo sposo, infatti, era arrivato poco prima che esse tornassero con le lampade piene d’olio. Quando le poverette ignare bussarono alla porta chiedendo di entrare, la voce dello sposo bruscamente tuonò loro: “Andatevene! Io non vi ho mai conosciuto e non vi conosco!”.

15. Questa faccenda, considerata dal lato umano, detto con sincerità, è sfacciatamente rude, ingiusta e severa ed anche falsa, se con lo sposo è da intendere la Divinità. Infatti, come può la Divinità dire a qualcuno: “Io non ti conosco!” mentre d’altro canto Essa ha detto che conta perfino tutti i capelli sul capo di una persona? Ma chi può dar torto all’onnipotente Divinità? Essa fa venire il freddo fino alla disperazione, anche se migliaia muoiono congelati. E se milioni di poveri diavoli pregano per il caldo, rimane tuttavia il freddo, finché la Divinità vuole che sia freddo secondo la Sua Sapienza. Così lascia distruggere senza pietà anche le più belle sementi con gelate e grandine, e nessuno può porLe dei limiti. Io ti dico che chi si rende dipendente dalla Divinità, ha la miseria già in sé. Che cosa avrebbe potuto succedere alle cinque stolte vergini se non fossero ritornate assolutamente alla casa dello sposo? Si sarebbero perlomeno risparmiate la sgarbatezza! Così non avrebbero potuto dare allo sposo, particolarmente sgarbato, nessuna occasione di sbarrare loro la porta davanti al naso. E così io penso che dovremmo prestare un completo ascolto alla voce di Dio solo quando ci saremo convinti della Sua Benevolenza verso di noi. Altrimenti è meglio se rimaniamo qui dove siamo, perché io non mi fido dell’onnipotente Divinità!»

16. Dice il francescano: «Signor conte, lei prende la cosa con eccessiva cautela! Io dico che non si devono prendere le Parole di Dio così alla lettera, perché tutta la Scrittura è solamente una rappresentazione metaforica della moralità superiore, come la deve avere un uomo perfetto. Con l’olio delle lampade viene principalmente inteso il vero amore per Dio, e con la luce della lampada la sapienza che scaturisce dall’amore. Le vergini stolte però non avevano nessun amore e volevano prendere l’amore anche alle altre. Queste però erano assennate e non si lasciarono traviare. Esse mandarono quelle senza amore fuori nel mondo, affinché andassero a prendersi là l’olio dell’amore. E quelle senza amore andarono e si presero le loro lampade - o meglio i loro cuori - piene di amore [olio] mondano. Quando ritornarono con l’amore mondano in casa dello sposo (nella quale noi ora ci troviamo già da molto tempo, come mi immagino ormai non senza motivo) - oppure detto ancora meglio: quando vi giunsero senza vero amore per Dio e pretesero di entrare nel Regno dei Cieli, la Divinità non può aver detto loro altro che: “Io non vi conosco con questo vostro amore, che non ho mai stabilito come Mio! Andate dunque lì dov’è il vostro amore!”.

17. Vede, caro signor conte, così comprendo questo e parecchi altri testi. E così anche è. E in questo modo penso che il signor conte attribuisca troppa durezza alla Divinità. Ebbene, mettiamo da parte tutto questo ed accettiamo l’aiuto che ci viene offerto! In verità non potrà andarci così male: me lo dice il cuore!»

18. Dice uno della compagnia che si trova lì vicino: «Lo credo anch’io! Il Vangelo è interamente metaforico e deve essere ben interpretato, perché tutto è metaforico!»

19. Dice il conte: «La prego, domini cortesemente la sua bocca, altrimenti viene la nausea a tutti! Dunque la nostra esecuzione sulla Terra era forse metaforica o soltanto provvisoria? Oppure anche Gesù è stato inchiodato sulla croce metaforicamente?»

20 Dice il rimproverato: «Oh no, questo non è stato metaforico, questo è stato reale, altrimenti non saremmo stati salvati!»

21. Dice il conte: «Bella salvezza questa, di cui finora non ho mai sognato minimamente nulla! In particolare queste tenebre egiziane ed il nostro stomaco completamente vuoto sono le prove più eloquenti della salvezza. Bella salvezza davvero! Sulla Terra la morte sulla forca, e qui l’eterna notte: queste sono le vere prove tangibili della nostra grande salvezza! Vi piacciono, miei cari amici?»

22. Dice un altro: «Finora con la salvezza è andata maledettamente male. Ma d’altra parte devo riconoscere che in effetti non abbiamo mai fatto ancora niente che ci abbia potuto rendere partecipi della salvezza. Se alla fine la forca non ha tolto via una buona porzione dei nostri peccati mortali, allora - se qui veramente si procede secondo i dieci Comandamenti - le cose qui si mettono maledettamente male per quanto riguarda la salvezza. Infatti nessuno di noi aveva delle vere virtù cristiane. Io perciò sarei molto favorevole per l’immediata accettazione dell’aiuto che ci viene offerto, altrimenti potrebbe andarci ancora molto peggio, poiché non abbiamo proprio nulla su cui poterci poggiare, al massimo sulla nostra sconfinata stupidità, e nel caso migliore sulla Grazia e Misericordia di Gesù Cristo!»

23. Dice il francescano: «È come se queste tue parole fossero uscite proprio dalla mia anima! È così! O accettiamo la Grazia e la Misericordia di Dio Gesù Cristo, oppure siamo tutti del diavolo! Infatti lo siamo stati sulla Terra, specialmente negli ultimi tempi, ed avevamo maledettamente poca compassione per la molteplice miseria dei nostri simili. Li abbiamo cacciati davanti a noi come si fa con i vitelli e li abbiamo scaraventati sul campo di battaglia. Ed i nemici si trovavano in condizioni disperatamente pessime se cadevano nostri prigionieri. Per dirla in breve: se ora ci anima ancora della vendetta contro coloro che hanno messo le mani su di noi, che misura avrà la vendetta che dobbiamo aspettarci dalle molte migliaia di uomini che sono caduti per mano nostra, di cui, oltretutto, alcuni erano forse uomini mille volte migliori di noi!

24. Perciò io penso che sia bene perdonare di vero cuore a tutti coloro che ci hanno maltrattato moralmente e fisicamente ed alla fine ci hanno crocifisso, perché anche noi sapevamo mettere bene in croce la vita di migliaia! Cosa pensa, signor conte: ho ragione oppure no?»

25. Dice il conte: «Purtroppo sì! Ma proprio questo mi fa temere che alla fine ci accadrà come alle cinque stolte vergini. Non appena busseremo, sentiremo subito la sentenza, e poi buona notte in eterno!».

137. Capitolo

L ’orgoglio del conte si ribella ancora una volta.

Anche l’Ungheria voleva un suo re. Perché ogni uomo dovrebbe avere la stessa grande Pazienza del Signore.

1. Dice il francescano «Signor conte, su questo c’è poco da dire.

L’ingiustizia questa volta è dalla nostra parte; ora dipende unica mente dalla Grazia di Dio. Se questa ci accoglie, non siamo perdu ti. Ma se questa ci abbandona, allora siamo perduti in eterno»

2. Dice il conte eccitato: «Ma cosa dice! L’ingiustizia dalla nostra parte? Dove vive il Dio che mi potrebbe dimostrare questo? Non discendiamo forse direttamente da Attila? I nostri antenati non hanno appunto ottenuto combattendo per noi la magnifica Ungheria? Non possediamo questo Paese già da più di mille anni? Noi stessi abbiamo scelto i nostri re e non siamo mai stati limitati dalla casa degli Asburgo. Averla conservata così a lungo è stata la nostra libera e generosa volontà magiara. Come potevamo fare a meno di dichiarare deposto dal trono ungherese colui che non abbiamo mai unto per re, poiché egli ha solamente usurpato il trono? Infatti suo zio, il legittimo re dell’Ungheria, non aveva il diritto, secondo la Prammatica Sanzione, di insediare senza il nostro consenso un re al posto suo per il nostro potente regno! E lei parla di un’ingiustizia da parte nostra?»

3. Dice il francescano: «Ma per l’amor di Dio non parli qui, nel regno degli spiriti, in modo così stupidamente ultramagiaro! Mi dica: è stata forse la Divinità a donare questo Paese ad Attila, come donò agli israeliti la Terra Promessa di Canaan, oppure non è stato piuttosto Attila a conquistarlo con le armi e quindi rapinandolo ingiustamente agli antichi nativi? E questo è forse un possesso legittimo dinanzi a Dio? L’Austria, in effetti, aveva dei diritti sul nostro regno più grandi ed antichi di quanto volevamo concederle. L’Austria ha riconquistato l’Ungheria togliendola dai turchi e ce l’ha restituita come nostra propria con la sola riserva che gli Asburgo devono sempre avere il primo diritto sulla corona d’Ungheria. Ma perché invece volevamo avere noi ungheresi un nostro pretendente al trono? Vede, volevamo questo a causa della nostra presunzione! Siamo diventati troppo ricchi e potenti sotto lo scettro austriaco e volevamo governare da indipendenti il nostro regno e far parlare molto di noi.

4. Ma questo non è piaciuto al caro Signore ed Egli ci fece cancellare i progetti. E lei, signor conte, come un vero figlio di Attila,

emanata da Carlo VI con la quale ribadiva l'indivisibilità dei possedimenti degli Asburgo e stabiliva che le principesse succedessero al trono. [N.d.R.]

è ora libero di far ricorso contro l’onnipotente Signore. Chissà quali strani effetti verranno fuori. Che Dio gliela mandi buona!

5. Non sa dunque che nelle Sacre Scritture sta scritto che tutto ciò che vuole essere grande dinanzi al mondo è un abominio dinanzi a Dio? Noi però volevamo essere grandi e potenti, ed ora ci troviamo nel più grande impiccio! Adesso però basta solo spingere ancora un po’ oltre la stupidità ed avremo la fortuna che ci verrà messo in tavola un autentico arrosto infernale con insalata di zolfo quale eterna ciliegina. Allora non ci rimarrà veramente più nulla da desiderare, perché così avremo già un piccolo assaggio dell’Inferno. Continuiamo con la nostra cocciutaggine, e andrà ancora meglio! C’è un vecchio detto: “Ciò che l’Inferno vuole, non gli mancherà!”. Ora ho finito di parlare»

6. Dice il conte: «Molto bello da parte sua, signor giallo-nero! Peccato solo che sulla Terra lei non sia venuto fuori con questi argomenti dodici mesi prima. Se il diavolo non ci avesse messo lo zampino, lei avrebbe già da tempo ottenuto un vantaggioso posticino presso il ministero viennese. In verità, una così bella argomentazione non avrebbe fatto nessun disonore perfino ad un conte Metternich.

7. Se lei dovesse venire in contatto al più presto amichevolmente con Gesù, il Signore, cerchi di convincerLo affinché mandi giù sulla Terra alcune celestiali medaglie al merito e di volerle distribuire in segno della Sua Benevolenza a coloro che si sono adoperati assai attivamente nella storia della nostra impiccagione. Infatti, veda, la faccenda dell’impiccagione della gente deve avere presso Gesù, il Signore, un alto valore speciale, perché Egli Stesso è morto di una morte simile. No, non avrei mai creduto che lei fosse così ben intenzionato. L’impiccagione le deve aver fatto molto bene per essere ora così riconoscente al governo austriaco!»

8. Dice il francescano: «Caro signor conte, a lei piace prendermi in giro come se fossi un monello! Ma non m’importa proprio nulla, poiché io so perché ho parlato così. Lei però non ha capito proprio niente del mio discorso; perciò bisogna anche perdonarla se parla così. Ho forse elogiato l’azione del governo austriaco? Signore, io conosco i crimini dell’Austria così bene come nessun altro. L’imperatore dell’Austria è già un Vesuvio sufficiente per tutti i paesi dell’impero austriaco; questo lo sa il Signore Gesù. Ma noi ungheresi volevamo, con tutta la violenza di un diavolo, diventare un secondo Vesuvio, e questo era proprio sbagliato. Ed è per questo che l’ingiustizia è da parte nostra e non da parte di Dio!

9. Ora abbiamo il dovere di riconoscere questa ingiustizia e di confessarla a Dio, il Signore, nei nostri cuori! Non disse Dio una volta: “Nella Mia Ira vi ho mandato un re!”. Se un re è già un’opera dell’ira, allora perché aspiriamo a questo? Infatti, abbiamo ricevuto in più anche l’Ira di Dio oltre al re! Se avessimo invece combattuto per il Suo Amore anziché per la Sua Ira, probabilmente le cose sarebbero più chiare per noi di quanto è attualmente il caso!

10. Gesù vuole ora, come lo percepisco fedelmente in me, diminuire il numero dei reggenti e non aumentarlo, e ciò per motivi sicuramente molto saggi. E così siamo arrivati a Lui al momento giusto, dato che volevamo aggiungere un nuovo regno libero in Europa! Dobbiamo forse insistere anche qui sulla realizzazione di questa idea e per questo perire eternamente? La smetta il signor conte con queste mondane e assurde smanie di grandezza! È già sufficiente essere stati uccisi per questo sulla Terra!»

11. Nella prima sala della casa il noto generale [Theowald], che sta ora uscendo dalla seconda sala con Elena, dice a Roberto: «Ascolta, questa sì che è una storia noiosa! È davvero inaudito ciò che stanno confabulando quegli spiriti infelici là fuori! Lì una stupidità batte letteralmente l’altra. Ora questi individui stanno litigando già da una mezza eternità se devono accettare o meno l’aiuto offerto dal Signore! No, questo non potrebbe accadere facilmente una seconda volta in tutto l’infinito! Quanto tempo dobbiamo ancora portar pazienza con questi chiacchieroni?»

12. Dice Roberto: «Mio carissimo amico e fratello, il Signore è qui la Misura viventissima per tutti noi. Guarda lì attraverso la porta, come Egli si intrattiene con i Suoi e parla proprio su come bisogna procedere in futuro con questi trenta. C’è forse qualcuno di tutti noi qui che riesce a notare solo la più piccola impazienza sul Suo santissimo Volto?»

13. Dice il generale: «Veramente no! La Calma più divina e la Grazia eternamente uguale irradiano da tutto il Suo Essere»

14. Dice Roberto: «Vedi, fratello, questa deve anche essere la nostra misura di pazienza e di amore! Per Lui non esistono nemici: i conservatori sono Suoi figli tanto quanto i radicali. Egli provvede a tutti! Quando un qualunque padre terreno ha molti figli che vivono tra di loro in lite e contesa, certo egli punisce i più spavaldi, ma egli non può e certo non nega il suo amore uguale per tutti e perciò si sforza sempre di provvedere al meglio per ognuno. Cosa vuoi che rappresenti per il Signore se l’uomo è stato sulla Terra conservatore o radicale? Anch’Egli castiga gli spavaldi, ma proprio mediante questa punizione Egli provvede ancora di più a loro. Egli è pur sempre il Medesimo che lascia le novantanove pecorelle nel recinto e va alla ricerca della centesima che Egli porta poi con gioia sublime nel Suo grande ovile, che è circondato da tutti i lati dalla Sua Grazia, Amore e Misericordia divini.

15. E così anche noi dobbiamo avere la massima pazienza con i Suoi figli, fratelli nostri. Infatti qui non esistono più partiti di estranei, ma solo figli dello Stesso Padre! Noi qui non diciamo mai: “Signore, l’Austria opera contro il Tuo Ordine, puniscila!”, oppure “Gli ungheresi hanno agito contro la Tua Legge, castigali!”, ma diciamo: “O Padre, guarda clemente giù alla povera Terra ed illumina i nostri deboli fratelli, a qualunque partito possano essi appartenere, ed aiutali tutti!”. Ed il Signore ci risponde clemente: “Perché chiedete? Avete forse più amore per i vostri fratelli e sorelle di quanto ne abbia Io che sono il Padre di tutti?”. A simile contro-risposta restiamo tutti come senza parole di fronte al grande Amore del Padre eternamente santissimo.

16. Egli ama tutti nella stessa misura! Coloro che lo vogliono arrivano a Lui, e non vi è nessuno che resti escluso. Così come Lui fa splendere il Suo sole sui degni e sugli indegni, e così come cade la Sua pioggia sulle erbe nobili e non nobili, così anche sono la Sua Grazia, il Suo Amore e la Sua Misericordia. Esse si irradiano ugualmente su tutti, e non raramente proprio sui più deboli arriva un completo nubifragio del Suo sublime Amore, Pazienza, Grazia e Misericordia!

17. Pazientate ancora un po’, e voi tutti vedrete cosa può fare l’Amore del Signore! La Sua Misericordia avrà un effetto del tutto particolare proprio su questi trenta!».

138. Capitolo

Il conte è ancora dubbioso riguardo alla proposta del francescano di ricorrere all’aiuto di Gesù. Un uomo del popolo invoca l’aiuto di Gesù.

1. Alcuni dei trenta che si trovano fuori percepiscono questo discorso; il conte Bathianyi lo percepisce molto chiaramente, addirittura parola per parola.

2. Il conte se ne stupisce molto e dice al francescano: «Amico, ha sentito queste parole molto consolanti? A quanto pare non abbiamo ragione né io né lei. A dire il vero la prima voce era un po’ rauca e piena d’impazienza. Dopo però se n’è levata un’altra, una voce angelica estremamente soave che fluiva come balsamo nel mio petto oppresso! Sì, amico, mi piace il Signore Gesù! Ma come me Lo ha descritto lei, veramente non ne avrei mai potuto avere bisogno»

3. Dice il francescano: «È un imbroglione e mascalzone colui che dà più di quello che ha. La mia opinione era almeno sincera, anche se qualche volta un po’ grossolana. Infatti qui è ugualmente tenebroso per tutti noi, allora non c’è nemmeno da stupirsi che le nostre controversie non possano essere troppo chiare. In fondo avevo tuttavia ragione, dato che ho tentato di indurla ad accogliere l’aiuto offerto da parte del Signore Gesù Cristo. Il signor conte era però propenso piuttosto fermamente per il rifiuto di questo aiuto, oppure di accettarlo ponendo ogni tipo di condizioni ridicolmente imbarazzanti. Ma ora l’ha sentito con i propri orecchi, e così io penso che d’ora in poi non farà più nessun’altra difficoltà.

4. Che io non conosca Cristo, l’eterno Figlio dell’Altissimo, così come Lo conoscono i Suoi angeli, certo sarà facilmente comprensibile. Ma sapevo bene che il buon Signore Gesù non è proprio così inesorabilmente tirannico come l’ha presentato sant’Ignazio di Loyola. Infatti ho sempre davanti agli occhi il versetto in cui Gesù una volta disse: “Venite tutti a Me, voi che siete affaticati ed oppressi, Io vi ristorerò!”. Purtroppo i preti romani hanno interpretato questo versetto per il confessionale degno di lode, sui cui gradini soltanto il Signore Gesù accetterebbe e ristorerebbe gli affaticati e gli oppressi. Ma questo ristoro del confessionale ha già portato qualche debole alla disperazione e a parecchi ha preso tutto il loro avere, la loro tranquillità e la vita; e condizioni del genere hanno veramente poco ristoro da dimostrare! Ma io pensavo in me che un uomo oltremodo buono agirebbe con gli affaticati ed oppressi certamente in modo diverso da come agisce l’unica vera santa chiesa romana la quale, dopo la condanna dei poveri eretici alle eterne pene dell’Inferno, si gusta innocentemente il pranzo, come se non fosse successo nulla ed in più ha la sfacciataggine di chiamarsi una madre assai amorevole!

5. E allora io sono dell’idea che, essendo noi già affaticati ed oppressi, avremmo pienamente motivo di recarci dall’amorevolissimo Signore Gesù e di implorarLo per ottenere il ristoro promesso ed offerto. Io sono pronto a dare l’inizio. Chi vuole seguirmi, faccia ciò che ora irrevocabilmente farò io!»

6. Dice il conte: «Aspetti un momento! Forse, dalla bocca invisibile, ci vengono ancora alcuni suggerimenti su come dobbiamo affrontare la cosa. Presso il Signore, l’Altissimo, non si può certo agire precipitosamente. Lei ha la mente assai chiara, malgrado l’oscurità che ci circonda, ma fa l’errore di considerare le condizioni di vita di questo mondo che sono estremamente mistiche con occhi troppo naturali e vuole agire così come lei faceva sulla Terra in casa dei suoi genitori. Sa forse cosa si trova qui sopra di noi e sotto di noi? Perciò qui si tratta di raccogliere informazioni precise prima di rischiare anche il migliore dei passi.

7. Non sono niente affatto contrario ad accettare l’aiuto offerto, anzi, me ne rallegro perfino come un fanciullo. Le dico ancora di più: il mio sommo desiderio è ora di vedere Cristo, il Signore dall’eternità, e di cadere ai Suoi Piedi al colmo dell’amore e, se possibile, morire là d’amore! Però, amico, strappare subito l’intera mano quando ci viene mostrato misticamente il dito mignolo, questo non va!

8. La gentilezza quale insegna di un cuore riconoscente ed umile viene vista volentieri sulla Terra, mentre viene molto disprezzata la presunzione invadente. Dovremmo ora accettare qui, nel regno della vera Vita, di dover essere maleducati come un monello per ottenere qualcosa dal sublime Signore dell’Infinità? Perciò, mio caro amico, chi va piano va sano e va lontano! Così tutto si potrà fare, secondo il mio parere»

9. Dice il francescano: «Ebbene sì, in questo senso anche lei per una volta non ha torto. Dobbiamo presentarci davanti a Dio veramente nel più profondo rispetto, anche se inizialmente è meglio farlo solo nel cuore. E così aspettiamo ancora un po’; forse sentiamo nuovamente qualcosa di consolante».

10. A queste parole del francescano tutta la compagnia tace ed ascolta per vedere se riesce a percepire ancora qualcosa. Ma da nessuna parte giunge una parola.

11. Dopo un po’ di inutile attesa, si fa avanti uno dalla compagnia e, postosi dinanzi al conte, dice: «Amico, sono sempre stato un magiaro nell’anima e nel corpo e non temo né la morte né il diavolo. Tutta la mia vita è stata consacrata al pesante servizio dell’Ungheria. Nessun Dio avrebbe potuto indurmi ad altro se non alla salvezza della nostra patria. Ma tutte le nostre convinzioni erano solo un’idea cervellotica; infatti, qualunque cosa facevamo nell’idea fissa che giovasse alla patria, la facevamo senza Dio. Certo, recitavamo preghiere agli orecchi del popolo per incantarlo; ma dov’era il nostro cuore, dov’era la nostra fede e dov’era il vero amore per Dio e per il popolo?

12. Sapevamo di essere deboli ed aspettavamo un aiuto dall’esterno. Ma questo non solo non arrivò ma dovemmo anche rassegnarci al fatto che, in seguito alla nostra spacconata, il nostro avversario cercasse ed anche ottenesse l’aiuto della Russia. Alla fine però dovette divenire evidente come eravamo messi. Ed il risultato fu che non solo non abbiamo servito il nostro popolo, ma abbiamo solo trasformato le nostre speranze in vuoti sogni.

13. Da questo concludo che qui non dovremmo affidarci a nessuno altro aiuto. La proposta, che suonava meravigliosa, diceva: “Rivolgetevi al Signore Gesù, e sarete aiutati”. Tra te ed il francescano ho già sentito una quantità di parole fino alla nausea, sia a favore che contro a tale proposta. E cosa è cambiato in meglio per noi? Ci troviamo ancora al punto di partenza! Perciò più nessuna esitazione, ma agiamo secondo le condizioni rese note! Altrimenti me ne vado e agisco per conto mio!»

14. Dice il conte: «Mio caro amico, è molto strano che in questo mondo chimerico degli spiriti tutti i radicali diventino giallo-neri! Alla fine la Divinità Stessa è tutta giallo-nera!»

15. L’altro, tutto agitato, lo interrompe nel mezzo del discorso: «Eh, dimmi, nel Nome di Dio: cos’hai guadagnato con il tuo far felici i popoli anti giallo-nero? Noi due e forse ancora alcune dozzine siamo stati impiccati; eccolo il nostro guadagno tutto radicale! E la nostra condotta anti giallo-nero non deve essere stata molto piacevole alla cara Divinità, altrimenti dopo la nostra esecuzione non saremmo sicuramente stati messi in una simile condizione straziante!

16. Vedi, amico, anche se ci troviamo in una oscurità completa, il cuore mi si fa sempre più pieno di luce. Riconosco molto chiaramente che l’uomo non è creato per la Terra - sulla quale deve fare solo una vita di preparazione -, ma è creato per un mondo degli spiriti che dura in eterno, nel quale si può manifestare facilmente la beatitudine più grande.

17. Se fossimo rimasti fedeli al governo austriaco ed avessimo sopportato qualche pressione, che era messa in atto per il miglioramento generale, ora andrebbe meglio per noi. Ma poiché siamo diventati disubbidienti al governo certamente eletto da Dio volendo diventare noi stessi reggenti, abbiamo ricevuto anche la ricompensa per questo. È già sufficiente che sulla Terra abbiamo fatto sorgere alla luce del giorno dei capolavori di stupidità umana; dobbiamo forse farne anche qui ancora uso? Piuttosto preferisco essere in eterno un normalissimo abitante di un qualche cielo giallo-nero [austriaco] che un re radicale [ungherese] in questo Inferno!

18. Ora non mi unisco più ad alcun colore, ad eccezione del colore dell’obbedienza e della vera umiltà.

19. E così ora esclamo forte: “Tu sublimissimo, giustissimo ed amorevolissimo Signore e Dio Gesù, Tu che hai salvato anche me con il Tuo santissimo Sangue sulla Croce, aiuta me e possibilmente noi tutti ad uscire da questa tenebrosa e penosa situazione! Non ascoltare il piagnisteo asinino, avidissimo di dominio, di un egoisticissimo democratico dell’alta nobiltà, per il quale il popo lo comune si chiama canaglia! Ascolta invece anche noi altri poveri diavoli ed aiutaci tutti secondo la Tua Grazia e Misericordia ad uscire da questa grande desolazione, che persiste già da alcune migliaia di anni terrestri!».

139. Capitolo

La comitiva di tenebrosi inizia a stare meglio dopo aver deciso di rivolgersi a Gesù. Nell’Aldilà non esiste la “proprietàprivata ” ma “tutto è patrimonio comune” ed “il simile si associa al simile”.

Il vero modo di vivere: “Eliminare l’orgoglio, la superbia, l’egoismo, la vendetta, la brama sessuale e tenere Gesù nel proprio cuore”.

1. A questo appello dell’oratore, il conte quasi si volta dalla rabbia e vuole fuggire di lì. Ma il francescano lo afferra e lo trattiene fortemente per la veste e dice: «Signor conte, non un passo di più! Lei ha già dominato su di noi in Ungheria come primo ministro. Ora diventa più chiaro; arriva l’eterno Giudice: lei risponderà dinanzi a Lui per noi! Mi comprende?»

2. Il conte, inorridito dalla strana severità del francescano ed ancora pieno di rabbia per la preghiera dell’oratore, diventa preda di una vera e propria febbre e dice tutto mite e rilassato: «Bene, bene, sì, mi va tutto bene. Ma vi chiedo che non mi uccidiate come un rapinatore assassino! Non mi aggredite ora in questo modo, voglio fare tutto!»

3. Dice il francescano: «Allora va bene; ma, davanti all’eterno Giudice, come andranno le cose a lei e a noi che siamo stati suoi complici?»

4. Dice il conte: «Mio caro amico, non ha dunque sentito prima che il Signore vuole essere clemente e misericordioso con tutti noi!? Come dunque è possibile che ci voglia giudicare? Oppure a che scopo l’Onnipotente ed Onnisciente dovrebbe tener prima un confronto con le Sue creature, per portarle, mediante la loro stessa ammissione, a comprendere da sé che vengono condannate secondo diritto? Oh, è maledettamente stolto da parte di un prete cattolico-romano attribuire alla Divinità debolezze umane. Dio è buono e misericordioso con chi Egli vuole esserlo; ma chi invece Egli lascia cadere, per costui non c’è niente che possa essere di aiuto; figuriamoci poi che può valere l’intercessione di un conte ungherese. Io penso però che il caro Signore non guarderà allo sterco che ci siamo reciprocamente scagliati addosso. Comprende questo, mio caro padre grossolano?»

5. Dice il francescano: «Va bene, signor conte! Vedremo chi alla fine avrà ragione. Ora, a quanto mi sembra, verso est si sta schiarendo sempre di più. Se almeno non ci fosse questa nebbia spiacevole! Altrimenti con questo chiarore dovremmo già scorgere qualcosa qui e là, ammesso che qui esista qualcosa da riconoscere»

6. Dice di nuovo l’oratore di prima: «Cari amici e fratelli, la mia anima è stata attraversata da un buon pensiero che vi voglio comunicare! Vedete, noi tutti siamo diventati ugualmente infelici e nessuno ha qualcosa contro l’altro. Che ne direste se invece noi rimanessimo insieme in vera fratellanza ed amicizia ed attendessimo, senza reciproci rimproveri, ciò che l’Onnipotenza di Dio disporrà di noi? È già comunque tormentoso avere paura di Dio come una colomba ha paura degli artigli di un’aquila; credete forse che così facendo il giudizio di Dio cadrà su di noi in forma più mite? Dio fa ciò che vuole, e nessuna eternità Lo distoglie dal Suo giudizio, una volta che lo ha formulato! Perciò facciamo in modo almeno di essere benevoli tra di noi, nel caso la Divinità non dovesse venirci incontro benevolmente! Ma ora sul serio si sta schiarendo sempre di più, ed il cielo mi sembra blu! Solo non riesco ancora a scorgere delle stelle. Probabilmente qui non ce ne saranno nemmeno»

7. Dice il conte: «Bravo, fratello Miklosch, il tuo discorso mi piace mille volte di più che quello del monaco Cipriano. In verità, un prete rimane in eterno proprio un essere insensibile! Ma gli sia perdonato tutto! D’ora in poi non insorgerò più, nemmeno contro il mio peggior nemico. Dio doni a tutti noi una vera conoscenza ed una reciproca salda pazienza! La Sua Volontà sia con tutti noi!»

8. A questa dichiarazione del conte le nebbie diventano rade ed a tutti sembra come se non si trovassero da troppo tempo in questa zona.

9. Miklosch dice dopo un po’, quando scopre verso occidente e settentrione una montagna enorme: «Amici, là, guardate là! Terra, alta montagna! Finalmente, per la prima volta terra in questo mondo, ed è terra di alta montagna! Non c’è altro in eterno che regga il paragone con la maestosa vista di un’alta montagna! Questo addolcisce meravigliosamente l’animo dell’uomo altrimenti spesso così misero ed il suo cuore viene rinforzato nella fede in un Dio onnipotente e si infiamma d’amore per Lui. Oh, come sono edificato ora alla vista di questa gigantesca montagna alta! Specialmente la cima tra occidente e settentrione è qualcosa di immenso. In verità, rispetto a questa le cime più alte della Terra sarebbero da chiamare appena collinette. Vedete anche voi questa magnifica montagna alta?»

10. Dicono tutti: «Certo che la vediamo. Ma deve essere ancora molto lontana da qui. Lo si può desumere dal colore grigio blu. Ci si deve quasi slogare il collo a forza di tirarlo se si vuole ammirare quelle cime altissime. Che altitudine deve essere questa! Dio sia lodato mille volte, perché riusciamo a vedere qualcosa ancora una volta! Oh, questo è magnifico; si potrebbe francamente stancarsi gli occhi a forza di contemplarle; però è strano che verso meridione ed in particolare verso oriente tutto sia ancora avvolto dalla nebbia! Eppure viene un certo chiarore solo da oriente! Il sole, se qui ne esiste uno, deve trovarsi ancora molto sotto l’orizzonte, perché a quelle altissime cime non giunge nemmeno un raggio»

11. Dice il conte: «Sì, a quanto vedo la cima più alta è già toccata dai raggi, altrimenti non splenderebbe in modo così rossiccio.

È però davvero qualcosa di immensamente maestoso la vista di una montagna così! Amici, se solo qui avessimo una guida, sarei veramente uno dei primi a decidersi di scalare una montagna del genere. Dalla parte meridionale la cima non dovrebbe essere troppo difficile da scalare. E qui non avremmo proprio nulla da perdere. Ebbene, padre Cipriano, che cosa ne dice?»

12. Dice il francescano: «Che cosa devo dire? Ho parlato abbastanza e non mi si è dato ascolto, ma mi si è solo insultato dicendomi che sono un grossolano. Perciò ora sto zitto; mi limiterò ad ascoltare ed agirò di conseguenza, se ciò che sento mi starà bene! Andate in montagna, e pure io verrò con voi. Ma io penso che su quella cima immensamente alta a nessuno di noi verrà il mal di testa, anche se già solo a guardarla si ha un giramento. Chissà come andrà lassù!»

13. Dice Miklosch: «Sì, lo penso anch’io! Noi qui siamo spiriti e quindi molto più leggeri che sulla Terra; ma non vorrei osare un salto mortale da una simile altezza. Rimaniamo perciò ancora un po’ finché diventa più chiaro; poi si vedrà che cosa ci resta da fare. Secondo il mio spirito sembra che in breve riceveremo qui visite singolari. E se i miei sensi non mi ingannano, da oriente sta già arrivando qualcuno verso di noi»

14. Dice il conte: «Sì, anch’io vedo qualcuno con una veste pieghettata. Vuoi vedere che alla fin fine c’è ancora un nuovo venuto dalla cara Terra, forse uno giustiziato come noi?»

15. Ribatte il francescano: «Allora dovrebbe essere avvolto ancora in stracci terreni come lo siamo noi. Se si considera che sulla Terra nessun uomo porta più una simile veste pieghettata dai tempi degli antichi greci e romani, allora costui sarà un cittadino assai antico di questo mondo! Ebbene, presto si vedrà chi è e quale potrebbe essere la sua funzione. Lo chiamerò affinché venga qui da noi!»

16. Dice Miklosch: «Credo che non ci sia bisogno di chiamarlo: egli sta già venendo dritto verso di noi. Il fatto che si stia avvicinando, fa una buona impressione sul mio essere, anzi perfino benefica. Questo deve essere uno spirito o un uomo buono! Ora l’ambiente si fa anche più chiaro man mano che si avvicina, e questo è molto strano! Guardate là verso oriente: vedo dietro a quest’uomo, attraverso la nebbia ancora fitta, i chiari contorni di un palazzo enormemente grande!»

17. Tutti si rivolgono verso oriente, scorgono subito ciò che ha scorto Miklosch, e se ne meravigliano enormemente.

18. Il conte dice: «Vedete, prima avevo ragione! Se ci fossimo mossi di alcuni centinaia di passi, avremmo sbattuto il naso contro l’edificio e lì avremmo potuto chiedere di entrare! Così invece siamo ancora qui»

19. Dice il francescano: «Non fa niente! Nell’eternità un paio di minuti prima o dopo è la stessa cosa! Ma ora silenzio! Il buon uomo, che probabilmente dimora in quel palazzo, ci è già molto vicino. Le buone maniere impongono che gli andiamo incontro, poiché è sicuramente per noi che viene qui».

20. Tutti sono d’accordo con questa proposta e vanno incontro a colui che si sta avvicinando.

21. Quando si incontrano con lui, il conte prende la parola e dice: «Mi permette cortesemente di chiederle dove sta andando con tanta fretta? Avrà certamente ancora un lungo cammino da fare!»

22. Dice lo Straniero: «Salute a voi, cari amici e fratelli! Vengo qui solo per causa vostra. Ho sentito le vostre voci e Mi sono perciò affrettato fuori da questa casa per offrire aiuto a tutti voi caso mai ne abbiate bisogno. Io dimoro in questa casa che riuscite a scorgere un po’ da qui avvolta com’è nella nebbia»

23. Dice il conte: «Lei, con tutta probabilità, ne sarà il proprietario»

24. Dice lo Straniero: «Sì, diciamo a metà, come si suol dire. Ma vedete, qui non esiste veramente possesso personale; tutto è in un certo modo patrimonio comune. In questo regno esiste una pura democrazia. Infatti, ciò che appartiene ad uno, appartiene anche a tutti gli altri che sono dello stesso sentimento e dello stesso cuore. E così anche voi potete prendere possesso a piacimento di tutto, senza chiedervi con ciò: “A chi appartiene qui questo o quello?”. Qui regna la perfettissima libertà, sulla quale ogni spirito liberissimo può comandare senza nessuna obiezione. Ciò che qualcuno vuole qui, anche lo avrà»

25. Dice il conte: «Oh bella, questo è un ordine magnifico! Lo volevamo ottenere combattendo anche sulla Terra, ma non funzionò, perché là esiste ancora e sempre il diritto del più forte! Ma qui, dunque, vale il diritto del primo che giunge ad esserne il proprietario oppure l’antichissimo detto “ognuno è signore di se stesso?”»

26. Dice lo Straniero: «Sì, sì, è all’incirca così, ma di certo è ancora un po’ diverso! Infatti qui esiste solo un diritto, e questo è il diritto del libero e puro amore. Come è l’amore, così è il diritto fuori dall’amore e attraverso l’amore! Ciò che volete che si faccia a voi, fatelo anche agli altri: qui è questo il principio della vita! E poiché ognuno fa di questo supremo principio giuridico una massima fondamentale di vita, egli accorda in questo modo anche ad ognuno il libero diritto di condividere tutto ciò che ha, poiché a sua volta può permettersi indisturbato lo stesso diritto. Voi vedete ora quella casa già un po’ più chiaramente. Ed Io vi dico che voi avete il pienissimo diritto di condividere l’utilizzo di questa casa, perché il proprietario dal canto suo ha lo stesso diritto ad una proprietà che voi potrete ottenere da qualche parte qui. Siete d’accordo con questi principi giuridici?»

27. Dice il conte: «Ma amico, questo è il comunismo nella sua forma migliore oppure proprio il puro e vecchio cristianesimo! Ne deve passare di tempo perché sulla Terra le cose prosperino per avere una tale costituzione statale. Essa è in effetti la costituzione più naturale e migliore di un popolo; in ciò però c’è soltanto uno svantaggio, e cioè che in questo modo la pigrizia si trova potentemente in vantaggio sulla voglia di lavorare»

28. Dice lo Straniero: «Amico, ti sbagli! Il pigro ed il lavoratore non stanno qui in nessun rapporto, perché è impossibile che il pigro possa volere la stessa cosa del lavoratore. Qui ha valore il vero “il simile si associa al simile”, ed il dissimile si separa da solo. Infatti, se il sommo motivo giuridico significa che ognuno faccia al fratello ciò che egli stesso può desiderare da suo fratello, in questo modo è già escluso che il pigro desideri avere dal suo diligente fratello tutto ciò che gli si confà senza tuttavia avere l’intenzione di fare lo stesso al fratello. Questo non si verifica assolutamente qui, perché ogni spirito fa in modo di essere utile al suo fratello in ogni modo possibile. Ma chi è pigro e non è animato da questo spirito, presto gli viene la nausea per un simile comunismo, e si sceglie una compagnia che ha il suo stesso modo di sentire. Ma come possano poi andare le cose in breve tempo in una tale compagnia isolata di fannulloni, questo dovrebbe essere chiaro ad ognuno senza molte spiegazioni.

29. Voi a questo dite: “Sì!” perché ora voi comprendete perfettamente questo e riconoscete per buona la legge del diritto di questo mondo nel quale non esiste più morte; allora comportatevi anche così come questa legge lo richiede nel vostro stesso interesse. Infatti voi, facendo così, siete già perfetti cittadini di questo mondo e potete usare tutto in un modo che sia buono ed utile per voi se volete entrare in quella casa per ristorarvi lì un po’. Basta solo che portiate con voi la ferma volontà di voler essere utili a questa casa in ogni modo possibile!»

30. Dice il conte: «Mio caro stimatissimo amico, questo si intende da sé! Infatti io preferivo non esistere piuttosto che accettare qualcosa da qualcuno a cui io non potessi restituirlo di nuovo in un modo o nell’altro. Così è anche tutta la mia schiera; di questo posso fare da garante con la migliore coscienza di questo mondo! Ma ora, caro amico, che abiti certamente già da tempo in questa zona e conosci bene tutti i d’intorni, dì a noi tutti come dobbiamo rivolgerci all’unico Dio del Cielo e della Terra, cioè a Gesù, il Crocifisso, per ricevere aiuto! Dov’è? Ed i nostri occhi peccaminosi potranno mai contemplare il Suo volto santissimo?

31. Prima, quando qui era ancora molto buio, siamo stati invitati da una voce a rivolgerci a Gesù, se vogliamo essere aiutati. All’inizio lo ritenevo più una illusione acustica, ma poi un po’ alla volta ho cominciato a comprendere che ci doveva essere veramente qualcosa in questa faccenda. Ma capire di che cosa si trattava in effetti, questa è un’altra questione! E questo non potrebbe spiegarcelo nessuno meglio di te, che sarai sicuramente qui, ed in tutto e per tutto, completamente a casa»

32. Dice lo Straniero: «È davvero così, Miei cari amici! In questo mondo Io sono per così dire ovunque perfettamente a casa. Ma per quanto riguarda la vostra domanda, vi siete già rivolti al Signore Gesù; per questo è diventato subito più chiaro intorno a voi. In questa faccenda perciò non ho più bisogno di comunicarvi altro. Basta che teniate Gesù nel vostro cuore, così vi verrà al più presto l’aiuto migliore. Dovete solo bandire da voi in eterno l’orgoglio, la superbia, l’egoismo, ogni sentimento di vendetta e la molesta sensualità riguardo al sesso femminile che avete portato con voi dal mondo e rimettere tutto a Gesù, il Signore. Allora sarete in eterno presso di Lui, intorno a Lui ed in Lui! Infatti, incommensurabile è la Sua Bontà».

140. Capitolo

Il Signore si presenta nelle sembianze di uno Straniero.

Gesù dimora nella regione della costellazione del “Leone”, e precisamente nel corrispondente Sole centrale spirituale che comprende quello naturale sotto il nome di Regolo.

1. Dice Miklosch, tutto affascinato dalle parole dello straniero: «O carissimo amico, sembra che tu conosca bene il Signore Gesù Cristo, altrimenti non potresti parlare con una simile sicurezza di Lui; perciò dacci per favore una piccola descrizione di Lui, e mostraci all’incirca il luogo dove Egli è solito intrattenersi di preferenza con i Suoi beatissimi amici»

2. Dice lo Straniero: «Cari amici! Per quanto riguarda la prima domanda, devo anche dirvi che proprio Io Stesso ho la più grande somiglianza con Lui. Di persona Egli appare proprio così come Me. Anche la Sua Voce è proprio come la Mia. In verità, chi vede Me, vede la reale, perfetta immagine del Signore Gesù! GuardateMi quindi con attenzione e vedrete allora già tanto bene qual è l’aspetto di Gesù Stesso.

3. Ma per quanto riguarda il luogo dove si trova, la risposta è un po’ difficile, perché alla fine tutto va a confluire in una cosa sola.

In generale Egli dimora nell’eterno Oriente. E considerato dal punto di vista terreno e naturale, Egli dimora nella regione della costellazione del “Leone”, e precisamente nel corrispondente Sole centrale spirituale che comprende quello naturale sotto il nome di Regolo, ed oltre ad esso Egli dimora nell’intera Infinità. Mi avete compreso bene?»

4. Dice il conte: «Sì, per quanto è possibile! Ma che tu ti sia espresso un po’ vagamente sul luogo dove Egli si trovi, l’avrà notato di certo ognuno di noi. Come potrebbe andare a confluire in una cosa sola la tua personale somiglianza con Gesù ed il luogo dove Egli effettivamente si trova, questo, carissimo amico, non mi quadra molto! Infatti, cosa ha a che fare la tua casuale somiglianza con il luogo dove effettivamente si trova il Signore Gesù? Come può essere la stessa cosa? Qui, nel tuo eccesso di slancio, forse ti sei sbagliato un pochino. Sii dunque così buono e spiegaci questa cosa un po’ più chiaramente!»

5. Dice lo Straniero: «Sì, Mio caro Bathianyi, vedi, qui è così! Ad uno non deve essere chiaro tutto in una volta. Infatti, non vedi come questa regione non vuole rischiararsi dalla nebbia in una volta sola? Così è anche con qualche risposta. Una risposta completa rende pigro lo spirito, perché esso non ha più nient’altro da domandare. Ma se la risposta è un po’ vaga, lo spirito diventa oltremodo diligente per riuscire a venirne nuovamente a capo. Vedi, per quanto riguarda l’aspetto di Gesù tu non hai sollevato ulteriori obiezioni, poiché il tuo spirito si è abbandonato subito al suo pigro riposo di fronte alla chiara risposta e non ha chiesto altro. Ma l’oscurità della seconda risposta [riguardo al luogo] lo ha risvegliato e ti ha costretto a dover chiedere altre cose. E questo è bene! Perciò in futuro non preoccuparti di fronte a qualsiasi dubbio apparente, perché al momento giusto tutto ti diventerà chiaro!»

6. Dice il conte: «Tutto questo è assai bello, vero e buono, ma rimane sempre molto mistico!»

7. Gli tronca la parola in bocca il francescano: «Sì, sì, per lei è mistico e sempre mistico! Dobbiamo invece essere contenti che questo amico ci impartisca così tante informazioni, e dunque non dobbiamo criticare le sue meravigliose parole. La seconda risposta non mi ha minimamente turbato. Ma lei, signor conte, vuole prendere nuovamente tutta la mano dove le viene mostrato un dito. In questo non trovo veramente nessuna cortesia, che di solito invece le era così propria!»

8. Dice il conte: «Amico, questo non la riguarda! Se lei è di uno spirito pigro, lo sia pure, ma non deve pretendere nessuna pigrizia dal mio spirito!»

9. Dice lo Straniero: «Calma, calma, amici Miei! In un simile eccesso di slancio non si raggiunge niente di grande e di vero. L’Amore sia la vostra guida!».

141. Capitolo

Il francescano spiega il santo Amore di Dio.

Il conte vuole tenersi il titolo onorifico anche nell’Aldilà.

Intervento del saggio Miklosch.

1. Dice il francescano: «Ha sentito che cosa ha detto questo nobile amico? L’Amore deve essere la nostra guida! Ha detto immensamente molto con assai poche parole. Sì, l’Amore, il grande santo Amore! In questo sta nascosto ogni segreto della vita.

2. Anche noi conosciamo certo una specie di amore; ma questo da noi si chiama: numero uno - amore di sé - e numero due - amore per la carne -, cioè la carne del gentil sesso. Con questa specie di amore noi due abbiamo dovuto sostenere parecchie avventure. Ma quell’Amore divino, che ancora sulla croce sotto enormi dolori riusciva a chiedere pienissimo perdono all’eterno Padre per i suoi assassini, signor conte, di un simile Amore noi due non abbiamo ancora mai sognato niente! E certo solo in questo Amore è contenuto tutto ciò che è la condizione alla base della vita stessa.

3. Rovinare i nostri nemici, augurare loro ogni avversità sulle proprie teste e consegnarli all’Inferno, in questo eravamo veramente bravi. Ma benedire coloro che ci hanno maledetto, fare del bene ai nostri malfattori ed accogliere coloro che ci hanno perseguitato, di questo non c’è ancora nessuna traccia nei nostri cuori. Finora infatti abbiamo sempre custodito segretamente una possibile vendetta. Condannare i propri fratelli possedendo un qualunque potere, non è veramente arte, e inoltre è una cosa facile odiare i fratelli per divergenze di opinioni. Ma diventare maestro delle proprie passioni, usare solo il puro Amore divino su tutte le debolezze degli uomini ciechi, augurare loro grazia e perdono dal più profondo del cuore ed avere pazienza e misericordia con tutti i fratelli, ebbene amico, questa è un’arte del tutto diversa!

4. E vedi, carissimo amico, questo è proprio il santo Amore di Dio, il segreto di ogni vita, di cui ognuno di noi non ha ancora mai sognato niente. E se non sbaglio, il nostro amico ancora sconosciuto intendeva che fosse proprio questo Amore a diventare la nostra guida. Ma come sarà possibile questo se non andiamo d’accordo l’uno con l’altro molto meglio di quanto fanno i cani e i gatti? Detto sinceramente, signor conte, mi inquieta principalmente più di tutto lei, per il fatto che non vuole deporre nemmeno il suo tito lo. Io ho detto addio già da tempo al mio titolo di “padre francescano”. Perché lei non lo ha fatto da tempo con il suo titolo di “signor conte”? Mi creda: come uomo e fratello non l’avrei mai offesa nemmeno con un sillaba, se non mi avesse sempre dato fastidio in lei il titolo di “conte”, che sta tanto bene in questo regno degli spiriti come un pugno sta bene nell’occhio. La prego ora per la sua salvezza: mandi a farsi friggere lei stesso e per l’eternità il suo tito lo di “signor conte”! Poi non dovrà mai più sentire una parola che possa minimamente offenderla, ed io ora le chiedo perdono di tutto cuore per tutte le offese arrecatele. Lo faccio per amore di questo nobilissimo amico, dalla cui bocca sono già fluite così tante parole consolanti per i nostri cuori tristi»

5. Dice il conte: «Mio caro Cipriano, il titolo di “conte” non viene venduto così a buon mercato. Questo amico, che sembra essere molto sapiente, non lo ha ancora preteso da me. E se lo avesse preteso, è dubbio se io avrei acconsentito subito al suo desiderio, perché la stirpe dei Bathianyi è molto antica; comprende questo?»

6. Dice il francescano: «Oh sì»

7. Riprende il conte: «Lei rimanga ciò che è, ed io ciò che sono! Che cosa importa a lei se io sono un conte oppure no? Non ci sono forse stati anche conti, principi e duchi molto religiosi? Oppure da conte non si può amare lo stesso Dio? Io credo che la fine formazione di un cavaliere metterà più in grado di provare un amore puro di quanto non faccia quella di un comune stalliere! Dio non potrebbe essere perfetto se provasse un grande piacere nell’imperfetto. Perché perfino nel Cielo gli angeli più perfetti vengono chiamati “Arcangeli”? Si chiamano anche “Principi della Luce” ed “Araldi della Potenza Divina”! Già ai primi spiriti creati Dio ha posto una certa gerarchia che Egli Stesso rispetta rigorosamente perfino tra i corpi celesti, le montagne, i mari, le piante e gli animali, e precisamente in modo che tutto debba servirsi reciprocamente. Tuttavia il sole rimane il sole e non può essere declassato ad un comune pianeta, ed il Chimborazo rimane Chimborazo e non può essere abbassato ad un mucchio di terra da talpa. Tra un fiume dell’Amazzonia ed un ruscelletto si spera vi sarà anche una notevole differenza.

8. Non vorrà chiedere alla Divinità di voler sopprimere tali diritti di precedenza nella grande Natura? Perché allora un tempo Jehova ha messo su tutto il popolo ebreo solo un Saul, Davide e Salomone come re e signore? Secondo la sua opinione Egli avrebbe dovuto ungere piuttosto tutto il popolo in tanti re? Per quanto ne so io, Dio ha fatto anche la promessa a Davide che Egli avrebbe risvegliato il futuro Messia del mondo dalla sua stirpe e che la sua discendenza sarebbe esistita in eterno. Gesù doveva nascere proprio da Maria che era della stirpe regale di Davide? E Giuseppe, che era della stessa discendenza, doveva essere proprio lui Suo padre adottivo? Non ha mai letto nel libro - credo nelle Cronache - che da Adamo fino a Gesù è stata introdotta la nobile primogenitura? A che scopo doveva servire questo? Secondo la sua opinione, sarebbe meglio se gli uomini fossero tutti uguali come i passerotti!

9. Caro amico, come può voler eliminare, tutta in una volta, una gerarchia che certo la Divinità stessa ha introdotto! Non ha forse la Divinità Stessa fatto in modo che la mia stirpe dovesse essere accolta nel patriarcato dei conti? Ma una volta che Dio ha stabilito qualcosa, possono forse gli uomini abolire tale cosa secondo ciò che sembra loro opportuno? Io sono conte per via di Dio e non posso essere destituito perciò da questa venerabile prerogativa dalle parole di un francescano invidioso dei titoli onorifici!»

10. Dice il francescano: «Ho appreso chiaramente dal suo discorso, costellato da ogni genere di prove discutibili, che all’uomo niente è più difficile dell’umiliarsi e del lasciar andare i suoi elevati privilegi raggiunti sulla Terra. Così ho anche scoperto dal suo geniale discorso che agli altolocati della Terra diventa molto difficile diventare piccoli come i fanciulli che ancora non avvertono in sé niente del privilegio terreno e solo questi, secondo la Parola di Dio, hanno la facoltà di entrare nel Regno di Dio. Ed ho trovato anche che un volta il Signore e Dio Gesù disse al giovane ricco: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco (o altolocato, che è la stessa cosa) entri nel Regno dei Cieli”.

11. Amico, il seme di senape con cui il Signore Stesso paragona il Suo Regno, è forse grande come un Chimborazo oppure come un fiume dell’Amazzonia? Oh no, tra tutti i semi è il più piccolo! Ma se il Signore paragona il Suo Regno ad una tale piccolezza, con la quale vuole sicuramente accennare all’estrema umiltà degli uomini, allora non si può certo accettare che il Chimborazo ed il fiume dell’Amazzonia trovino posto sulla superficie del piccolo seme. Egli dice anche che tra i rami dell’arbusto di senape ormai cresciuto gli uccellini del cielo prenderanno dimora. Non avrebbe dovuto invece dire, a favore delle elevatezze terrene: “Fra i suoi rami prenderanno dimora grifoni, aquile, avvoltoi e pavoni!”, per dimostrare con ciò che si dovrebbe essere almeno un barone sulla Terra per essere accolto nel Regno dei Cieli?

12. O mio caro signor conte, lei può venirmi fuori con mille dimostrazioni, ed io rimarrò sempre col detto di Cristo: “Ciò che è grande, alto e meraviglioso davanti al mondo, è un abominio dinanzi a Dio!”. Vorrei scommettere che nel Regno dei Cieli non troveremo né un Davide né un Salomone come re, nessun imperatore Carlo Magno, nessun Santo Stefano re dell’Ungheria e quindi anche nessun principe e conte. Ma se essi si trovano nel Regno dei Cieli, allora sono tutti esclusivamente amore e sono fratelli al servizio l’un dell’altro, e tutti hanno solo un Dio, un Signore ed un Padre. Mentre solo all’Inferno certi ferrei arci-aristocratici potranno rendersi reciprocamente onore! Ecco, il nostro nobile amico potrà ora colpirmi sul muso se ho detto una menzogna, anche se con questo volevo solo esporle come mi è sembrato il suo discorso. Comunque lei, nobile amico, può fare da arbitro tra noi due, se non ha nulla in contrario!»

13. Dice il conte: «Oh io non ho nulla da obiettare. Ma secondo me non ci vuole nessun arbitro, perché io ho ragione da parte mia e lei da parte sua. Non voglio ostacolare per niente il cammino della sua futura beatitudine, e lei d’ora in poi lasci che io vada per il mio; così noi due siamo facilmente pari senz’arbitro»

14. Dice il francescano: «Presso di lei il battesimo e il germe di Cristo sono perduti! Tutto si può recuperare, perfino un Giuda Iscariota. Ma per un nobil uomo ungherese ogni tentativo bene intenzionato è puramente inutile. Perciò: Requiescat in pace!» (Riposi in pace)

15. A questo punto interviene Miklosch, che nel frattempo si era intrattenuto con lo Straniero: «Amici, io vi dico che la vostra contesa mi sembra come la trebbiatura del grano di piccoli fanciulli, che in un cantuccio del granaio pestano con piccoli correggiati, che in realtà sono giocattoli, un vuoto fuscello di paglia.

16. Io vi dico: “Non miglioreremo e non potremo migliorare l’uno con l’altro, perché noi - ognuno per sé - siamo cattivi dalla A alla Z”. A cosa ci serve se ci istruiamo l’un l’altro, per quanto saggiamente lo facciamo, ma non abbiamo da dimostrare come azioni nulla di buono e sapiente? Se l’allievo può replicare all’insegnante: “Come puoi insegnarmi a passare in un buon ordine, se tu stesso cammini nel disordine? Metti prima ordine in te stesso, se devo trovare diletto nelle tue parole!”. Aspetta invece finché io stesso venga da te e dica: “Fratello, il tuo ordine mi piace. Iniziami in tutti i suoi principi e fondamenti!”. Inoltre ci manca tutta l’esperienza in questo nuovo mondo e in fondo non sappiamo nulla di ciò che concerne le sue condizioni. Come potremmo istruirci l’un l’altro su questo?

17. Il tuo discorso, caro amico Cipriano, è stato sicuramente del tutto evangelicamente cristiano, e sulla Terra avrebbe forse avuto qualche buon effetto in seguito. Ma quale effetto ha suscitato sul mio amico Bathianyi? Proprio il contrario di ciò che volevi ottenere. E qual è la causa di questo? La causa non è nient’altro che quella che una volta il Signore riferì ai farisei, e cioè che “nessun cieco può guidare un altro cieco”!

18. Vedete, qui in mezzo a noi si trova una guida estremamente esperta, che in questo mondo vede molto bene. Noi tutti, unanimemente, preghiamola di condurci sulla retta via! Sono fermamente convinto che una sua parola avrà più effetto su noi ciechi che star qui a perdere tempo per mezza eternità a contendere su cose trite e ritrite!»

19. Dice il conte: «Sì, sono perfettamente d’accordo con questa proposta! Allora anch’io farò tutto, ma il buon Cipriano, che è uno molto grossolano, può tenersi il suo “requiescat” (Riposi). Non nego che il suo ultimo discorso fosse buono e genuino, ma chi gli ha dato il diritto di volermi guidare con questo? Egli non è migliore di me nemmeno di un capello; come pretende allora di istruirmi?

20. Un vero maestro deve partire da un cuore mite, puro ed illuminato e non deve portare in sé vuote frasi satiriche; allora avrà sempre i migliori risultati. Ma un insegnamento, per quanto sia puro, quando è mischiato con visibile ironia, fa più male che bene. Se devo migliorare, non devo essere offeso, ma solo convinto con dolcezza e fraternità. L’amico Cipriano però, con il suo insegnamento, pizzica peggio del peperone più piccante. Ma la tua proposta, fratello Miklosch, è diversa. In base ad essa si può agire, ed anche agirò in base ad essa!»

21. Dice il francescano: «Sì, se voi tutti fate quello che da tempo è stato il mio più ardente desiderio, siamo tutti nell’ordine più bello. Preghiamo perciò questo caro amico, affinché ci possa mostrare le giuste vie che noi percorreremo immediatamente!».

142. Capitolo

Insegnamenti dello Straniero (il Signore) sul vero comportamento col prossimo. Com’è costituita la Divinità.

1. Interviene lo Straniero: «Miei cari amici! Non pretendo nessuna preghiera da voi, ma solo un cuore docile e dolce. Tutto il resto verrà da sé e poi in eterno non dovrete più soffrire di nessuna mancanza. Ma in futuro non dovete più osteggiarvi per una divergenza d’opinione, né incolparvi reciprocamente di una quantità di peccati, come se voi aveste in diritto di giudicarvi e di condannarvi!

2. Poiché sembra che voi siate tutti abbastanza versati nelle Scritture, dovreste anche sapere che chi dice a suo fratello: “Stolto!” deve essere colpevole dell’eterno fuoco dell’Inferno. Dunque, se lo sapete, come potete litigare? Ognuno di voi è di per sé pieno di errori e difetti ed ha abbastanza da fare se pensa alle sue di manchevolezze! Perciò nessuno incalzi troppo sull’errore di suo fratello, perché questo è più di tutto un abominio dinanzi a Dio.

3. Io purtroppo so come sulla Terra fratelli contro fratelli si affrontano sul campo per pura superbia e avidità più latrante. Ognuno si ritiene senza errori di fronte al suo fratello e lo dipinge spesso con tutti i colori dell’Inferno. In modo particolarmente cattivo vengono criticati dai più poveri coloro che sulla Terra sono benestanti; la causa di questo rancore è non raramente lo spirito eccessivamente da avari dei più benestanti. Ma poiché il ricco è sempre il più potente ed il povero deve cercare pane e lavoro presso di lui, allora il povero presta la sua opera non per amore, ma per necessità. Non raramente egli si rode terribilmente in segreto per il fatto che deve essere subordinato a suo fratello, mentre egli preferirebbe dominare il suo fratello benestante in ogni modo immaginabile. Che sulla Terra esistano tali situazioni tra fratelli, è abbastanza triste rispetto alla purissima Parola di Dio.

4. Ma qui nel regno degli spiriti, dove non esiste più nessuna povertà né nessuna priorità, simili odiose situazioni terrene non devono più comparire. Infatti, io te lo dico francamente: “Chi odia suo fratello per qualsiasi motivo, in lui non c’è la Grazia di Dio”.

La sua anima è un diavolo saturo di superbia e di spirito implacabile, ed il suo costante desiderio, per un certo spirito punitivo, è di vedere che capiti ogni avversità ai suoi fratelli, che hanno commesso su di lui un’ingiustizia immaginaria.

5. I vostri reciproci insegnamenti potranno essere buoni e giusti quanto volete, ma a cosa servono, se dietro ad essi si trovano la smania di occupare posizioni di rango, brama di dominio, interesse personale ed ogni genere di avidità di possesso? Chi vuole insegnare efficacemente al suo fratello, deve dapprima togliere la trave dal proprio occhio e solo dopo dire pieno di amore: “Mio carissimo fratello, io vedo che una pagliuzza infastidisce il tuo occhio. Lasciami venire da te, affinché te la tolga delicatamente!”. Vedete, così ogni lezione che i fratelli si impartiranno reciprocamente, sarà colma del più meraviglioso effetto. Ma se dei fratelli vogliono solo mostrare con il loro insegnamento spesso indesiderato che ognuno di loro è il più sapiente ed il migliore, allora anche il più eccellente insegnamento è inutile e rende tutto peggiore.

6. Vedete, Io sono un Maestro giusto, perché non pretendo nulla da voi, all’infuori che accettiate solo ciò che può servire al vostro stesso beneficio. Ed è così che voi tutti dovete essere l’uno verso l’altro; allora le vostre parole saranno benedette!

7. Il fratello Miklosch si è presentato così a voi, e le sue parole hanno subito trovato accesso nei vostri cuori. Se Cipriano e Bathianyi avessero parlato allo stesso modo, tutta questa compagnia sarebbe già molti passi avanti. Ma questi due volevano dimostrare evangelicamente l’uno all’altro che ognuno di loro era quel lo che eccelleva, e così nelle loro parole non si trovava neanche nessuna possibilità di crescita benedetta.

8. Deponete ora tutto ciò che racchiude in sé la minima apparenza di voglia di eccellere, altrimenti non potete diventare figli dell’unico e medesimo Padre nel Cielo. A che potrebbe servirvi se, pur ottenendo con il vostro reciproco insegnamento che uno di voi conquisti un mondo intero togliendolo all’altro, egli subisse il più grande danno nella propria anima? Che cosa potrà poi dare per salvare la sua anima dalla palude della perdizione?

9. Conoscete la preghiera del Signore? Vedete, lì si dice tra l’altro: “Rimetti a noi i nostri peccati così come noi li rimettiamo ai nostri fratelli che hanno peccato contro di noi!”. Ma se per la riconciliazione mettete ogni genere di pesanti condizioni che sono di difficile adempimento per l’avversario, ebbene, su che cosa poi basate la vostra corrispondente preghiera a Dio?

10. Nella Scrittura sta anche scritto: “Benedite coloro che vi maledicono e fate del bene a coloro che vi odiano e vogliono il vostro male!”. Ma se già quali compagni di sventura vorreste azzuffarvi tra di voi, ebbene, che cosa fareste poi con i vostri nemici? Eppure Io vi dico che nessuno di voi potrà entrare nel Regno di Dio finché non griderà dalla profondità del suo cuore come Cristo sulla croce: “Signore! Perdona loro, perché non sapevano quello che facevano!”.

11. Se siete tutti d’accordo su questo, allora venite in quella casa con Me. In caso contrario, però, rimanete e cercatevi voi stessi un albergo, poiché la vostra volontà è libera in eterno!»

12. Dice Bathianyi: «Amico, le tue parole sono come delle frecce aguzze e colpiscono precisamente il centro, ma tuttavia non feriscono nessun cuore. Infatti esse sono perfettamente vere secondo l’ordine nel quale può esistere unicamente una società felice. Io e spero tutti noi le accettiamo con molta riconoscenza. In seguito alle tue parole io perdono completamente tutti i miei nemici terreni. Infatti essi agirono su di noi davvero solo in preda al cieco furore della vittoria, ritenendoci i loro più grandi nemici. Dio, il Signore, li perdoni; dinanzi a me non hanno più nessuna colpa!

13. Vorrei solo chiedere al Signore del Cielo e della Terra che si ricordi di mia moglie e dei miei figli, e possa così guidarli affinché in futuro giungano a Dio su una via migliore di quanto non sia avvenuto con me!»

14. Dice lo Straniero: «Non preoccuparti più di nulla di ciò che accade giù sulla Terra, perché a questo ci pensa già il Signore, che qui vi è molto più vicino di quello che pensate. Per quanto riguarda tua moglie ed i tuoi figli, ad essi serve tantissimo una solenne umiliazione terrena, senza la quale giungeranno difficilmente là dove ora ti trovi tu. Mediante questa umiliazione, però, impareranno a conoscere qualcosa della nullità di tutti i beni terreni ed in segreto ne avranno perfino ribrezzo. Così sarà più facile per loro, dopo la deposizione dei corpi terreni, giungere nel Regno della Luce. Ma tu non preoccuparti di nient’altro se non dell’amore per Dio e per i tuoi fratelli; tutto il resto ti verrà da sé!»

15. Dice il francescano: «Amico, anch’io sono perfettamente d’accordo su ciò che riguarda qui i miei compagni di sventura. Ma per ciò che riguarda i diavoli spietatissimi sulla Terra, non sono così facilmente da comperare come l’amico Bathianyi. Infatti, la sapientissima Divinità deve rendersi conto che non è una piccolezza essere giustiziato sulla Terra come un brigante di strada. Per un simile delitto pretendo da Dio di ottenere giusta riparazione mediante un proporzionato castigo ai nostri giudici; in caso contrario il mio cuore non troverà facilmente pace»

16. Dice lo Straniero: «Amico, coloro che ti hanno giustiziato, sono del Signore così come lo sei tu! Supponiamo che per imprudenza ti fossi causato con le tue mani una ferita ai piedi, così che nel dolore maledici le tue mani e poi venisse qualcuno da te e dicesse: “Amico, questo te l’hanno fatto le tue stesse mani. Perciò vendicati di loro e fattele tagliare, poiché esse non sono più degne di essere parte del tuo corpo!”. DimMi, presteresti orecchio e volontà a questa richiesta?»

17. Dice il francescano: «Oh, da una simile sciocchezza la cara Divinità preserverà certo un uomo! Questo non sarebbe male: aggiungere ad un male uno dieci volte maggiore!»

18. Dice lo Straniero: «Aha, ecco dove volevo che tu arrivassi! Se un secondo male, in seguito al taglio punitivo della tua mano, non ti piace, perché dovrebbe piacere alla Divinità tagliarsi le Sue membra se si sono comportate in modo sconsiderato verso le altre? Come puoi pretendere che Dio faccia su di Sé ciò che tu non faresti mai su te stesso? Così come le membra del corpo costituiscono un essere unico, così anche la Divinità è un tutt’uno concreto con tutti i Suoi esseri creati e cerca di guarire sempre al meglio tutte le parti ammalate e di renderle idonee per la loro eterna destinazione.

Ma se Dio, il Signore, sa guarire le tue ferite in un altro modo e molto meglio, allora dimMi: mediterai ancora vendetta contro i tuoi nemici terreni?»

19. Dice il francescano imbarazzato: «Di certo non lo farò più! Soprattutto dico anche nel Nome di Dio: “Ciò che è giusto per Dio, il Signore, dovrà essere d’ora in poi giusto anche per me!”. Ma io spero che la cara Divinità non mi metterà in conto come errore il mio sentimento causato dalle tristissime condizioni in cui mi trovo»

20. Dice lo Straniero: «Se sei in ordine nel tuo cuore, allora lo sei anche con Dio. E se hai perdonato a tutti i tuoi nemici dal più profondo del tuo cuore, allora con questo anche la tua tavola dei debiti è pulita dinanzi a Dio! E poi puoi tranquillamente pregare di cuore e con la coscienza tranquilla rivolgendoti così a Dio: “Padre, perdona tutti i miei peccati come anch’io ho perdonato coloro che hanno peccato contro di me!”. Ed il Padre ti perdonerà tutto; anzi te l’ha già perdonato ancora prima che tu Glielo chieda».

143. Capitolo

Il monaco Cipriano era un grande peccatore sessuale.

Nell’Aldilà ogni anima sceglie se andare all’Inferno o in Cielo.

1. Dice il francescano: «Ti ringrazio, caro amico, per questa meravigliosa informazione! È vera e degna di un grande Dio, ed ogni animo deve trovare pace in essa. Ma ci sono tuttavia cose che sono da considerare difetti capitali della natura umana. Con essi non si può procedere come con i nemici che ci fecero del male. Di questi fanno parte per esempio certe truffe che si sono commesse a danno degli altri e che non si possono rimediare nemmeno con la migliore volontà. Così è anche la lussuria, lo stupro, la masturbazione, la violenza carnale sui minori (spesso perfino in luoghi consacrati) ecc., tutti peccati severamente proibiti da Dio e gravati dall’eterna condanna, che mai si può cancellare e, nonostante la confessione, deve lasciare macchie incancellabili sull’anima. Perciò mi sto chiedendo davvero che cosa farà in questi casi la santissima Divinità! Queste macchie vanno via anche con le parole dette in modo vivo: “Signore, perdonaci, come noi perdoniamo!” dalla tavola dei debiti?»

2. Dice lo Straniero: «Amico, se ritieni la Divinità più sapiente degli uomini più sapienti, allora dovrai aspettarti da Lei che guardi alle debolezze naturali degli uomini con occhi ancora molto migliori di quanto vengono guardate dagli uomini più eccellenti. Tu hai peccato davvero molto nella tua carne, perché fosti molto tentato da essa. Avresti potuto lottare contro queste tentazioni, se avessi usato una vera fermezza. Ma questo ti sembrò troppo impegnativo e inoltre gli amoreggiamenti della vita naturale erano troppo dolci, e così il tuo comportamento rimase invariato rispetto alla tua carne. Ma vedi, qui poi si mise in mezzo la Divinità, cosa di cui tu non eri consapevole, che ti portò fuori dalla tua cella della pace sensuale e ti mise sul campo di battaglia. Allora avesti poi forti occasioni di scorgere la fine di ogni carne e delle sue voglie in testimonianze assai orrende e così ti ravvedesti. E alla fine la tua carne dovette provare in se stessa quale valore era posto nelle sue brame e nelle relative soddisfazioni. E vedi, così la Divinità ha punito la tua carne e ha purificato la tua anima da essa. Perciò non hai bisogno di domandare cosa sarà dei tuoi peccati, poiché Io ti dico che essi hanno ottenuto con la carne il loro giudizio e la loro fine! Infatti, ciò che è della carne, viene anche giudicato e sepolto con la carne.

3. Diverso invece è quando l’anima stessa è passata completamente nella carne; allora non le potrà toccare nessun altro destino se non quello della carne. Ma non è il tuo caso, cosa che puoi riconoscere dal fatto che tu qui - senza carne, ma tuttavia percependo dentro di te il destino della carne - vivi perfettamente e non come un morto che giace nella tomba»

4. Dice il francescano: «Ma amico, che cosa succede delle anime che condividono l’orrendo destino della loro carne? Queste andranno sicuramente all’Inferno, dopo la completa decomposizione del loro idolo?»

5. Dice lo Straniero: «Nessuna anima viene derubata della sua libertà come anche della sua coscienza e del suo ricordo! Ciò che essa vuole, questo accadrà. Se vuole risorgere, risorgerà. Ma se vuole andare ancora più giù sotto la sua tomba all’Inferno, la via non le verrà sbarrata. L’Inferno però è permesso da Dio e per l’eternità di per sé separato da tutti i Cieli; ma non così per un’anima! Infatti essa non viene giudicata se non dal suo proprio amore e dalla pienissima libertà della sua volontà. Se vuole andare all’Inferno, perché questo costituisce il suo stesso amore, allora andrà all’Inferno, e noi tutti non potremo trattenerla. Ma se vuole andare in Cielo, allora la accoglieremo in modo assai amorevole e la accompagneremo sulla via migliore. Così vuole l’Ordine migliore di Dio!»

6. Dice il francescano: «Ma amico, non potresti dirci anche com’è veramente l’Inferno?»

7. Dice lo Straniero: «Amico, nella Scrittura si dice: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio; tutto il resto poi vi verrà da sé”. E così vogliamo anche occuparci in modo vivente della Divinità. Il molesto opposto diventerà visibile abbastanza presto ad ognuno. E così ora venite tutti con Me dentro la casa che ormai è liberata da ogni nebbia! Lì otterrete una luce più grande! Così sia!».

144. Capitolo

Magnificenza e grandezza della casa. Dimora qui Gesù Cristo?

Ardente desiderio delle anime per il Signore.

Il buon presentimento di Miklosch.

1. Bathianyi si mette alla destra dello Straniero ed il francescano alla sinistra. Miklosch segue come guida del resto della compagnia dietro lo Straniero.

2. Più si avvicinano alla casa, tanto più si presenta ai loro occhi la grandiosità e l’indicibile magnificenza e maestosità dell’edificio. Già nelle vicinanze della casa Bathianyi non riesce a trattenersi dalla meraviglia e dice al colmo dell’entusiasmo: «Amico, questo non possono averlo costruito né degli angeli né degli spiriti sapientissimi proveniente da tutte le stelle, ma l’ha costruito Dio con la Sua stessa Mano! Questa grandezza che conserva tuttavia una proporzione estetica al di là di qualsiasi cosa non è paragonabile a niente. Ah, questo è più di quanto noi tutti potremo concepire! Ebbene, se questa casa di tutte le case già esternamente è costituita in modo così meraviglioso, come sarà l’arredamento interno?»

3. Dice il francescano: «Tu hai ragione! Oh scusi, signor conte, volevo dire che “lei” ha perfettamente ragione!»

4. Dice il conte: «Amico, mi dia pure del tu! Non voglio più saperne nulla di titoli onorifici. D’ora in poi siamo fratelli!»

5. Dice il francescano: «Bene, caro amico, questo era già da tempo il mio desiderio! Ma ora veniamo a noi! Hai ragione: ho visto la chiesa di Pietro a Roma con le mille stanze vaticane, ma tutto quello è appena una casa per lumache rispetto a questo palazzo! Secondo la mia valutazione e facendo i calcoli per difetto, in questo gigantesco palazzo potrebbe trovar comodamente posto cento volte l’intera popolazione della Terra. A destra e a sinistra lo sguardo si perde quasi all’infinito! E per quanto riguarda l’altezza, mi pare che qui una luna potrebbe quasi inciampare nel camino della casa, perché una simile altezza si stabilisce solamente in miglia! Oh, questo è qualcosa di immenso; ci si potrebbe proprio diventare pazzi!»

6. Dice il conte alla Guida straniera: «Ma dicci, caro buon amico, dimora forse il Signore Dio Gesù Cristo in questo edificio grande come un mondo? Infatti, sarebbe certo troppo immensamente grande e meraviglioso per uno o parecchi angeli beatissimi e assai grandi»

7. Dice Colui che è ancora sconosciuto alla compagnia: «Sì, sì, Egli Stesso dimora di frequente in simili case, e così anche in questa presso i Suoi amici e figli! Solo che in questo momento Egli non è in casa, ma se entrate all’interno della casa, probabilmente anche Lui si troverà molto presto in essa. Basta solo che facciate ben attenzione per poterLo riconoscere!»

8. Dice il conte: «Eljen (Evviva) Cristo! O amico, per Dio, se potessi vedere Cristo solo una volta, poi non chiederei più nessun’altra beatitudine! Ma sai, il vero Cristo e non una mascherata romana»

9. Anche il francescano dice: «Sì, anch’io non desidero più alcun’altra beatitudine!»

10. Si fa avanti un altro della compagnia e dice: «Oh, io prego di vedere Cristo anche solo una volta! E se potesse essere possibile anche San Giuseppe, perché era il mio patrono! Ma se non può essere, allora non lo pretendo purché io possa vedere Cristo!»

11. Dice lo Straniero: «Sì, spiegaMi perché ti piacerebbe così tanto vedere Cristo!»

12. Dice colui che si è fatto avanti: «Oh, non c’è bisogno di spiegazione! Ciò a cui si vuole bene più di qualsiasi altra cosa, si vuole tanto vedere!»

13. Dice lo Straniero: «Questo è vero; ma perché vuoi dunque così tanto bene a Cristo?»

14. Dice l’uomo fattosi avanti: «Oh, questo è chiaro: perché Cristo è Dio e perché mi ha salvato dall’Inferno, ed anche perché era un così buon Salvatore!»

15. Dice lo Straniero: «Ma che cosa farai, se vedrai Cristo?»

16. Dice l’uomo: «Oh, allora griderò di gioia dinanzi a Lui: “Eljen (Evviva) Cristo!” e se potessi mi butterei al Suo collo!»

17. Dice lo Straniero «Ebbene, adesso vedo che vuoi già molto bene a Cristo! Ma che cosa faresti se Cristo non ti volesse bene come Gliene vuoi tu?»

18. Dice l’interpellato: «Oh, non fa nulla, perché io non sono così degno che Cristo mi debba voler bene. Non farà nessuna differenza!»

19. Dice lo Straniero: «Mio caro, va’ ora di nuovo dai tuoi compagni con l’assicurazione che il Signore Cristo ti vorrà bene forse ancora di più di quanto non Gliene voglia tu »

20. Giuseppe ora ritorna indietro e lo Straniero dice al conte: «Ascolta, costui ha parlato con il suo cuore invece che con la sua lingua. Egli è anche il più innocente tra voi tutti e non si è davvero meritato la sua sentenza di morte terrena. Quest’uomo deve avere un particolare riguardo! Ma ora siamo davanti alla porta! Entriamo subito nelle stanze di questa casa!»

21. Interviene il conte: «Carissimo amico, solo ancora una preghiera! Dicci: se Cristo dovesse arrivare con milioni di angeli, come Lo riconosceremo?»

22. Dice lo Straniero: «Fidatevi di Me! Vi ho già detto che Mi somiglia perfettamente. Allora guardate solamente Me e fate dei confronti: se qualcuno assomiglia a Me, costui è Cristo»

23. Dice il conte: «Ti ringrazio di rimanere presso di noi! Allora Cristo il Signore non ci scapperà senza che noi Lo vediamo. Questo va bene, molto bene!»

24. Anche Miklosch, che si trova dietro, dice: «Amici, a quanto vedo siamo ancora un pochino ciechi. Io vi dico che ho uno strano presentimento!»

25. Dice il francescano: «Ebbene, che tipo di presentimento?»

26. Dice Miklosch: «Non vi dico nient’altro. Presto però lo avvertirete anche voi e direte: “Come potevamo essere tanto bovinamente ciechi!”. Mi avete capito? Proprio così: bovinamente ciechi!»

27. Dice il conte: «Cari amici, ci troviamo già alla soglia d’ingresso di una casa di cui il sole, la Terra e la luna non hanno nulla di simile da presentare. Con questo ingresso sarà strettissimamente congiunto sicuramente anche l’ingresso in una nuova condizione di vita mai sospettata. Ma poiché l’ingresso in questa casa meravigliosa deve avere conseguenze importantissime, sono del parere che il fratello Miklosch dovrebbe esprimersi prima chiaramente, perché il suo presentimento potrebbe esserci di grande utilità. Perciò, fratello Miklosch, sii così buono e chiariscici il tuo presentimento!»

28. Dice Miklosch: «Sì, miei cari amici, il mio presentimento è veramente strano, ma non ve lo posso descrivere. La situazione mi sembra pressappoco come dovette sembrare ai due giovani viandanti verso Emmaus, quando il Signore Stesso stava camminando in mezzo a loro ed essi non Lo riconoscevano, benché Egli li stesse istruendo saggiamente su ogni genere di cose. Vorrei quasi scommettere che questo presentimento per me beatificante non sarà completamente da paragonare ad una paglia vuota! Il tempo porta consiglio! Alla fine si dovrà mostrare[se tale presentimento aveva un fondamento o no]»

29. Dice il conte: «Ma va, va, amabile e devoto visionario! Cristo, il Signore, scenderebbe dai Suoi altissimi Cieli con un aspetto così semplice e senza tutte le glorie da noi grezzi peccatori, così come Egli scese da Figlio dell’uomo presso gli spietati Ebrei? Guarda bene a che livello ti poni! Rifletti su chi è Cristo e su che cosa siamo noi nei Suoi confronti; allora ti verrà un altro presentimento. Il tuo buon presentimento non è altro che un bel castello in aria cristiano, che anch’io nella mia giovinezza ho costruito in grossa quantità. Ma la realtà è ben diversa! Inoltre il tuo presentimento fatto d’aria mi piace quasi meglio di questa casa. Cristo può certo essere tanto buono e indulgente ma che Egli concederà di farsi vedere a così a buon mercato come noi ce lo immaginiamo nei nostri idilliaci castelli in aria cristiani, di questo vorrei fortemente dubitarne! Ho ragione oppure no?»

30. Dice Miklosch: «Hai ragione, ma ciononostante non posso liberarmi del mio presentimento. E in verità mi trema il cuore!»

31. Dice il conte: «Sciocchezze! Anche il mio trema, eccome! Ma questo dipende dall’ingresso assai importante in questa vera casa divina e dell’incertezza di cosa vi incontreremo»

32. Dice Miklosch: «Sì, alla fin fine avrai certamente ragione. Sì, è certamente così!»

33. Interviene lo Straniero: «Ebbene, avete già finito con la vostra conversazione?»

34. Dice il conte: «Amico, siamo già nuovamente nell’ordine perfetto! Sarebbe di certo interessante avere un chiarimento su questo punto anche da te. Ma tu hai già steso le mani per afferrare la maniglia della porta, e perciò si troverà forse in casa un’occasione per illuminare un po’ il nostro intelletto su questo punto»

35. Dice lo Straniero: «Sicuramente ce ne saranno di occasioni. Ma ora entriamo finalmente in casa. E così apriti dunque, tu porta per la vita eterna!».

145. Capitolo

Ingresso nella Casa celeste della compagnia dei trenta e loro incontro con vecchi conoscenti della Terra.

Il conte continua a cercare Gesù.

1. Nello stesso istante la porta si spalanca. Una magnificenza indescrivibile si diffonde dalla prima sala verso i sopraggiunti ed un’immensa folla di popolo, in veste pieghettate come di finissimo bisso, li saluta cordialmente. Al primo posto c’è il generale [Theowald], con a fianco il monaco Tommaso e Dismas.

2. Quando il conte vede e riconosce il generale, si precipita lieto al petto del suo vecchio amico, lo bacia e dice pieno di fervore: «Centomila volte sii tu salutato in una vita certamente migliore, mio caro buon vecchio amico e fratello! Oh quanto sono felice di averti ritrovato! Tu sei sicuramente già ultrafelice, e Dio il Signore non lascerà che neanche io sia infelice. Ma mi sarei aspettato di tutto, fuorché rivederti qui! Come ti è andata subito dopo il tuo arrivo in questo mondo? E cosa ci fai in effetti in questo posto?»

3. Il generale [Theowald] contraccambia il saluto e dice: «Mio carissimo amico, qui non se ne parla proprio di fare qualcosa; si tratta solo di godere di ciò che donano la sconfinata Bontà ed Amore del Signore Gesù Cristo in pienezza assai abbondante. Se il beato godimento non fosse abbinato ad una varietà assai meravigliosa, si dovrebbe davvero esclamare con Giobbe: “O Padre, carissimo Padre, cessa solo un po’ con le Tue benedizioni!”. Sì, amico, solo qui si comincia a conoscere veramente Cristo! Ma non c’è bisogno che ti racconti altro, perché comprenderai tutto chiaramente in seguito. Se però vuoi farti una piccola idea della Sapienza, dell’Onnipotenza e dell’Amore del Signore, allora basta che ti limiti a contemplare la magnificenza di questa sala, e ti farai già un picco lo concetto di Cristo, l’unico Signore del Cielo e della Terra»

4. Domanda il conte: «Che cosa sai di Lui? Hai forse già avuto la fortuna di vedere l’Onnisantissimo? È già stato qui oppure da dove arriverà? Come Lo riconoscerò subito? Sai, io Lo amo così immensamente che senza di Lui tutte queste magnificenze mi sembrerebbero come una casa spopolata. Sii perciò così buono e indicameLo subito! O Dio, che vista sarà questa, se vedrò il mio Creatore!»

5. Il generale sorride di compiacenza a questo assiduo interrogatorio del conte e dice: «Ma amico, tu qui mi sembri uno che non vede la foresta per via degli alberi! Dimmi prima come ti immagini pressappoco Gesù il Signore e poi ti dirò qualcosa che di sicuro ti sorprenderà potentemente»

6. Dice il conte: «Vedi, io immagino Cristo quale Dio il Signore in una gloria indescrivibile, circondato dai Suoi apostoli e da innumerevoli cori angelici. Infatti, nella Scrittura si legge che sarebbe ritornato sospeso sulle nuvole di luce dei Cieli, dai quali sarebbero esplosi fuori certamente trilioni di fulmini nell’infinito. Ecco che tu ora hai la mia immagine di Cristo il Signore! E ora dimmi ciò che mi hai promesso»

7. Dice il generale: «Fratello, hai un’immagine fondamentalmente sbagliata di Cristo il Signore! Come già detto, non vedi la foresta per via degli alberi. Noi tutti abbiamo udito qui chiaramente come il nostro più grande Amico ti abbia fornito i segni di riconoscimento e come abbia anche promesso che il Signore sarebbe arrivato nello stesso tempo insieme a voi in questa casa. Ebbene, guardati un po’ intorno per vedere se qualcuno somiglia precisamente a Lui. E se trovi qualcuno, allora ritieniLo il Signore! Infatti io ti dico che il Signore Dio Gesù qui è semplice e privo di magnificenza esattamente come lo era sulla Terra. Di un qualunque splendore non c’è traccia da nessuna parte in Lui!»

8. Dice il conte: «Bene, bene! Infatti proprio così ci ha detto fuori questo degnissimo e caro amico. Ma avrò bisogno di tanto tempo, finché avrò esaminato queste migliaia di presenti. La sala è immensamente grande e fortemente illuminata; a questo punto i presenti si mettono in fila come su comando, e grazie a questo io posso terminare la rassegna prima di quello che immaginavo all’inizio. Lì nelle prime file non trovo nessuno che gli somiglia! Anche qui avanti non si trova nessuno che gli somiglia. Scorgo i più lontani tanto bene quanto quelli vicini, ma sembra che il nostro caro buon amico non abbia un fratello uguale. Là in fondo intravedo ancora un gruppo, che vorrei esaminare un po’ più da vicino, se mi fosse concesso»

9. Dice il generale: «Va’ avanti senza fermarti! Infatti qui è di casa la pienissima libertà!»

10. Allora il conte si reca con l’Amico a lui ancora sconosciuto verso il gruppo sopra indicato. Ma non appena arriva con il suo Amico nelle vicinanze del gruppo, il gruppo si piega in avanti dal grande timore riverenziale e grida: «Salve a Te, salve a Te, salve a Te, Onnisublimissimo!»

11. Il conte si spaventa letteralmente per la piega che hanno preso le cose e dice al suo Compagno: «Ecco che ci siamo! Volevo confrontarli con te ed ora giacciono sulle loro facce davanti a noi e gridano “Salve a Te!” a chissà quale Dio. Questo dovrebbe riguardare uno di noi due, oppure è già arrivato Gesù visibilmente qui?»

12. Dice lo Straniero: «Aspetta ancora un po’! Questo gruppo si rialzerà presto e potrai continuare le tue ricerche»

13. Ad un cenno segreto del Signore, tutto il gruppo si rialza.

14. A questo punto il conte scopre che il gruppo consiste di soli esseri femminili e dice: «Carissimo amico, sulla Terra, per quanto ne so, il Salvatore Gesù era un uomo perfetto e non sarà certamente diventato una donna nel Suo eterno Regno divino! Perciò penso che qui, per il mio scopo, si potrà ottenere ben poco. Ma da loro vorrei solo sapere perché hanno prima gridato “Salve a Te!”»

15. Dice l’Accompagnatore: «Va’ e chiedilo!»

16. Il conte si avvicina modestamente al gruppo, ma questo gli grida contro: «Indietro! Indietro! Non abbiamo nulla in comune con te, perché tu sei un malfattore nella casa di Dio!»

17. Il conte retrocede, ma dice ancora al gruppo il quale non si trova da molto tempo in questa casa: «Ebbene, ora fate attenzione, affinché non vi togliamo qualche oncia di peso farmaceutico dalla vostra somma santità papale! Voi, delicate bastardine! Io credo che santi così come lo siete voi potremmo ben esserlo sia questo mio amico che anch’io! E ora, caro amico, andiamocene da qui; vieni con me, perché con questi esseri non c’è nulla da fare! La loro altezzosa santità davvero gesuitica mi è insopportabile!»

18. Dice l’Accompagnatore: «Ehi, amico, non devi prendertela così. Qui tutto deve essere tollerato con la massima pazienza! Questi esseri femminili non sono ancora del tutto in ordine, ma non sono più lontani dalla loro meta!»

19. Dice il conte: «Va bene! Ma respingerci come delinquenti, è qualcosa di strano! Nel Nome di Dio, però, che le cose stiano pure come devono stare; se solo avessi già raggiunto il mio scopo! Mi è completamente inspiegabile come qui io non provi un sentimento quasi per nessuno all’infuori che per Gesù, il Signore. Tutte queste vere bellezze celesti sono per me come immagini senza anima, finché non c’è l’Uno. Qui, dove si sta sul punto di poter vedere da spirito il perfettissimo Spirito di Dio, l’esistenza diventa insopportabile se non si riesce a vedere Colui che per un uomo è Tutto in tutto. Se tu sai, caro amico, dove Egli si trova ora, mostrameLo, affinché io possa scorgerLo almeno da lontano!»

20. Dice il Compagno: «Mio caro amico e fratello, sarà difficile che ti indichi Gesù da lontano. Infatti, chi non riesce a vedere Gesù assolutamente da vicino, non Lo può vedere nemmeno da lontano. Devi desiderare di vedere Gesù solo vicino a te, allora accadrà secondo il tuo desiderio»

21. Dice il conte: «Stimatissimo amico mio, già questo sarebbe molto desiderabile se potessi sopportare la Sua santa vicinanza. Ma se perfino gli angeli sublimi non riescono a sopportarla, come posso farlo io?»

22. Dice l’Accompagnatore: «Amico, se però Cristo, il Signore, stesse dinanzi a te in modo non diverso da Me di un capello e parlasse con te proprio come Io ti parlo ora, dimmi: avresti ancora così tanto timore reverenziale dinanzi a Lui?»

23. Dice il conte: «Ebbene, io penso che così sarebbe più facile per me. Mi rimarrebbe comunque ancora un po’ difficile, perché dovrei sempre riflettere su chi è Lui e su chi sono io. Egli è l’infinitissimo Tutto, ed io il perfettissimo nulla! Comunque dovrebbe essere certo più facile per me se si presentasse come hai detto tu che non se Egli venisse nella Sua Potenza celeste»

24. Dice l’Accompagnatore: «Bene! Cosa faresti dunque se Io Stesso fossi Cristo e Mi facessi riconoscere da te solo adesso per certe ragioni? Che faccia faresti?»

25. Dice il conte: «Ascolta amico, questo significa mettere ad una prova troppo dura un povero diavolo come me! In verità, sublime amico, se alla fine lo fossi davvero tu stesso, rimarrei certamente senza parole per l’intera eternità! Ma dimmelo piuttosto con certezza, affinché io mi annienti subito per pura venerazione, amore e terrore!»

26. Dice l’Accompagnatore: «Sì, amico, Io Stesso Lo sono! E se ti è difficile crederlo, allora chiedi a costoro; essi te lo diranno! Il tuo amore Mi ha attirato così a te!».

146. Capitolo

Il conte trova finalmente Gesù e Gli rivolge un meraviglioso discorso. L ’anima è figlia di Dio; lo spirito è fratello di Dio.

1. Il conte, completamente fuori di sé, in parte per paura, in parte per gioiosissimo rapimento, in parte anche per il timore di un inganno da lui ritenuto possibile, non riesce proprio a riprendersi alle Mie dichiarazioni.

2. Solo dopo parecchio tempo di lotta interiore di aggiudicazione, mediante la quale il suo spirito rompe tutti i legami e si diffonde nella sua anima, il conte balbetta le parole: «Dunque T... T ... Tu ... Tu ... Lo ... s ... s ... sei!!... Tu!? ... L’eterno Signore ... su tutto ciò che racchiudono lo spazio e il tempo e su tutto ciò che vive sublime in ogni tempo ed in ogni spazio in eterna libertà e guarda nelle eterne profondità delle Tue Creazioni miracolose! O Dio, o Dio, o Dio! Io, un misero verme, una polvere di nullità sto ora dinanzi a Te, il santissimo, eterno Maestro di infinite Opere meravigliose, le quali sono tutte fluite dalla Tua Mano onnipotente; davanti al mio Dio, davanti al mio Creatore, al Padre, davanti al mio Salvatore Gesù! Oh ascoltate, Cieli tutti! Venite qui tutti voi, eoni di ultra beati; aiutatemi a percepire la profondità di tutte le delizie celesti; sentite un po’ questo: una creatura sta per la prima volta dinanzi a Dio, al suo onnipotente Creatore! E - oh, è appena pensabile - questo Dio è come un uomo, semplice e modesto e parla come me, guidato dal sublime Amore, in modo così indulgente, clemente e mite come solo può parlare il miglior fratello con l’altro suo fratello!

3. O uomini, che camminate in ogni genere di errori sulla superficie della perfida Terra e non sapete mai a chi dovete rivolgervi in essa, venite qui nei vostri cuori a conoscere Dio in Gesù, l’amorevole Salvatore, e allora sarà facile smettere di elaborare i vostri frivoli piani per la breve vita di prova sulla Terra.

4. La vera conoscenza di Dio vi mostrerà quanto poco ci vuole per ritrovarsi in Dio il Signore e poi essere felici oltre ogni concetto! Non litigate come miseri cani e gatti per cose terrene, ma aspirate alla vera conoscenza e all’amore di Dio! Amatevi come veri fratelli e sorelle quali figli di un Padre che è sempre ed eternamente santo e caro, buono e dolce oltre ogni concetto, allora avrete nei vostri cuori più di quanto tutto il mondo potrebbe procurarvi!

5. O Dio, quale delizia è stare presso di Te! Quanto mi sono dimenticato ormai di tutte le brutte disavventure che mi sono accadute sulla Terra! In verità, ora potrei gridare: “Venite qui a milioni, amici o nemici, e fatevi abbracciare fraternamente!”»

6. Dopo queste parole, dette col massimo fervore amorevole, egli cade in ginocchio dinanzi a Me, congiunge le mani e dice: «O Tu, mio unico, eterno, buon Dio e Salvatore Gesù! Fatti eternamente adorare, lodare ed osannare da me! Ora comprendo come soltanto nella Tua Lode e Gloria si può assaporare la sublime beatitudine. Che dunque Ti ami tutto ciò che è in me eternamente e Ti ringrazi per tutto ciò che hai decretato su di me, anche se in una veste pesante da portare! Infatti solo ora comincio a comprendere che questo l’ha fatto per me solamente il Tuo Amore incommensurabilmente grande!

7. O Tu Padre santo, ero certamente un figlio assai smarrito e dovetti essere indotto a rivolgermi a Te mediante una grande miseria. Ma ora sono nuovamente con Te, Padre eternamente buono! Accoglimi come il più infimo di tutti nel Tuo Regno e sii così misericordioso anche con tutti i molti altri figli smarriti proprio come lo sei stato con me! E se tale è la Tua Volontà, fa in modo che la mia famiglia sulla Terra perda tutti i beni terreni piuttosto che cada troppo in basso dinanzi a Te ed alla fine si dimentichi completamente di Te!»

8. Dico Io: «Alzati, Mio caro fratello, e non fare così tanto scalpore! Infatti tu vedi che non sono minimamente cambiato dal momento in cui Mi hai riconosciuto. Come i fratelli parlano, agiscono e camminano tra di loro, così faremo anche noi l’un con l’altro in eterno!

9. Certo, Io sono Dio, quale l’eterno Essere originario, pieno di Sapienza, Potenza e Forza, e tu sei solo una creatura della Mia Forza di Volontà. Ma il tuo spirito è completamente ciò che sono Io Stesso; quindi rimanga d’ora in poi tra di noi proprio lo stesso rapporto come tra Padre e figlio oppure tra fratello e fratello. Infatti, secondo la tua anima, che ora è il tuo essere esteriore, tu sei Mio figlio, e secondo il tuo spirito tu sei Mio fratello! L’anima è proceduta dalla Luce originaria della Mia Sapienza ed è infinitamente inferiore alla originaria Luce creativa. Per questo l’anima è una figlia per Me, che sono, fin nelle Mie più intime fibre, puro Amore. Ma il tuo spirito, che è il Mio Amore stesso in te e con ciò è il Mio proprio Spirito supremo, è di conseguenza Mio fratello in ogni sua fibra! Quindi non riflettere troppo a lungo su questa cosa, ma alzati e vieni con Me dagli altri fratelli!»

10. Dice il conte, alzandosi lentamente da terra: «O Padre, quanto sei infinitamente buono! Se solo la mia stupida lingua potesse in certo qual modo lodarTi in modo adeguato alla Tua santissima Dignità! Ma ora non riesco quasi a venire a capo di niente!»

11. Dico Io: «Stai tranquillo fratello, e lascia perdere le lodi esagerate! Infatti il tuo cuore è la lode migliore, nella quale Io trovo il piacere più grande. Tutto il resto appartiene più o meno al regno della confraternita di preghiere che Mi da fastidio! Alzati ora del tutto e vieni dagli altri fratelli con Me!».

147. Capitolo

Quando l’uomo è maturo per poter abbracciare Gesù Stesso in Persona. Il monaco francescano non riesce ancora a riconoscere Gesù, poiché i preti sono i più ciechi e i meno propensi ad accettare la vera fede.

1. Dice il conte, del tutto pervaso di umiltà per l’amore e il timore reverenziale: «O Signore, nel Tuo onnisantissimo Nome, per Te è certamente più facile dire: “Alzati e vieni!” di quanto non sia per me peccatore alzarmi davanti a Te, all’eterno Signore dell’Infinità! O Signore, io, che sono uno stupido spirito umano, un nulla dinanzi a Te, e Tu che sei l’infinito Tutto in tutto! Ed io dovrei accompagnarTi? No, questo pensiero è troppo enorme per uno spirito creato. Oh, lascia che prima mi concentri interiormente ancora un po’ più profondamente, perché mi vengono le vertigini davanti alla Tua infinita Grandezza!»

2. Dico Io: «Ma Mio amato fratello, ora davvero stai diventando noioso con i tuoi discorsi di lode alla Mia infinita Potenza, Forza e Sapienza! Vedi, fratello che ti comporti come un bambino, Io, in quanto Dio, devo essere come sono affinché tu possa essere, fuori di Me ed accanto a Me, ciò che sei e divenire ancora molto di più. Del resto sei opera Mia e se, quale opera Mia, ti consideri una completissima nullità, tu Mi insulti! E certo questo non lo potrai fare!»

3. Dice il conte: «No, Signore, non lo farò in eterno; volevo dire che fuori di Te sono immensamente grande, ma che solo fuori di me io non sono nulla! Ebbene ora mi alzo, perché la Tua Parola mi ha completamente sollevato»

4. Poi il conte, con coraggio, viene subito da Me e dice: «Signore, Padre, Dio, Gesù! Mediante il Tuo Amore e la tua Grazia ora sono completamente guarito e l’esagerata paura di Te è anche svanita. Ma al loro posto infuria letteralmente uno sconfinato amore per Te come un’immensa passione in ogni fibra del mio cuore. Forse si calmerà un po’ alla volta anche questa nuova caratteristica della vita spirituale. Ma ora vorrei abbracciarTi con tutta la mia forza vitale e morire di indescrivibile delizia nell’Amore divino! Signore, ora lasciaTi abbracciare un po’ e stringere al mio cuore bruciante d’amore!»

5. Dico Io: «Mio caro fratello, questo ora sarebbe pericoloso per te, poiché il tuo spirito ha preso ancora troppo poco piede nell’anima. Ma quando esso avrà raggiunto al più presto una giusta purezza, potremo anche abbracciarci senza arrecarci nessun danno. Io sono veramente, per quanto sia sempre possibile, un uomo uguale a te, ma in quest’uomo dimora tuttavia, in carne ed ossa, la Pienezza della Mia Divinità, e questo il tuo spirito non lo sopporterebbe. Egli spezzerebbe tutti i legami e poi si unirebbe con la Mia Divinità in Me quale Suo eterno Fondamento originario. Quando però il tuo spirito si sarà completamente messo in ordine nella tua anima ed in se stesso si sarà colmato con ogni forza dell’Amore proveniente da Me, allora potrà sopportare un Mio abbraccio senza nessun danno.

6. Ma ora presto, vieni con Me dagli altri, affinché anch’essi possano essere elevati al tuo grado di riconoscimento! La loro voglia di sapere è già assai grande, poiché ancora non sanno quale risultato tu sia riuscito a ottenere con la tua ricerca di Cristo. Solo Miklosch ha un profondo presentimento, che però il francescano gli nega continuamente con la conseguenza che anche il resto della compagnia si dispone secondo la sua opinione. Perciò dobbiamo affrettarci per chiudere un po’ l’invadente bocca del francescano»

7. Dice il conte: «O Signore, Tu eterna Bontà e Dolcezza, questo è detto completamente dal mio animo! Questo monaco di per sé è un essere buono, se mai oltre a Te ci possa essere qualcosa di buono. Ma per ciò che riguarda i suoi concetti sul rapporto di Dio con le Sue creature e viceversa, egli è più indigesto di una libbra di cuoio cotto. Ti prego, Signore, faglieli Tu passare per un po’, come si suol dire, questi suoi concetti!»

8. Dico Io: «Benissimo! Ma abbassa un po’ la voce, poiché ci vengono già incontro!»

9. Io ora, insieme al conte, Mi muovo incontro alla compagnia.

10. E il francescano già da lontano grida al conte: «Ebbene, caro conte, quali risultati hai raccolto con la tua perlustrazione nella sala? Lo hai trovato, da qualche parte, il Signore della vita, della morte e del Cielo, della Terra e dell’Inferno? Mi sembra che il famoso fratello gemello continui a mancare, perché non vedo nessun terzo con voi»

11. Dice il conte: «Amico, non ce n’è proprio bisogno, perché noi due siamo già sufficienti anche senza l’aggiunta di un terzo in mezzo a noi! Capito, signor saputello?»

12. A questo punto Miklosch punzecchia il francescano dicendo: «Cipollotto, non vedi nulla? Non ti accorgi della pietra angolare finché non ci sbatti il naso contro?»

13. Dice il francescano: «Che cosa? Quale pietra angolare? Ma dove ce n’è una qui?»

14. Dice Miklosch: «Io credo che il conte te l’abbia detto bene e chiaramente. Ma continui a non vedere la foresta per via degli alberi!»

15. Incalza il francescano: «Spiegati una buona volta più chiaramente! Che significa ciò che il conte mi dice? Ha detto che lui ed il nostro amico sconosciuto stanno bene anche senza l’arrivo di un terzo. È forse qualcosa di così straordinario? Il terzo, l’Altissimo, probabilmente tarderà ancora per molto tempo, poiché nessuno di noi, come essere morale, è costituito in modo che si possa considerare degno di vedere Dio. Ma finché si ha al fianco un degno amico di Dio che indica le giuste vie per raggiungerLo, si può anche facilmente dire: “Noi due siamo già sufficienti senza l’arrivo di un terzo, naturalmente solo per il momento!”. Infatti, sarebbe molto triste se non dovessimo mai arrivare alla contemplazione di Dio»

16. Dice Miklosch: «Amico, quanto sei ottuso! Ma più di così non posso dirti, perché una forte voce dentro di me mi sollecita a non dirti altro. Sulla Terra ci possono essere ancora una quantità di simili teste ottuse come la tua, ma esse, benché camminino sulla Terra ancora nella loro carne, si potranno guarire prima della tua, nonostante tu come spirito ti trovi già qui da lungo tempo nelle regioni divine. Ma al fine di aprirti per quanto possibile i tuoi occhi, voglio raccontarti una opportuna parabola. Vedi, c’era una volta sulla Terra un potente signore e padrone, e poiché egli ci teneva a conoscere personalmente i suoi sudditi, spesso si travestiva da persona completamente normale e visitava frequentemente perfino come mendicante le case, in particolare quelle dei ricchi, i quali erano incaricati da lui di occuparsi dei poveri. Beato colui che, nella sua qualità di suddito, egli trovava nell’ordine da lui stabilito! Ma era riservato un grande dolore a colui che non si trovava in quest’ordine.

17. E vedi, il Signore del Cielo e di tutti i mondi sembra che faccia qualcosa di simile a quello che faceva il re della parabola. Egli non lo fa di certo con l’intenzione di esaminare i Suoi uomini e di vedere in questo modo come sono fatti, ma per dare loro un’occasione di esaminare se stessi ed è a questo che Egli dà evidentemente l’occasione mediante il Suo Amore e la Sua Sapienza. Ma io potrei qui quasi anche dire: “Guai a quelli che, per la loro testardaggine, per la loro deliberata cecità e ottusità, Lo mettono ad una prova troppo dura per la Sua Indulgenza!”. Hai compreso questa parabola?»

18. Dice il francescano: «Pressappoco! Ma cosa c’entro io con questo? Devo dunque considerare quell’amico forestiero il Signore del Cielo e della Terra travestito? Oppure è forse qualcun altro qui? Alla fine addirittura quello col cappello splendente? Questo però lo conosco, perché sulla Terra faceva la mia professione. Egli deve aver ottenuto solamente qui questa irradiazione della testa, perché al mondo non c’era certo niente di meno raggiante della sua testa. Perciò dimmi dov’è Colui che è Travestito, affinché io vada lì, mi prostri davanti a Lui e Lo adori convenientemente!»

19. Dice Miklosch: «Amico, ti ho detto quasi troppo, ed ora non ti dico più nulla. Là c’è il conte con il grande Amico; rivolgiti a loro e domanda di Colui che è Travestito! Questo però rimane verità: un prete sulla Terra è di solito l’essere più ostinato, e nel mondo degli spiriti non potrà riconoscere il Signore anche se dovesse scontrarsi con Lui! Tu sai chi era più cieco e più ottuso a Gerusalemme? Vedi, erano i preti! E inoltre: vuoi sapere quali uomini sulla Terra sono inclini meno di tutti ad accettare una vera fede? Ebbene, io ti dico che sono nuovamente i preti, soprattutto i cattolici-romani, ai quali appartieni anche tu. Ora ti ho detto abbastanza; conceda Dio che ciò che ti ho detto ti possa essere utile in qualche modo! Ma ora va dai due e consultati con loro!».

148. Capitolo

Il francescano precipita di nuovo nel dubbio alla vista di Roberto Blum.

La risposta del Signore. Pane e vino celesti all’intera compagnia.

1. Il francescano viene ora avanti verso di Me, verso il generale e il conte. E proprio quando vuole fare la domanda: «Chi sei tu, amico straniero?», viene - grazie naturalmente ad una chiamata interiore - Roberto Blum da Me e dice: «Signore! Pane, vino e vestiario sono pronti!»

2. Dico Io: «Bene, Mio amato Roberto (aggiunto appositamente) Blum! In questa casa sei un padrone accanto al Signore, ed il tuo grande amore per Lui è il legislatore sulla tua casa e su tutti coloro che vi si trovano!»

3. Quando il francescano - che aveva lasciato il suo ordine per amore della libertà e non per amore della grande Verità del Vangelo - scorge Roberto Blum, a lui ben noto, in carne ed ossa, si batte le mani sulla testa e dice: «Ma per l’amor di Dio! Gesù, Giuseppe e Maria, e voi tutti, angeli e santi di Dio, restate con noi! Mi trovo nella casa di un capo arci-eretico! O Gesù, Maria e tu, santissimo Giuseppe! Questo è come essere nell’Inferno stesso! E qui dovrebbe intrattenersi da qualche parte Cristo il Signore? O tu maledetto diavolo! Tu, insidioso e diabolico Belzebù. Accidenti, credevi forse di avermi preso? Ebbene, niente da fare, orribile e stupidissimo diavolo! La beata Vergine, con la sua onnipotenza celeste, ti ha smascherato appena in tempo davanti a me e così posso ancora sottrarmi ai tuoi artigli! Sì, io ho sempre venerato solamente la Beatissima, affinché mi preservasse dalle tentazioni del diavolo nel tempo come nell’eternità. O diabolici tutti voi bestiali amici, e tu Miklosch, diavolo di un uomo! Non vorresti farmi conoscere ora un nuovo Cristo nella vostra magnifica compagnia? O tu, principale mascalzone di un diavolo, ora vedo come ti sei già dato da fare per portarmi all’Inferno! Ma la beatissima Vergine ti ha rotto le uova nel paniere. Vedrai che il diavolo non se la caverà con un francescano tanto presto come credi!»

4. Dico Io: «Amico Mio, questa casa non è né di un eretico né tanto meno di una compagnia di diavoli. E questo te lo dico Io, l’unico, eterno Signore del Cielo e della Terra! Infatti nell’Inferno non camminano da nessuna parte delle figure libere nella luce dei Cieli. Ma se questa autentica fratellanza celeste ti è troppo sospetta, allora guarda là verso il portone ancora aperto e vedi fuori una vasta estensione: puoi andare o rimanere; questo per noi è la stessa cosa. L’infinità è abbastanza vasta, larga, alta e profonda. Ed ora o taci o te ne vai! Ma tu, fratello Blum, va nella grande sala accanto e chiama tutti qui! Fa’ portare pane e vino in abbondanza su questo grande tavolo rotondo, affinché questo stolto cieco si possa con vincere di che aspetto abbiano i presunti diavoli di questa casa, e come vengano magari bolliti ed arrostiti!»

5. Roberto si allontana velocemente per eseguire la Mia Volontà. Subito vengono tutti i patriarchi, i profeti e gli apostoli che sono facilmente riconoscibili dalle caratteristiche vesti. Così pure le matriarche, iniziando da Eva, ed anche la madre Maria con Giuseppe e tutte le persone menzionate nei Vangeli. A questo grande corteo si uniscono poi i nuovi arrivati: Roberto, Messenhauser, Jellinek, Becher, Nicola, Bardo e tutti quelli che appartengono a loro. Alla fine ancora anche le ventiquattro danzatrici, che vengono guidate dalla sposa di Roberto. Esse portano pane e vino in quantità e mettono sul tavolo, nel migliore ordine, queste sostanze vitali. Tutti coloro però che vengono dalla sala adiacente, sono avvolti da una potente gloria, ed è soprattutto questo a far aprire gli occhi al francescano.

6. Dopo che il tavolo è ottimamente apparecchiato, Io dico ai nuovi ventinove: «Venite qui, amici e fratelli! E tu, Miklosch, presentato come diavolo dal francescano, vieni qui da Me! Prendi e mangia per primo il pane della vita e bevi nello stesso tempo il vino del riconoscimento e della forza! E dì poi al francescano, che già da tempo ha lo stomaco vuoto, quanto ti gusta questo cibo infernale!»

7. Miklosch, che già da fuori cominciava segretamente a riconoscerMi, viene subito da Me umilmente e rispettosamente e dice: «Ora, o Signore, veramente posso esclamare per la prima volta nella mia intera esistenza: “O Signore, io non sono degno che Tu entri sotto il mio peccaminoso tetto!”. Ma dì solo una santa Parola, o Signore, e tutto ciò che è in me e su di me guarirà! Sì, questo è veramente un vivente pane del Cielo, il Tuo vero Corpo senza falsità ed inganno, o Signore! Chi mangia questo pane, vivrà in eterno, perché ha in sé la forza della vita eterna! E che sapore ultraceleste! E questo vino, proprio fluito dal Tuo Cuore, è veramente il Tuo Sangue, mediante il quale ci vengono rimessi tutti i peccati che abbiamo commesso sulla Terra. E così oso gustarlo nello stesso modo del santo pane. Che sapore e che spirito! O Signore, questo nessun essere mortale di un qualsiasi mondo riesce ad afferrarlo! Fratelli, mangiate, bevete e gustate voi stessi quanti cieli dimorano in ogni goccia!».

8. Tutti ora si servono, mangiano e bevono secondo il desiderio del cuore. E nessuno trova le parole per descrivere la grande magnificenza del sapore, della dolcezza e dello spirito.

149. Capitolo

Miklosch sconvolge il monaco francescano con domande sugli abusi commessi dalla chiesa romana.

L ’apostolo Pietro non è mai stato a Roma.

Il francescano Cipriano quasi sviene alla presenza di Maria.

1. Dopo un po’ di tempo trascorso in un profondissimo stupore, il conte dice al francescano: «Amico, se nel tuo presunto Inferno è così, io rimango qui irremovibile, e certamente anche il fratello Miklosch insieme a tutti gli altri! Anche quegli spiriti e spiritesse infernali hanno un aspetto immensamente bello e meraviglioso. In verità, in un simile compagnia infernale non si starà così male in eterno! Eh, amico, che ne dici?»

2. Dice il francescano di malumore: «Già infinitamente molti sono andati a fondo in una simile dolcezza infernale, e questo destino spetterà anche a voi! Sono anch’io molto affamato ed in particolare assetato, ma finché non ho prove palpabili di tutto questo come un Tommaso, non mi fido di questa tranquillità apparente. Infatti presso gli eretici, come lo sono Roberto Blum e compagni, Dio il Signore non può dimorare!»

3. Dice Miklosch: «Amico, vieni con me verso quella grande finestra! Ti mostrerò qualcosa»

4. Dice il francescano: «Che cosa?»

5. Dice Miklosch: «Vedrai»

6. Incalza il francescano: «Bene, allora andiamo. Ma non mi ingannare, altrimenti...!»

7. I due vanno alla finestra. E Miklosch mostra al francescano una vasta regione libera fuori dalla casa, e gli mostra anche, in considerevole lontananza e verso occidente, una città simile a Budapest. E gli dice: «Amico, quel Signore, che la tua stupidità considera il diavolo supremo, ti fa dire mediante me: “Ti libero da questo Inferno! Là tu scorgi Budapest. Va’ lì e procurati in quel luogo, oppure da qualsiasi altra parte, un altro cielo migliore!”. Puoi anche uscire direttamente qui dalla finestra, perché esse non hanno vetro»

8. Dice il francescano: «Aspetterò ancora un po’!»

9. Dice Miklosch: «E perché mai? Se questo è l’Inferno, perché vorresti ancora restarvi?»

10. Dice il francescano: «Sai, vorrei solo sapere ancora se il Blum prima della sua esecuzione, insieme a coloro che condividevano la sua stessa fede, è ritornato nel grembo dell’unica vera chiesa. Se fosse successo questo, allora qui può essere tutto in ordine, ad eccezione della santa Trinità, che non si vede ancora da nessuna parte. In caso contrario, cosa che temo proprio di più, questo qui non è altro che un miraggio infernale! Infatti anche l’Inferno è pieno dello zelo più ostinato nel preparare, per prima cosa, molto bene i suoi accoliti in modo che poi siano perfettamente idonei ad entrare nel vero Inferno. Qui ci sono davvero tutti insieme: Cristo, Maria e San Giuseppe, tutti i santi apostoli, tutti i padri primordiali, tutti i patriarchi e i profeti ed in più una massa di santi. Ma se Blum e compagni sono ancora gli stessi eretici, tutto questo è solo un miraggio infernale e allora mi devo allontanare velocemente da qui. Infatti, vedi, amico, se il papa romano non è il vero rappresentante di Dio sulla Terra e la chiesa romana non è l’unica vera chiesa che rende beati e se non è solo lei ad avere nelle sue santissime mani le chiavi del Cielo e dell’Inferno per tutti gli uomini, allora io ti dico che Cristo non è Cristo e tutte le religioni della Terra sono idee cervellotiche senza valore. Così stanno le cose, ed io sto perciò estremamente in guardia per non lasciarmi affascinare dall’Inferno. Infatti, la vera chiesa è una roccia su cui le porte dell’Inferno non potranno mai prevalere in eterno»

11. Dice Miklosch: «Bene, bene, bene! Tutte queste sciocchezze cattoliche-romane le conosco bene quanto te e potrei chiuderti la bocca in modo che su mille domande non potresti replicare nemmeno ad una. Ma preferisco metterti un po’ alle strette solo con qualcuna; però ti dico in anticipo che devi rispondermi ad ognuna! Infatti, se non mi rispondi, mi confermerai con ciò solamente che il papato non è stato fondato in nessun modo da Cristo.

12. Ascolta dunque, queste sono le domande: “In quale occasione Cristo ha disposto il sacrificio della messa ritenuto dalla chiesa così importante, e proprio solamente nella lingua romana che un tempo era pagana?”. Pretendo una risposta rigorosamente documentata dalla Sacra Scrittura!»

13. Di fronte a questa domanda, al francescano succede come al bue davanti ad una porta nuova. Infatti, non segue nessuna risposta.

14. Miklosch però domanda ancora: «Poiché non trovi nessuna risposta, devo sottoporti qualcosa di più semplice, e cioè: “In quale occasione Cristo ha prescritto le cerimonie, le vesti riccamente adornate, la stola, il guardaroba, le calze rosse, il bastone pastorale assai prezioso (che io sappia Egli ha vietato perfino agli apostoli di portare un bastone!), la tiara papale e i costosissimi cappelli cardinalizi?”. Pretendo una risposta!

15. Purtroppo, però, devo notare che sei già di nuovo muto!

16. Ebbene, ti chiederò qualcosa di più semplice: “Quand’è che Cristo, il Signore - che voleva davvero edificare una Chiesa vivente nel cuore degli uomini - ha ordinato templi in muratura, dei quali dovrebbero già esisterne sulla Terra un milione e più? Quand’è che ha ordinato il loro arredamento pagano, gli altari privilegiati, le immagini miracolose, l’acqua benedetta battesimale, come pure il santissimo crisma?”. Eppure i veri apostoli battezzavano con acqua completamente naturale, come Dio l’ha creata; e se si servivano nel battesimo anche dell’olio santissimo, pure di questo la storia sembra tacere! Inoltre: “Quando ha ordinato le campane, gli organi e i canti della messa e i costosi accessori di quest’ultima? Quando ha ordinato le esequie e le costose messe funebri? E in quale occasione ha Egli introdotto i cappellani, i pastori, i decani, i canonici, i preti, i prelati, i vescovi e i cardinali e li ha dotati di guadagni così grandi?”. Per quanto ne so, Egli vietò perfino agli apostoli, quando li inviò a diffondere il Suo Insegnamento, di avere sacche per intascare un qualunque regalo! Pretendo qui di nuovo una risposta ben attestata! Ebbene, parla! Eppure di solito hai avuto costantemente una lingua così sciolta!

17. Ancora una volta, però, tu sei e rimani muto! Ciò significa dunque che la tua risposta è: “Non so dir niente in favore della chiesa cattolico-romana e perciò preferisco stare zitto!”»

18. Dice finalmente, tutto indignato, il francescano: «Potrei dirti parecchie cose, ma davanti ad un eretico, è meglio tacere!»

19. Dice Miklosch: «Lo credo anch’io, specialmente se non si può più tirare fuori delle prove! Ma dimmi almeno questo: “Quand’è che Cristo ha disposto l’empia formula del passaggio di una setta religiosa eretico-cristiana nella chiesa romana? Quando ha istituito l’indulgenza? Quando la festa del rosario? Quando la festa della Porziuncola? In quale occasione ha istituito la santa inquisizione romana e spagnola? E quando e perché avrebbe introdotto tutto l’ordine ecclesiastico?”. Parla e dammi una risposta!

20. Vedi, sei già di nuovo muto come una tomba! Perché? Io lo so! Quindi proverò con qualcosa di più semplice.

21. Dimmi: “Dove sta scritto negli Atti degli Apostoli che l’aposto lo Pietro ha fondato il papato effettivamente a Roma?”. Per quanto ne so io, questo apostolo nei suoi ultimi tempi si è trattenuto a Babilonia e da lì ha scritto una lettera a Gerusalemme. Ma Roma e Pietro si sono visti tanto quanto ci siamo visti io e l’imperatore della Cina! Forse tu hai altri dati suffragati da prove, ed allora parla!

22. Ma ancora una volta non dici nulla. Forse non ti viene in mente niente di sostenibile. Vedi, quanto sei misero con la tua difesa papale!

23. Ma forse mi potrai certamente dire quando Cristo o Pietro diedero al papa il titolo di “santo padre” e quando hanno istituito il bacio della pantofola ricca d’indulgenze!

24. Per quanto invece ne so io, Cristo ha vietato severamente di chiamare chiunque altro “buono e santo” se non Dio soltanto. Infatti non si dovrebbe chiamare nessuno padre se non Dio soltanto, perché tutti gli altri sono fratelli e sorelle! Ma chissà se a Cristo, il Signore, non venne dopo in mente qualcosa di meglio; e così ha emanato una quantità di ordinanze supplementari sconosciute a noi laici, malgrado Egli Stesso abbia apertamente dichiarato con fermezza davanti a molti uomini a Gerusalemme: “Cielo e Terra passeranno, ma le Mie Parole non passeranno!”.

25. Sì, amico mio, tu continui a tacere e il tuo rabbioso imbarazzo te lo si vede scritto in faccia. Che ne sarà dunque? Vedi, potrei presentarti ancora mille di simili domande singolari. Ma a che servirebbe? Tu non puoi rispondermi a nessuna! E così sarà meglio che tu lasci andare completamente il papa, vada dal vero Signore e confessi, fedelmente ed apertamente, davanti a Lui la tua stupidità, oppure mettiti in viaggio verso la Budapest che ti ho indicato e che è visibile!»

26. Dice alla fine il francescano: «Amico, con le tue domande particolari mi hai portato ad avere idee molto diverse, per la qual cosa ti sono molto riconoscente. E quindi ti voglio seguire da quell’unico Vero!»

28. Dice Miklosch: «Allora non a Budapest?»

29. Dice il francescano: «Veramente no! Infatti io credo che per uno spirito le città del mondo abbiano maledettamente poco da offrire. Chissà cosa potrebbe capitare ad uno spirito se in qualche modo si facesse vedere!»

30. Dice Miklosch: «Ma non dire sciocchezze! Quale mortale ha mai potuto fare qualcosa ad uno spirito? Ma lì di certo non saresti diventato migliore, bensì molto peggiore. Infatti, dai cardi non si è soliti raccogliere uva»

31. Dice il francescano: «Ma ora dimmi, dato che tu sei molto più sapiente di me: è questa la Budapest vera e propria dell’Ungheria? A me la cosa pare un pochino sospetta! Io sono dell’opinione che quella città visibile sia più un’illusione che qualcosa di vero»

32. Dice Miklosch: «Lasciamo stare. Ci diventerà chiaro poi, se ciò che vediamo è realtà o no. Ora andiamo dal Signore, confessiamo dinanzi a Lui la nostra grande stoltezza e poi lasciamo tutto il resto solamente a Lui»

33. Dice il francescano: «Ma non pensi che sarebbe forse bene se ci rivolgiamo prima alla santissima Vergine Maria, visto che qui c’è anche lei!?»

34. Risponde Miklosch: «E perché non ci rivolgiamo ad Adamo ed Eva e a tutti i patriarchi e i profeti? A chi si è rivolto il conte? Ebbene, lui non si è rivolto a nessun altro se non direttamente al Signore Stesso! E vedi, egli è presso di Lui, e proprio più vicino di tutti gli altri! Vuoi forse essere ancora più vicino? Guarda anche Roberto Blum, al quale il Signore ha donato questa casa piena di magnificenza e grandezza in eterno come sua propria: anch’egli si è sicuramente rivolto al Signore ed è ultrabeato! Vuoi forse ancora qualcosa di più?»

35. Dice il francescano: «Hai ragione, mi rimangono attaccate ancora molte stupidaggini, che non si possono rimuovere in una volta sola. Ma pazienza, con il tempo si sistemerà tutto. Andiamo perciò dal Signore e mostriamoci a Lui come siamo! Io penso che Egli non se la prenderà con noi per il fatto di essere cattolico-romani!»

36. Dice Miklosch: «Questa è la mia minore preoccupazione! Vedi, io sono certamente ben stupido ed oltre a ciò ancora molto malvagio di cuore rispetto al Signore e, benché sia così, non potrei mai prendermela aspramente con te a causa della tua cecità, ma potrei trattarti tranquillamente da vero fratello. Ebbene, quanto più c’è da aspettarselo dal Signore, che è il purissimo Amore Stesso, in misura piena! Certamente anche il Signore avrà dei lati estremamente taglienti, specialmente contro la superbia, l’avarizia, l’invidia e contro tutti coloro che hanno considerato delle pure nullità i loro poveri fratelli terreni. Ma verso di noi, che invece abbiamo sempre visto l’uomo anche nella persona più insignificante, Egli sarà certamente molto più mite. Ed allora coraggio, ora andiamo da Lui!»

37. I due ora vengono velocemente da Me. Io però vado incontro a loro di alcuni passi e dico a Miklosch: «Ebbene, non ti è scappato il fratello Cipriano? Questo Mi rallegra veramente molto! Allora venite! C’è ancora un po’ di pane e vino: mangiate e bevete secondo il vostro bisogno! Dopo vi guiderò tutti nel grande museo di questa casa; lì spalancherete gli occhi dalla meraviglia! Andate ora velocemente verso il tavolo e rinforzatevi!»

38. I due vanno timidamente al tavolo ed il francescano, che si trova proprio davanti a Maria, osa appena toccare qualcosa.

39. La madre Maria però gli sorride e dice: «Ma, caro amico Cipriano, perché dunque sei così imbarazzato? Mangia e bevi! Credi forse che anche qui nel Regno dei Cieli le cose si facciano con superbia come alle corti dei re sulla tenebrosa Terra? Oh, niente affatto! Qui siamo tutti come figli, amiamo il Padre e siamo pieni di amore, bontà e mansuetudine verso ognuno! Perciò non avere più nessun timore, mio caro Cipriano!»

40. Cipriano quasi stramazza a terra per il timore reverenziale davanti a Maria. Ma Miklosch gli dice: «Non essere sciocco adesso, caro fratello, e fa quello che ti hanno detto il Signore Stesso e la carissima Maria!»

41. Dice il francescano: «È facile parlare per te, perché il fine sentimento superiore non ti è certamente mai stato proprio al massimo grado! Ma io, che già dalla nascita ero così sensibile da poter piangere per la morte di una mosca, qui sono messo curiosamente alla prova in fatto di sentimenti»

42. Intervengo Io: «Non ti preoccupare: questo è così solo all’inizio; col tempo diventerai più coraggioso»

43. Dice il francescano: «O Signore, la Tua immensa Indulgenza potrebbe far scoppiare il mio cuore dall’amore per Te!»

44. Dico Io: «Ebbene, mangia e bevi! Guarda, Miklosch l’ha già fatto! Roberto, porta pane e vino in maggiori quantità, poiché vedo che a Miklosch piacciono molto!».

150. Capitolo

Il francescano si ristora con pane e vino, e nell’ardore ringrazia il Signore. Il vero Regno dei Cieli con nuovi miracoli.

La compagnia dei beati entra nella sala principale e rimane sbalordita: “O Signore, quanto sei grande!”.

1. Roberto va svelto a prendere più pane e vino. Il francescano con profondissimo inchino davanti al cibo, prende il pane e lo mangia. Già al primo morso non riesce a capacitarsi per puro incanto a causa della meravigliosa delizia del pane. Ma quando poi gusta il vino, è davvero la sua fine; infatti dalla sua bocca non si sente nient’altro che un interminabile: Aaah!

2. A questo stupore, Miklosch già più coraggioso, gli domanda: «Ebbene fratello, allora cosa dici ora del tuo precedente cibo illusorio e infernale? Mi pare che questa palude solforica ti piaccia moltissimo!»

3. Dice il francescano, sorridendo amichevolmente: «Mio caro fratello, per l’esistenza di ogni uomo ci vogliono quattro cose: innanzitutto il venire creati nel mondo; poi viene la stupidità, nella quale l’uomo fa il prepotente nel mondo; per terzo viene poi la morte del corpo, che certo toglie all’anima il pesante fardello della carne, ma le lascia per intero la stupidità mondana; e così succede che - numero quattro - l’uomo deve essere prima stupido anche nel mondo degli spiriti per poter diventare sapiente. E così è andata anche a me!

4. Tu sai bene quanto me come era sciocca la nostra fede e quanto sciocco il dogma che ci inculcavano! Come avremmo dovuto attingere la vera Sapienza da un tale insegnamento? Quando poi sopraggiunse la morte, questa ci trovò come buoi immutati e come tali fummo trasferiti qui. In questa qualità saremmo rimasti fin nell’eternità se l’ultrabuono santissimo Signore, Dio e Padre, non avesse messo su di noi le Sue Mani onnipotenti. A Lui perciò vada ogni lode, ogni gloria e ringraziamento! Ma ora guarda, il fratello Roberto ha portato qui sul tavolo ancora un grande calice pieno di vino e un’intera forma di delizioso pane!»

5. Dice Miklosch: «In verità, è troppa grazia! Mangia e bevi, fratello! Io ho già fatto la mia parte ed ora sono così sazio e forte che potrei resistere per l’eternità!»

6. Dice il francescano: «A me succede la stessa cosa! Ma che cosa potrebbe dire il Signore se Gli portassimo questo pane e questo vino?»

7. Dice la madre Maria: «Fatelo! Fatelo! Questo Lo rallegrerà!»

8. Dice il francescano: «Se l’Onnisantissima è d’accordo, non ci sono altre domande. Egli ora sta parlando col conte, ma non fa nulla. Tu prendi solo il vino, mentre io prenderò il pane, e così vogliamo farGli una sorpresa!»

9. I due ora Mi portano il pane e il vino, e il francescano dice con la massima umiltà: «Signore, una volta sulla Terra dicesti: “Ora non berrò più di questo vino prima di gustarlo nuovamente con voi nel Mio Regno!”. Signore, qui è ora il Tuo vero Regno. Oh, allora bevi per nostro conforto di questo nuovo vino nel Tuo Regno!»

10. Dico Io: «Mi rallegra veramente molto il fatto che vi ricordiate di Me e quale figli avete portato anche qualcosa da mangiare e da bere al Padre vostro! Potrei ben prenderlo da Me Stesso, ma non Mi sarebbe piaciuto così tanto come quando Me lo portano i Miei figlioletti. E allora dateMi il pane e il vino e vi convincerete subito che ne berrò e mangerò sul serio!»

11. Poi mangio un po’ di pane e bevo del vino e do il resto ai presenti, i quali ne gustano tutti e in sé percepiscono un ristoro ancora più grande del precedente.

12. Il francescano, vedendo questo, dice affascinato al massimo: «Signore, Dio e Padre! Se me lo avesse detto un angelo stesso sulla Terra che nel Tuo Regno celeste le cose vanno così, non gli avrei creduto! Dov’è qui il divino Nimbo incontemplabile, santo, ritenuto ultramisticamente glorioso da noi cattolici-romani? Dov’è il volto giudicante, terribilmente severo, del Figlio di Dio? Dov’è quello del Padre inesorabile? Qui tutto è così naturale; e da tutte le parti c’è la più grande indulgenza e la massima gentilezza! E Tu, quale sublimissimo Essere Divino, cammini semplicemente tra di noi. Nessuno, guardando il Tuo Aspetto esteriore, intuisce che cosa sei Tu e Chi sei Tu! La Tua Parola è la più semplice del mondo e tutto in Te testimonia la più grande semplicità!

13. In verità, si potrebbe nutrire qualche dubbio se non ci fossero la grande magnificenza di questa sala, la luce meravigliosa che in essa penetra e tutti gli ultrabuoni beati, dall’aspetto fresco, giovane e angelico, vestiti meravigliosissimamente che sembrano dire: “Questo è il vero Regno celeste! Non può davvero esisterne in eterno uno di più vero di questo, in cui il Signore del Cielo e dei mondi cammina in semplicissima veste casalinga tra i Suoi figli e si preoccupa di loro!”.

14. Devo inoltre confessare apertamente che, secondo le parole del Vangelo, qui qualcosa non mi quadra. Infatti, lì viene ripetutamente menzionato come il Figlio siede alla destra del Padre onnipotente nell’eterna Luce inaccessibile. Di nuovo in un passo si legge: “Verrò nelle nuvole dei Cieli con grande Potenza, Forza e Magnificenza e giudicherò i vivi ed i morti!”. E quanto stranamente mistiche sono le visioni di Giovanni! Di tutto questo qui però non c’è traccia, ma è tanto diverso quanto è alto il cielo! Perciò in un certo modo ci si deve anche perdonare se noi abbiamo guardato per un po’ di tempo questo verissimo Cielo come dei buoi cinesi in un villaggio spagnolo.

15. Ma ora riconosco che solo un Cielo costituito proprio così può offrire eternamente ad ogni spirito la beatitudine più vera, liberissima e perciò anche suprema. Perciò sii Tu, o santissimo ed amorevolissimo Dio e Padre, da noi tutti lodato, amato ed esaltato!»

16. Dico Io: «Bene, Mio caro Cipriano, qui appare certo tutto molto semplice e non si scopre da nessuna parte un inutile sfarzo. Ma non devi tuttavia pensare che con ciò che ora tu vedi, i Miei Cieli siano già terminati. Aspetta solo un po’ e vedrai ancora delle meraviglie in quantità!

17. Ora andremo nella sala adiacente e da lì nel grande museo di questa casa, dove ti si presenteranno cose davanti alle quali sicuramente cadrai svenuto. Ma perfino là non devi pensare che questi siano i confini dei Miei Cieli, ma tutto questo è soltanto il primo pre-inizio dell’inizio!

18. Tuttavia Io rimarrò così come sono adesso! E quando contemplerai tutte le cose diversissime e glorificate all’infinito, Io apparirò tuttavia eternamente immutato in mezzo alle Mie Opere, benché la loro grandezza e profondità nessuna eternità potrà mai misurare. Ma ora incamminiamoci e rechiamoci nella grande sala!»

19. Tutte le molte migliaia di ospiti vanno ora avanti. Li seguono i patriarchi e gli apostoli. Davanti a noi va Maria con Giuseppe e l’apostolo Giovanni. Vicino a Me camminano il conte, il francescano, Miklosch, il generale [Theowald], poi Tommaso e Dismas. Dietro a noi camminano Roberto con la sua Elena, Becher, Jellinek, Bruno, Bardo, Nicola e le ventiquattro danzatrici, le quali portano le stoviglie ed i contenitori dietro a Roberto.

20. Quando in questo preciso ordine giungiamo nella grande sala, nella quale le molte migliaia di ospiti occupano uno spazio come se in essa si trovassero appena una trentina di persone, il francescano quasi si lascia cadere dallo stupore e dice: «O Signore, questo è troppo in una sola volta per uno spirito debole! Questa grandezza, questa altezza, queste meraviglie! In verità, Signore, questo certamente non sarà un pre-inizio, ma questo è già l’intero Cielo con tutti i confini, come si suol dire! Il soffitto somiglia a tutto il cielo stellato con i più meravigliosi gruppi di stelle! Le pareti sono come nuvole raggianti nell’aurora! E le gallerie stupendamente intrecciate insieme somigliano alle alte cime dei monti, che risplendono per prime nel mattino dorato! Oh, meraviglioso, meraviglioso! Questo è troppo in una volta sola per uno spirito debole! O Signore, quanto sei grande!».

- Fine della prima parte -